3. Tu non sei Niadh Daghan
Sono ormai cinque ore che io e Finnech arranchiamo verso Fia, la pianura ai piedi degli omonimi monti. Dalle celebri montagne, che fungono da confine naturale, prende il suo nome anche il Regno di Fia, nostro alleato all'interno dell'Isola di Uilleag.
Con le palpebre che rimangono a stento aperte volgo lo sguardo al cielo infuocato, che si sta lentamente tingendo di tutte le sfumature più vive dell'alba. Il sentiero davanti a me sembra protrarsi ancora all'infinito, mentre le montagne di Fia si stagliano pigramente all'orizzonte. Continuando a tenere strette nelle mani le briglie di Finnech, cerco di distendere i muscoli del collo e delle spalle, domandandomi come facciano i soldati a fare viaggi del genere quasi ogni giorno.
L'armatura, nonostante si sia rivelata ottima per proteggermi dal freddo della notte, mi grava senza pietà sul corpo, ormai ridotto ad un puro fascio di nervi. Finnech sotto di me arranca al ritmo di un passo lento e cadenzato, stremato dal galoppo serrato che ho mantenuto per più di un'ora, terrorizzata all'idea che Niadh o mio padre riuscissero a raggiungermi.
Riportando la mente nel presente fisso gli occhi sul sentiero, notando in lontananza altri uomini a cavallo. Lasciandomi sfuggire un sorriso stanco mi rincuoro, pensando che l'accampamento non sia poi così lontano dopotutto. Dando alcune pacche sul dorso di Finnech gli faccio aumentare la velocità del passo fino ad arrivare ad un trotto moderato.
Più vedo i monti di Fia avvicinarsi e più il mio battito cardiaco sembra aumentare: l'adrenalina è sparita del tutto, lasciando il passo alla paura. Ho la terribile angoscia di non riuscire ad essere credibile nel ruolo di uomo, e so perfettamente cosa mi aspetta, se non riuscirò nel mio intento: la morte.
Se i miei genitori o gli altri soldati mi smaschereranno, non ci sarà nessun modo per revocare la mia condanna. Non importerà se Braon, il futuro marito di mia sorella Talulla, è figlio di uno dei dodici componenti dell'Alto Consiglio. Non importerà se mio fratello è un ex-comandante dell'esercito del Regno congedato con onore. Non importerà se mio padre è uno degli uomini più ricchi e potenti dell'Isola di Uilleag.
Niente e nessuno riuscirà a sistemare le cose, se verrò scoperta.
A fatica mi distolgo da questi pensieri, riprendendo a fissare la strada davanti a me e constatando con stupore che la pianura è ora visibile in lontananza. Con già il respiro pesante osservo la vastissima porzione di terreno protetta dai monti di Fia, che si chiudono su di essa a formare un semicerchio. Nonostante l'ora del mattino, il campo d'addestramento è già in pieno fermento, pronto ad accogliere tutti i soldati che vi sono stati convocati.
Riesco già a sentire le voci concitate degli uomini, il cozzare delle armi e il rumore dei martelli che fissano i pioli delle numerosissime tende in cui dovremo vivere, fino a quando il nostro addestramento non sarà terminato. Corrucciando leggermente le sopracciglia e stringendo le briglie di Finnech nei pugni, spero vivamente che le tende siano singole o che almeno mi venga concesso di dormire lontana dagli altri soldati; non ho la minima intenzione di stare più vicina del dovuto a uomini che non conosco.
Di nuovo sento il mio battito cardiaco aumentare sempre di più, man mano che ci avviciniamo al campo. Perfino Finnech sembra agitato, con il suo passo malfermo ed insicuro. Carezzando il manto grigio dello stallone cerco di rassicurarlo, quasi desiderando che ci sia qualcuno a fare lo stesso con me.
"Reclute! Reclute tutte qui!".
