[ Windmore ]

Il sole inondava Windmore accompagnato da un vento leggero che a fatica muoveva le fronde degli alberi. Un gruppo di ragazzi stava risalendo la via principale mentre una donna si trascinava dietro le sacche della spesa, ogni cosa era avvolta nel gradevole clima estivo.

Dyra pensò che sotto quella luce perfino la periferia risultasse gradevole agli occhi. Non ne avrebbe mai avuto abbastanza di quel panorama, le dava l'illusione che nulla di male sarebbe potuto accadere, che, almeno su quella collina vicino casa, fosse al sicuro.

Se ne restava seduta con la schiena appoggiata al tronco di un pino per ore. Gli occhi di un verde vivo puntati sulle mura che con il passare degli anni aveva imparato a conoscere, ogni pertugio, ogni crepa, ogni passaggio le era ormai famigliare. Non esisteva scorciatoia nella periferia di Windmore che Dyra non avesse già percorso almeno una volta. Il sole stava scendendo lentamente quando una delicata brezza le s'infilò tra i capelli corvini facendola sobbalzare. Aveva l'espressione di chi si era appena svegliata nel bel mezzo di un sogno, poi, con decisione, si mise in piedi e iniziò a scendere la collina verso casa. Non ricordava esattamente il momento in cui aveva smesso di essere una bambina, ma aveva imparato che la vita ti fa crescere quando le pare e che soprattutto non ama chiedere il permesso, almeno non a qualcuno come lei. A casa la madre la stava aspettando per apparecchiare la tavola, Giselle era una donna sulla quarantina ma ancora affascinante, ingegnosa e capace di cavarsela senza troppi aiuti. Tutti nella periferia dicevano che se non fosse stato per quei grandi occhi verdi Dyra sarebbe stata l'immagine esatta della madre alla sua età. Stessi lineamenti delicati, stessa corporatura snella e stessa capigliatura. C'era perfino chi giurava che le due avessero la stessa voce, tuttavia entrambe non ci facevano troppo caso e si limitavano ad assecondare educatamente le opinioni altrui.

Quando Dyra rincasò trovò la madre che discuteva animatamente con i vicini. I signori Gurvin non erano esattamente persone bendisposte verso gli altri e quella sera, ancora una volta, erano venuti a lamentarsi per gli eccessivi vapori e fumi che provenivano dalla cantina dove Giselle, da qualche anno, svolgeva il lavoro di lavandaia per i ricchi residenti del centro.

Nella periferia nessuno si faceva lavare i panni, lì l'essere completamente indipendenti era praticamente un vezzo comune a tutti. Così ogni domenica Giselle era costretta a tagliare l'intera periferia percorrendo la strada principale per spingere il suo carello vuoto fino nella piazza centrale di Windmore. I ricchi signori sarebbero poi passati di lì per consegnarle i panni sporchi della settimana che sarebbero tornati, ben profumati e stirati, il giovedì successivo. Quando poteva Dyra le dava una mano nel lavoro, anche non essendo mai stata una ragazza abile nelle faccende domestiche a modo suo aveva imparato a darsi da fare con il sapone e gli aromi. La stiratura invece era esclusivamente compito di Giselle che vi dedicava giornate intere. Anche una singola piega lasciata sulla stoffa avrebbe poi fatto ridurre il compenso per il lavoro svolto. Considerando che entrambe conoscevano fin troppo bene il rumore che fa lo stomaco quando si va a letto senza cena, preferivano prestare particolare attenzione alle esigenze dei clienti, anche quando questo voleva dire assecondare i loro capricci.

Alla vista della figlia Giselle cercò di tagliare corto con i Gurvin, ma questi non accennarono ad andare fino a quando la donna, con un sorriso che tutto sembrava tranne che spontaneo, si scusò e promise di prestare maggiore attenzione in futuro.

<< Ancora rogne con i vicini ?! >> esordì Dyra.

Giselle si limitò ad abbozzare un sorriso rapidamente seguito da uno sbuffetto di rassegnazione. Mentre la ragazza apparecchiava la tavola non poté fare a meno di notare come la madre apparisse più stanca del solito, si sarebbe detto fosse malata. I capelli le cadevano scomposti sulle spalle, il colorito era pallido come quello di chi è sul punto di svenire e per di più le mani sembravano ancora più nodose del solito. La osservò con attenzione per svariati secondi ma non disse nulla.

