7. Il gemello Daghan sbagliato
"E così lo hai fatto per tuo fratello" sospira stupito Nioclas.
Io annuisco vigorosamente, ma rimanendo in silenzio, mentre sistemo i capelli nella solita acconciatura militare. È passato poco dal mio tutt'altro che tranquillo bagno nel laghetto e li sento ancora umidi ed annodati tra le dita, ma non ci faccio caso. Al momento ho questioni più importanti a cui badare.
Nioclas, seduto davanti a me sulla sponda del lago, continua a guardarmi come fossi una sorta di miracoloso prodigio. Da quando qualche minuto fa ho terminato di raccontargli tutta la mia storia, i suoi occhioni azzurri non hanno perso per un attimo quella luce ammirata e un po' stupita, che allo stesso tempo mi lusinga e mi infastidisce assai.
"Promettimi solo che tutto questo rimarrà tra noi" sospiro sconfitta, lasciando ricadere le mani in grembo "Lo sai cosa accade ai traditori".
Sulle ultime parole la mia voce si fa bassa e cupa, mentre un brivido di puro terrore prende a serpeggiarmi su per la spina dorsale. Non posso nemmeno immaginare quale dolore infliggerei alla mia famiglia, quale disonore scaglierei sul mio nome, se tutto questo imbroglio venisse svelato a causa di un mio stupido capriccio.
Non avrei mai dovuto fare il bagno nuda in quel modo, illudendomi che niente e nessuno sarebbe mai potuto giungere a minacciare la mia tranquillità. Ingenuamente ho ascoltato alla lettera l'ordine del comandante, considerando le sue parole quasi come un'infrangibile legge celeste.
Nessuno dovrebbe venire a disturbarti.
Sbagliato. Sbagliatissimo.
"Ehir... Meave, non ti devi preoccupare. Non ho la minima intenzione di lasciarmi scappare un segreto tanto importante. Ci tengo che tu sia al sicuro, uomo o donna" sussurra il ragazzo, dopo avermi posato le mani su entrambe le spalle. Apprezzo che, nonostante il tentennamento iniziale, mi abbia chiamata con il mio vero nome.
Per un secondo incontro i suoi occhi di zaffiro e la sincerità estrema che li permea per poco non mi fa commuovere. Sono stata fortunata che quell'intruso fosse Nioclas e non qualcun altro. Questo ragazzo è stato sempre fin troppo buono con me e per tutto ciò non posso fare altro che ringraziare il destino o qualunque altra cosa governi questo folle mondo.
"Grazie" rispondo semplicemente, con un sorriso vero, che mi scalda il petto e scaccia via le lacrime.
Il ragazzo sorride a sua volta, facendo rifulgere i suoi begli occhi di una luce ancora più vivida ed intensa di quella precedente. Prima di allontanarsi si sporge ulteriormente verso di me e mi lascia un dolce bacio sulla fronte, stupendomi del tutto.
Mentre lo guardo tornare alla sua posizione precedente, mi ritrovo ad osservarlo con tenerezza e un po' di malinconia, pensando che il suo gesto si addice più ad un fratello che ad un compagno d'armi, ed improvvisamente è proprio così che comincio a guardarlo; come se fosse un fratello perso e ritrovato solo di recente, un nuovo tassello di cuore scoperto all'improvviso.
Inaspettatamente vedo un sorriso furbetto farsi largo sul suo bel volto, incorniciato dagli arruffati capelli color cioccolato. Non mi spiego il perché del suo repentino cambiamento di umore, ma c'è qualcosa nel suo sguardo che non preannuncia nulla di buono.
"Sono l'unico qui all'accampamento a conoscere il tuo segreto?" domanda dopo qualche istante, senza mai perdere il suo nuovo fastidioso ghigno.
"Certo, te l'ho già detto" rispondo circospetta, poggiandomi con la schiena al masso posizionato alle mie spalle.
"E il comandante Rian? Lui non sa nulla?"
Per un attimo solo maledico questo terribile ragazzo e la sua lingua lunga, pentendomi addirittura di essere arrivata a legarmi a tal punto a lui.
