Capitolo 3 • La leggenda - pt 2

Tanto tempo fa, in un luogo che oggi non compare più in nessun atlante geografico, esistevano due regni, entrambi prosperi e felici.

Il primo regno era abitato dagli Elfi della Terra, creature nobili e solari, abili nel tiro con l'arco e nella cura di fiori e piante, in completa sintonia con le verdeggianti pianure di Sempreverde.

Il secondo regno, invece, era dominato da alte montagne e dalle minacciose foreste di conifere di Roccascura. Qui vivevano gli Elfi della Tempesta, che padroneggiavano la forza del vento, la furia delle folgori e la ferocia delle tormente.

Nonostante le mille differenze esistenti tra gli abitanti di quelle terre remote, per molti secoli i due popoli vissero in perfetta armonia.

Ma come spesso accade, purtroppo, i piccoli conflitti creati dalle molteplici differenze si accatastarono l'uno sull'altro fino a diventare un ostacolo insormontabile, come tante piccole gocce che, una dopo l'altra, fanno traboccare il vaso.

E così un terribile giorno di fine estate, data che purtroppo nessuno seppe mai dimenticare, il vaso traboccò. Un baratro di odio e rancore prese il posto dell'equilibrio che aveva da sempre regnato in quelle terre leggendarie, e con la guerra iniziò un lungo e rigido inverno alimentato dalla rabbia e dall'astio che i cuori dei due popoli nutrivano per i propri avversari. Le battaglie infuriarono per anni e anni e la pace sembrava essere ormai svanita dall'essenza stessa dei due regni... ma non tutto era perduto.

L'amore non era scomparso, anche se per molto tempo lo si credette smarrito.

Una piccola scintilla di speranza brillava ancora nei cuori di sei giovani Elfi, che lottarono con tutte le proprie forze per riportare i due regni all'antica armonia.

Adhara e Sirio, una giovane coppia della Tempesta, Bucaneve, Biancospino e Gelso, Elfi della Terra, e un'ultima giovane Elfa della Tempesta, il cui nome andò perduto tra le pieghe del tempo. Giovani decisi a fermare la battaglia che imperversava nelle loro Terre da molti secoli.

Lottarono con coraggio e lealtà e riuscirono a convincere anche altri Elfi che la vera battaglia sarebbe stata vinta soltanto quando la guerra fosse finita. E così diventarono molti, e da sei divennero centinaia, Elfi, Fate, Centauri, ogni creatura magica delle Terre degli Elfi che aveva deciso di abbandonare il rancore cedendo alla speranza. Presero il nome di Ribelli.

Dopo vittorie e sconfitte, cadute e trionfi, il coraggio di quei giovani fu finalmente premiato. Le battaglie cessarono e la guerra fu bandita dal regno. I due popoli smisero di fronteggiarsi in inutili combattimenti e ritornarono in equilibrio e alla tranquilla vita quotidiana.

Adhara e Sirio, Bucaneve e Biancospino, Gelso e l'Elfa della Tempesta vennero proclamati sovrani, giurando di governare il regno con la saggezza e l'onestà che avevano sempre dimostrato.

Solo qualcuno, però, non era d'accordo con il ritorno all'antica alleanza e per questo nutriva un odio profondo per i nuovi sovrani.

Andromeda, l'Elfa dagli Occhi di Ghiaccio, erede al trono di Roccascura, non tollerava infatti che la pace fosse stata raggiunta così facilmente e che ogni forma di odio fosse sfumata e scomparsa nell'aria tiepida di una primavera.

Così, una notte, in quella tempestosa e gelida notte di dicembre l'Elfa dagli Occhi di Ghiaccio decise di vendicarsi dei sovrani dei Regni e del patto di fratellanza che avevano suggellato...

*  *  *

La notte in cui si celebrò la terribile vendetta di Andromeda, il buio era già calato sul palazzo dei sovrani e un vento gelido sibilava tra le fronde degli alberi, scuotendone le chiome con violenza. I due Elfi sedevano uno a fianco all'altra vicino a un caminetto scoppiettante, ignari della terribile minaccia che incombeva su di loro.

Adhara teneva in braccio un bambino di appena qualche settimana. Due occhietti vispi e vivaci simili a lastre di ghiaccio celeste risplendevano sul suo volto e a nascondergli la fronte rosea e morbida un ciuffo di capelli corvini. La sua risata squillante e spensierata risuonava nell'aria come una musica, accompagnata dal crepitare della legna sulle fiamme dorate.

Adhara si sfilò dal collo sottile un ciondolo bronzeo e lo fece scivolare tra le pieghe del panno candido che avvolgevano il bambino. - Il nostro sogno si è realizzato, Sirio. Anche il più piccolo frammento di odio è finalmente scomparso dal nostro regno. - disse Adhara accarezzando teneramente la mano di suo marito.

Sirio sorrise, posandole un bacio sulla fronte.

Il suo sguardo si oscurò per un attimo, e gli angoli delle labbra cedettero a un improvviso timore.

- Cosa c'è? - chiese lei, adagiando il bambino ormai addormentato nella culla di vimini.

Sirio scosse la testa.

- Si tratta di lei, vero? - chiese Adhara, accarezzandogli una guancia.

L'elfo annuì.

- Non basterà a far tornare la guerra, Sirio. I nostri sudditi credono in noi, i Ribelli credono in noi. Non ci sarà più niente in grado di riportare l'odio, e finché noi saremo qui non avranno mai nulla da temere. - mormorò la donna accarezzandosi i corti capelli blu notte e appoggiando la guancia sulla spalla del marito.

- Forse hai ragione tu, Adhara. Forse, semplicemente mi sembra troppo bello per poter essere reale. Forse si tratta solo di... - La voce dell'uomo fu interrotta da un'improvvisa raffica di vento.

La finestra si spalancò di colpo, i tendaggi presero a danzare furiosamente, il caminetto si spense e la stanza fu avvolta da una penombra agghiacciante.

Una figura incappucciata entrò in volo attraverso la finestra aperta e si avvicinò lentamente alla giovane coppia.

Un fulmine si schiantò poco lontano dal palazzo in un fragore assordante, illuminando per un attimo il ghigno terribile disegnato sul volto di Andromeda.

- Tu...? - sussurrò Sirio, stringendo a sé la moglie.

La donna non rispose, ma il suo sguardo si fece ancora più gelido. - È un piacere incontrarvi di nuovo, Vostre Maestà. - asserì simulando un rapido inchino.

- Che cosa ci fai qui? - domandò Adhara alzando il mento verso di lei.

- Sono venuta a vendicare quello che mi è stato tolto. - rispose la donna.

L'Elfa dagli Occhi di Ghiaccio sollevò una mano al cielo con un gesto talmente repentino da impedire all'uomo di reagire e pronunciò in fretta parole di una lingua sconosciuta.

Il cielo fu squassato da una tempesta di fulmini talmente potente che per qualche istante la terra tremò. Ci fu un boato assordante, un grido di donna e poi... silenzio.

*  *  *

Bucaneve e Biancospino si svegliarono di soprassalto.

Corsero a perdifiato verso la stanza di Adhara e Sirio, ma quando arrivarono ormai era troppo tardi.

Trovarono la culla rovesciata su un fianco, il bambino a terra che piangeva disperato.

Non c'era più traccia dei due Elfi, né di Andromeda. Di lei era rimasta solo una lontana e crudele eco che andava perdendosi tra i profili delle montagne.

Bucaneve e Biancospino si guardarono, gli occhi della donna velati di lacrime.

Non c'era bisogno di parole per spiegarsi.

L'Elfa prese tra le braccia con delicatezza il figlio di quelli che erano stati i suoi migliori amici e lo cullò dolcemente, bagnandogli di lacrime calde il viso contratto da una smorfia sofferente.

Accarezzò il ciondolo che era appartenuto ad Adhara e il braccio di suo marito le cinse la vita.

- Castor... - Pronunciò il nome del bambino in un sussurro appena udibile, e rimase ferma in silenzio ad osservare quella meravigliosa creatura che la guardava con occhi penetranti che le strinsero il cuore.

- Da adesso - sussurrò Bucaneve cercando invano di trattenere le lacrime. - Saremo noi a occuparci di te.

