25. Fuga

Il fiato, affannato, sembra morirmi in gola. C'è rumore attorno a me, tanto. La vista mi appare leggermente sfocata, così, quando la riacquisto poco dopo, mi risulta impossibile scansare l'attacco dell'ombra.
Vengo respinta all'indietro da quella forza invisibile.
Quando le ombre attaccano, lo fanno in silenzio. Si limitano a pensare a ciò che vogliono che accada e questo, magicamente, avviene. Certo, è possibile ridurre i danni con dei blocchi celebrali simili a quelli che impediscono a noi stessi di utilizzare a pieno i nostri poteri, blocchi che il professor Connor ci ha insegnato ad utilizzare durante le lezioni di padronanza, ma contro una forza di puro pensiero delle volte non è abbastanza. Essere un'ombra sarebbe sicuramente la cosa più desiderata da tutti, se le ombre avessero una mente pensante e non mossa dai singoli impulsi.
Mi ritrovo dunque per terra, intorpidita, mentre il flusso di pensieri, ricordi, mi piomba addosso.

"Charlotte, ci sarò sempre per te"

"Charlotte"

"CHARLOTTE"

L'angoscia mi pervade, mentre mi alzo con fatica. I sine umbra non parlano, ma se li attacchi, se ti scontri con loro, sono in grado di trasmetterti le loro emozioni più forti. È una cosa destabilizzante, che non avevo mai provato prima.
L'essere oscuro, di cui sono riconoscibili solo gli occhi, di un verde ormai spento, mi studia, forse nel cercare di valutare la mia prossima mossa. Strano di certo, per un essere non pensante.
Prima di dargli il tempo di attaccarmi nuovamente, spingo le braccia in avanti, lasciando che dalle mie mani escano fiumi di fiamme.
Normalmente, da ciò che mi ha sempre detto Connor, non lo avrebbe scalfito più di tanto, ma stranamente lo vedo scomparire e dissolversi nel nulla.
Prendo un respiro profondo e mi guardo le mani. Sono sporche, rovinate e scorticate. Devo aver combattuto a lungo. