32. Spera per il meglio e preparati al peggio
"A volte mi domando se vivrei lo stesso senza te, se ti saprei dimenticare. Ma passa un attimo e tu sei, sei tutto quello che vorrei. Incancellabile oramai."
Non sentivo né vedevo Giuseppe da più di una settimana e mi sentivo a pezzi. La rabbia per come erano andate le cose era passata, ma ero troppo orgogliosa per fare il primo passo e immaginavo che per lui fosse lo stesso.
Ormai non m'importava più di quello che ci eravamo detti in preda alla passione del momento. Sapevo solo che Giuseppe mi mancava da morire. Mi mancava il modo in cui mi guardava, mi sorrideva, mi teneva stretta a sé e mille altre cose che fatte da lui avevano tutto un altro valore. Lo amavo così tanto e complici gli ormoni che non mi davano tregua, passavo la maggior parte del mio tempo a piangere. Era come avere un'enorme voragine nel petto e anche il solo respirare era una sofferenza.
L'immagine di Bridget Jones che si trascina per casa avvolta nel piumone abbuffandosi di gelato, rendeva perfettamente l'idea di come mi sentivo.
E poi ero incinta, quindi non dovevo nemmeno sentirmi troppo in colpa mentre mi ingozzavo di cibo super calorico. I movimenti del bambino si erano fatti sempre più insistenti e morivo dalla voglia di vedere come avrebbe reagito Giuseppe a sentire sotto le sue mani i piccoli calcetti di suo figlio. Ero ancora così stranita dal fatto che sarebbe stato il padre del bambino che portavo in grembo. Questo ci avrebbe unito per sempre e lo sapevo bene. Eppure l'uomo che amavo non era con me e mi sentivo tremendamente sola.
Dopo la discussione che avevo avuto con Giuseppe, la mia migliore amica mi aveva sentita così triste al telefono, che si era presa un paio di giorni di ferie solo per venire a trovarmi. Al momento di ripartire, Giulia aveva poi insistito perché ripartissi insieme a lei per passare qualche giorno a Firenze, ma non avevo voluto darle ascolto.
Ora però iniziavo a credere che forse aveva ragione, sia a me che al bambino avrebbe fatto bene cambiare aria per un po'. I mesi del lockdown erano stati incredibilmente difficili, ma ancora più difficile era stato tenere separata la mia vita privata da quella professionale. Una vera e propria missione impossibile. Ero riuscita a vedere Giuseppe tutti i giorni senza impazzire, senza rivelare al mondo intero quello che provavo e tutta quella tensione mi aveva logorata poco alla volta.
Forse allontanarmi da Roma non sarebbe stata una brutta idea, ma tornare a casa dai miei genitori era da escludere. A Giulia avevo raccontato solo che mia madre non aveva accettato la mia storia con Giuseppe, preferendo tenere i dettagli per me, quindi non potevo affidarmi al suo consiglio di metterci una pietra sopra. Era assurdo come certe volte non riuscissi a confidarmi totalmente nemmeno con la mia migliore amica, eppure succedeva.
Appena i confini regionali erano stati riaperti, io e Giuseppe eravamo andati a Firenze e avevamo annunciato la nostra storia. In un primo momento, mio padre e mia madre erano rimasti totalmente scioccati, proprio come avevo previsto. Avere il Presidente del Consiglio che si siede alla tua tavola e ti annuncia che ama tua figlia, non era decisamente una cosa da tutti i giorni. E per di più nella stessa giornata avevano dovuto affrontare un'altra grande rivelazione. Ormai ero incinta di 3 mesi e mi sembrava giusto condividere la notizia anche con la mia famiglia.
"E così scopriamo che stai con il Presidente del Consiglio e sei anche incinta...." affermò mia madre una volta rimaste sole in cucina.
Mio padre e Giuseppe invece si erano spostati in soggiorno e potevo solo immaginare l'aria tesa che si respirava. L'uomo che avevo scelto come compagno era decisamente intimidatorio e nemmeno mio padre sembrava immune.