Posso sentire il sangue defluirmi alle guance in un soffio e le mani prendermi a sudare senza ritegno. Mentre lancio un'occhiataccia a Nioclas, mi stupisco nel vederlo ridacchiare di gusto, come tutto questo fosse solo un divertente messinscena.
"Cosa sono quelle guance rosse, madame? Ho forse toccato un tasto dolente?" domanda poi continuando a ridacchiare e lasciandomi un veloce buffetto sul mento.
Io mi scrollo di dosso il suo tocco, stizzita ed infastidita oltre ogni modo, ma non da lui, bensì dalla mia stessa reazione. Non posso permettermi di arrossire ogni volta che sento pronunciare il nome di Cael oppure che incontro il suo sguardo. Io dovrei essere un soldato, un uomo e non un'adolescente alle prese con le cotte da balli delle debuttanti.
"Non c'è bisogno che stringi le labbra e metti il broncio a quel modo, dubito che qualcuno oltre a me potrebbe mai arrivare ad avere dei pensieri del genere" cerca di consolarmi dopo poco, riassumendo una parvenza di compostezza, nonostante sul suo volto ci sia ancora l'ombra di quel sorriso malizioso.
"Si nota così tanto?"
Faccio la domanda con lo sguardo fisso a terra e con un tono di voce talmente basso che dubito mi abbia potuta capire davvero. Il fatto è che mi vergogno talmente di questa mia debolezza, di queste vili e fastidiose sensazioni che non fanno altro che agitarsi dentro di me ogni giorno di più.
"In realtà no. Ma si capisce che c'è qualcosa che non va tra voi due".
"Cosa intendi dire?"
"Vi guardate in un modo strano. Tu lo osservi di continuo, in silenzio, da lontano. Quando lo fai sembra quasi che tu abbia paura di lui, che temi lui possa coglierti in fallo da un momento all'altro.
Lui, invece, ti scruta. Ti guarda con una cattiveria ed una forza tali nello sguardo, che persino io sento attorcigliarmisi le budella".
Al sentire le parole del ragazzo posso percepire un suono agghiacciante provenire dal centro del mio petto. Sono quasi del tutto certa che esso sia prodotto dal mio cuore che si infrange in mille frammenti. Posso quasi sentirli cadere uno ad uno, staccarsi e ticchettare fastidiosamente quando si infrangono sulle costole.
"Mi odia, non è vero?" domando con un filo di voce, deglutendo a fatica il nodo che sento tormentarmi la gola.
"Tutt'altro, ragazza mia! Il comandante è cotto a puntino" ridacchia lui in risposta, sorridendo ancora una volta con quell'irrefrenabile voglia di vivere ad illuminargli lo sguardo.
Non capendo minimamente le parole del ragazzo, alzo lo sguardo su di lui con la fronte corrugata, come a domandargli delle spiegazioni più accurate. Non mi capacito di come il comandante possa essersi innamorato di me, soprattutto per il fatto che ai suoi occhi io sono Ehir Daghan. Un uomo.
"Lui ti guarda come se ti odiasse, ma non perché lo faccia veramente. Lui odia piuttosto se stesso e i sentimenti che sente di provare nei tuoi confronti. È confuso e non riesce a capire perché mai un soldato, un ragazzo, gli piaccia tanto. Non è a conoscenza del fatto che sotto la superficie si nasconde molto di più e che i suoi sentimenti sono più che fondati" spiega tranquillamente lui, lasciandomi senza parole.
Un terribile tramestio di emozioni non fa altro che rigirarsi dentro di me, con una violenza tale da lasciarmi senza fiato.
"O forse si domanda perché mai Ehir Daghan assomigli tanto a sua sorella gemella Meave" sussurro dopo qualche istante di meditazione, pensando semplicemente ad alta voce.
"Aspetta" esclama Nioclas all'improvviso, facendomi sobbalzare leggermente sul posto "quindi tu hai finto di essere il gemello di te stessa?"
Io annuisco ad occhi spalancati, ancora una volta non comprendendo le reazioni repentine di questo ragazzo.
"E lui ti conosce? Voglio dire lui conosce la vera te, la versione femminile?"
"Sì, ci siamo incontrati una volta sola, ad un ballo di gala".
"Ora si spiega tutto allora" asserisce Nioclas, battendo le mani come fosse stato appena colto da un'illuminazione.