Al sentire la voce bassa e tonante di un uomo, smetto immediatamente di carezzare Finnech e mi ricompongo, tentando di assumere un atteggiamento duro e mascolino. Seguendo l'ordine dell'uomo faccio partire al galoppo Finnech; in meno di qualche minuto sono già nella radura, in fondo ad un consistente gruppo di uomini, per lo più miei coetanei, chi a cavallo e chi a piedi. Spingendo i talloni sulle staffe mi alzo dalla sella, cercando di capire a chi appartenga la voce che ha parlato poco fa.
A qualche metro da me, davanti al gruppo di reclute, stanno tre uomini. Il primo e più vecchio dei tre ha un atteggiamento fiero ed impostato e osserva tutti noi dall'alto in basso. Se ne sta a gambe larghe e con le braccia incrociate sul petto, mentre ci scruta uno ad uno con gli occhi scuri.
Quando improvvisamente lo sguardo duro dell'uomo incrocia il mio, mi lascio sfuggire un respiro mozzato, prima di ripiombare nuovamente a sedere sulla sella; meno mi farò notare e meglio sarà per me.
"Va bene, reclute, ora il tenente Mickal vi chiamerà uno ad uno. Fatevi avanti quando arriva il vostro turno" dice con voce tonante sempre lo stesso uomo, prima di allontanarsi ed entrare all'interno di una delle tende già montate nell'accampamento.
A questo punto prende la parola il secondo ragazzo, che spicca su tutti gli altri a causa della strana tonalità di biondo dei suoi capelli; sono infatti così chiari da sembrare quasi tendenti all'argentato.
Quando il giovane comincia a chiamare i nomi, uno ad uno gli interessati si staccano dal gruppo e, dopo avergli consegnato la convocazione, si allontanano verso il centro della radura. Ogni volta che viene chiamato un nuovo nome il mio stomaco si contorce sempre di più su se stesso, mentre fastidiosi brividi di terrore continuano a salirmi lungo la spina dorsale.
"Famiglia Daghan" esclama il ragazzo, cercando di sovrastare il chiacchiericcio che si è creato intorno a me da quando il gruppo ha cominciato a restringersi.
Al sentire il mio nome comincio a mordermi il labbro, stringendo convulsamente le briglie e la pergamena della convocazione nella mano. Ho il respiro corto mentre faccio pressione sulla pancia di Finnech, per farlo cominciare a camminare. Al mio passaggio gli altri soldati mi lasciano il passaggio libero, osservandomi chi con curiosità e chi con piena indifferenza. Cercando di non arrossire abbasso leggermente il capo, pregando che nessuno consideri i miei tratti somatici troppo femminili.
Giunta davanti al ragazzo mi rendo conto di quanto sia giovane, tanto che potrebbe persino esserlo più di me. I suoi occhi di un incantevole grigio mercurio splendono come stelle mentre mi scrutano con fare analitico, attendendo che gli consegni la convocazione. Prendendo un bel respiro e cercando di non farlo notare troppo, allungo il braccio e consegno la pergamena al tenente, che l'afferra velocemente.
Dopo averla aperta il ragazzo scorre velocemente con gli occhi sul foglio, fino a quando, aggrottando le sopracciglia, non cessa di leggere. Il cuore mi batte tanto velocemente nel petto che temo quasi il ragazzo davanti a me, Mickal se non sbaglio, lo possa sentire. Il tenente si avvicina ancora di più la pergamena al volto, accentuando la sua espressione contrariata.
"Qui c'è scritto che sarebbe stato il comandante Niadh Daghan a partecipare alla leva militare per conto della sua famiglia" dice il tenente, per poi alzare lo sguardo mercurio su di me "E tu non sei affatto Niadh Daghan".
Le parole del ragazzo mi colpiscono una ad una e ho quasi l'impressione che mi stiano lasciando lividi profondi sulla pelle.
Non avevo ancora pensato a questo particolare.
