4. Domatore di cavalli

           

L'impatto con il terreno brullo è tanto violento che temo di essermi rotta più di un osso. La polvere si alza attorno a me in scenografiche e fitte volute marroni, facendomi tossire pesantemente quando mi entra nelle narici.

Sentendo improvvisamente il rumore di zoccoli colpire il terreno a meno di qualche metro da me, rotolo via sentendo i pesanti anelli della catena sbattermi ripetutamente contro lo stomaco. Il destriero infernale nitrisce rabbiosamente quando riesco a sottrarmi ai fendenti dei suoi zoccoli impietosi, ma non pare demordere, perché torna a puntarmi come se avessi un bersaglio dipinto sul petto.

Nonostante senta tutti i muscoli del corpo bruciare come avvolti dal fuoco, faccio leva sulle braccia che tremano senza ritegno e cerco di alzarmi da terra. La catena che ho avvolta alla vita grava pesantemente su di me, facendomi barcollare e perdere ripetutamente l'equilibrio, quasi fossi uno di quegli ubriaconi che frequentano le locande di periferia.

Il cavallo sbatte violentemente con lo zoccolo a terra prima di cominciare improvvisamente a correre verso di me. Quando i miei occhi incontrano i suoi, che rifulgono di una luce selvaggia e spaventosa, non esito nemmeno per un secondo ad arrancare verso il bordo del recinto. Con le gambe che stentano a sorreggere il peso del mio corpo, corro più veloce che posso verso la staccionata di legno, cercando di ignorare l'incessante e minaccioso rumore degli zoccoli dell'animale alle mie spalle.

Quando orami sono certa che manchi meno di qualche centimetro prima che il destriero mi sia addosso, mi getto scompostamente oltre il recinto, ruzzolando poi addosso alla folla di soldati radunata attorno ad esso. Non avendo il coraggio di riaprire nuovamente gli occhi e sentire le risate di tutti riversarmisi contro, rimango per qualche attimo stesa sul terreno con le braccia spalancate ed il petto che si alza e si abbassa ad un ritmo febbrile.

"Daghan, datti una mossa ed alzati da terra, prima che il comandante ti dia in pasto a quel maledetto cavallo infernale!". Al sentire la voce inaspettata di Nioclas accanto a me, spalanco gli occhi ritrovando quelli blu zaffiro del ragazzo esattamente sopra di me.

Non senza un consistente sforzo mi alzo da terra, cercando di non gemere e di non incontrare lo sguardo di nessuno dei soldati; ho paura di quello che potrei leggere all'interno di essi.

"Daghan era l'ultimo, quindi ora non mi resta altro da fare se non congratularmi con voi". La voce del comandante Rian rompe l'innaturale silenzio creatosi attorno a noi, inducendomi ad alzare lo sguardo verso di lui.

L'uomo è in piedi davanti a noi e ci osserva tutti con i suoi freddi occhi color giada, emanando una naturale aura di potere e forza. Sento il peso delle catene diventare quasi superfluo quando lo sguardo del comandante mi colpisce in pieno viso, riversandomi addosso una miriade di rimproveri inespressi.

"Siete la divisione peggiore che abbia mai visto in tutta la mia carriera! Nessuno di voi è riuscito a domare quell'animale. Questo dimostra ancora di più che non siete affatto dei soldati, ma solo un branco di femminucce indisciplinate" riprende il comandante, liberandomi finalmente dal peso del suo sguardo.

Il comandante ha ragione; nessuno dei cinquanta uomini presenti attorno a me, per quanto possano essere forti, coraggiosi e tenaci, è riuscito a domare o ad immobilizzare il destriero infernale. La cosa che colpisce di più però è il fatto che nessuno ci sia nemmeno andato vicino, dato che tutti dopo una manciata di minuti sono corsi via dal recinto.

