[ Senza più nulla da perdere pt.1 ]

Dyra se ne stava nascosta dietro un muretto mentre fissava le rovine ancora fumanti di casa sua.

Sapeva che chiunque fosse stato ad appiccare il fuoco quella mattina sarebbe passato nuovamente di lì per controllare che il suo piano fosse andato a buon fine. Così aspettava e scrutava tra la folla le cento, mille facce che al momento le sembravano tutte ugualmente insignificanti.

Il sole metteva in bella mostra lo scempio di cui qualcuno era stato capace. Il dover guardare gli orrendi resti di casa sua le faceva male. Il pensiero di tutto quello che avevano perduto le faceva salire il vomito, i ricordi, i rimpianti, la vita che non si è lasciata salvare.

I suoi occhi erano appesantiti dalla notte precedente eppure non volevano saperne di staccarsi da quelle persone che, un po' incuriosite e un po' dispiaciute passavano per strada gettando occhiate furtive alle macerie fumanti. Non sapeva come avrebbe riconosciuto il colpevole eppure sapeva che sarebbe sfilato davanti ai suoi occhi e questo le metteva addosso una tensione ingestibile.

Passarono le ore e non accadde nulla, alcuni si avvicinarono alle rovine per esaminarle, altri semplicemente le osservarono stupiti ma in nessuno di loro Dyra riuscì a riconoscere quella colpevolezza che invece stava cercando.

Quando accadde una bambina stava saltellando nel bel mezzo della strada mentre un cane legato ad un palo le ringhiava furioso anche se lei non sembrava curarsene. Poi, tra la folla, un uomo tagliò la strada. Non guardò mai in direzione della casa, mai, neanche quando gli fu così vicino da poter chiaramente avvertire la puzza di bruciato che ancora aleggiava nell'aria. Era lui, non poteva essere nessun'altro, solo lui.

In una manciata di secondi Dyra gli sia avvicino molto discretamente, quando gli fu praticamente accanto si gettò un panno sulla mano per coprire il pugnale che stava brandendo mentre, sempre cautamente lo premette contro il costato dell'altro.

<< Ora tu starai ben zitto, non griderai, non scapperai, non farai movimenti avventati. Verrai dove io ti porterò e soprattutto non darai nell'occhio. Una sola cazzata e ti ritroverai quindici centimetri di lama dritta nella carne. Con quindici centimetri ti ammazzo in meno di un secondo, te lo affondo nel cuore e ti guardo annegare in una pozza del tuo stesso sangue. Non sto scherzando. >> L'uomo la guardò solo un secondo muovendo quasi impercettibilmente la testa e quando vide il suo sguardò ebbe la certezza che quella ragazza non stesse mentendo. Quasi pietrificato fece un cenno di assenso con la testa e si lasciò guidare. Non parlò mai, non un mugugno, non un sussulto neanche quando Dyra rapida lo fece entrare nei sotterranei.

Neanche scattò la serratura della porta che si chiudeva alle loro spalle che un pugno colpì l'uomo al volto.

<< Grida e io ti ammazzo, scappa e io ti ammazzo, prova a raccontarmi cazzate e io ti ammazzo. >> Un secondo pugno lo raggiunge al volto facendolo barcollare.

Dyra digrignava i denti come una bestia inferocita, come chi non ha più nulla da perdere.

<< Perché lo hai fatto? Dimmi perché hai dato fuoco a casa mia. Cosa ti ho fatto? Io non ti conosco neanche schifoso di un bastardo. >>

<< Fatto cosa?! Io non ho fatto nulla. Tu sei pazza! Un'esaltata che... >> Non ebbe il tempo di finire di parlare che un terzo pugno lo colpì questa volta allo stomaco.

<< Dimmi perché! >>

<< Sei pazza, tu sei pazza! >> Sussurrò lui palesamene senza fiato per l'ultimo pugno incassato.