Cercando una scusa plausibile distendo nervosamente le dita delle mani, che hanno cominciato a sudare copiosamente. Sotto lo sguardo oppressivo del ragazzo mi innervosisco ancora di più e sento passare i secondi sulla pelle uno ad uno, fino a quando non ho un'illuminazione.
"Sono suo fratello Ehir e, in quanto componente maschio più giovane, tocca a me prendere il posto di mio fratello" dico, cercando di modulare la voce in modo che risulti più bassa e mascolina.
Ehir era il nome che i miei genitori mi avrebbero voluto dare, se fossi nata maschio, ed è stato il primo a venirmi in mente.
Alla fine mi è tornato utile.
"Strano... Non sapevo che Niadh avesse un fratello".
Mi stupisco nel constatare che questa volta non è stato il tenente Mickal a parlare, ma il ragazzo accanto a lui, quello a cui fino ad ora non ho prestato la minima attenzione. Sentire quel tono di voce basso e sensuale fa cessare improvvisamente il battito del mio cuore, e la mia mente si arresta completamente.
Il comandante Rian.
Lentamente mi volto verso il comandante, non riuscendo, tuttavia, a nascondere un'espressione più che stupita. L'idea che l'amico di mio fratello avrebbe potuto trovarsi proprio al campo d'addestramento di Fia non mi aveva mai nemmeno sfiorata.
Quando il mio sguardo incontra gli stupendi occhi verde giada del comandante, il mio cuore pare ricevere una scossa e riprende a battere ad un ritmo più elevato del normale. Mordendomi la lingua mi impongo di mantenere un'espressione neutra e di non arrossire per alcuna ragione al mondo; i ragazzi non arrossiscono, o almeno, non ne ho mai visto uno farlo.
Schiarendomi la gola, per cancellare il nodo che vi ci si è formato, dico : "La mia famiglia, e in particolar modo mio fratello, non parla molto di me. Sono tornato dal Regno di Fia, non appena ho ricevuto la notizia".
Mentre parlo il comandante mi si avvicina sempre di più, assottigliando lo sguardo man mano che lo fa.
"Ti ho già visto da qualche parte, Daghan?" domanda l'uomo, facendo cessare di battere il mio cuore per l'ennesima volta.
Mi ha scoperta.
Certa di avere ormai l'acqua alla gola mi invento l'ennesima bugia, pregando di risultare credibile.
"Mi dispiace, signore, ma io non l'ho mai visto. Vi dovete star confondendo certamente con Meave, mia sorella gemella".
Mentre parlo continuo a torturare le briglie di Finnech con le dita, pregando che la storia di Fia e quella del gemello risultino plausibili. Al sentire il mio nome, quello vero, gli occhi del comandante si spalancano di un poco, quasi fosse sorpreso.
"Dev'essere così. Vi assomigliate come due gocce d'acqua" prorompe in risposta dopo qualche istante, scostandosi di lato in modo da lasciarmi passare.
Tirando un impercettibile sospiro di sollievo, mi affretto a sottrarmi allo sguardo del comandante Rian, che sento comunque continuare a trafiggermi la schiena con lo sguardo mentre mi allontano. Rilassando finalmente i muscoli mi azzardo a voltare appena il capo, constatando con felicità che il comandante Rian ha spostato la sua attenzione sulle altre reclute.
"Tu, novellino" sentendo una voce parlare particolarmente vicino a me mi volto di scatto.
Possibile che non mi sia concesso nemmeno un attimo di pace?
Un ragazzo altissimo dai lineamenti duri ed affilati come rasoi se ne sta in piedi davanti a me con le braccia incrociate sul petto, scrutandomi con un ghigno maligno in volto.
"E tu dovresti essere il fratello di Daghan? Più che suo fratello sembri sua sorella" prorompe sghignazzando il ragazzo, prendendomi palesemente in giro.