La voce dell'uomo tuona prepotentemente e si abbatte sul gruppo di uomini attorno a me come una specie di orribile condanna; per un uomo vedere la propria virilità ferita da parole del genere deve essere alquanto avvilente, ma per me che sono realmente una ragazzina indisciplinata, questa è solo ed unicamente la verità.

Curiosa di vedere che effetto le parole del comandante abbiano avuto sui miei compagni, mi arrischio a distogliere lo sguardo dall'uomo e a portarlo attorno a me.

Nioclas, al mio fianco, è completamente impassibile, ma dalla linea curva che le sue labbra hanno assunto riesco a capire perfettamente quanto la critica di Cael lo abbia ferito nell'orgoglio.

Artair, a qualche passo di distanza da me, ha la possente mascella serrata su se stessa ed i pugni ancora sanguinanti stretti senza pietà. Lui, tra tutti, è certamente quello che sta covando più risentimento nei confronti del comandante, dato che è stato mandato per primo a fallire in un'impresa simile.

Mentre distolgo lo sguardo dal ragazzo biondo adirato oltre ogni maniera, i miei occhi vengono catturati improvvisamente da un disordinato e sudato ciuffo di capelli rossicci, l'unico a spiccare in tutto il gruppo. Mi sorprendo così ad osservare un giovane ragazzo, che pare essere totalmente indifferente alle critiche del comandante e che, anzi, sembra quasi beffarsene senza ritegno. Basta posare lo sguardo sulle labbra rosse incurvate in un ghigno lupesco o sulle iridi verde menta che sfavillano di sdegno, per capire quanto poco tenga in conto le parole di Cael.

"Se pensate che questa prova sia stata difficile, aspettate di provare sulla vostra pelle l'allenamento che ho in serbo per voi" dice improvvisamente il comandante, catturando la mia attenzione.

Brividi di puro terrore cominciano ad incresparmi la pelle, al solo pensiero di quello che il comandante abbia preparato per il nostro allenamento.

"Ognuno di voi vada ad indossare l'armatura. Vi do tre minuti e chi arriverà in ritardo dovrà fare la guardia al bestione qui dietro per tutte le notti del prossimo mese" prorompe infine il comandante, incrociando le braccia sul petto muscoloso.

Come c'era da aspettarsi, tutti i soldati corrono via all'istante, certamente non allettati dall'idea di passare le proprie notti al fianco di un destriero infernale. Essendo anch'io della stessa idea, non indugio oltre e comincio a correre verso la mia tenda, prima però di essere fermata dalla dura ed inflessibile voce del capitano.

"Daghan... Non ho ancora finito con te" esclama il comandante alle mie spalle, mentre sento i suoi occhi perforarmi la nuca.

Al sentire la sua voce, le mie gambe smettono immediatamente di correre e il mio corpo si volta in piena autonomia verso la figura ferma alle mie spalle. Con una mano stringo saldamente le catene che ho alla vita, essendomi quasi abituata al loro peso. Quando i miei occhi incontrano quelli del comandante, sento la gola chiudersi all'istante e la mie pelle incresparsi di migliaia di brividi. Le iridi del capitano sembrano avere l'effetto di una secchiata di acqua gelata mentre scandagliano il mio corpo da capo a piedi, con una nota analitica che mi fa tremare fin dentro alle viscere.

Che si sia accorto delle mie curve non propriamente maschili?

Che abbia dedotto dalla mia forza, quasi del tutto inesistente, che non posso essere davvero un uomo?

"Daghan, ti sei dimenticato di restituirmi le catene" prorompe finalmente il comandante, allungando una mano verso di me.

Al sentire le sue parole gioisco internamente, liberandomi di tutte le congetture che mi hanno tormentato fino a qualche istante fa. Annuendo vigorosamente mi affretto a slacciare le catene e a porgerle al capitano, cercando di mascherare quanto il loro peso gravi sul mio braccio ossuto e privo di muscoli. Quando lascio ricadere pesantemente le catene tra le braccia del capitano, gioendo interiormente per essermi liberata di un tale peso, mi trovo quasi costretta ad incrociare nuovamente il suo sguardo.

