[ Senza più nulla da perdere pt.2 ]

I rumori che provenivano dalla cucina svegliarono Dyra che si era addormentata solo qualche ora prima su una piccola brandina accanto al divano su cui invece riposava la madre.

Isac era gia sveglio e stava trafficando con degli attrezzi contenuti in un cassetto della credenza.

<< Ma tu non riposi mai Isac? >> Chiese la ragazza mentre si stropicciava gli occhi ancora socchiusi per il sonno.

<< In realtà ho dormito più di quanto avessi bisogno. Come ti senti oggi? >>

<< Come una a cui hanno bruciato la casa. >> Scherzò lei.

<< Oggi farò uscire tua madre di qui che lo voglia o meno, mi sono stancato di vederla vegetare arresa nel suo dolore. >> Il tono di lui era molto serio, l'uomo doveva essere seriamente preoccupato per lo stato di salute della donna.

<< Si, sarebbe fantastico. Questa mattina ho alcune commissioni da sbrigare ma se vorrete aspettarmi sarò contenta di venire con voi. >> lo incoraggiò Dyra mentre, ormai sveglia, sorseggiava del tè da una tazza verde troppo grande per le sue mani.

<< Vedremo, aspetterò che si svegli e lascerò decidere a lei. Per me sarebbe indifferente tanto oggi ho tutto il tempo del mondo, ho deciso di non aprire la macelleria. >>

<< Sicuro? Guarda che io non dovrei metterci molto. Anzi, se mi sbrigo dovrei essere di ritorno in poco più di un'ora e tu potresti aprire il negozio anche se un po' in ritardo. Sarebbe comunque meglio che restare chiusi, no?! >>

<< No Dyra, stai tranquilla, non voglio lasciare tua madre da sola per il momento, il negozio può aspettare. >>

La ragazza, che nel frattempo si era rimessa gli unici vestiti che le erano rimasti, stava per girare la maniglia della porta quando avvertì l'irrefrenabile bisogno di abbracciare quell'uomo che sembrava essere l'unica persona a cui importasse davvero qualcosa di loro. Poi, dopo aver riavviato i capelli della madre che ancora dormiva profondamente, rapida uscì dalla casa.

Malgrado il sole non fosse ancora sorto la periferia si mostrava già indaffarata in quella mattina d'estate. Dyra cercava di camminare con naturalezza senza dare troppo nell'occhio, pensava a Guen, già da tempo si era pentita di averla lasciata legata nel bosco. Il rimorso era inspiegabilmente riuscito ad avere la meglio sulla rabbia che invece si era lasciata domare. Sarebbe voluta tornare indietro, avrebbe voluto lasciarla andare, avrebbe voluto essere una persona migliore. Solo per un secondo, mentre svelta tagliava la strada di casa sua, l'immagine delle macerie nere come il carbone le fece rivalutare quel senso di rimorso provato poco pima.

Al suo passaggio la gente mormorava e le gettava occhiate fugaci, tutti ormai sapevano chi fosse, tutti sapevano cosa le era accaduto ed il perché che si nascondeva dietro a quel gesto spregevole. La sua storia veniva raccontata in tutte le taverne di Windmore, in ogni angolo lontano dalle luci degli Stati Generali. Le ricorse alla mente l'immagine del fantoccio arso davanti alla porta di quella che una volta era la sua casa, l'orrenda effigie che bruciava in suo onore .

Per la prima volta in vita sua, appena uscita dalle mura della periferia, la ragazza decise che fosse più sicuro addentrarsi da subito nel bosco piuttosto che percorrere il sentiero che lo costeggiava fino al luogo in cui si trovava Guen.

Non aveva mai visto quella parte di bosco, più di una volta rischiò di perdere il senso dell'orientamento ma poi, forse anche grazie ad un pizzico di fortuna, riuscì ad arrivare, senza perdere troppo tempo, nelle vicinanze dell'albero che, tra i tanti, stava cercando.

Solo poche decine di metri la dividevano da Guen quando percepì forte il bisogno di fermarsi. Voleva pensare con cura a quello che avrebbe dovuto dire una volta liberata la sua prigioniera. Non doveva assolutamente far trasparire nulla di quel rimorso che ora la stava avvelenando, non poteva permettersi il lusso di mostrarsi pentita o Guen avrebbe potuto tradurre quella sua esitazione con la possibilità per lei di vendicarsi. Non aveva scelta, avrebbe dovuto continuare con lo stesso spietato registro utilizzato il giorno precedente o l'altra avrebbe spifferato tutto l'accaduto ai quattro venti. Doveva terrorizzarla, farle credere che se avesse parlato lei l'avrebbe trovata ed uccisa, fissargli bene in testa l'idea che in nessun luogo sarebbe mai più stata al sicuro.

