17. Tacchi a spillo
"Va bene, mi hai convinto. Vado in bagno e faccio questo dannato test," dissi inspirando profondamente per calmarmi.
Appena svegliati, io e Giuseppe avevamo fatto colazione insieme e poi ero scesa in farmacia per comprare un test di gravidanza. Tornata a casa, nonostante le continue rassicurazioni del forse futuro padre, ci avevo messo una vita a convincermi a farlo.
Andai in soggiorno con il cuore in gola per l'ansia. Giuseppe era lì che mi fissava in attesa. Mi sedetti sul divano al suo fianco e posai il test a testa in giù sul tavolino di fronte a noi. L'avrei capovolto solo quando fossi stata pronta a vedere il risultato. "Ricordami com'è possibile che Rocco ti abbia lasciato la mattinata libera..."
"Ho detto che era un'emergenza e poi per oggi non era previsto niente di improrogabile. Ora non preoccuparti di questo," disse stringendomi le mani tra le sue cercando di tranquillizzarmi. Sapeva benissimo che stavo facendo di tutto per non pensare al test che tra qualche minuto ci avrebbe rivelato cosa ci aspettava.
"Dimmi la verità. Cosa intendi fare in caso il test sia positivo?"
"Non lo so ancora. Ho detto che non sono pronta ad essere madre, è vero. Per non parlare della situazione in cui siamo. Nascondiamo la nostra relazione, mi chiedo come faremmo con una gravidanza... Ma non posso nemmeno decidere di interrompere la gravidanza così alla leggera, ho bisogno di tempo per pensare. Tu cosa vorresti?"
"Io lo vorrei questo bambino o bambina, ma non voglio influenzarti. La decisione finale spetta a te," disse fissandomi intensamente negli occhi.
"E per quanto riguarda la tua carriera politica?"
"Ci penseremo al momento opportuno, fidati di me. Per ora, voglio solo che tu possa decidere senza ulteriori pressioni."
"Vorresti davvero diventare padre per la seconda volta?" chiesi con la voce incrinata dall'emozione.
"Sì, certo. Niccolò è il regalo più bello che la vita potesse donarmi. Avere la fortuna di poter vivere quel miracolo per la seconda volta, insieme a te, sarebbe bellissimo. Ma solo se è quello che vuoi anche tu. Sei giovane e se pensi che non sia ancora arrivato il momento giusto, lo capisco perfettamente. Non c'è fretta..." disse accarezzandomi la guancia con dolcezza e infinito amore.
"Come fai a trovare sempre le parole giuste per ogni cosa?"
"Talento speciale, chissà..." rispose facendo il finto modesto.
"Credi che potrei essere una brava madre? A volte mi sembra già abbastanza difficile prendermi cura di me stessa."
"Ne sono convinto. E poi, basta vedere come ti comporti con Niccolò. Hai sempre un'infinita pazienza e sei così dolce e comprensiva. Ti ricordi quando c'era rimasto male perché mi ero allontanato per parlare con i giornalisti? Tu l'hai portato alla gelateria più vicina e non hai fatto che consolarlo per tutto il tempo."
"Sì, ma con un neonato sarebbe diverso."
"Nessuno nasce sapendo fare il genitore, sono cose che s'imparano con il tempo. Ma detto questo, niente ti obbliga a diventare madre proprio adesso. Sempre se il test sia positivo..."
"Ok. Credo sia ora di scoprire la verità."
Presi il test fra le mani e lo capovolsi. "Sono incinta" dissi in un sussurro appena udibile.
Mi voltai verso Giuseppe per scoprire la sua espressione. Era raggiante di gioia. Io invece mi sentivo come immobilizzata e incapace di formulare un solo pensiero razionale. Istintivamente portò una mano verso il mio ventre e lo massaggiò appena, solo con il pollice. Poi sollevò il suo sguardo verso il mio e ritrasse la mano di scatto. "Scusami, mi sono fatto trasportare. Questo non cambia quello che ho detto prima. Sei libera di decidere come credi."
"È tutto ok," dissi non credendo nemmeno un po' alle mie stesse parole.
"Emma, se non vuoi portare avanti la gravidanza va bene. Non preoccuparti di quello che penso io," disse prendendomi tra le braccia. Cercai di realizzare che c'era una nuova vita che cresceva dentro di me. Ormai non ero più sola. Lo shock del momento mi colse con tutta la sua forza e mi aggrappai a Giuseppe per non crollare del tutto.