Le iridi giada sono lì ad attendermi, pronte a ferirmi con le loro stilettate ghiacciate. Mi rendo conto di aver esagerato solo quando il comandante indurisce improvvisamente la mascella in un moto di stizza.

"Daghan, sono già passati due minuti. Io mi sbrigherei se fossi in te" prorompe Cael facendo un passo indietro, come a frapporre una certa distanza di sicurezza tra noi due.

Riscuotendomi appena dai miei pensieri, annuisco con il capo e mi affretto verso la mia tenda, imponendomi di non voltarmi mai indietro. Mentre corro attraverso il campo, maledicendo la sorte per avermi assegnato la tenda più lontana dal centro d'addestramento, mi domando cosa mai sia accaduto poco fa. Per un secondo il comandante è sembrato estremamente turbato dal mio sguardo, come se qualcosa in me lo avesse potuto spaventare. Con un mezzo ghigno scaccio l'idea dalla mia mente, dicendomi che un uomo grande e forte come lui non avrebbe alcunché da temere davanti ad un ragazzino magro e pallido.

Con il respiro pesante quasi mi tuffo nella tenda, afferrando alla rinfusa i pezzi dell'armatura e lanciandoli sul prato vicino. Dopo aver raccolto tutto esco dall'abitacolo, quasi rischiando di inciampare per la troppa foga. Velocemente comincio ad indossare la maglia metallica e il pettorale, passando poi ai gambali che sembrano proprio non volersi allacciare. Con foga e con le mani che tremano vistosamente a causa della pressione, mi allaccio il cinturone con la spada alla vita, rendendomi conto solo ora di aver dimenticato lo scudo nella tenda.

Per un secondo volgo lo sguardo alle mie spalle, indecisa se rientrare a prendere lo scudo oppure se cominciare a correre, poi riporto nuovamente lo sguardo davanti a me e, vedendo quasi tutti gli altri soldati già lontani, decido che per oggi dovrò proprio farne a meno.

Dopo aver preso un bel respiro comincio a correre il più velocemente possibile verso il centro dell'accampamento, tentando allo stesso tempo di indossare le protezioni per gli avambracci e i guanti metallici. Il cuore mi romba nelle orecchie e il respiro si fa sempre più pesante, mentre tento di non inciampare dovunque metta i piedi a causa del gravoso peso dell'armatura.

Arrivata in prossimità del gruppo di soldati, ormai senza fiato e paonazza in volto, mi rendo conto di avere tutti gli sguardi puntati su di me. Un brivido mi corre su per la spina dorsale mentre raddrizzo la schiena e stringo convulsamente la presa sul pomolo della spada. Un paio di occhi in particolare mi scrutano attentamente ed in essi riescono a scorgere una graffiante nota derisoria; Artair è infatti fermo a qualche passo da me e mi scruta con un odioso ghigno dipinto sulle labbra sottili e screpolate. Corrucciando le sopracciglia, ricambio lo sguardo domandandomi cosa trovi quel bruto di divertente in tutto questo.

"Complimenti, Daghan. Ti sei appena guadagnato il titolo di guardiano della belva infernale" dice improvvisamente Cael, costringendomi a spezzare il contatto visivo con i profondi occhi neri di Artair.

Serrando la mascella ascolto le risatine che pervadono il gruppo di soldati, domandandomi se qualcuno lassù stia cercando di punirmi per essermi finta un uomo. Le mani già mi sudano al pensiero di dover passare le prossime trenta notti a fare da guardia ad una bestia che in caso di necessità non sarei mai in grado di fermare. Intanto lo sguardo del comandante scivola su di me come fossi invisibile e si sposta velocemente in un'altra direzione, ma riesco comunque a leggere una minuscola scintilla brillare nel profondo delle sue pupille; il comandante sembra quasi felice di avermi impartito questa punizione.

