[ Laila ]


L'estate volgeva ormai al termine, l'autunno incalzava e con esso il censimento.

Dyra realizzò che in meno di quattro giorni avrebbe dovuto salutare la madre per salire sul treno che l'avrebbe condotta all'Accademia della Quarta Terra. Una volta arrivata sarebbe stata costretta a conoscere persone che non desiderava conoscere, ad imparare cose che mai avrebbe voluto imparare, bastava il pensiero per farle girare la testa.

Se avesse potuto sarebbe rimasta proprio lì, accanto a sua madre, nella cantina con gli aromi ed i panni da lavare che, dopo quanto accaduto nella piazza, erano notevolmente diminuiti.

Non si sarebbe mai perdonata quella sfuriata ma con il passare del tempo si convinse che una volta partita Giselle avrebbe avuto una bocca in meno da sfamare e che quindi il lavoro sarebbe nuovamente risultato sufficiente per arrivare a fine mese. Bisognava tuttavia anche tener conto che senza di lei e delle sue trappole nella radura la carne in casa sarebbe scarseggiata costringendo così la donna a comprarla dal signor Isac. Magari l'uomo le avrebbe fatto un prezzo di favore per tutte "le sacche" che gli aveva portato nel corso degli anni. Si tranquillizzò pensando a quanto Giselle fosse in gamba e che avrebbe sicuramente trovato un modo per andare avanti anche senza di lei.

Le due avevano deciso di trascorrere il tempo che rimaneva all'insegna del riposo e della tranquillità. Non c'era quasi lavoro da sbrigare considerando che la piazza era stata chiusa la settimana prima per i preparativi del Censimento. Certo, Giselle avrebbe potuto spostare il suo banco appena fuori dalla piazza come era solita fare tutti gli anni ma questa volta era diverso, quest'anno toccava a Dyra.

Le giornate trascorsero tra passeggiate pomeridiane, tisane mattutine e ricche cene serali. Da qualche giorno Dyra aveva iniziato a piazzare trappole complesse nelle speranza di catturare una grossa preda prima di partire. Voleva garantire alla madre almeno qualche settimana di carne. Avrebbe anche avuto piacere di salutare il signor Isac con la scusa di e portargli un bel cinghiale per la lavorazione. Sfortunatamente per il momento nessuna trappola aveva assecondato la sua richiesta.

Ogni giorno che passava Giselle diventava più nervosa, si sforzava di nasconderlo dietro finti sorrisi e silenzi interminabili ma il suo turbamento risultava comunque palese agli occhi della figlia. Era naturale, quasi giusto, la sua unica figlia stava per partire e non sarebbe tornata prima di dieci mesi. E poi, un volta tornata che persona sarebbe stata? L'Accademia l'avrebbe cambiata? Giselle amava sua figlia così come era, la ragazza che adorava il pane alle olive, non avrebbe mai voluto che gli Stati Generali la trasformassero in qualcosa di diverso. Tantomeno in un'arma.

I tramonti si susseguirono rapidi ma nessuna preda di grossa taglia ebbe la decenza di farsi catturare. Tutto quello che la radura le offrì fu qualche piccola lepre appena sufficiente per una zuppa. Sembrava proprio che la sorte volesse farle salutare Isac a mani vuote.

Quella mattina Dyra si trovava nella radura per far scattare tutte le trappole. Le avrebbe ritirate, messe in un sacco e sotterrate vicino all'albero più grande. Le sue amiche se ne sarebbero rimaste buone fino al suo ritorno. Mentre le nascondeva si sentì improvvisamente triste. Non le era mai piaciuto doverle usare eppure sapeva che le sarebbe mancata quella routine, tutto in quel momento le sembrava migliore dell'Accademia. Ricoperta la buca sospirò profondamente, quegli alberi l'avevano vista crescere, l'avevano vista lottare contro se stessa e contro chi voleva farle del male. La radura sapeva molto di lei, conosceva il suo passo e lei conosceva il suo odore, in qualche modo quel posto erano casa sua. Guardò attentamente in ogni direzione, scrutò in ogni angolo, voleva imprimersi nella mente l'immagine il più chiaramente possibile in modo da poterla ricordare un volta lontana. Da quel momento fino al censimento molte delle sue energie sarebbero state dedicate a memorizzare, ogni sfumatura, ogni colore della città che l'ha vista nascere. Mentre rimboccava il sentiero del ritorno il coltello da caccia le pendeva dalla cinta, questa volta non lo aveva nascosto, non le importava di essere discreta. Il giorno dopo sarebbe partita e nessuno avrebbe potuto farle problemi.

Prima di rientrare nelle mura di Windmore la ragazza decise di allungare passando per la collina sulla quale aveva trascorso tanti pomeriggi. Il pino era lì che la aspettava. Si sedette all'ombra della poderosa chioma con la schiena pesantemente appoggiata al suo tronco. Vi si abbandonò completamente, come se volesse farsi abbracciare dall'albero. Quella collina già le mancava ed irrazionalmente sperava che, prima o poi, anche lei le sarebbe mancata.