Per un po' continuo ad osservare il ragazzo beatamente posato a braccia conserte contro un masso, che annuisce tra sé e sé, orgoglioso delle elucubrazioni mentali appena attuate.
"Di grazia, vorresti rendermi partecipe di ciò che è appena accaduto nella tua mente?" domando, non appena la mia pazienza giunge al termine.
"Non è forse ovvio?" domanda retoricamente, con un'espressione saccente che mi fa venire voglia di sfoderare la spada "Lui rivede in Ehir la Meave che, molto probabilmente, deve averlo stupito a quel ballo. A questo punto il suo non sarebbe odio, bensì frustrazione per non avere sotto gli occhi il gemello Daghan giusto. Quello di cui si è innamorato".
Per un attimo sento il cuore riprendere la sua folle corsa.
Cael innamorato di me?
Della vera me?
La mia immaginazione prende a correre a briglia sciolta, sfiorando scenari che rasentano il sogno. Tuttavia ci vuole davvero poco affinché riesca a riprendere il controllo di me stessa.
Cael ha avuto modo di parlare con me per davvero poco, il tempo di un ballo, e dubito che in quei pochi minuti possa essere sbocciato un amore nei miei confronti. Al massimo il comandante può essere rimasto stupito od intrigato da me, come lui stesso ha confidato a Niadh e ad Ehir, ma di certo non può provare dei veri sentimenti nei miei confronti.
E anche se fosse vero, cosa me ne importerebbe?
Io non provo assolutamente nulla per lui. Non nego di certo che il suo aspetto mi sia gradito, ma oltre a questo non vedo nient'altro di speciale in lui.
Per una vita intera ho combattuto contro l'idea di dover dipendere da un uomo, di rendermi succube di un sentimento tanto spaventoso come l'amore. Quindi, perché mai dovrei rinnegare me stessa e tutti i miei ideali davanti ad uomo come il comandante Cael Rian?
Freddo, chiuso in se stesso, criptico e dannatamente complicato da capire. Bello come un angelo, ma insopportabilmente severo e rigido. Un uomo da cui mi sento attratta ed intimorita allo stesso tempo, un pericolo per me stessa e per tutto quello che sto cercando di raggiungere.
Gli unici sentimenti che sento di provare nei suoi confronti sono la frustrazione, dovuta al fatto di non riuscire mai a capire cosa stia pensando veramente, e un rigido rispetto, per la sua naturale posizione di leader nell'esercito.
Sicura che ci sia solo questo?
Rabbrividisco di fastidio quando una vocina nella mia testa tenta così crudelmente di smentirmi. Eppure non riesco a scacciarla del tutto. C'è qualcosa che mi costringe a ripensarci, addirittura a ritrattare tutto ciò che ho appena pensato.
"Meave?"
Al sentire la voce di Nioclas alzo di scatto lo sguardo su di lui, riprendendo coscienza del luogo e del tempo in cui mi trovo. Mi concedo ancora qualche secondo per scrollarmi di dosso tutte le inutili macchinazioni sul comandante Rian, poi ripongo la mia attenzione sul ragazzo.
"Dimmi pure".
"Davvero non le hai sentite?" domanda Nioclas sorpreso, alzandosi in piedi.
"No, cosa avrei dovuto sentire?" ribatto, alzandomi di riflesso a mia volta.
Il ragazzo indica un punto imprecisato del bosco, nella direzione in cui dovrebbe esserci il campo, e aggrotta appena le sopracciglia. Sembra preoccupato, quasi turbato, da quello che è appena successo.
"Hanno suonato le trombe. Deve essere successo qualcosa" dice poi, riportando lo sguardo azzurro su di me.
Un brivido mi fa bloccare sul posto, terrorizzata all'idea che i timori appena scaturiti in me possano essere veri. Per un istante rivedo le ferite che sfregiavano la pelle pallida del tenente lampeggiare dietro le mie palpebre.
Che la sua situazione sia peggiorata?
Non conosco Mickal, ma aver condiviso con lui quel dolore, quegli sguardi devastati e sofferenti, me lo fa sentire più vicino che mai. È per questo che, quando l'idea che gli possa essere successo qualcosa mi sopraggiunge in mente, sento una fitta di dolore colpirmi dritta al centro del petto.