Stringo saldamente i pugni, non badando al pomolo della spada che mi sta scavando sempre più a fondo nella pelle. Lentamente abbasso lo sguardo e maledico il mondo per aver posto sulla mia strada il comandante Rian; se non fosse stato per lui non sarei di certo arrivata in ritardo. È tutta colpa sua e dei suoi penetranti occhi color giada, oltre che delle mie inconsuete pulsioni da ochetta frivola.

"Io sarei felice al posto tuo. Hai fatto un notevole salto di grado. Da recluta mingherlina a stalliere pappamolla nel giro di nemmeno mezza giornata" esclama improvvisamente Artair con la sua voce roca, scatenando l'ilarità della maggior parte dei soldati.

Indignata alzo di scatto il volto, corrucciando le sopracciglia e portando i miei occhi fiammeggianti in quelli, al contrario, calmi e pacati del ragazzo. Assumendo una pura espressione di scherno lo sorpasso, cercando di ignorare le risatine che ancora corrono intorno a me. Mentre mi pongo il più lontano possibile da lui mi costringo a mordermi saldamente la lingua, pur di non cominciare ad insultarlo. Avercela a che fare con quel bestione non è di certo una bella esperienza, e per oggi la mia dose di sopportazione si è ufficialmente esaurita.

"Che c'è Daghan, non ribatti come tuo solito?" continua il ragazzo e per un secondo lancio uno sguardo al comandante, domandandomi perché diavolo non stia intervenendo.

Un doloroso nodo mi si forma in gola al pensiero che al comandante di certo non interessa alcunché di me, una misera recluta, soprattutto ora che l'ho visto gioire nel darmi una punizione.

"Se la metti così allora,dovrei rettificare quanto detto precedentemente. Non sei solo uno stalliere pappamolla, ma uno stalliere fifone e pappamolla" prorompe nuovamente Artair, quando il mio silenzio persiste a fargli da risposta.

Con ancora gli occhi fissi sul volto perfettamente composto ed imperturbabile del comandante, mi dico che contenermi oltre sarebbe solo un ulteriore spreco di energie.

"Meglio essere uno stalliere fifone e pappamolla, che una recluta incapace e puzzolente. Io almeno so come funziona una saponetta" dico voltandomi di slancio verso il ragazzo, corrucciando le sopracciglia ed assumendo lo sguardo più furioso di cui sono capace.

Alle mie parole qualche timida risata a stento trattenuta si alza in mezzo al gruppo e sotto il mio sguardo vedo Artair prima arrossire leggermente, per poi digrignare i denti e quasi ringhiare nella mia direzione. Al contrario di questa mattina non temo affatto quello che Artair possa farmi, ed anzi quasi bramo la possibilità di potergli mettere le mani addosso, anche se so perfettamente che la mia disfatta sarebbe inevitabile.

"Se avete finito con il vostro spettacolino, io vorrei cominciare il mio allenamento" dice il comandante, sorprendendomi dato che si è finalmente degnato di intervenire nella situazione, anche se ormai in modo superfluo.

Mi concedo di scoccare un'ultima occhiataccia nella direzione di Artair, prima di riportare lo sguardo davanti a me e lasciare finalmente la presa, fattasi ormai dolorosa, sul pomo della spada.

"Bene..." si limita a dire il comandante, spostando lo sguardo da me ad Artair "Ora che i vostri compagni hanno smesso di battibeccare come dei bambini, dividetevi in coppie e battetevi con la spada. Voglio proprio vedere come ve la cavate".

Al sentire le parole del comandante mi scrollo di dosso l'accaduto di Artair, pensando che se non mi troverò un avversario incapace almeno quanto me finirò morta nel giro di un paio di minuti. Comincio così a far vagare lo sguardo sul gruppo di soldati attorno a me, che si sta velocemente scindendo in tante coppie da due, domandandomi chi mai potrei scegliere come compagno.