Nonostante sia pienamente consapevole che il ragazzo sta solo scherzando, alle sue parole un brivido ghiacciato mi corre su per la spina dorsale. Alquanto irritata sollevo un sopracciglio, cercando di osservarlo con superiorità.
"Che c'è, il gatto ti ha mangiato la lingua?" continua lui, canzonandomi e accentuando ancora di più l'espressione derisoria sul suo volto.
Con uno sforzo non indifferente distolgo lo sguardo dal ragazzo e lo poso dritto davanti a me, imponendomi di rimanere calma. Nonostante sia una componente naturale del mio carattere, non posso permettermi di discutere con questo ragazzo, che sembra ampiamente in cerca di rogne. Dando alcuni colpetti a Finnech con il retro degli stivali mi allontano, cercando di continuare a mantenere l'espressione neutra ed indifferente, che sono riuscita ad assumere con tanto sforzo.
"Daghan, non ho finito con te!".
Sentendo il ragazzo rivolgermi nuovamente la parola non posso fare a meno di voltarmi, vedendolo continuare a seguirmi.
"Non ho niente da dirti" mi lascio sfuggire a questo punto, mentre con espressione accigliata riporto lo sguardo davanti a me.
Improvvisamente il ragazzo giunge al mio fianco e, strattonando le redini di Finnech, mi porta ad essere faccia a faccia con lui. A questa, fin troppo esigua, distanza riesco a notare quanto profondi e spaventosi siano gli occhi neri del ragazzo e quanto la sua pelle sia impregnata di un fastidioso odore di sudore.
"Che c'è, Daghan? Perché quella faccia?" domanda il ragazzo, notando la mia espressione disgustata e forse scambiandola per una impaurita.
Quando anche l'alito del ragazzo mi colpisce in pieno volto, non posso fare a meno di arricciare il naso e di voltare la testa di lato, in cerca di aria fresca.
"Hai forse paura, femminuccia?" esclama ghignando compiaciuto, per poi afferrarmi per il mento e riportare i suoi occhi neri nei miei.
Sì, ha decisamente frainteso la mia espressione.
Intorno a noi si è già formato un consistente gruppetto di soldati che ci guardano curiosi e trepidanti, forse in attesa di una sana rissa per placare i propri bollenti spiriti.
Gli uomini... sanno pensare solo alle donne e alla guerra.
Corrucciando le sopracciglia afferro saldamente il polso del ragazzo, per poi scansare la mano con cui mi sta impunemente stringendo il mento.
"No, non ho paura. Credo solo tu abbia un odore terribile" dico drizzando nuovamente la schiena ed osservandolo con un sopraciglio leggermente sollevato.
Alla mia affermazione gli occhi del ragazzo divampano di pura rabbia, mentre sonore risa cominciano a correre per il gruppetto di persone attorno a noi.
"Ti farò vedere le stelle!" esclama a questo punto lui, scrocchiandosi in modo minaccioso le dita delle mani.
Nel vedere l'atteggiamento del soldato stringo saldamente le redini di Finnech, pronta a scappare se necessario. Mentre osservo il ragazzo avanzare lentamente mi mordo convulsamente il labbro, cercando di non far trasparire la paura dall'espressione sul mio volto.
Forse ho esagerato un po'.
Quando sono ormai certa che dovrò cominciare a scappare al più presto, un secondo soldato si fa improvvisamente largo tra la folla e si posiziona tra me e il ragazzo furioso. Avendo abbandonato quasi interamente il timore di essere picchiata, osservo con curiosità il nuovo arrivato, domandandomi cosa abbia intenzione di fare.
"Su, Artair... Non ti sembra ingiusto prendertela così con un novellino?" esclama il ragazzo sghignazzando appena, cercando di alleggerire così la situazione.
"Nioclas, fatti da parte. Tutto questo non ti riguarda" ringhia il bruto, scoprendo la scintillante dentatura bianca come la neve; almeno ha avuto la decenza di sciacquarsi la bocca.
