Capitolo 18 • Antichi suggelli - pt 3
Il ragazzo chiuse gli occhi, sopraffatto dai ricordi. - Era il giorno del mio undicesimo compleanno quando partì. Non l'ho mai più rivisto da allora.
Elnath sollevò gli occhi e Castor riconobbe il misto di rabbia e dolore che brillava nel suo sguardo. Era lo stesso che provava lui quando pensava a tutte le sofferenze che aveva dovuto affrontare, a tutte le sofferenze che quella guerra lo stava costringendo ad affrontare.
- Mi dispiace. - si sforzò di mormorare.
Elnath sospirò profondamente e annuì, stringendo le labbra. - Prima di andarsene mio padre mi fece promettere che non mi sarei mai alleato con i Ribelli. - disse lanciando a Castor un'occhiata di sfuggita. - Mi fece giurare che non avrei mai lasciato fuggire vivo uno di voi. - aggiunse drizzando la testa.
Castor sfiorò lentamente l'elsa della spada, ma non la estrasse. Elnath teneva ancora la sua levata, ma non pensava che rappresentasse un pericolo. Non avrebbe avuto difficoltà a eliminarlo se si fosse dimostrato un ostacolo, ma prima voleva scoprire dove voleva arrivare.
- Io non ho mai tradito una promessa fatta a mio padre. - aggiunse Elnath fissando Castor dritto negli occhi. - Non macchierò il suo nome per salvarti.
Le dita di Castor fremettero stringendo l'elsa della spada, ma il ragazzo esitò. Non era ancora il momento.
- Perché volevi sapere se i Custodi sono tornati? - chiese Castor lanciandogli un'occhiata di sfida.
Elnath stette qualche secondo in silenzio e poi sorrise, un sorriso vero finalmente. - Mio padre non ha mai creduto nella Ribellione. - disse riponendo la spada nel fodero che gli pendeva dalla cintura. - Ma credeva nei Custodi. Diceva che se fossero tornati, allora, forse, ci sarebbe stata speranza. Non pensava che ci fossero molte probabilità che la profezia si avverasse, ma mi disse che, se fosse accaduto l'impossibile, allora avrei dovuto essere pronto a sacrificare la mia stessa vita per proteggere la loro.
Castor scostò la mano dall'elsa della spada e si concesse di abbassare la guardia. Le parole di Elnath sembravano sincere. - Sei dalla nostra parte, allora. - disse mentre un sorriso complice si affacciava rapido sull'angolo della sua bocca.
- Non sono dalla vostra parte. - ribatté Elnath serio in volto. Un'ombra scura tornò per un attimo a velare il suo sguardo e il ragazzo corrugò le sopracciglia. - Voi Ribelli restate comunque dei traditori. Vi aiuterò, se i Custodi ne avranno bisogno. Ma lo farò solo per loro.
- Certo. - mormorò Castor. Stava per aggiungere qualcosa, ma poi si zittì e tese le orecchie. Il clangore di spade si era fatto improvvisamente più forte e le urla dei soldati diventavano sempre più vicine. - Nescta iasta. - imprecò piano il ragazzo raccogliendo da terra il suo mantello e infilandoselo velocemente sulle spalle.
- Come farai ad andartene? - chiese Elnath allarmato. - Le porte della città distano più di quindici minuti da qui. Non ci riuscirai mai.
Castor lo guardò e sorrise. - Ho i miei metodi. - mormorò con una risatina beffarda.
- Sei sicuro? - insistette il ragazzo mentre i suo occhi rilucevano spaventati. - Posso provare a distrarli, se vuoi.
- Elnath. - lo interruppe Castor guardandolo divertito. - C'è un motivo se i Ribelli non affollano ancora tutte le prigioni di Roccascura. Sappiamo come filarcela quando ci rendiamo conto di non essere graditi.
- Non pensavo che l'avrei mai detto ad un Ribelle, ma... - mormorò il ragazzo dopo un attimo di esitazione. - Buona fortuna.
- Anche a te. - disse Castor sistemandosi l'arco in spalla. - Ne avrai bisogno.
Elnath annuì in cenno d'assenso, non sapendo bene cosa dire.
- Posso fidarmi, allora? - chiese Castor rompendo il silenzio.
- Lo giuro in nome dei Custodi. - promise Elnath fissandolo negli occhi. C'era un'enorme serietà nel suo sguardo.
- Bene. - Castor annuì e fece sparire il volto sotto la cappa del cappuccio. - Non ho nient'altro che la tua parola per misurare la tua lealtà, ma dovrò accontentarmi. Non posso trattenermi un solo secondo ancora.
Il ragazzo fece per andarsene, ma poi si voltò, come se si fosse ricordato improvvisamente di qualcosa. Si avvicinò a Elnath e si fermò davanti a lui con un'espressione severa dipinta sul volto. - Non gridare. - lo avvertì fissandolo negli occhi.
- Come? - chiese Elnath sforzandosi di capire.
Il pugno gli esplose sullo stomaco prima ancora che potesse avere il tempo di reagire. Elnath venne scaraventato a terra e sbatté violentemente la testa contro il muro di una casa. Si accasciò al suolo con un gemito, il respiro mozzato dal dolore. Castor gli si avvicinò e lo colpì di nuovo, rifilandogli una gomitata in pieno viso.
Elnath riuscì a estrarre la spada e vibrò un colpo contro Castor, ma il ragazzo lo parò con un unico gesto fluente e disarmò lo scudiero con una rapidità agghiacciante, scagliando la sua spada a qualche metro da loro. La lama si conficcò con un sibilo al centro della piazza, in una fessura tra le pietre.
- Perché l'hai fatto? - esclamò Elnath ansimando. Un lungo taglio gli attraversava la fronte e una profonda ferita affiorava sotto la manica lacerata, macchiando la stoffa di rosso cupo. Il ragazzo si strinse il braccio con un gemito per fermare il flusso di sangue.
- Avrai tempo più tardi per ringraziarmi. - rispose Castor rinfoderando la spada. - Fidati di me. Se sapessi cosa saresti costretto a passare, mi pregheresti tu stesso di farlo.
Castor si sfilò l'arco di spalla e incoccò una freccia, puntandola contro Elnath.
- Cosa vuoi fare? - chiese il ragazzo, la voce che tremava appena.
- Se i soldati scoprissero che mi hai lasciato andare senza provare a fermarmi, avresti più di una ragione per desiderare di morire. - sussurrò Castor serrando le labbra. - Ti sto solo facendo un favore.
Il ragazzo tese la corda dell'arco e lasciò andare la freccia. Il dardo partì con un sibilo e Elnath chiuse gli occhi. Sentì un colpo appena sopra la ferita sul braccio, ma non provò dolore. La freccia si era conficcata nel muro dietro le sue spalle, perforandogli soltanto un lembo della manica.
Il ragazzo riprese a respirare e deglutì, stringendo più forte il braccio ferito.
Castor ridacchiò guardando la sua espressione terrorizzata. - Credevi davvero che volessi ucciderti? - lo schernì con un sorriso ironico.
- Devo averlo pensato. - farfugliò Elnath con una risatina nervosa.
Castor sorrise e spostò lo sguardo verso il soldato che Elnath aveva colpito. Gli lanciò una lunga occhiata, poi si sfilò un sacchetto di cuoio da un passante della cintura e lo lasciò cadere accanto al braccio inerte dell'uomo.
- Che cosa stai facendo? - domandò Elnath incredulo.
- Anche i Ribelli devono pagare i loro debiti. - rispose Castor con un mezzo sorriso.
Elnath non capì a cosa si riferisse. Castor lanciò un'occhiata nella direzione da cui provenivano le voci dei soldati e fece qualche passo indietro.
- Addio, Elnath. - mormorò indirizzandogli un cenno con la testa. - Spero ci rivedremo, un giorno. - Il ragazzo si voltò, imboccando un vicolo nascosto. - Stai attento! - urlò mentre la sua voce si affievoliva. - Non hai nemmeno idea di cosa siano capaci gli uomini di Andromeda!
Elnath lo seguì con lo sguardo finché non scomparve alla sua vista, poi si lasciò scivolare contro la parete, massaggiandosi con una smorfia il livido bluastro che gli stava comparendo sulla guancia.
A qualche passo da lui, protetto dall'ombra scura di un edificio cadente, un uomo dagli occhi piccoli e penetranti si teneva aggrappato con le vecchie mani nodose a un lungo bastone di legno, sorridendo malignamente.
- Interessante. - mormorò tra sé increspando le labbra in un ghigno soddisfatto. - Molto interessante.
E parve che, nel buio, i suoi piccoli occhi scintillassero.
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