Per un attimo cerco speranzosa i capelli ricci di Nioclas in mezzo alla folla, ma mi ritrovo a fallire miseramente, dato che lui ha già scelto come compagno il tenente Mickal; speravo realmente di potermi battere con lui, dato che qui all'accampamento sembra essere l'unico con un minimo di pietà nei miei confronti.

Ormai certa di dover attendere che io e qualcun altro rimaniamo inevitabilmente spaiati, riporto lo sguardo davanti a me. Con un sospiro sto per abbassare mestamente il capo poi, sorpresa, mi ritrovo a seguire con gli occhi la figura che sta velocemente avanzando nella mia direzione. Nel soldato in questione riconosco improvvisamente il ragazzo arrogante dai capelli rossi, che avevo notato poco fa in mezzo al gruppo.

"Daghan" si limita a dire il ragazzo a mo' di saluto, quando si ferma a meno di un paio di passi da me.

Aggrottando lievemente le sopracciglia lo osservo dritto negli scoppiettanti occhi verde menta, che brillano di un'insana luce divertita.

"E tu saresti?" domando alquanto diffidente, incrociando le braccia sul petto e continuandolo a tenere attentamente sott'occhio.

Non mi fido di lui.

Alla mia domanda il soldato sfodera un ghigno lupesco appena accennato, prima di protendere una mano verso di me, in attesa che io faccia lo stesso.

"Draigen Kai" dice lui, ritraendo la mano quando nota che non ho la minima intenzione di ricambiare il gesto. Nonostante il mio rifiuto, il ragazzo non sembra prendersela e torna a sorridere come prima.

"E perché mai, Draigen Kai, tu vorresti combattere proprio con me?" domando ancora diffidente, senza curarmi di poter risultare acida od indisponente. Qui dentro non c'è posto per le buone maniere e i modi di fare dell'alta società, se voglio sopravvivere devo imparare ad essere il più fredda e distaccata possibile.

Alla mia domanda il ragazzo ghigna nuovamente, cominciando poi a scrocchiarsi distrattamente le dita delle mani, come fosse un normale passatempo per lui.

"Diciamo che combattere con la spada non è esattamente nelle mie corde. Io sono un arciere, non uno spadaccino, e dato che nemmeno tu mi sembri tanto abile ho preferito pararmi le chiappe e combattere con te, piuttosto che rischiare di finire a terra con qualche osso rotto" dice semplicemente Draigen, sorridendomi ancora più di prima, terminando finalmente di riempirmi le orecchie con il fastidioso rumore delle sue ossa che scricchiolano.

Al sentire la spiegazione del ragazzo alzo appena un sopracciglio, rendendomi conto di come le mie preghiere siano state ascoltate, almeno per questa volta. Se anche Draigen non è un bravo spadaccino, la cosa può solo che essermi di conforto.

"D'accordo" mi limito a dire accennando appena un sorriso, mentre stendo finalmente la mano verso il ragazzo.

Lui, divertito, abbassa lo sguardo sulla mia mano protesa, facendo brillare nuovamente le sue iridi color menta. Dopo averla esaminata per qualche secondo, rialza gli occhi divertiti su di me e scuote appena il capo.

Mio malgrado, richiudo la mano a pugno e sorrido di rimando, capendo che quella del ragazzo è una piccola vendetta per poco fa.

"Non sei poi così male come sembri, Draigen" dico, continuando a sorridere mestamente. Il ragazzo, in fin dei conti, sembra simpatico e abbastanza innocuo.

"Vedremo se potrò dire la stessa cosa di te, Ehir" ridacchia in risposta lui, per poi condurmi in un punto del campo più appartato.