Essendomi preclusa la possibilità di vedere il volto del mio salvatore, riesco a notare solo il suo capo spostarsi per un attimo verso destra. Portando a mia volta lo sguardo nella stessa direzione, noto come il comandante Rian stia osservando da lontano la scena, con uno strano cipiglio in volto.
"Artair, il comandante Rian ci sta guardando. Sai perfettamente che non ama le risse" dice il ragazzo, avvicinandosi al bruto e stringendogli una spalla.
Artair stringe ancora di più i pugni e, dopo avermi lanciato un ultimo sguardo di fuoco, si scrolla di dosso la mano dell'altro ragazzo e si allontana, seguito dall'intero gruppetto di osservatori. Lasciandomi sfuggire un respiro di sollievo, abbasso lo sguardo verso il ragazzo che mi ha appena salvata da una pericolosa rissa fuori programma.
"Credo mi sia di dovere ringraziarti" dico, cercando di mantenere sempre lo stesso tono di voce basso.
Al sentire le mie parole il ragazzo si volta verso di me, facendo smuovere la folta capigliatura color cioccolato.
"Artair si diverte a prendersela con i novellini... vedi di stare più attento la prossima volta" risponde il ragazzo, sorridendo apertamente e facendo brillare gli spettacolari occhi color zaffiro.
"Ehir Daghan" dico allungando una mano ed accennando un debole sorriso.
Questo ragazzo mi è particolarmente simpatico, e forse avere un'amicizia all'interno dell'accampamento mi potrebbe tornare utile.
"E così sei tu il misterioso Daghan di cui nessuno conosceva l'esistenza... Io sono Nioclas Teafa" risponde stringendomi a sua volta la mano.
Con un balzo scendo da cavallo per poi affiancarmi a Nioclas, che continua ad osservarmi con luce gioviale negli occhi zaffiro. Quando arrivo con i piedi a terra devo fare uno sforzo immane per non perdere l'equilibrio, visibilmente sbilanciata dalla pesante armatura.
"Sono qui da meno di qualche minuto e già tutti sanno del mio arrivo?" domando sorpresa e con un filo di preoccupazione, dopo essere riuscita a riprendere l'equilibrio.
Cominciando a seguire Nioclas lo osservo ghignare appena, mentre si passa una mano tra i folti e mossi capelli color cioccolato.
"A volte i soldati sanno essere più pettegoli delle dame. Ricordalo sempre".
Mi lascio scappare un sorriso nel pensare quanto le lingue delle dame, di cui anche io farei teoricamente parte, possano essere lunghe ed impertinenti.
"Ma non ti preoccupare, qui c'è un gran via vai e nessuno ha mai abbastanza tempo per pensare ai pettegolezzi" mi rassicura Nioclas, forse avendo notato la mia espressione vagamente assorta.
"Che ne dici se ti accompagnassi alla tua tenda? Il tuo stallone mi sembra affaticato" continua, allungandosi a dare una pacca sul manto grigio di Finnech.
Voltando lo sguardo verso il mio stallone, noto le orecchie abbassate e il modo in cui lascia ciondolare scompostamente il capo.
"Sì, credo che Finnech abbia bisogno di riposarsi" dico accarezzando il collo dello stallone, mentre lo osservo in modo apprensivo.
Finnech non è abituato a muoversi per così tante ore di fila, come me del resto. Con una smorfia mi porto una mano alla base della schiena, pensando che in fondo un po' di riposo farebbe bene anche a me.
"Dolorante?" domanda Nioclas con un sorriso indulgente, indicando con un cenno del capo la mano che tengo ancora premuta sulla schiena dolorante.
Mio malgrado annuisco, decidendo che mostrarmi debole davanti a questo gentile ragazzo non sia poi la fine del mondo.
"Sei un novellino, è normale" constata Nioclas riportando lo sguardo davanti a sé, mentre mi fa strada attraverso l'accampamento.