"Ti prego, non lasciarmi sola. Non ce la faccio," dissi stringendomi forte a lui.
Mi accarezzò dolcemente la nuca e iniziai a sentirmi un po' meglio. "Non vado da nessuna parte, te lo prometto."
Giuseppe mi sollevò dal divano e mi portò in braccio fino alla camera da letto. Mi adagiò sul materasso e subito dopo fu di nuovo accanto a me per abbracciarmi. Quando chiusi gli occhi capii che tutto quello che desideravo era stare tra le sue braccia per sempre. Restammo in silenzio per un tempo che mi sembrò infinito, finché schiacciata da tutte quelle emozioni non mi addormentai.
Quando riaprii gli occhi, Giuseppe era di fronte a me. Mi scostò una ciocca dal viso e mi sorrise, rivelando le fossette che amavo così tanto. Gli sorrisi a mia volta, conscia della fortuna di averlo lì con me.
"Come stai?" chiese con la voce roca ed inflessibile.
"Sto bene. O meglio, stiamo bene" risposi ancora incredula di quello che mi stava succedendo.
"Mi hai fatto preoccupare parecchio."
"Scusami... non so cosa mi sia preso."
"Eri sotto shock," disse accarezzandomi una guancia.
"Sei rimasto qui con me tutto il tempo?"
"Te l'ho promesso e poi... dove altro potrei andare?"
"A Palazzo Chigi ad esempio. Che ore sono?"
"È ora di pranzo. Hai bisogno di mangiare e riprendere le forze," disse prima di scendere dal letto e aiutarmi a mia volta a farlo.
"Ti staranno aspettando..."
"Tu sei molto più importante."
Giuseppe non si era allontanato un momento dal mio capezzale, quindi non c'era nulla di pronto. Tirò fuori dal frigo una confezione di gnocchi e li condimmo solo con un po' di burro e formaggio. Mangiammo mentre mi teneva d'occhio con aria preoccupata.
"Ho detto che sto bene. Non guardarmi così..."
"Ultimamente faccio fatica a crederti. Ogni volta che lo dici, in realtà non stai bene per niente."
"Questa volta è diverso. Puoi credermi," dissi alzandomi per andare a sedermi sulle sue gambe. Gli passai le braccia intorno al collo e cercai di rassicurarlo con un casto bacio sulla guancia. Mi punsi leggermente con la ricrescita che iniziava a far capolino sul suo viso. Chissà come sarebbe stato vederlo con la barba, riuscivo ad immaginarlo ancora più sexy di quanto già non fosse.
"Ok, ma nel dubbio oggi ti prendi un'altra giornata di riposo."
"Non voglio nessun favoritismo. Ho detto che sto bene e quindi ora vado a vestirmi e ti seguo a Palazzo Chigi," dichiarai convinta della mia decisione. Avevo messo in conto che Giuseppe non sarebbe stato d'accordo, ma invece mi sorprese. "Se è quello che ti rende felice, va bene," disse massaggiandomi un ginocchio.
Scesi dalle sue gambe e andai a cambiarmi. Decisi d'indossare un semplice tubino nero a mezze maniche, mi truccai cercando di nascondere il mio aspetto ancora più pallido del solito, dove facevano bella mostra di sé anche delle occhiaie preoccupanti. Abbondai con il fard e il rossetto rosso, sistemai i capelli con la piastra facendo qualche morbida onda e poi andai alla ricerca di un paio di décolleté nere da abbinare al vestito. Finalmente le trovai, non esattamente quelle che cercavo, ma me le feci andare bene lo stesso. Dall'armadio presi la giacca di ecopelle per me e recuperai quella elegante di Giuseppe.
"Qualche minuto e arriva l'auto a prenderci. Sto aspettando il messaggio di conferma," disse appena lo raggiunsi in soggiorno.
"Allora mi siedo un attimo. Queste scarpe sono infernali..."
"Sarebbe meglio se le cambiassi."
"Sono quelle che si abbinano meglio e le altre nere più comode non riesco a trovarle," risposi sollevando le spalle sconsolata.