"Mi dispiace non avervi detto nulla prima, ma è una cosa difficile di cui parlare... È ancora tutto segreto per ora," dissi cercando di far capire a mia madre le mie ragioni.
"Ma siamo la tua famiglia e tu sei la nostra unica figlia. Avresti dovuto dircelo prima, non certo ora che sei già al terzo mese di gravidanza..."
"Non è che non mi fidi di voi. Il fatto è che non sapevo nemmeno io che cosa stava succedendo," dissi appoggiandomi al ripiano della cucina.
"E ora come va? Credi davvero di essere felice con una persona del genere? Ha un divorzio alle spalle, un figlio... e c'è così tanta differenza d'età. Ha solo un anno in meno di tuo padre, lo sai vero?"
"Sì, lo so... Ma io lo amo e mi rende molto felice."
Se c'era una cosa di cui ero davvero sicura, era questa. Non avevo alcun dubbio sui sentimenti che provavo per Giuseppe.
"E da quanto va avanti questa storia? Sei già incinta..." disse mia madre mentre mi scrutava con sospetto.
"Beh, ci conosciamo da tanto. Però non è da molto che stiamo ufficialmente insieme..."
Evitai accuratamente di dirle tutta la verità. Non potevo certo rivelare che era solo da pochi mesi che consideravo Giuseppe come il mio compagno nel senso classico del termine. Avrebbe sicuramente dato di matto. Più di quanto non stesse già facendo.
"Ah, perfetto! A me sembra che tu ti stia solo facendo manipolare. Tu sei più giovane e lui se ne approfitta..."
"E invece ti sbagli! Non mi faccio manipolare. Ora hai finito con il tuo interrogatorio?" chiesi diventando sempre più nervosa. Non sopportavo l'idea che parlasse di Giuseppe in quel modo. Era l'uomo più dolce e comprensivo che conoscessi e non se lo meritava affatto.
"No che non ho finito! Sono tua madre e ho il diritto di sapere!"
"Ok..."
"Quindi ricapitolando state insieme da poco, subito dopo sei rimasta incinta e nessuno deve saperlo, dico bene?"
"È più complicato di così..." affermai esasperata passandomi una mano tra i capelli.
"Quand'è che uscirete allo scoperto? Non mi sembra per niente bello che ti nasconda. Non è che sta ancora con la bionda di prima?"
Ed ecco la sequela di domande senza fine. La situazione si stava facendo sempre più pesante e io non ne potevo davvero più di sentirmi sotto processo.
"No. Non sono l'amante di nessuno, se è questo che ti preoccupa. E comunque non è vero che mi nasconde. È che se si sapesse che il Presidente del Consiglio sta con la sua assistente, sarebbe un bel problema..."
"Eppure non si è fatto problemi a metterti incinta! Emma, così non va bene per niente!" mi urlò contro mia madre.
"Calmati. Non sono una povera vittima, se è quello che stai pensando..."
"Vuoi dire che ti va bene che nessuno sappia che state insieme? Non mi sembra molto diverso da essere la sua amante!" disse afferrandomi il braccio.
Mi liberai dalla sua presa e mi allontanai quel tanto che bastava per mettere più distanza tra di noi. "È una cosa molto diversa. Io non sono una seconda scelta..."
"Emma, sei così ingenua. Non capisci che per lui sei solo un passatempo?"
"Ti sbagli di grosso! Giuseppe mi ama e sto per avere un figlio da lui!"
"Un figlio che ti toccherà crescere da sola quando ti lascerà..." disse sicura delle sue parole. Era assurdo quanto fosse convinta di quello che diceva. Farla ragionare sembrava un'impresa quasi impossibile.
"E perché mai dovrebbe lasciarmi?"
Mia madre fece una risata amara scuotendo la testa. Mi guardava come se fossi semplicemente troppo testarda e sciocca per comprendere come stessero davvero le cose.
"Non puoi semplicemente essere felice per me?" domandai in collera. Ne avevo davvero abbastanza di starmene lì a farmi urlare contro.
"Felice per te? E per cosa? Perché ti sei fatta mettere incinta? Wow complimenti."