Nel momento in cui Dyra fece la sua comparsa all'interno delle mura il sole era già sceso di molto nel cielo. Giselle se ne stava appoggiata alla finestra a guardare la strada. Quando madre e figlia si videro si salutarono con un gesto della mano, poi Dyra le indicò un punto in lontananza e Giselle annuì.

Passò sotto l'insegna gialla quasi correndo, si arrestò di colpo davanti alla porta, aspettò un secondo e poi entrò, questa volta senza bussare.

<< Ciao, Isac. >>

<< Inizi a farmi visita alle ore più disparate. Apprezzavo molto il fatto che tu venissi qui sempre alla stessa ora. Io sono convinto che la regolarità sia una parte importante per ogni rapporto umano. Ad ogni modo cosa hai portato oggi?! >>

<< Isac, un "ciao" sarebbe stato sufficiente >> sbuffò la ragazza.

<< Non ti ho portato nulla oggi se non i miei saluti. >>

<< I tuoi saluti? >> chiese lui incuriosito.

<< Si, domani mattina ci sarà il censimento e beh... io ho compiuto sedici anni. Sembra proprio che non avrai mie visite per qualche tempo. Ho pensato di passarti a salutare in segno di riconoscenza, sei sempre stato molto gentile con me, soprattutto negli ultimi periodi in cui le mie visite erano, diciamo, "un po' meno regolari." >> La ragazza abbozzò un sorriso.

Isac la fissava senza dire nulla. Sembrava sorpreso, forse spaventato. Poi all'improvviso si pulì le mani sul grembiule e la abbracciò.

<< Sono sicuro che te la caverei benissimo all'Accademia, ti ho vista portare sacchi più pesanti di te senza battere ciglio, l'addestramento ti sembrerà una passeggiata per signorine. E credimi sono davvero contento tu sia passata a salutarmi, l'ho apprezzato. >>

Dyra annuì con decisione ma non era molto convinta della verità di quanto detto. Ad ogni modo non voleva far trapelare nessuna insicurezza davanti ad Isac, così, ricambiando l'abbraccio, salutò l'uomo.

<< Beh, io ora devo andare, ho ancora alcune cose da preparare e di certo gli Stati Generali non aspetteranno i miei comodi. Sai cosa ho pensato?! Domani, durante la visita, potrei fingermi pazza e risparmiami tutta questa seccatura. >>

<< Non credo tu abbia bisogno di fare finta sai?! >> Ribatté lui con un tono scherzoso.

Entrambi risero come si vede fare all'osteria dopo qualche bicchiere di vino. Senza aggiungere altro Dyra si diresse verso l'uscita ma Isac la bloccò.

<< Ehi dì a tua madre che di qualsiasi cosa abbia bisogno può chiedere a me in ogni momento. >>

La ragazza si limitò a ringraziare con riconoscenza mentre veloce spariva dietro la porta.

La strada del ritorno le sembrò molto più lunga, il sole proiettava ombre scure sul terreno mentre già iniziava ad infilarsi dietro le montagne. Il giorno stava per salutare la Quarta Terra. Il censimento era alla porte.

Dal comignolo di casa usciva un rado fumo bianco, Giselle doveva aver appena acceso il fuoco per la cena. Neanche varcò la soglia di casa che la madre le chiese:

<< Sei andata a salutare Isac vero? >>

<< Si. Mi ha chiesto di dirti che di qualsiasi cosa tu abbia bisogno puoi chiedere a lui. So che non lo farai ma mi sono comunque sentita in dovere di ringraziarlo. >>

<< Hai fatto bene. Quindi gli hai detto che domani partirai per l'Accademia? >>

<< Si, non credo ricordasse che il censimento fosse stato fissato per domani. >>

<< Non dire sciocchezze Dyra, come potrebbe non ricordarsene, domani partirà anche sua figlia. >> Giselle non aveva neanche finito la frase che trasalì come chi ha appena detto qualcosa che non avrebbe dovuto.

<< Isac ha una figlia? Perché non me lo hai mai detto? Come mai non la ho mai vista alla macelleria? >> chiese lei infastidita.

Giselle era completamente frastornata, i suoi occhi sgranati frugavano in ogni angolo della stanza cercando una soluzione a quel macello, una soluzione che tuttavia non trovarono.

<< Non te lo ho mai detto perché tempo fa promisi a Isac che non ne avrei fatto parola con nessuno. E si, Isac ha una figlia. Si chiama Laila. >>

Dyra si sentì confusa, non capiva il motivo per il quale Isac non volesse far sapere di sua figlia, né tanto meno perché Giselle sembrava essere d'accordo con lui. Allora chiese:

<< Perché non l'ho mai vista? Come mai ti ha fatto promettere un'idiozia del genere? >>

La madre si sentì male nel violare la promessa fatta ma ormai sapeva di non poter fare altrimenti.