Quegli occhi color mercurio, quei capelli così chiari da sembrare bianchi... No, non può essere.
Sono sicura che lui stia bene, che stia ancora combattendo con i denti e con le unghie pur di tenersi stretto il suo posto in questa vita. Ne sono sicura.
Vedendo che Nioclas sta cominciando a muoversi verso il bosco mi affretto ad indossare gli ultimi pezzi dell'armatura e a riallacciarmi il cinturone con la spada in vita, rallentata dalla caviglia che urla ancora di dolore.
"Aspetta" lo richiamo, zoppicando verso lo stallone del comandante, ancora placidamente legato ai limiti della radura "Ci metteremo di meno se andiamo a cavallo".
Il ragazzo annuisce leggermente nella mia direzione, per poi avvicinarsi all'animale. Quando anche io sono arrivata in prossimità dello stallone grigio mi affretto a slegarlo e a mettere il piede nella staffa, prima di essere improvvisamente fermata da Nioclas. Il ragazzo mi ha cinto un fianco con il braccio e sembra quasi volermi aiutare a salire in sella, con uno sguardo preoccupato negli occhi che mi fa ribollire il sangue nelle vene.
Stizzita afferro il suo braccio e lo scosto malamente, per poi issarmi da sola in sella allo stallone. Dall'alto osservo Nioclas alzare le mani in aria come a scusarsi, prima di salire a sua volta con un movimento fluido e veloce.
"Ora che sai che sono una donna voglio che tu abbia ben chiara una cosa" dico con il tono più serio e severo che riesco a riprodurre "Devi continuare a trattarmi come hai fatto fino ad ora. Ciò significa che devi assolutamente dimenticarti ogni gesto cavalleresco e cose di questo genere. Io per te e per tutti gli altri sono Ehir Daghan. Un uomo".
Calco volutamente sull'ultima parola, per fare in modo che il mio nuovo compagno di disavventure possa tenere bene a mente il concetto. Non voglio che un suo atteggiamento sbagliato o fuori posto possa far insospettire gli altri.
"D'accordo, signore" risponde lui e nella sua voce leggo il riflesso del ghigno che ha sicuramente assunto.
Scuotendo appena il capo mi lascio sfuggire a mia volta un sospiro divertito, per poi dare di gambe e far partire lo stallone. Aspetto di aver superato la porzione più intricata ed accidentata del bosco, prima di lanciare il cavallo in un galoppo moderato, ma pur sempre sostenuto.
Nonostante la parentesi riguardante le mie raccomandazioni a Nioclas, non mi sono di certo dimenticata del suono delle trombe e di tutti i timori che persistono nella mia mente. Se non si tratta della salute del tenente, come spero vivamente, deve essere certamente qualcosa riguardante il nemico.
Quando entriamo nel campo, stringo nervosamente le redini nei pugni, cercando contemporaneamente di tranquillizzarmi. C'è un'idea che lampeggia furiosamente nella mia mente, ma cerco di reprimerla con tutte le forze.
È ancora presto. Troppo presto.
Mi guardo attorno confusa, notando come il campo, solitamente animato da un gran fervore, sia completamente silenzioso. Non vedo l'ombra di nemmeno un soldato, tutto è immobile, come se il tempo avesse cessato di scorrere. Alle mie spalle sento Nioclas irrigidirsi, segno che anche lui ha notato come ci debba essere qualcosa di estremamente sbagliato in tutto questo.
All'improvviso vedo dei soldati muoversi concitatamente tra le tende, correndo tutti nella stessa direzione. Spronando lo stallone ad andare ancora più veloce, comincio a seguirli sentendo una stilla di sudore scendermi lungo la spina dorsale.
Arrivati in prossimità delle tende degli ufficiali sono costretta a fermare bruscamente la mia corsa. Tutto il campo, compresi gli stallieri, i cuochi e i fabbri, è radunato davanti alla tenda del comandante. Quando ci sentono arrivare, tutti si voltano nella nostra direzione. Per un attimo posso leggere nei loro sguardi la confusione nel vedermi scendere da in groppa al cavallo del comandante, immediatamente seguita da Nioclas.