Entrambe si affrettarono a consumare la zuppa di lepre che Giselle aveva preparato nel pomeriggio. Non chiacchierarono ma si scambiarono un'occhiata d'intesa quando videro fuori dalla finestra il figlio dei Gurvin trascinarsi barcollando per il vino dalla taverna in fondo alla strada fino a casa.

La periferia non era certamente un posto sicuro dopo il calare del sole, a molti ragazzi era proibito uscire dopo cena o perfino tenere le finestre di casa aperte. Dyra era sempre stata abile nel tenersi fuori dai guai e così quasi ogni sera usciva di casa mentre la madre riordinava la cucina, si calava in un paio di stivali da pescatore troppo grandi per la sua taglia, e risaliva il torrente dietro casa fino ad arrivare in una piccola radura dove durante il giorno aveva posizionato alcune trappole.

Non era esattamente legale piazzare trappole o addirittura cacciare vicino alle mura di Windmore, i congegni sarebbero potuti risultare pericolosi per gli abitanti, ma la maggior parte dei residenti non si faceva troppi problemi nel violare tale legge. Era saggio percorrere l'intero tragitto fino alla radura senza torcia per evitare di essere visti anche perché il boschetto che costeggiava il sentiero era abitato dai cinghiali, animali furiosi ed irascibili, che una volta puntato un bersaglio non frenavano la loro corsa fino a quando non lo avevano azzannato per bene. Procedere al buio risultava in definitiva sicuramente preferibile. Una volta giunti nella radura la luna avrebbe illuminato il ferro delle trappole e il paesaggio circostante, dopo alcuni minuti sarebbe stato possibile anche individuare i fiori nel prato.

Quella sera quando Dyra uscì di casa la luna, quasi piena, brillava alta nel cielo. Giselle aveva ormai rinunciato a raccomandare a sua figlia di avere prudenza e di tornare indietro al minimo rischio o pericolo. Si limitava a salutarla con un bacio sulla guancia mentre le riavviava i capelli davanti alla fronte e legava i restanti in una coda alta.

L'erba del prato era bagnata e quando gli stivali di Dyra la calpestarono produssero il suono soffocato di chi mentre cammina cerca di non essere sentito. I primi minuti di marcia erano quasi completamente alla cieca. Con il tempo la ragazza aveva imparato a conoscere ogni singola radice, buca o irregolarità del terreno. Poi, gradualmente, i suoi occhi si abituavano al buio rendendole possibile distinguere sagome ed oggetti. Più i mesi passavano e meno le ci voleva per abituarsi all'oscurità. Quella sera le bastò così poco che girandosi riuscì ancora a distinguere il comignolo di casa sua dal blu scuro del cielo notturno.

Nella mattinata aveva posizionato cinque trappole ma una volta arrivata notò che solo due erano scattate. In una era rimasta accalappiata una piccola quaglia selvatica, nella seconda una lepre dalle dimensioni discrete. Mise in un sacco entrambe le prede e dopo aver fatto scattare tutti i congegni si ridiresse verso casa. Sarebbe tornata alla radura l'indomani mattina per decidere quante trappole utilizzare e dove sistemarle a seconda del vento e della temperatura. Mentre scendeva il sentiero vide dei cespugli di bacche viola che prima d'ora non aveva mai notato. Iniziò a raccoglierne alcune ma poi, non essendo sicura della loro commestibilità, si costrinse a gettarle. Una volta a casa trovò la madre seduta sulla poltrona davanti al camino che era appena sufficiente a mantenere la piccola casa tiepida ed accogliente. Nell'aria si sentiva ancora forte l'odore della zuppa e della lavanda.

<< Cosa abbiamo trovato di buono oggi? >> chiese Giselle.

<< Una lepre e una piccola quaglia >> rispose Dyra mentre poggiava la sacca sopra la tavola di legno, poi ridendo continuò: << sembra che domani a cena avremo ancora zuppa di lepre. >>

La madre, anch'essa ridendo, non smentì.

Il mattino a Windmore era il momento di maggiore frenesia di tutta la giornata, le strade brulicavano di gente indaffarata. Tra queste si distingueva la sagoma snella di Dyra che s'infilava in una stretta fessura tra le mura per poi risbucare sulla strada a parecchie case di distanza. Arrivata sulla via principale vide da lontano la madre spingere il suo carello su per la strada. Con una leggera corsa la raggiunse e la aiutò a portarlo fino in piazza, una volta arrivate le due si concessero uno spuntino a base di frutta proprio mentre i primi clienti arrivavano con il carico di panni da lavare. Dopo qualche ora il carrello era quasi completamente pieno e Giselle concluse soddisfatta che tra non molto sarebbero state di ritorno a casa ma mentre si apprestavano a riordinare la biancheria sporca appena prima di prendere la strada del ritorno una voce le fece sobbalzare.

