10. Rocco
GIUSEPPE
Quella mattina Emma mi salutò e tornò nella sua camera. Le cose tra di noi erano finalmente sistemate e tutto ciò che dovevo fare era parlare con Rocco. Dovevo mettere in chiaro quanto poco avessi gradito il suo attacco verso quella che ormai non era più solo la mia assistente. Se in futuro avesse temuto per la mia immagine, era a me che doveva rivolgersi in primis.
Mandai un messaggio al mio portavoce. Mi rispose poco dopo, assicurandomi che ci saremmo visti nel mio ufficio dopo una mezz'ora.
Arrivato nel luogo d'incontro, misurai a grandi passi la stanza cercando di far passare il tempo. Ero troppo nervoso per pensare di fare qualcosa di produttivo nel frattempo, anche solo leggere una e-mail avrebbe richiesto una concentrazione che non avevo affatto in quel momento.
Tra me e Rocco c'era sempre stato un rapporto di stima reciproca e non avevo mai avuto da ridire sul suo operato, almeno fino a quel momento. Potevo considerarlo quasi come un amico, ma sospettavo che presto le cose sarebbero cambiate.
"Ciao Giuseppe. Come mai volevi vedermi con tanta fretta?" chiese Rocco entrando nella stanza. Mi studiò con attenzione cercando di intuire il mio umore.
"C'è una questione che non poteva aspettare," dissi con voce ferma. Se c'era una cosa di cui andavo davvero fiero, era il mio proverbiale autocontrollo. Poteva essere molto utile in situazioni come queste.
"Ah, sì? E di cosa si tratta?"
"Dunque vediamo... parliamo del modo in cui hai convinto Emma a starmi lontana?"
"E questo dove l'avresti sentito? Non dirmi che è venuta a piangere da te," disse sollevando le sopracciglia.
"Non è il tipo. Da un giorno all'altro ha iniziato a trattarmi in modo diverso e ho capito che doveva esserci qualcosa sotto. Poi ieri ho visto come l'hai guardata e ogni cosa mi è stata chiara. "
Una piccola bugia non poteva far male e Rocco sembrava convinto della mia versione. E comunque ero abbastanza sicuro che anche senza la confessione di Emma, prima o poi sarei arrivato a scoprire il suo coinvolgimento nell'intera vicenda. Era solo questione di tempo.
"Qualunque cosa abbia fatto, è stato solo per il tuo bene. Tu hai già una compagna. Hai idea di cosa succederebbe se venisse fuori che ti scopi la tua assistente?"
"Modera i termini," dissi puntandogli un dito contro. Non sopportavo che liquidasse quello che c'era tra me ed Emma così facilmente, come se fosse una cosa senza importanza.
"Perché? Cosa ho detto di sbagliato?"
"Io non me la scopo, come dici tu. C'è molto più di questo."
"Vuoi dire che vi amate?" chiese poco convinto.
"Non credo che la cosa ti riguardi. Ma se proprio vuoi saperlo, la risposta è sì."
"Questo non cambia il fatto che ho ragione. Se viene fuori questa storia, puoi dire addio alla tua carriera politica!" disse dando di matto.
"Prova a dirmi che non è vero. Forza Giuseppe, provaci!"
"Ok, va bene. Lo so anch'io che non possiamo andarcene in giro mano nella mano, ma questo non vuol dire che puoi decidere della mia vita privata. Avresti dovuto parlarne prima con me, non con Emma!" dissi alzando la voce a mia volta. Avevo cercato di trattenermi dal farlo fino a quel momento, ma ora mi era diventato impossibile.
"Ho pensato che sarebbe stato molto più facile in questo modo."
"Ma certo... immagino che prendersela con una giovane ragazza sia stato molto più semplice che parlarne con me, il Presidente del Consiglio. Non avevi nessun diritto di terrorizzarla!"
Il solo pensiero di quello che aveva dovuto passare, mi faceva contorcere lo stomaco dalla rabbia.
"Non essere esagerato. L'ho solo messa in guardia su cosa sarebbe successo se ti fosse stata troppo vicino."
"Bene. La prossima volta ti sarei grato se prima ne parlassi con me!" dissi incrociando le braccia al petto con fare nervoso.
"E quindi cosa pensi di fare con Emma? Perché ti ricordo che sei un uomo impegnato..."
"Non voglio perderla. Questa è l'unica cosa certa che so."
"Capisco. Ma sei sicuro che riuscirete a tenere nascosta la relazione? La tua preziosa assistente è così discreta come credi?" m'incalzò con una domanda dietro l'altra.
"Ce la faremo e se c'è una persona di cui posso fidarmi, quella è Emma. Tu non la conosci..."
"E ora cosa dovrei fare? Ti aspetti che vi dia la mia benedizione? Io non ho cambiato idea," affermò Rocco deciso delle sue parole.
"Nessuno ha bisogno della tua benedizione. Abbiamo già chiarito."
Rocco scoppiò in una risata isterica e mi fissò esterrefatto scuotendo la testa. "Quindi non avete perso tempo? Ma non mi dire..."
"Non sapevo di aver bisogno del tuo permesso per qualsiasi cosa mi riguardi," dissi alzando un sopracciglio. Di certo, diventando Presidente del Consiglio non avevo dato a nessuno il permesso di prendere decisioni al posto mio.
Avevo accettato che la mia vita privata fosse sconvolta fin dal primo momento, ma un altro paio di maniche sarebbe stato diventare un burattino nelle mani di qualcun altro. Quello non l'avrei mai permesso.
Le decisioni che prendevo erano mie e soltanto mie. E al momento giusto avrei affrontato anche le conseguenze che ne sarebbero derivate. Non ero tipo da tirarsi indietro di fronte alle responsabilità.
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