Nervosamente cerco di non badare alle supposizioni che vedo riflesse nei loro occhi, alcune delle quali assolutamente scurrili e di cattivo gusto, e cerco invece di farmi largo nella folla. Nonostante io e il mio amico dobbiamo sgomitare parecchio per guadagnarci un posto nelle prime file, dopo un po' riusciamo a giungere in presenza del comandante.
Gli occhi color giada dell'uomo mi scivolano addosso, facendomi ghiacciare il sangue nelle vene. Ma la cosa che mi fa rabbrividire tanto spaventosamente non è come al solito la loro intensità, bensì la preoccupazione che brilla al loro interno, fattore al contrario estremamente inusuale.
Ero così occupata ad osservare Cael, da non essermi quasi accorta degli altri due uomini che sostano al suo fianco. Uno di essi è lo stesso che vidi il primo giorno all'accampamento, quello che mi terrorizzò con il suo sguardo duro come la roccia, mentre il secondo è un ragazzo magro e anonimo, mai visto prima, che indossa la tipica tenuta rosso scarlatto dei messaggeri di guerra.
La stessa consapevolezza che poco fa mi aveva fatta rabbrividire, ora si fa nuovamente strada tra i miei pensieri, con crudezza e violenza. Guardando ciò che ho attorno non posso fare a meno di darle ascolto e di pensare che, molto probabilmente, sia arrivato il momento.
"Soldati" esordisce improvvisamente il comandante, strappandomi il fiato a causa della gravità del suo tono di voce.
Tutti attorno a me sembrano essere stati colti dalla stessa sensazione, dato che non sento più volare nemmeno una mosca. Nelle orecchie continuano ad echeggiarmi unicamente i respiri tesi e pesanti dei miei compagni di divisione, primo tra tutti quello di Nioclas. Il ragazzo ha lo sguardo piantato sul volto del comandante ed il corpo teso come fosse un'unica lunga corda di violino.
"Come alcuni di voi già sanno" riprende Cael con lo stesso tono di voce "oggi il tenente Mickal è stato gravemente ferito, mentre era in ricognizione. Inizialmente pensavamo ad una fatalità di qualche tipo, magari all'azione di una delle nostre trappole, di cui il tenente non conosceva l'ubicazione.
A smentire tutto ciò è stato il messo arrivato meno di qualche ora fa dal Regno di Fia. I nostri alleati ci hanno comunicato che l'esercito di Paarick è riuscito a superare i loro confini e che ora è pericolosamente vicino ai nostri. La prima divisione è stata sconfitta ieri notte in un attacco a sorpresa a quindici giorni di cavallo da qui.
Il tenente Mickal, come lui stesso mi ha riferito poco fa dopo aver ripreso conoscenza, si è spinto ben oltre il nostro territorio e si è imbattuto in un piccolo manipolo di nemici, venuti in avanscoperta giorni fa per capire dove fossero posizionati i nostri campi. È uscito vivo per miracolo dallo scontro, dopo essere riuscito ad abbattere tutti i suoi assalitori. Questo ci darà qualche altro giorno di vantaggio, ma ormai è giunta l'ora.
Siamo in guerra".
Quando il comandante cessa di parlare un fragore inaudito si alza dal gruppo di soldati, che cominciano a parlare e ad urlare tra di loro. Nella folla vedo volti accesi dall'euforia e dall'adrenalina e altri devastati e terrorizzati all'idea di dover scendere in guerra da un momento all'altro.
Io non riesco a capire quale sia il mio vero stato d'animo. Sono scioccata e un po' intorpidita, come se non fossi riuscita a metabolizzare a pieno la notizia, ma allo stesso tempo mi sento pronta per imbracciare le armi e fare ciò per cui sono venuta fin qui: rendere orgoglioso mio fratello.
"So che alcuni di voi non si sentiranno pronti, ma dovete accettare la realtà. Siamo una delle ultime speranze del regno, dopo che la prima divisione è stata abbattuta, e mi aspetto che ognuno di voi combatta con tutto se stesso per rendere libera e sicura la propria patria. Fate tesoro degli insegnamenti che vi ho dato in questo mese e mezzo, perché saranno quelli a farvi sopravvivere sul campo di battaglia.
