[ Il Censimento ]
Giselle era già pronta ed aspettava in cucina che la figlia si svegliasse per iniziare le raccomandazioni. La lista fu lunghissima al punto che quando la madre ebbe finto la ragazza si era già vestita, pettinata e saziata lo stomaco con una manciata di biscotti fatti in casa. A quel punto Giselle le porse la sacca e Dyra rapidamente la afferrò mettendosela in spalla. I vestiti che conteneva le sarebbero serviti solo per la durata del viaggio che nel migliore dei casi sarebbe durato poco più di due giorni. Una volta arrivati all'Accademia le sarebbe stata data in dotazione la divisa grigia degli allievi del primo anno, nonché proibito di indossare qualsiasi altra forma di vestiario.
Le strade sembravano popolate da demoni urlanti, le gente correva e gridava come sotto assedio. Già da molto lontano era possibile vedere l'enorme folla che si era riunita nella piazza centrale. Ragazzi provenienti da ogni parte della Quarta Terra stavano aspettando con le famiglie che un addetto degli Stati Generali li registrasse. I comportamenti più disparati animavano i futuri allievi, chi si disperava, chi non riusciva a stare fermo per l'agitazione, chi rideva come se stesse aspettando quel momento da tutta una vita e poi c'erano quelli come Dyra, quelli che non avevano idea di cosa aspettarsi.
Giselle sembrava sul punto di avere un esaurimento nervoso, era così tesa che persino gli uccellini che cinguettavano sui davanzali delle case la facevano sobbalzare. L'attesa fu lunghissima e sgradevole almeno quanto la voce della donna che le accolse una volta arrivate al tavolo del riconoscimento.
<< E lei è la signorina... >>
<< Dyra Dane della Quarta Terra. >> la interruppe.
<< Vive qui a Windmore? Ha fratelli più piccoli? >>
<< Si vivo a Windmore e no, non ho fratelli. >>
<< I suoi genitori sono entrambi vivi? >>
<< Mia madre è viva. >>
<< Ed a riguardo di suo padre? >> insistette la donna.
<< Non so risponderle per mio padre, non vive con noi. >> Nel dirlo Dyra si sentì ferita ed umiliata. Che diritto aveva quella donna di farle quelle domande? Per quale motivazione avrebbe dovuto interessarle se i suoi genitori fossero ancora in vita, soprattutto considerando che, qualsiasi fosse stata la sua risposta, l'avrebbero caricata sul treno comunque.
La donna spuntò un nome da un elenco di svariate pagine. Congedò la ragazza avvertendola che per la vista medica si sarebbe dovuta spostare presso il capannone bianco nel centro della piazza e che, una volta arrivata, qualcuno avrebbe a breve chiamato il suo nome.
Giselle non parlava da più di un'ora, assisteva alla scena come uno spettatore distaccato, seguiva la figlia e ogni tanto gettava occhiate di disprezzo tra la folla ma nulla di più. Si potevano contare circa tremila ragazzi, quello era il contributo per quell'anno della Quarta Terra agli Stati Generali. Dyra si chiese se tra questi ci fosse anche Laila e soprattutto se Isac fosse venuto fino lì nella speranza di intravedere, anche per un secondo, la figlia. I suoi pensieri si interruppero quando sentì gridare il suo nome.
<< Dyra Dane... >> Un uomo molto alto che indossava un lungo camice celeste la stava chiamando per la visita medica. Giselle fu costretta ad aspettare la figlia fuori dal capannone. Una volta entrata l'uomo la salutò cordialmente e le chiese di porgergli il polso sinistro. Appena lo ebbe afferrato le domandò:
<< Mi può dire con la massima precisione e chiarezza possibile quello che prova in questo momento signorina? La prego di guardarmi negli occhi mentre risponde. >>
Dyra sollevò lo sguardo fino ad incontrare quello del dottore.
<< In questo momento non provo nulla. >>
L'uomo le serrò con maggior forza la mano intorno al polso.
<< Capisco. E questo nulla è un nulla piacevole o un nulla fastidioso? >>
<< Che idiozia. Il nulla che intendo non è mai né piacevole né fastidioso, è semplicemente un nulla. >>
L'uomo gradualmente allentò la presa mentre con la mano libera annotava qualcosa ai margini di un foglio pieno zeppo di disegni indecifrabili. Poi, con fare noncurante, le porse un biglietto con su scritto un numero a sette cifre.
<< Bene Dyra la sua visita è terminata, la prego di aspettare qui l'arrivo dell'addetto all'immatricolazione e di consegnare a lui questo biglietto. >> Così detto l'uomo spuntò a sua volta qualcosa da una lista e si allontanò rapidamente.
La ragazza rimase sconcertata. Le avevano parlato di accuratissimi test fisici e psicologici, di una visita medica specializzata, ma l'unica cosa che aveva ricevuto era stata una stretta al polso e qualche domanda neanche troppo brillante. Ora provava qualcosa, si sentiva presa in giro, perfino delusa.
L'addetto alle immatricolazioni non si fece attendere a lungo e quando arrivò Dyra riuscì a stento a trattene una risata. Era un ometto basso e goffo che piuttosto che camminare sembrava saltellasse da un piede all'altro. Come le era stato chiesto gli porse subito il fogliette con il numero a sette cifre facendo attenzione a non stropicciarlo. 0024200.