Appena le sue labbra si chiusero Dyra scattò come un lupo che sta per azzannare il collo della sua preda. Colpì l'uomo al volto facendolo cadere a terra poi, saltandogli addosso, affondo il pugnale nella sua spalla destra. I sotterranei vennero scossi da un grido straziato, poco dopo il sangue iniziò a colorare il pavimento sotto di loro.

<< Vedo che non hai capito, basta cazzate, considera questa la tua seconda ed ultima opportunità per salvare la tua misera vita, un'altra cazzata e ti taglio la gola. Apri la bocca di nuovo senza dirmi quello che ti ho chiesto e troveranno resti del tuo corpo smembrato per tutta la periferia domani mattina. >> Si riusciva a vedere che esplodeva ovunque quel fuoco che le era entrato negl'occhi la notte prima. Lei stessa ora era diventata quell'inferno in cui l'avevano buttata.

<< Va bene, va bene. Ti prego non uccidermi, ti dirò tutto. È vero sono stato io mi dispiace, ti prego non uccidermi! >> Gridò disperato tra i singhiozzi.

<< Mi hanno dato dei soldi, avevo bisogno di soldi, io non ti conosco, non sapevo fosse casa tua, mi hanno solo detto di bruciare quella casa. Non sapevo altro. Ti prego non uccidermi! Ho due bambini avevano fame. Ti prego. >>

<< E quindi hai pensato bene di distruggere la mia vita. Io anche ho fame, io non ho più niente. Dimmi chi ti ha dato quei soldi! >> Gridò lei.

<< Non posso o mi uccideranno. >> Rispose lui mentre tremava.

In risposta Dyra mosse brusca il pugnale dentro di lui dilaniandolo.

<< No se ti ammazza prima io. Dimmelo! Dimmi il suo nome ora, voglio vedere quel bastardo, voglio strappare la faccia a l'uomo che mi ha fatto questo. E se non me lo dirai strapperò la tua! >>

<< Ti prego calmati o morirò dissanguato. Non mi ha detto il suo nome, perché mai avrebbe dovuto farlo?! Ma non era un uomo, la voce era di donna, portava un mantello nero che le copriva tutto il corpo non so dirti altro. Credimi non so altro. Ti prego... >> Iniziò a piangere l'uomo.

Le lacrime gli colavano copiose sul viso mentre si impastavano al sangue che aveva iniziato ad aggrumarsi.

Per la prima volta dall'incendio Dyra provò paura, cosa era diventata? Cosa poteva fare? Fino a quale limite avrebbe avuto il coraggio di spingersi? Quell'uomo ora le stava dicendo tutta la verità, ne era certa, eppure avrebbe voluto torturarlo ancora, farlo soffrire, lasciare che il dolore di quel bastardo alleviasse il suo.

Rivide la sua vita fino a prima dell'accademia, rivide la sua vita come la ricordava e una fitta al petto la fece piegare su se stessa. Prima di rotolare su un fianco estrasse con un movimento deciso il pugnale dalla spalla dell'uomo.

<< Vattene! >> Non dovette ripeterlo due volte che questo barcollando si rialzò in piedi e iniziò a camminare in direzione della porta di uscita. Quando stava per superare la soglia d'ingresso dei sotterranei un lamento lo costrinse a girarsi. Era Dyra che singhiozzava lacrime di disperazione raggomitolata in posizione fetale. "Non ci è rimasto nulla, non ci è rimasto più nulla da perdere" ripeteva a bassa voce tra i singhiozzi. L'uomo la osservò nella sua resa e fu come se un secondo pugnale lo colpisse, il suo volto si contorse in una smorfia di dolore e pentimento.

<< Mi dispiace, non vale nulla lo so ma potessi tornare indietro non lo farei mai, per nessun motivo al mondo, ti prego scusami. Vorrei ripagarti in qualche modo ma non ho nulla. >> La ragazza neanche rispose mentre guardava l'uomo allontanarsi. Poi, mentre le dava le spalle, senza neanche voltarsi continuò.