Non appena fu pronta riprese a camminare in direzione dell'albero. Quando fu in grado di vederla Dyra provò frustrazione, Guen era riuscita a togliersi il bavaglio dalla bocca e a far scivolare le corde che la legavano fino alla base del tronco in modo da potersi comodamente sedere sul soffice terreno ricoperto di muschio. La frustrazione crebbe ancora quando Dyra notò che la ragazza stava dormendo beatamente, con la testa piegata in avanti e le gambe incrociate attorno ad un mucchio di paglia. Mentre avanzava quasi sbuffò al pensiero che probabilmente tra le due quella ad aver riposato di meno da l'ultima volta che si erano viste era proprio lei. Che razza di fesseria, non era riuscita neanche a farle passare una notte insonne. Eppure più si avvicinava e più si chiedeva come avesse fatto Guen a rimuovere il bavaglio che le impediva di parlare avendo le mani ancora legate dietro la schiena. Le sembrava davvero impossibile. Forse era riuscita a lacerarlo con i denti fino a riuscire a staccarlo pensò tra sé e sé. Dyra era così presa nei suoi ragionamenti che era giunta ormai a pochi passi dall'altra quando realizzò che gli occhi di Guen erano aperti.

<< Allora non stai dormendo, meglio... mi hai risparmiato la fatica di doverti svegliare. Forza alzati e dimmi come hai fatto a liber... >> Gli attimi che seguirono furono così lunghi da sembrare gli ultimi di un'intera epoca. Il volto di Dyra era mutato, come se la sua testa stesse elaborando un pensiero che la terrorizzava al punto da impedirle ogni movimento.

<< Guen... Guen mi senti... Cazzo Guen dì qualcosa... >> Ma l'unica risposta che ottenne fu il suono delle fronde degli alberi che oscillavano alla leggera brezza estiva.

<< G...Guen... >> Dyra terrificata si accucciò per liberare il volto della ragazza che era in parte nascosto dalla bionda chiama a causa della posizione inclinata del capo.

Non servì neanche arrivare a spostarle i capelli che la verità emerse violenta come un pugno in faccia. Intorno al collo di Guen un orribile livido sottile di colore bluastro raccontava la sua storia. Dyra rimase immobile, impotente, come quando se ne stava nel suo giardino a guardarsi la vita bruciare. Gli occhi fissi nell'oblio stavano cercando un modo per scappare via da quel luogo quando una fitta gelida le penetrò nelle ossa. Guen era morta, qualcuno l'aveva strangolata con il suo stesso bavaglio.

Per qualche secondo il suo cervello smise di elaborare informazioni, se ne rimase semplicemente accovacciata, lì, all'ombra di quell'albero che aveva visto una vita morire.

Appena i pensieri cominciarono a tornare veloce recise le corde che legavano la ragazza alla sua tomba, le riunì con il bavaglio e se le nascose in tasca. Provò disperatamente a rianimare Guen ma le radici ed il terreno irregolare rendevano l'operazione molto complicata, decise quindi di spostare il corpo di una decina di metri fino ad un piccolo spiazzo in cui gli alberi erano più radi. I minuti passarono senza che se ne accorgesse ma il cuore non voleva saperne di tornare a battere, alla fine, arresa, si lasciò cadere accanto al cadavere della ragazza. Le mani istintivamente corsero al viso per nasconderlo poi un pianto di dolore svegliò il bosco che ancora dormiva.

La strada del ritorno le sembrò un paradosso, sagome sfocate in una folle corsa verso una meta che neanche conosceva. Il tempo perse coerenza, era tutto o troppo lento o troppo veloce, gli alberi le giravano intorno come pianeti. Perse i sensi una volta, forse due o forse mai, quando riprese consapevolezza di sé si trovava già sulla veranda si Isac con la mano ancora sporca di terra stretta intorno alla maniglia della porta.

<< Isac, Isac, dove sei? >>

<< Maledizione cos'è tutto questo baccano. >> Sbraitò l'uomo uscendo dalla sua camera da letto.

<< Isac ho bisogno del tuo aiuto. Adesso! Dimmi... posso fidarmi di te? >> L'uomo rabbrividì nel vedere l'espressione sconvolta sul volto della ragazza. Non l'aveva mai vista in quello stato, sembrava essere appena scesa e riemersa dall'inferno.

<< Dyra cosa hai fatto? Che è suc... >>

<< Merda Isac rispondi! >> Grido lei senza lasciarlo finire.

<< Certo che puoi fidarti. Cosa devo fare, voglio aiutarti. >> Rispose lui con rapidità come per paura di farle perdere del tempo prezioso.

<< Perfetto allora devi seguirmi e cerca di non dare nell'occhio dobbiamo uscire dalla periferia alla svelta. >>

<< Ho capito. Dammi solo il tempo di avvisare tua madre è scesa in cantina. >>

<< No, non c'è tempo, dobbiamo andare! Mamma aspetterà. >> Così detto prese per un braccio l'uomo e lo trascinò fuori di casa.