Mentre camminiamo osservo i soldati attorno, vedendo che alcuni di loro sono già pronti allo scontro, mentre alcuni stanno ancora cercando un compagno. Nel frattempo il comandante Rian osserva tutti dall'alto della sua imponente statura, con lo sguardo ghiacciato che corre imperterrito da un volto all'altro.

Quando ci fermiamo, Draigen fa qualche passo all'indietro e si posiziona alla giusta distanza da me, per poi sfoderare la sua spada dal cinturone sul fianco. Curiosa osservo per un attimo la lama decisamente grossolana e di poco pregio, per poi passare all'impugnatura realizzata in semplice cuoio scuro.

Con un mezzo sorriso distolgo lo sguardo dalla lama, dicendomi che nonostante tutto, mio padre ha saputo inconsapevolmente influenzarmi con la sua professione. Da quando sono qui al campo, infatti, mi sono sorpresa spesso ad osservare armi ed armature e a fare mute considerazioni, valutandone la fattura, la resistenza, il pregio.

Con uno scatto veloce sfodero anche io la mia spada, sorridendo compiaciuta quando la lega metallica sfavilla alla debole luce di qualche timido raggio di sole di fine autunno.

"Bel gioiellino, Daghan" commenta Draigen alla vista della mia spada, indicandola con un cenno del capo.

"Già... E speriamo che sia anche veloce e letale" dico di rimando, assumendo lo stesso ghigno lupesco che poco fa ho notato sul volto del ragazzo.

"Vedremo" si limita a rispondere lui, voltando appena di lato il capo e facendo scivolare sulla fronte una ciocca dei suoi fiammeggianti capelli rossi.

"Pronti?" domanda improvvisamente il comandante a gran voce, facendomi quasi trasalire per la sorpresa.

"Sii clemente" sorrido appena in direzione di Draigen, vedendolo assumere un'espressione furbetta.

"Via!" esclama poi il comandante, squarciando nuovamente il silenzio teso del campo.

Prendendomi alla sprovvista, Draigen mi si getta immediatamente contro, facendo calare velocemente la spada su di me. Io, presa da un istinto puramente involontario, sollevo immediatamente le braccia facendo cozzare violentemente le due lame. Digrignando appena i denti, faccio forza con i bicipiti per mantenere il confronto con Draigen, che nonostante tutto sembra possedere una forza notevole.

Quando le mie braccia cominciano a tremare visibilmente, incapaci di reggere ulteriormente la tensione, decido di cambiare strategia. Di proposito faccio scorrere il filo della lama contro quella di Draigen e, arrivata oramai a spingere contro la sua impugnatura, scarto di lato. Quando la mia spada lascia la presa su quella di Draigen, il ragazzo fa ricadere pesantemente le braccia a terra, infilzando la punta della sua arma nel terriccio umido.

Cercando di sfruttare il momento di distrazione del mio avversario, mi slancio verso di lui decisa a colpirlo sul collo con il piatto della lama. Ancora prima che possa muovere un passo, tuttavia, il ragazzo sembra avere una ripresa fulminea e mi si scaglia contro con rinnovata forza. La sua lama cala nuovamente su di me, ma questa volta non riesco ad essere abbastanza veloce da spostarmi. Il metallo mi carezza impietosamente la guancia, aprendo uno squarcio sulla pelle candida e delicata.

Un liquido caldo comincia a scendere lentamente dalla ferita, correndomi giù per il collo per poi gocciolare sonoramente sul metallo del pettorale dell'armatura. Il taglio prude notevolmente e sarei tentata di passarmi una mano sulla guancia, se solo non sapessi che in questo modo farei solo di peggio.

"Come siamo delicati" ridacchia Draigen al vedermi strizzare le palpebre, mentre mi ritraggo di qualche passo dopo essere stata colpita.