Abbiamo ancora dieci giorni di tempo per allenarci e perfezionarci, poi dovremmo superare i confini del regno e andare a dare manforte all'esercito alleato. Per oggi siete liberi, immagino che abbiate bisogno di tempo per metabolizzare la notizia".
"È davvero arrivato il momento, non è così?"
Lentamente mi volto verso Nioclas, trovando i suoi occhi color zaffiro ad attendermi. Mi si stringe il cuore al vederli cupi e velati da uno strato di terrore e di consapevolezza, lo stesso che indugia anche sul mio sguardo.
Nonostante sia consapevole della mia debolezza, della mia assoluta mancanza di forza e di tecnica, della mia probabile morte imminente, so anche che questo è ciò a cui sono destinata. Io stessa, un mese e mezzo fa, ho deciso di diventare un soldato, addossandomi tutte le responsabilità e le conseguenze delle mie scelte.
Ho sempre saputo che questo momento sarebbe arrivato, che il pericolo sarebbe venuto a passare i propri artigli sulla mia schiena, ed ora sono pronta. Sono pronta a scendere in guerra.
"Sì. È arrivato il momento".
"Promettimi che ci guarderemo le spalle e che, qualunque cosa accada, rimarremo insieme" esclama il ragazzo all'improvviso, stringendomi saldamente per le spalle.
Le sue parole mi giungono inaspettate alle orecchie, ma allo stesso tempo estremamente gradite. Con un sorriso poso le mie mani sulle sue e annuisco vigorosamente.
"Te lo prometto sul mio onore".
Il ragazzo sorride appena in risposta, per poi voltarsi e sparire nel via vai di soldati che ha ripreso a popolare il campo. Dal modo in cui le sue spalle sono incurvate e il suo passo veloce, ma alquanto incerto, posso dedurre che abbia bisogno di riflettere per conto suo, così lo lascio fare.
"Daghan".
Il mio sguardo, che stava vagando in cerca della chioma rossa di Draigen, si blocca improvvisamente, quando sento chiamarmi dalla voce perentoria del comandante. Nervosa mi volto nella sua direzione, trovandolo fermo a meno di qualche passo da me.
"Ho bisogno di parlarti, in privato".
Io annuisco stentatamente nella sua direzione, per poi seguirlo all'interno della sua tenda. Mai ho sentito il mio cuore battere ad un ritmo tanto sfrenato, nemmeno quando qualche minuto fa ci è stato comunicato di essere in guerra.
La tenda del comandante è molto spaziosa, ma arredata spartanamente, come si addice ad un vero soldato. Ci sono un giaciglio e un baule, con accanto un tavolo e alcune sedie. Ed è proprio lì che il comandante si ferma, invitandomi poi con lo sguardo a fare lo stesso.
Titubante mi siedo di fronte a lui, nascondendo sotto al tavolo le mie mani che hanno preso a tremare senza ritegno. In questa luce soffusa, che passa a fatica attraverso l'entrata della tenda, gli occhi di Cael brillano come le lucciole sotto i raggi della luna. La sua bellezza non fa altro che mettermi ancor più a disagio, rendendomi agitata oltre ogni modo.
"Ehir, come tu sai io e tuo fratello siamo stati compagni di divisione per diversi anni. Io personalmente lo stimo molto come soldato, ma soprattutto come amico, dato che tengo a lui come fosse mio fratello" comincia a dire il comandante, dopo qualche attimo di esitazione, sporgendosi lievemente oltre la superficie del tavolo.
Il respiro mi scappa violentemente fuori dalle labbra, quando Cael comincia a parlare di Niadh; mi sarei aspettata di tutto da lui, ma non che l'argomento della conversazione fosse mio fratello.
"Certamente, comandante" rispondo con la fronte corrugata, vedendo che non accenna ad andare avanti con il suo discorso.
Per un attimo colgo dell'esitazione nel suo sguardo, come se non fosse certo di quello che sta per fare, ma il tutto dura solo per un istante.
"Ed è proprio in memoria e in onore di questa nostra amicizia, che ho preso una decisione. Ehir, sei un ragazzo sveglio e determinato, questo non lo nego, ma non sei fatto per stare sul campo di battaglia. Hai un fisico troppo debole e in questo mese e mezzo non hai riportato alcun miglioramento visibile. Non posso sopportare di perderti in battaglia, sapendo che poi tutta la tua famiglia ne soffrirà enormemente. Non posso fare un torto nel genere a Niadh".