L'ometto farfugliò qualcosa e poi infilò la testa dentro un sacco che fino a poco prima portava legato sulla schiena. In qualche secondo ne riemerse con in mano diversi cubetti metallici ed un attrezzo che aveva tutta l'aria di essere uno stampo. Ne scelse con cura alcuni dal mucchio e li fissò sopra lo stampo fino a comporre il numero che poco prima aveva ricevuto scritto sul foglio, non contento continuò a trafficare con il sacco finché ne estrasse una bottiglia ed un piccolo recipiente concavo. Versò un po' del contenuto trasparente della bottiglia nel recipiente e vi bagnò la superficie numerata dello stampo facendo attenzione a non toccare il liquido.
<< Può gentilmente porgermi l'avambraccio destro signorina?! >> chiese sorridendo.
Dyra scattò in piedi. Nessuno le aveva detto che sarebbe stata marchiata. Non conosceva molti ragazzi a Windmore che avessero già frequentato l'Accademia ma quei pochi che aveva visto non portavano nessun marchio sulle braccia.
<< A cosa serve? Perché dovrei porgerle l'avambraccio? >>
<< Ma per essere immatricolata mia cara. >> Rispose lui con un tono che le diede la nausea.
<< Io non voglio essere immatricolata, io non voglio portare un marchio come il bestiame. >>
<< Ma cara è la prassi, è un requisito richiesto a tutti gli allievi dell'Accademia. >>
Dyra gli fece notare di non aver chiesto di entrare nell'Accademia e che se fosse stato per lei ora si sarebbe trovata altrove. L'uomo sembrò sul punto di perdere la pazienza.
<< Cara, mi ascolti, potremmo stare qui a discuterne per ore ed ore tormentandoci l'anima fino allo sfinimento ma ad ogni modo lei uscirà da questo capannone con la sua matricola. È la legge, questo è quanto deciso dagli Stati Generali. Posso garantirle che il timbro non lascerà alcun segno o cicatrice, la matricola sarà visibile solo quando la sua pelle verrà a contatto con una determinata sostanza usata dall'Accademia per il riconoscimento... O col sangue. >> Aggiunse poi con un tono di voce bassissimo quasi senza muovere le labbra.
<< Vedrà alla fine non saprà neanche di averla addosso. Le brucerà giusto un po' per qualche minuto. Glielo garantisco. >> Concluse.
Dyra si sentiva avvampare, gli Stati Generali avevano deciso, avevano deciso al posto suo. Magari non l'avrebbe vista ma di certo avrebbe saputo di averla addosso. Sempre. 0024200.
L'ometto non le stava mentendo quando le diceva che non avrebbe mai potuto lasciare il capannone senza la sua matricola ma fu proprio la pacatezza del suo tono di voce a farle venire i brividi. Così, capendo di non avere altra scelta, cessò la resistenza. Neanche gli porse l'avambraccio che lui rapido se lo tirò a sé e con un gesto veloce le appoggiò il timbro sulla pelle. Le era stato detto che avrebbe bruciato giusto un po' ma quello che sentì fu un dolore lancinante. Era come se un tizzone ardente le stesse rotolando su tutto il braccio, su e giù, giù e su. Le scappò dalla bocca un piccolo lamento per il dolore. Quando l'uomo ebbe finito il dolore diminuì rapidamente anche se il braccio, per quanto infiammato, sembrava esser stato dipinto di rosso. Effettivamente nessuna scritta era leggibile sulla pelle. Fu felice del fatto che almeno su questo non le avesse mentito.
<< Bene cara, congratulazione e auguri per la sua immatricolazione. >> L'addetto la fissò per qualche secondo, rilesse con attenzione il numero della matricola per poi tornare a fissare la ragazza dritto negli occhi, durò solo un istante ma Dyra fu sicura che con quello sguardo lui stesse tentando di comunicarle qualcosa. L'ometto raccolse i suoi attrezzi e li rimise nel sacco poi, saltellando come era arrivato, se ne riandò.
Quando Dyra uscì dal capannone il braccio non le faceva più male ed aveva quasi ripreso il suo colorito naturale. Giselle se ne stava seduta su un muretto ad aspettarla. Appena la vide le corse incontro e la abbracciò, sapeva già qual era stato l'esito della visita quindi si risparmiò la seccatura di chiederglielo. Le due non ebbero il tempo di concludere l'abbraccio che un'altra inviata degli Stati Generali le interruppe.
<< Signorina tutte le matricole devo radunarsi nella parte nord della piazza per essere trasportate alla stazione. La invitiamo ad unirsi a loro. >>
Senza dire nulla si avviarono nella direzione indicata ma la donna le interruppe nuovamente.
<< Signora da qui in poi non è più consentito accompagnare le matricole, sua figlia dovrà proseguire da sola. >>
Quindi era arrivato davvero, il momento dei saluti non poteva essere più rimandato. Le due si strinsero nuovamente per qualche secondo, poi Giselle sospirando le diede un bacio sulla fronte.
<< Promettimi che non ti metterai in pericolo. >>
<< Non preoccuparti mamma starò attenta, vedrai me la caverò. >> la tranquillizzo lei.
<< Non ti ho chiesto di cavartela, ti ho chiesto di non metterti in situazione di dovertela cavare. Non farmi stare in ansia ti prego e ricordati che ti voglio bene. Più del possibile. >> Concluse la madre.
Entrambe, per nascondere la tristezza, si girarono e iniziarono a camminare ma questa volta in direzione opposta. Dopo qualche secondo Giselle non resistette alla tentazione di voltarsi verso la figlia. Quando lo fece quello che vide le tolse il fiato, Dyra di spalle che camminava decisa in direzione nord, il vento le agitava i lunghi capelli corvini, la sacca dei vestiti le pendeva dietro la schiena, non se ne era mai accorta prima ma la sua bambina era ormai una donna.
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