<< Ascolta... forse mi uccideranno per questo ma tanto tra la morte e questo schifo non credo ci sia molta differenza. Quella donna l'altra notte, solo per un attimo, mi ha guardato in faccia ed io sono riuscito a vederli spuntare da sotto al cappuccio... due occhi enormi... troppo gradi per la sua faccia, mi disturbavano, in un certo senso mi disgustavano. >> Quando anche l'ultima sillaba fu scandita la porta sbatté nuovamente in quei sotterranei.

Dyrà fissava l'uscita ormai ferma, nessun singhiozzo, nessun suono. A vederla così la si sarebbe scambiata per una bambola. Quegli occhi... quegli occhi erano gli occhi di Guen.

Giselle se ne stava seduta su una sedia a dondolo che ritmica scricchiolava tutta la tristezza che il volto spento della donna non riusciva a manifestare. Quando Dyra rientrò Isac stava preparando il pranzo. Entrambi la fissarono in faccia ma nessuno si sorprese nel vederla sconvolta. Tutti e due attribuirono la colpa all'incendio, non potevano di certo immaginare l'enormità del disastro.

<< Isac grazie per farci stare qui per qualche tempo, sai fino a quando le cose non si saranno un po' sistemate. >> Sviò l'attenzione Dyra che cercava di nascondere le macchie di sangue dai pantaloni.

<< Smettila, lo sai che non c'è bisogno di dirlo. Tu e tua madre siete una specie di famiglia per me. >> Non fece neanche in tempo a sentire la risposta che la ragazza era già entrata in un'altra stanza per levarsi i vestiti sporchi di dosso.

<< Io lo dico lo stesso. >> Rispose una volta ricomparsa.

<< Fa come ti pare ma apparecchia mentre lo dici che il pranzo è quasi pronto. >>

Tre bistecche alte almeno due centimetri e mezzo erano appena state tirate fuori dalla griglia. Mentre Dyra e Isac le spolpavano avidamente Giselle neanche si era alzata dalla sedia su cui, ormai da ore, era seduta.

<< Cos'è quello? >> Isac, con la bocca ancora piena, indicò un punto del braccio della ragazza. Una piccolissima macchia di sangue non era stata lavata via ed ora quella piccolissima imperfezione stava dicendo a tutti la sua verità.

<< Nulla, credo sia di un taglietto che mi sono fatta prima mentre frugavo tra le macerie di casa, sai volevo vedere se si fosse salvato qualcosa. >> Rispose pronta.

<< Capisco, e dove sarebbe questo taglietto? >>

<< Sul fianco sinistro credo, no forse era il destro. >> Continuò lei sperando con tutta se stessa che non le avrebbe chiesto di mostrarglielo.

<< Mhh... capito. Che strano posto per ferirsi mentre si fruga nelle macerie. Ma dimmi ti piace la carne? >>

<< La adoro Isac, davvero è squisita e tenerissima, non avresti potuto cuocerla meglio. >>

<< Giselle dovresti sforzarti a mangiare almeno qualcosa. >> Cambiò interlocutore lui.

La donna non rispose ma voltandosi fece di no con la testa per poi ritornare a fissare il mondo fuori dalla finestra. I due al tavolo si scambiarono un'occhiata preoccupata poi la ragazza scostò la sedia alzandosi.

<< Bene io devo uscire, torno a rovistare, magari nel pomeriggio riuscirò a trovare qualcosa. Rientrerò per l'ora di cena va bene? >> Annunciò Dyra ma le uniche risposte che ottenne furono un grugnito dubbioso e l'ennesimo scricchiolio di una vecchia sedia di legno.

Diventa pericolosa la vita una volta che ti stanchi di assecondarla e questo Dyra lo sapeva, ogni azione può condurti alla tua fine o ad un nuovo vero inizio e non importa davvero quali siano le tue intenzioni, tutto quello che realmente conta è quanto sarai bravo a giocare la tua partita.