Per qualche altro minuto io e il ragazzo continuiamo a destreggiarci tra le decine di tende sparse per l'accampamento fino ad arrivare ai margini della pianura.
"Quella è la tua. Fortunatamente siamo solo cinquanta e ci siamo potuti permettere delle tende singole" dice il ragazzo sorridendo e poggiando le mani sui fianchi, mentre si guarda attorno.
Con un sorriso, forse fin troppo evidente, ringrazio il cielo di avere una tenda tutta per me, in modo da poter stare tranquilla e non dovermi preoccupare di essere scoperta anche mentre dormo.
"Ti consiglio di riposarti, tra qualche ora i preparativi saranno terminati e il comandante Rian inizierà l'allenamento" dice il ragazzo sorridendomi ed indicando con un gesto della mano la tenda, come ad invitarmi ad andare.
Ringraziandolo una seconda volta seguo molto volentieri il suo consiglio e sollevo un lembo dell'entrata della tenda già montata, trovandovi unicamente un giaciglio di paglia coperto da una logora coperta nera. Con un sospiro lascio ricadere il pezzo di stoffa e mi dedico a Finnech.
Non posso permettermi di lasciarmi scoraggiare già da ora.
Dopo aver tolto la sella allo stallone ed averla appoggiata ad una staccionata di legno poco lontana, dove sono riposte anche quelle degli altri cavalli, do una veloce spazzolata al manto eliminando lo strato di sudore secco. Sentendo il peso dell'armatura gravarmi sempre di più addosso, afferro da terra le due bisacce che ho portato con me ed entro nella tenda.
In modo fin troppo sgraziato lascio cadere a terra le due sacche, lo scudo rotondo ed il cinturone con la spada. Con sospiri di sollievo misti a gemiti di dolore comincio a staccare tutti i pezzi dell'armatura, a partire dagli scomodissimi guanti di metallo, abbandonandoli in un angolo della tenda. Dopo aver tolto anche l'ultimo pezzo dell'armatura, la maglia metallica, mi getto sul giaciglio sentendo ogni singolo muscolo del corpo dolere.
Con movimenti impacciati cerco di distendere i muscoli delle spalle e delle gambe, che risultano essere tesi come delle corde di violino. Notando che tutto sembra essere inutile chiudo gli occhi e rimango immobile sul giaciglio, ritrovandomi sola con i miei pensieri. Con un po' di malinconia mi ritrovo a pensare a quello che staranno facendo Niadh e gli altri, a quello che staranno pensando delle mie folli azioni e alle maledizioni che mi staranno certamente lanciando contro.
Seguendo il filo dei miei pensieri sposto poi la mia attenzione sulla situazione presente, ritrovandomi a pensare che, ora che anche il comandante Rian è entrato a far parte di questa folle situazione, dovrò fare ancora più attenzione affinché non mi scoprano.
"Dovrai inoltre imparare a non arrossire in sua presenza" si lascia sfuggire in maniera fin troppo maliziosa una voce nella mia mente. Con un moto di stizza mi ritrovo a scacciare quella stupida vocina, pensando che siano solo vaneggiamenti dovuti alla stanchezza.
Comincio poi a fare riflessioni sconnesse e sbiadite, mentre il mio corpo si rilassa progressivamente. Senza rendermene conto vengo cullata dai miei stessi pensieri, fino a quando non mi ritrovo ad essere inghiottita da un sonno profondo e nero come la pece.
~•~
Un cozzare metallico mi strappa bruscamente dal sonno facendomi sussultare sul posto, mentre con sguardo preoccupato cerco di capire dove mi trovi. Con un grosso sospiro mi passo le mani sul volto, ricordandomi di essere al campo d'addestramento di Fia e che questo deve essere il modo in cui il comandante richiama i soldati all'ordine.