Durante il viaggio la ragazza valutò attentamente cosa dire all'atro, ci pensò fino a quando la raggiunse la consapevolezza che Isac era diventato ormai l'unica persona che le era rimasta su cui poter fare affidamento, capito questo seguì rapida la decisione di dirgli semplicemente la verità, tutta la verità.

Gli raccontò dei sotterranei, dell'uomo che Guen aveva assoldato per appiccare l'incendio, di averla rapita e legata nel bosco ed infine della tragica conclusione. In più punti durante il racconto la voce di Dyra traballò per il dolore. Malgrado Isac non avesse mai interrotto la ragazza nel suo discorso ogni tanto fu costretto ad interrompere la marcia per cercare di metabolizzare interiormente l'enorme tragedia. Quando la situazione fu chiarita a sufficienza anche Dyra arrestò i suoi passi e girandosi di scatto guardò dritto negli occhi dell'uomo. Era sconvolto, profondamente turbato e forse anche impaurito.

<< Isac. Non sono stata io, non ho ucciso quella ragazza. Giuro di averti raccontato tutta la verità. Ho commesso degli errori ed ho fatto cose orribili, non avrei dovuto lasciarla lì, legata ad un albero, ma non sono un'assassina. Te lo giuro. >> Gli occhi di Dyra devastati dal rimorso e dalla disperazione confermavano quanto detto a parole.

<< Lo so Dyra. Non ne saresti mai capace, non c'era neanche bisogno che tu me lo dicessi. Io ti credo ma adesso è comunque un gran casino. Se qualcuno trovasse il corpo potrebbero riuscire a risalire fino a te e, una volta scoperto il collegamento tra la ragazza e l'incendio, nessuno crederà alla tua innocenza. Ora dimmi, quanto bene la conoscevi? >> Parlò Isac per la prima volta rivelando tutto il suo turbamento.

<< Non molto, era nel mio stesso anno all'Accademia. >>

<< Era ricca? Hai idea con cosa la abbiano strangolata? >>

<< Un bavaglio, la hanno strangolata con un bavaglio e credo di si, devi essere necessariamente ricco per vivere a nord della Piazza Centrale. >>

<< Cazzo. Siamo nella merda. Dobbiamo sbrigarci Dyra, dobbiamo portare il corpo via di qui fino al torrente, da lì me ne occuperò io. Nessuno la deve trovare o in meno di un ora noi tutti faremo la sua stessa fine. >> Le parole così dirette di lui scosserò Dyra a tal punto che il suo braccio ebbe uno spasmo involontario.

Quando i due ebbero finito di parlare si trovavano ormai vicinissimi al punto di arrivo. Con poco più di un ulteriore silenzioso minuto di marcia arrivarono a destinazione. Il corpo esanime adagiato sul soffice manto del bosco fece rabbrividire entrambi. Se non fosse stato per gli orribili segni sul collo si sarebbe davvero potuto pensare dormisse. Isac la fissava disturbato, probabilmente la situazione non doveva essere delle più facili neanche per un uomo come lui. Dyra aspettava che le desse istruzioni sul da farsi e mentre attendeva continuava in silenzio la battaglia interna con i demoni che la stavano divorando. Quando, dopo alcuni secondi, le istruzioni che stava aspettando da lui non arrivarono decise di chiederle lei stessa.

<< Quindi cosa pensi che... >> Si interruppe una volta voltatasi in direzione dell'uomo che prima era alle sue spalle. Rimase in silenzio, mentre lo guardava trafficare con della corteccia.

<< Cosa stai facendo? >> Gli chiese poi con un tono di voce che sembrava provenisse dall'oltretomba.

<< Dyra sto cercando dei segni, delle tracce sulla corteccia dell'albero, segni di aggressione, qualsiasi cosa che ci possa dare un indizio su chi sia l'assassino. Dovrà pur esserci qualcosa di utile nascosto in quest'albero. >> Rispose lui senza neanche guardarla.

La ragazza inizio lentamente ad indietreggiare scuotendo quasi impercettibilmente la testa, la bocca era aperta in un espressione di sgomento, gli occhi puntati sulla figura imponente dell'altro.

<< I...Isac. Io non credo di averti mai detto quale fosse l'albero a cui l'avevo legata. >> Quelle parole risuonarono nel bosco come tuoni su un mare di cristallo. Lo sguardo di lui rimase impietrito sul terreno mentre quello di Dyra vagava tormentato sulla dozzina di alberi lì vicino che l'uomo non aveva neanche preso in considerazione.

Prima di voltarsi per iniziare scappare lo fissò ancora una volta. Senza neanche accorgersene una lacrima silenziosa comparve. Tutto era irrimediabilmente perduto.


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[ Spazio autore ]

...Doveva andare così...

Ho riflettuto a lungo se pubblicare o meno questo capitolo.

Facciamoci forza non può piovere per sempre ;)

Un saluto e grazie ancora per la vostra pazienza.

2Xplus3Y


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