Mentre parla, sento i miei occhi spalancarsi sempre di più e le mie dita arpionarsi selvaggiamente ai braccioli della sedia. Il mio cervello non può, non vuole metabolizzare ciò che il comandante sta cercando di dirmi.
"Per questo ti esonero dalla leva militare senza alcuna ripercussione. Sei libero di partire quando preferisci, anche ora se vuoi".
Al termine del discorso mi ritrovo a serrare gli occhi e a scuotere il capo per un po', incredula.
"Comandante" esordisco, con il tono di voce più grave e tagliente che abbia mai sentito uscire dalla mia bocca.
Per la prima volta mi sento di sembrare e di star parlando come un uomo, come un vero uomo. Persino Cael ne rimane stupito, dato che vedo un guizzo passargli repentino sul fondo delle brillanti pupille nere.
"In questi giorni sono morte delle persone e non mi sembra rispettoso lasciare tutto ed andarmene con la coda tra le gambe, dimenticandomi che tutti attorno a me soffrono e sono in pericolo. Non sarei un vero uomo, non sarei un vero soldato, se abbandonassi così i miei compagni, sapendo che tanti tra di loro pagherebbero oro pur di sentirsi rivolgere un'offerta simile. Mi dispiace, ma non la accetterò, per rispetto nei miei confronti e in quelli degli altri soldati".
Non termino di dire nemmeno l'ultima frase che sono già in piedi e sto uscendo dalla tenda, con l'idea di andare a sfogarmi da qualche parte. Non posso credere che il comandante Rian abbia osato ferire in tal modo il mio orgoglio, mettendo in discussione tutti gli sforzi che ho fatto in questo ultimo periodo.
"Daghan, fermati immediatamente" soffia l'uomo all'improvviso, trattenendo a stento la rabbia.
Quando mi volto verso di lui posso scorgere nitidamente i suoi occhi scoppiettare, pervasi da pure scintille di ira repressa. Cael non ammette che gli disubbidisca o che gli si risponda in malo modo, questo l'ho sempre saputo, ma al momento non me ne importa affatto.
"Il mio non era un consiglio, era un ordine! E se pensi che ti lascerò venire con noi in battaglia ti sbagli di grosso. Dovessi incatenarti al tuo cavallo o riportarti io stesso dalla tua famiglia, giuro che lo farò. Tu non prenderai parte a questa guerra, fine della discussione!"
Le urla dell'uomo mi colgono di sorpresa, tanto che mi ritrovo a rabbrividire e ad indietreggiare di qualche passo sotto l'ira funesta che il suo sguardo emana. Non avevo mai visto il comandante tanto adirato e, a dir la verità, ho sempre stupidamente pensato che non ne fosse capace.
Vorrei ribattere, provare a spiegargli quanto le sue parole mi abbiano offesa ed oltraggiata, ma non riesco a produrre alcun suono. È come se la rabbia dell'uomo mi avesse annientata completamente, come se non mi avesse lasciato altra alternativa che chinare il capo e seguire gli ordini.
E malgrado la tempesta che si sta agitando furiosamente dentro di me, questo è quello che faccio.
"Sissignore" sussurro con un filo di voce, sottraendomi allo sguardo infuriato del comandante.
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Ehilà!
No, non è un miraggio, ho davvero aggiornato!
So che sono mancata per davvero tanto tempo, ma vi assicuro che portare tre storie avanti contemporaneamente non è semplice, soprattutto quando soffri del blocco dello scrittore a tratti e di estrema pigrizia ogni volta che hai di fronte un minuscolo spazio di tempo libero... anche se può non sembrare, data la mia lieve follia, vi assicuro che sono umana anche io e che spesso non riesco a fare tutto 😉
Detto questo... allora?? Che ve ne pare?
Siamo entrati nel vivo della storia! Ma a quanto pare quel brutto guastafeste di Cael non vuole far scendere Meave in guerra.
Voi che pensate al riguardo?
Aspetto con ansia i vostri commenti!
Un beso,
Lady ❤️
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