Ascoltando inorridita il suono che producono le mie ossa indolenzite, mi alzo dal giaciglio ed esco dalla tenda. Con passo lento e stanco comincio a seguire il flusso di soldati domandandomi che cosa voglia fare il comandante Rian, dato che ci troviamo qui da nemmeno un giorno. I muscoli mi dolgono ancora in maniera spropositata, ma cerco di non pensarci, mentre con gesti concitati ed un po' impacciati mi lego nuovamente i capelli sul retro del capo. Quando riporto le mani davanti a me rimpiango i miei lunghissimi capelli biondo cenere, sentendomi quasi nuda senza di essi.
"In riga reclute!".
La voce del comandante Rian risuona forte e chiara nell'accampamento ed io mi affretto a raggiungere il resto del gruppo, temendo un rimprovero. Scorgendo in mezzo alla folla di soldati una chioma biondo chiaro, faccio istintivamente un paio di passi indietro, per poi affrettarmi a posizionarmi il più lontano possibile da quel bruto.
"Ho detto in riga, reclute!".
Nel sentire la voce potente e perentoria del comandante faccio un balzo sul posto, posizionandomi in fila tra due soldati. Non mi aspettavo che il comandante Rian potesse essere così duro.
"Le truppe del Regno di Paarick sono riuscite dopo millenni a superare il confine ed ora tocca a noi proteggere il Regno. La divisione principale sta già combattendo contro l'esercito nemico e si aspettano che qualcuno di noi venga al più presto in suo soccorso".
Con sguardo affascinato continuo ad osservare il comandante sfilare davanti a noi con il suo portamento fiero ed impeccabile, lanciando sguardi duri ed affilati. Alle sue spalle c'è un recinto di legno molto spesso e al suo interno riesco a vedere uno stallone nero dall'aria particolarmente minacciosa. Il morello non fa altro che scalpitare e scalciare, cercando invano di spezzare le catene con le quali è tenuto saldamente legato ad uno dei pali della staccionata. Il manto nero come la pece coperto di sudore sfavilla sotto i raggi del sole autunnale, mentre sul dorso spicca uno strano marchio: una sorta di P coperta da due spade incrociate.
Mentre in sottofondo sento ancora la voce del comandante, sbarro gli occhi riconoscendo il marchio come lo stemma del Regno di Paarick. Osservando meglio lo stallone, che ora ha preso a sbuffare sonoramente, riesco a notare la criniera lunghissima, la coda racchiusa in una treccia e le ossa prominenti, tutti tratti caratteristici della razza di cavalli allevata dagli abitanti del Regno di Paarick; i loro sono destrieri feroci e terribili, qualcuno è arrivato persino a definirli come dei cavalli infernali.
"Come credo saprete, tutti gli abitanti del Regno di Paarick vengono allenati fin da bambini a combattere a cavallo. In battaglia non vedrete mai uno di loro farlo a terra, non ne sono capaci" dice il comandante, quando riporto la mia attenzione su di lui "Togliete una di quelle belve scalpitanti al proprio cavaliere e avrete la certezza di riuscire a batterlo".
"È solo un cavallo... che ci sarà di tanto difficile nell'abbatterlo!" prorompe con voce canzonatoria uno dei soldati.
Al riconoscere quella voce roca e strascicata mi sporgo leggermente oltre la fila di soldati, individuando così quel bruto di Artair sghignazzare impunemente. Mentre torno al mio posto aggrotto leggermente le sopracciglia, pensando a quanto quel ragazzo sia arrogante.
"Artair, giusto?" domanda il comandante Rian, incrociando le braccia sul petto ed osservandolo con un sopracciglio sollevato.
"Sì, signor comandante" risponde a questo punto il ragazzo, avendo almeno la decenza di eliminare la nota canzonatoria dalla propria voce.
"Ti lascio l'onore di essere il primo, dato che trovi il tutto così semplice" dice il comandante facendosi leggermente da parte, con un ghigno per nulla rassicurante in volto.