"Dio mio, mamma... Ma perché non vuoi capire?"
"Capire che cosa, eh? Che sei talmente stupida da pensare che ti resterà accanto dopo che si sarà stancato di te? I politici sono tutti uguali..."
"Giuseppe non è solo un politico! Devo ricordati che lo conosco da quando era solo un professore? Io... pensavo che ti piacesse," dissi aggrappandomi all'inutile speranza che ritornasse sulle sue convinzioni.
"Mi piaceva prima che scoprissi che se la faceva con mia figlia...."
"Basta, non voglio più ascoltarti!"
"E invece mi ascolterai eccome! Io non ti ho cresciuta così! Non abbiamo fatto tanti sacrifici per niente! Ti sei laureata in giurisprudenza, hai anche preso un dottorato e per cosa, eh? Farti mettere incinta dal primo che passa?"
Alzai gli occhi al cielo esasperata. Non poteva certo mancare di rinfacciarmi i sacrifici che avevano fatto per la mia istruzione.
"Giuseppe non è il primo che passa!"
"Ma certo, scusami se non gli porto il rispetto che merita! Dopotutto è il Presidente del Consiglio..."
"Ho sentito abbastanza! Me ne torno a Roma! E visto che la pensi così... non disturbarti a venire per il parto," affermai tagliente. Di certo non volevo il suo aiuto dopo tutto quello che aveva avuto il coraggio di dirmi.
"Ah, davvero? E da chi ti farai assistere? Dal tuo Giuseppe?"
"Sì, esatto! E la vuoi sapere un'altra cosa? Mi accompagnerà anche in sala parto e non permetterei a nessun altro di prendere il suo posto!"
"Bene! Ma poi non venire a piangere da me!"
Uscii dalla cucina senza aggiungere altro e raggiunsi Giuseppe e mio padre in soggiorno.
L'uomo che amavo si alzò subito in piedi appena mi vide arrivare. Mi passò un braccio intorno alle spalle preoccupato. "Vuoi andare via?" mi chiese all'orecchio.
Tutta la forza e la determinazione che avevo dimostrato nel confronto con mia madre svanirono di colpo e mi restò solo un profondo senso di delusione. Non pensavo che la donna che mi aveva messo al mondo potesse essere così dura e spietata nei miei confronti. Non potevo prevedere che l'avrebbe presa così male.
Annuii e combattei con tutte le forze l'istinto di rifugiarmi tra le braccia di Giuseppe e scoppiare a piangere. Ero così afflitta.
"Papà, io vado."
"Mi dispiace per come è andata con tua madre..." disse confermando quello che temevo. La discussione era arrivata fino in soggiorno e sia mio padre che Giuseppe si erano fatti una chiara idea di quello che era successo in cucina.
"E tu, invece? Spero che almeno tu sia felice per me..." dissi con un briciolo di speranza nella voce.
"Ecco... devo dire che non me lo aspettavo. Ma se vuoi sapere se hai la mia approvazione... Diciamo di sì. Mi sembri davvero felice e credo tu sia in buone mani."
"È così papà. Te lo assicuro," dissi contenta che almeno tra di loro le cose fossero andate per il verso giusto.
Quella fu l'ultima volta in cui vidi i miei genitori. Sentivo mio padre per telefono, però ogni volta che mia madre tentava di parlarmi mi rifiutavo categoricamente.
Ripensare a tutto questo non mi aveva fatto bene per niente. Ero già tormentata dall'afa di agosto, ci mancava solo agitarmi per come erano andate le cose con la mia genitrice. Per tutta la vita avevo avuto la pressione bassa ed ero stata soggetta a cali di zuccheri, ma con la gravidanza sembrava che la situazione fosse addirittura peggiorata.
Mi alzai dal divano per andare a prendere un bicchiere d'acqua sperando di stare un po' meglio. Ma all'improvviso mi sentii ancora più debole del solito, come risucchiata verso il basso da una forza sconosciuta. Sentii un forte ronzio nelle orecchie e poi tutto diventò nero.
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