Era questo che pensava mentre osservava Guen ancora priva di sensi legata saldamente al tronco di un albero nel fitto dei boschi accanto a Windmore. Era una strana sensazione lo starsene lì ad aspettare con ansia il risveglio di qualcuno che si odia profondamente.

Le luci del giorno cominciavano ormai a calare quando le palpebre di Guen, non senza fatica, si riaprirono lentamente.

<< Ben svegliata. >> Un panno legato stretto intono alla testa le passava sulla bocca impedendole di dare qualsiasi tipo di risposta che non fosse un incomprensibile mugugno.

Non appena la ragazza comprese quello che le stava accadendo iniziò a contorcersi in spasmi disperati nel tentativo di liberarsi dalla stretta che la assicurava all'albero con l'unico risultato di procurarsi numerose escoriazioni sulla schiena dovute alla ruvida corteccia del pino che la imprigionava.

<< Non lo capisci eh?! È tutto inutile. Tu morirai Guen, morirai oggi. E se non ti ho ancora uccisa è solo perché voglio tu possa assaporare il terrore di questi istanti, voglio tu conosca la disperazione e l'impotenza, voglio che sia perfettamente cosciente quando mi vedrai strapparti la vita dal petto. >> I lamenti ed i mugolii soffocati dell'altra andarono ad intensificarsi.

Quando lo sguardo di Guen si abbassò fino al terreno per poco non svenne. I suoi piedi scalzi erano appoggiati sopra un consistente mucchio di paglia e foglie secche, voleva bruciarla, voleva bruciarla viva.

Dyra provo gioia quando lesse nei suoi occhi la paura che inesorabilmente la stava possedendo.

<< Non agitarti. Se sarai fortunata morirai prima che il fuoco ti sia arrivato al volto. E quando sentirai le fiamme divorarti la pelle, quando le vedrai portarsi via tutto quello che eri voglio che tu sappia che questo è quello che ho provato io l'altra notte quando hai fatto dare fuoco alla mia casa. Questo è quello che si prova ad essere uno della periferia e a non avere più nulla, neanche uno cappio con cui impiccarti. >> Gli occhi di Guen erano orribilmente sbarrati mentre fissavano quelli di Dyra. La paura li aveva resi ancora più grandi del solito, due enormi palle di disperazione che le sfiguravano il volto dai lineamenti altrimenti molto piacevoli.

A quel punto Dyra frugò con la mano sinistra nella tasca dei pantaloni e ne estrasse una minuscola scatola di fiammiferi, lentamente la aprì e ne scelse uno con cura, fece per accenderlo ma dopo alcuni tentativi questo le si spezzò in mano per l'eccessiva pressione esercitata. Ne estrasse un secondo e, questa volta, la carta vetrata della scatola fece il suo dovere. In un secondo una minuscola fiammella si accese nel fitto del bosco ormai caduto in penombra. Guen tremava, il panico più totale ormai possedeva la sua mente, il suo corpo sembrava in preda agli spasmi tipici di un corpo agonizzante.

Le due neanche si guardavano più, ognuna combatteva con i propri demoni in una sfida mortale.

Quando il fuoco aveva già divorato metà del fiammifero Dyra decise che era giunto il momento di porre fine ad ogni cosa, con un gesto secco lasciò che il fiammifero cadesse a terra incendiando i primi fili di paglia che incontrò. Non appena questi presero fuoco Guen interruppe i sui lamenti ed emise un suono che Dyra non aveva mai sentito in vita sua. Era una supplica, un'orrenda canzone di implorazione. Anche il corpo aveva smesso di contorcersi assumendo un'innaturale posa rigida.

<< Vedi... è questo che si prova, ci si sente così quando sei costretta a vederti strappare la vita di dosso. >> Appena finì di parlare lo stivale di Dyra andò rapido ad estinguere le fiamme con due violenti pestoni lasciando che qualche piccolissima scintilla superstite andasse ad estinguersi sul terreno sterile.