<< Dyra, non la hai mai vista perché Laila non vive a Windmore, è cresciuta in un piccolo villaggio a nord delle montagne che si vedono dalla finestra della tua camera, almeno questo è quello che mi ha detto Isac. >>

La ragazza assunse un'espressione sorpresa, perfino incredula, poi fece notare alla madre di non aver risposto alla sua seconda domanda. Giselle si fece serissima quando un sospiro profondo le svuotò completamente i polmoni.

<< Da giovane avevo un'amica, come te non ero una persona molto socievole o una di quelle che amava essere circondata da gente, ma quella ragazza era diversa dagli altri. Per lei feci un eccezione, si chiamava Laila. Siamo state amiche a lungo, condividevamo molte cose, la sera che mi presentò Isac come il suo ragazzo fui subito contenta. Non molto dopo io conobbi tuo padre. Ricordo le serate passate nella piazza centrale di Windmore come le più divertenti che io abbia mai trascorso. Isac e tuo padre andavano in giro facendo finta di essere due rivali in amore sul punto di picchiarsi. Io e Laila per la vergogna dicevamo di non conoscerli ma a stento riuscivamo trattenere le risate. Ci sposammo tutti e quattro lo stesso giorno, io fui la prima a rimanere incinta ma, a breve, anche Laila seguì. Tutto mi sembrava meraviglioso, potevo condividere ogni cosa con l'unica amica che ero stata capace di farmi, con l'unica a cui andavo bene così come ero. >> Giselle si interruppe, aveva gli occhi lucidi. Dyra non osò chiedere altro ma mentre stava cercando un pretesto per interrompere la conversazione, la madre, sorprendendola, continuò.

<< Una complicazione durante il parto ci portò via Laila. Tu eri nata da poco, per me fu come perdere una sorella. Isac decise di dare alla bambina il nome della madre in suo ricordo. I mesi che seguirono furono orribili per tutti. La situazione era molto complicata, Isac non riusciva a portare avanti l'attività alla macelleria ed a badare alla piccola Laila da solo. Per quanto disperatamente ci provasse non riusciva neanche ad arrivare alla fine del mese. Vidi quell'uomo cadere a pezzi fino a quando un giorno, in lacrime, mi disse che aveva deciso di dare la bambina in affidamento a suo fratello che viveva con la moglie oltre le montagne. I due avevano un allevamento, sarebbero stati in grado di garantire un futuro alla piccola. Gli dissi che avremmo potuto aiutarlo noi con Laila ma lui rifiutò affermando che non avrebbe sopportato la vista della figlia che veniva cresciuta da altri. Preferì che la distanza alleviasse il dolore. >>

Dyra, che nel frattempo si era seduta su una sedia, fissava la madre con la bocca semiaperta. Non riusciva a credere a quanto aveva appena sentito, non sapeva neanche che la madre conoscesse Isac se non come il macellaio vicino casa. Ora capiva perché quell'uomo fosse così gentile con lei, perché fosse disposto ad aiutarla con la carne, lo faceva in nome di un passato che lei, fino ad ora, non conosceva. Le mancava il fiato. Si sentiva così stupida per averle rivolto quelle domande con tanta insistenza. Se avesse anche solo supposto qualcosa del genere avrebbe almeno cercato di essere meno inopportuna.

<< Ora che anche tu sai quanto è successo ti prego di capire la riservatezza dell'intera faccenda tenendola per te meglio di quanto ho saputo fare io. Non rendere vani gli sforzi fatti da Isac per garantire un padre ed una madre alla figlia anche al costo di allontanarla da lui. >>

Dyra guardò la madre con degl'occhi che resero superflua ogni risposta, la ragazza conosceva il prezzo del sacrificio e rispettava quello altrui. La cena era ormai fredda ed il camino stava per spegnersi dal momento che nessuno aveva aggiunto altra legna. La borsa con dentro i vestiti puliti di Dyra aspettava poggiata sopra la poltrona.

Madre e figlia se ne stavo sedute a tavola ma quella sera nessuna delle due sembrava avere fame. Troppe emozioni, troppe tutte insieme. Il censimento, la storia di Isac, Laila. Entrambe avrebbero voluto trascorrere la sera prima della partenza in modo diverso. Avevano fantasticato di una serata passata davanti al camino a parlare degli argomenti più disparati sorseggiando una buona tisana. La realtà si era mostrata ben diversa. Il camino si era ormai spento e l'idea di conversare riguardo un qualsiasi argomento futile risultava impensabile. Tutto quello che desideravano era andare a dormire in modo che il giorno dopo arrivasse il più in fretta possibile, e così fecero.

Quando il domani bussò aveva il sopore amaro del veleno. Le trombe degli Stati Generali che si udivano lungo tutta la via principale fecero spalancare gli occhi di Dyra. Il censimento era appena iniziato.


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