Da quella triste sera d'inverno, Bucaneve e Biancospino abbandonarono il palazzo che avevano condiviso come sovrani con Adhara e Sirio. Vissero nascosti con Castor e Fiordaliso, il bimbo che avevano appena dato alla luce, e Trixana, un'Elfa bambina dai capelli verdi e un ciuffo scarlatto che consideravano come una figlia da quando, qualche anno prima, l'avevano trovata sola e sperduta in un piccolo nascondiglio ai piedi di una quercia e avevano deciso di portarla con loro a Palazzo. La bimba era cresciuta, da allora, ma non ricordava nulla né del suo passato, né della sua identità. Non aveva ancora dimostrato di saper padroneggiare i propri poteri e Bucaneve e Biancospino avevano ormai rinunciato all'idea che ci sarebbe mai riuscita. Forse semplicemente non poteva. Capitava infatti che, nel caso in cui la madre e il padre appartenessero a due regni differenti, i figli da loro nati non presentassero i poteri di nessuno dei due, ma una straordinaria maestria nell'uso delle armi o dell'alchimia.

Ma, ahimè, Trixana non fu l'unica bambina a venire ritrovata senza una famiglia. Il disordine aveva ritrovato luogo nelle Terre degli Elfi da quando Adhara e Sirio erano stati uccisi e Bucaneve e Biancospino erano dovuti fuggire per proteggere le proprie vite. Molti villaggi erano stati distrutti, molti uomini uccisi e le potenze di Sempreverde e Roccascura avevano cominciato a riorganizzare truppe ed eserciti. Qualcosa di terribile stava nascendo e crescendo, sempre più grande, l'odio e la sfiducia avevano ripreso ad animare molti Elfi e, Bucaneve e Biancospino lo sapevano, la pace che avevano stabilito non sarebbe durata ancora a lungo, ormai.

I Ribelli venivano perseguitati, accusati di aver causato la morte dei sovrani, si erano organizzati in basi nascoste nelle Terre degli Elfi. A loro i due sovrani rimasti lasciarono i propri figli, Castor, Fiordaliso e Trixana, nella speranza che potessero vivere protetti e lontani da ogni pericolo.

Andromeda aveva messo in piedi un esercito di enormi dimensioni, e ad Hekislia, la capitale di Sempreverde, il popolo aveva eletto un nuovo sovrano, il Re Gladiolus.

Bucaneve e Biancospino decisero di affrontare Andromeda, combattendola in un duello corpo a corpo. Era la loro ultima possibilità per fare sì che la situazione di caos e disordine in cui erano precipitate le Terre degli Elfi cessasse e che la pace facesse di nuovo ritorno.

Ma non avrebbero mai immaginato quanto l'odio e il rancore avessero trasformato quella donna. I suoi poteri erano molto più forti, ora, molto più forti di quelli di qualsiasi altro Elfo.

E così, quell'estate di molti anni fa, la neve riprese a scendere sulle Terre degli Elfi, portando con sé un gelo implacabile e inestinguibile. Bucaneve e Biancospino vennero sconfitti e uccisi da Andromeda sotto lo sguardo immobile di tutte le Terre degli Elfi, il rigido inverno prese il posto dello scorrere delle stagioni e tra Sempreverde e Roccascura la guerra si riversò come un fiume in piena sulla pace che era stata costruita, una guerra atroce che ancora oggi si consuma tra i due popoli. I Ribelli non possono più contrastarla e, anno dopo anno, vengono uccisi a centinaia.

Ma c'è ancora una speranza, che illumina flebile i cuori della gente. Ancora una possibilità di salvezza e pace.

Una Profezia.

Una Profezia che narra il ritorno dei Custodi dell'Antico Potere, due creature che da tempo erano scomparse dalle Terre degli Elfi e che in passato si erano succedute assicurando la pace tra i Regni. Le uniche due creature in grado di dominare l'Antico Potere, antichissima forza che racchiude in sé l'origine di tutte le cose, e le sole che potranno sconfiggere l'Elfa dagli Occhi di Ghiaccio e riportare finalmente la pace tra i due popoli.

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