<< Non sono un'assassina, non io. Tornerò domani mattina, passerai la notte nel bosco tra le bestie tue simili. Quando verrai liberata sarà meglio che tu non ne faccia parola con nessuno, inventerai qualche balla per giustificare la tua assenza, non mi interessa. Una sola parola e questa volta non mi fermerò, brucerò te e tutta la tua famiglia nel senno, nella tua stessa casa. >> Tuonò la ragazza mentre a grandi passi si incamminava in direzione dell'uscita del bosco.

<< Ah un'ultima cosa... sta calando la notte Guen, fossi in te cercherei di stare il più in silenzio possibile. Non vorrei davvero che qualche cinghiale mi trovasse legata ad un albero e che le mia stupide grida lo spaventassero. A quella bestia basterebbe una zannata per strapparti via una gamba. >> Così concluso Dyra sparì tra il fitto del bosco mentre l'altra esausta lasciava che la testa le crollasse all'indietro sul tronco dell'albero.

Al suo rientro a casa di Isac le cose erano rimaste pressoché immutate, lui che si dava da fare in cucina e Giselle che fissava fuori dalla finestra.

<< Alla buon'ora. Trovato nulla? >> Le chiese l'uomo senza neanche darle il tempo di richiudere la porta.

<< Nulla di nulla, santo cielo sono esausta. >>

<< Lo credo bene a furia di spostare le macerie da una parte all'altra. Sai oggi pomeriggio sono passato anche io, avrei voluto darti una mano ma non ti ho trovata. >> Dyra rabbrividì.

<< Che sfortuna, deve essere stato proprio quando mi sono allontanata per andarmi a rinfrescare al fiume. Sono stata via solo dieci minuti avresti potuto aspettare un secondo. >> Azzardò lei mentre tratteneva il fiato per la tensione.

<< Non ho tempo da perdere io, ho cose migliori da fare che aspettare lì impalato e con quella puzza poi. >>

<< Si capisco... Isac come pensi dovremmo comportarci con mamma? Non ce la faccio più a vederla così. Voglio fare qualcosa. >>

<< Dyra dalle tempo, ha bisogno di più tempo. Limitati a tenerti fuori dai guai per il momento, non aiuterebbe proprio un ulteriore disastro. Intesi? >> Le rispose forse non troppo convinto dalle storie di lei.

<< Intesi! Ora spostati che ti aiuto con la cena. >>

Per la prima volta quella sera mangiarono tutti e tre riuniti alla stessa tavola, l'umore non era dei migliori ma veniva facilmente mitigato dalla ricca vastità di cibo che avevano cucinato. Ogni tanto i loro sguardi si incrociavano, nessuno di loro fino a qualche giorno prima avrebbe mai potuto immaginare una scena del genere eppure stava accadendo e non era poi tanto male, sembrava quasi fosse una famiglia, sembrava quasi fosse casa.

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[ Spazio autore ]

Come vedete sono stato di parola ed ho pubblicato appena ho avuto un secondo di respiro ;)

Spero il capitolo vi sia piaciuto. A me intriga molto :D

Ora... avrete sicuramente notato che anche questa volta ci saranno due parti [ Senza più nulla da perdere pt.1 ] e [ Senza più nulla d perdere pt.2 ]. Ho deciso di separarli perché la seconda parte sarà veramente un bel casino e di conseguenza vorrei scriverla con calma per farne uscire qualcosa di decente.

Tuttavia non dovrete aspettare molto, già da domani inizierò a scriverla e conto di pubblicarla tra massimo 3 giorni ;)

Piccolo spoiler: come vi ho scritto sopra il prossimo capito sarà un bel casino. Non vi aspettate un capitolo lungo, non lo sarà. Non vi aspettate un capitolo tranquillo, non lo sarà! xD Preparate vi!

Credo di aver detto tutto, grazie ancora per seguire la mia storia, un saluto a todos

Ciauz 2Xplus3Y

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