"Qualsiasi altro paio andrà bene. Sei incinta e quelle scarpe a spillo sembrano un po' troppo alte e scomode..."
"Scherzi, vero? Mi sembra un po' presto per allarmarsi."
Ci mancava solo che Giuseppe iniziasse a fare l'autoritario con me. Non pretendevo certo di andarmene in giro su tacchi vertiginosi a pochi mesi dal parto come Victoria Beckham, ma nemmeno volevo rinunciare ad indossare quello che preferivo quando la gravidanza era appena iniziata. Non è che amassi particolarmente le scarpe che indossavo, anzi. Erano terribilmente alte ed instabili, non le mettevo praticamente mai, però nella fretta le avevo indossate comunque. Il punto è che non potevo sopportare che qualcun'altro decidesse per me.
In realtà, non avevo nemmeno detto ad alta voce se volevo diventare madre oppure no. In cuor mio credevo di aver già preso una decisione, ma avevo paura di ammetterlo persino con me stessa. Nonostante le mille paure, volevo che questo bambino o bambina venisse al mondo. Crescerlo con Giuseppe poi sarebbe stata un'incredibile avventura. Era un padre così premuroso e attento. Il solo pensiero di vederlo con un neonato tra le braccia mi faceva sciogliere. Ma non per questo gli avrei permesso di fare il dispotico.
"L'auto è arrivata. Andiamo?" chiese cercando di poggiarmi una mano alla base della schiena. Mi allontanai stizzita e iniziai ad uscire di casa senza voltarmi indietro. Aspettai che anche Giuseppe varcasse la soglia e poi chiusi la porta a chiave. Ben attenta a non guardarlo negli occhi, premetti il pulsante di chiamata dell'ascensore. Anche se si trattava di un piano, era meglio non rischiare di cadere con quelle dannate scarpe che portavo ai piedi.
"Per quanto ancora hai intenzione d'ignorarmi?" domandò Giuseppe piuttosto seccato.
"Non lo so. Dipende..."
"E potrei sapere da cosa?"
"Da te. Non ho nemmno fatto la prima visita di controllo e già vorresti dirmi cosa fare o non fare?" chiesi voltandomi nella sua direzione. In quel momento arrivò l'ascensore ed entrai seguita a ruota dal Presidente.
"Dio santo, non fare la bambina..."
"Non sono una bambina! E sai che c'è, io prendo un taxi!" esclamai uscendo dall'ascensore. Volevo fare un'uscita trionfale, ma il destino la pensava diversamente e mentre stavo uscendo, il tacco della scarpa s'incastrò nella fessura che c'era tra quel maledetto portapersone e il pianerottolo.
Giuseppe fu immediatamente al mio fianco e mi tenne il braccio per paura che potessi cadere. Liberai il piede e poi mi lasciò lentamente andare. "Non ne hai avuto abbastanza di quelle scarpe?" domandò mentre mi seguiva fuori dalla porta della palazzina.
"Non è colpa delle scarpe!"
"Vedo che gli ormoni iniziano a fare effetto..." commentò acido.
"Non osare darmi dell'isterica!"
"Dico solo che sei ancora più ipersensibile del solito. Tutto qui," disse tentando di avvicinarsi a me mentre io mi ostinavo a mantenere le distanze.
Giuseppe scandì bene le parole mentre cercava di mantenere la calma "Emma. Sali in macchina."
"No. Ho detto che prendo un taxi," risposi incrociando le braccia al petto in modo impettito. Ero decisa a non girarmi nella sua direzione nemmeno per sbaglio.
"Hai detto che non sei una bambina, ma è esattamente come tale che ti stai comportando. Capisco che tu sia nervosa perché hai appena scoperto della gravidanza, ma a tutto c'è un limite..."
Odiavo quando aveva ragione. Inoltre, dal tono della sua voce incredibilmente piatto e controllato sapevo che era davvero furioso con la sottoscritta. Non c'era niente di peggio che affrontarlo quando era arrabbiato e aveva anche tutte le ragioni per esserlo.
"Ok. Ma solo perché non mi va di aspettare..."
Spazio Autrice: Come promesso ho pubblicato in anticipo! È un piccolo ringraziamento per il vostro continuo supporto❤
Ebbene sì, avevate visto giusto. Emma è incinta! Spero vi piaccia come svolta, fatemi sapere nei commenti.
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