<< Avete già smesso di lavorare?! >>.

Quando alzarono gli occhi videro un ragazzo, probabilmente della stessa età di Dyra, che stringeva tra le mani un sacco di vestiti di dimensioni notevoli. Aveva i capelli corvini e gli occhi dello stesso celeste chiaro della sacca che reggeva, la faccia era pervasa da un ghigno di sfida. Giselle si affrettò a rispondere di non preoccuparsi e che avrebbero ritirato anche il suo carico di vestiti concludendo il tutto con un affabile cenno del capo. Il giovane con uno sbuffo di sufficienza gettò la sacca nel carrello e concluse dicendo:

<< alcune giacche sono strappate, cucitele! >>

A quel punto Dyra, che fino ad ora era rimasta seduta su un muretto in silenzio, si alzo e ricordò con poca gentilezza al ragazzo che quello che offrivano era solo un servizio di lavanderia e stiratura e che non effettuavano riparazioni sartoriali. Per quelle si sarebbe dovuto rivolgere altrove.

Non aveva mai tollerato i prepotenti, soprattutto quelli che non mostravano nessun rispetto per le persone più grandi. Che diritto aveva quel tipo che vedeva soddisfatto ogni suo capriccio da alto borghese di parlare in quel modo a sua madre la quale considerava bere un infuso di erbe come la massima manifestazione del lusso?

Il ghigno stampato sulla sua faccia la faceva infuriare e, malgrado lui fosse molto più alto e robusto di lei, sarebbe stata pronta a scagliarglisi contro come uno di quei cinghiali nel boschetto. Con il sangue che le ribolliva gli chiese gentilmente di riprendersi il suo sacco di vestiti. La richiesta di Dyra fu prima ignorata e poi respinta con un gesto veloce della mano sinistra. Il ragazzo le aveva appena girato le spalle quando ogni forma di autocontrollo le venne meno. Un'ira crescente che non era solita conoscere la pervase. Prese il sacco del ragazzo, lo strinse forte tra le mani e poi glielo scagliò contro con tutta la forza che aveva. Quando lo colpì sulla schiena produsse un rumore che, anche se soffocato, fu perfettamente udibile in gran parte della piazza. Il ragazzo barcollò leggermente bloccando le gambe. Il silenzio era calato ovunque, il tempo sembrava essersi fermato, congelato in quell'attimo di pazzia. Quando si girò il ghigno di sfida sul suo volto aveva lasciato il posto ad un'espressione che sembrava non umana. Fissando Dyra dritta negli occhi raccolse alcuni vestiti che con l'urto erano caduti fuori dalla sacca, e poi, quasi sussurrando, disse:

<< voi della periferia meritate esattamente quello che avete, ovvero nulla, ti giuro che pagherai per questo più di quanto tu possa immaginare. >>

Non aggiungendo altro tornò da dove era arrivato, ma appena fu sicuro di essere visto gettò l'intero sacco di vestiti in un secchio ai bordi della piazza come a dire che per lui quei pochi stracci non significavano nulla. Quel gesto congelò il sangue di Dyra che fino a poco prima ribolliva d'odio.

Giselle intanto si era seduta sul muretto dove fino a poco prima se ne stava la figlia e fissava come inanimata una pietra lì vicino. Sapeva quanto corressero veloci le voci a Windmore, tutto poteva essere rovinato, il lavoro, il futuro ogni sacrificio fatto in passato. Al pensiero Dyra si senti attanagliare lo stomaco da una nausea che la costrinse a risedersi. Aveva il terrore di parlare alla madre o perfino di guardarla. Era sicura che in quel momento la stesse odiando e che quando la prossima domenica nessuno sarebbe venuto a consegnarle la biancheria sporca l'unica responsabile sarebbe stata lei. Avrebbe davvero voluto poter tornare indietro nel tempo ma sapendo che questo non era possibile decise di lasciare la madre da sola e di tornarsene a casa per una strada più lunga. Quando ruppe il silenzio salutandola e avvisandola di quanto deciso Giselle si girò ma non rispose. Già pentita del suo gesto Dyra cercò la via che aveva scelto tra le tante che si affacciavano nella piazza e vi scomparve.

Forse quel ragazzo aveva ragione, forse avrebbe pagato più di quanto potesse immaginare, forse lo stava già facendo.


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