Al sentire il commento tagliente del ragazzo riapro immediatamente gli occhi e serro appena la mascella, dicendomi che non posso mollare già ora. Con uno scatto mi slancio nuovamente contro Draigen, mirando al bicipite destro dove il cuoio dell'armatura sembra particolarmente liso. Con mio grande stupore il ragazzo non riesce a fermarmi in tempo e la mia lama si abbatte impietosa su di lui, aprendo uno squarcio nella pelle dell'indumento e, poi, uno più lieve sull'epidermide quasi trasparente al disotto.

Un sorriso mi nasce spontaneo sul volto, quando Draigen mi lancia uno sguardo tra lo stupito e lo stralunato, prima di osservare di sfuggita il danno subito. Dopo qualche secondo un ghigno furbetto si apre sul volto del ragazzo, che velocemente si getta sulle ginocchia e compie un veloce movimento ad arco con la spada.

Confusa non ho idea di quale sia il suo obbiettivo e mi limito ad osservarlo con le sopracciglia corrugate, pensando a cosa mai possa fare con una mossa del genere. La risposta arriva bruciante e dolorosa dopo qualche istante, quando il filo della lama mi si imprime sulla pelle, nella porzione di gamba lasciata scoperta tra due pezzi dell'armatura.

Non riuscendo a trattenermi cado a mia volta in ginocchio, sentendo la pelle bruciare mentre il sangue prende a zampillare copioso lungo i gambali dell'armatura.

"Questo era un colpo basso" dico stringendo i denti e tentando di trattenere il dolore il più possibile.

Draigen sorride appena mentre punta la lama sulla pelle scoperta della mia giugulare, ponendo fine al nostro scontro. I suoi occhi verdi mi scrutano dall'alto, ma al loro interno non leggo alcuna malvagità o soddisfazione, solo un'insana e irrazionale dose di divertimento.

"Tutto è concesso in amore e in guerra" si limita a rispondere lui, per poi stupirmi del tutto quando scaglia lontano la spada e mi porge una mano per aiutarmi ad alzarmi.

Per un secondo osservo la mano del ragazzo protesa verso di me, sentendo un sorriso nascermi sghembo sulle labbra quando lui dice : "Questa volta la puoi anche accettare".

Velocemente mi aggrappo al braccio del ragazzo e mi alzo in piedi, ignorando volutamente i tagli sanguinolenti che continuano a prudere in maniera più che fastidiosa.

"Niente male per uno stalliere" mi dice poi Draigen, posandomi una mano sulla spalla.

"Niente male nemmeno per un arciere" rispondo io di rimando, sorridendo appena quando il ragazzo alza divertito gli occhi al cielo.

.................
Ehilà!

Eccomi qui... Allora, no non sono morta e no, non mi hanno nemmeno rapita gli alieni ahahah

Mi scuso davvero tanto per non aggiornare questa storia da quanto, un secolo e mezzo?

Davvero scusate, ma l'ispirazione mi è arrivata solo ultimamente e ci tenevo a consegnarvi un capitolo che piacesse anche a me e che reputassi scritto in maniera almeno decente...

Be' che dire... Che ne pensate di Draigen?? Il mio bel arciere dai capelli rossi >.<

Spero che possa catturare i vostri cuori come ha fatto con il mio quando l'ho creato.

Poi ci tenevo a dirvi che con questa storia ho preso parte al progetto di writherITA , che si impegna a promuovere le storie che lancino un messaggio femminista... E che dire la nostra Meave, che pur di salvare il fratello ha finto di essere un uomo, mi ha implorato di poter farne parte!
Se avete voglia passate a dare un'occhiata alla scheda della storia che trovate nel profilo sopraccitato e lasciate un commentino per recensire la storia o quello che preferite insomma >.<

Giuro che con il prossimo aggiornamento sarò veloce... Perdonatemi ancora, vi voglio bene lo giuro e scusate se non riesco sempre a rispondere a tutti i vostri commenti, ma il caro Watty si diverte a nascondere le notifiche...

Un beso,
Lady ❤️

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top