Lasciandomi sfuggire a mia volta un sorrisetto compiaciuto, osservo Artair farsi avanti ed avanzare con fare baldanzoso fino al recinto, davanti al quale si ferma di colpo.
"Non così facilmente" prorompe il comandante, fermandolo con un gesto della mano.
Cael si porta improvvisamente una mano al bordo della casacca bianca e se la sfila con nonchalance, mettendo in bella mostra i muscoli pronunciati. Colta alla sprovvista mi ritrovo ad inspirare bruscamente, imponendomi contemporaneamente di non arrossire e di non attirare l'attenzione. Come poco fa mi mordo la lingua, non riuscendo tuttavia a distogliere lo sguardo dal corpo perfetto del comandante. Con il fiato sempre più corto mi ritrovo ad osservare in che modo i suoi muscoli guizzino ogni qual volta compie anche il più piccolo dei movimenti.
"Mickal, portami le catene" esclama poi, abbandonando su un bordo della staccionata la casacca.
Alzando lo sguardo al cielo mi maledico e mi scappa quasi un sorriso, all'immaginare la faccia che farebbero la mamma e le mie sorelle, se dicessi loro che ho visto un uomo seminudo, un uomo che oltretutto non è nemmeno il mio promesso sposo.
Imponendomi di rimanere concentrata riporto lo sguardo sulla scena davanti a me, vedendo il tenente Mickal avvicinarsi al comandante con in mano delle spesse catene di ferro, che hanno tutta l'aria di essere particolarmente pesanti. Compiaciuta guardo Artair osservare vagamente allarmato le catene che il tenente sta porgendo al comandante Rian.
"Cosa ci dovrei fare io con quelle?" domanda a questo punto il soldato, incrociando le braccia sul petto e cercando di dissimulare la preoccupazione che leggo perfettamente sul suo volto.
"In battaglia sarai appesantito dall'armatura e dalle armi, così ora useremo le catene come sostituto" dice il comandante, mentre già comincia a legare le catene alla vita di Artair.
"E cosa dovrei fare con quello stallone a mani nude e per lo più con queste catene addosso?" domanda vagamente irritato Artair, lanciando saette dagli occhi neri come il manto dello stallone.
"Ora entrerai nel recinto ed io libererò lo stallone. Se riuscirai ad abbatterlo o anche solo ad immobilizzarlo, avrai portato a termine il tuo compito" dice il comandante, finendo di fissare le catene alla vita del ragazzo e congelandolo sul posto con i suoi occhi verde giada.
Sento il cuore palpitarmi nel petto mentre osservo il comandante aprire il cancelletto del recinto, per poi chiuderlo con un catenaccio, non appena Artair vi è entrato. Le mani mi sudano copiosamente ad ogni passo che il comandante compie verso il punto in cui lo stallone, ora divenuto irrefrenabile essendosi accorto della presenza di Artair nel recinto, è legato. Attorno a me tutti cominciano a trattenere il fiato, quando il comandante Rian afferra le catene di ferro con cui l'animale è tenuto stretto.
"Via!" esclama all'improvviso, slegando le catene che ricadono a terra con un pesante tonfo.
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Ehilà!
Mi scuso in anticipo se non ho pubblicato ieri sera come promesso, ma non sono riuscita a collegare il mio telefono al computer per un motivo a me totalmente sconosciuto >.<
Allora ... a quanto pare a peggiorare la situazione è arrivato il bel comandante Cael >.<
Che ne dite dei nuovi personaggi? Nioclas, Artair, il tenente Mickal ... nei prossimi capitoli ne scoprirete molti altri!
Nel prossimo capitolo Artair dovrà vedersela con il morello e poi, ahimè, toccherà anche alla piccola Meave... secondo voi ci riusciranno oppure no?
Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto! Aspetto con ansia i vostri commenti >.<
Un beso,
Lady ❤️
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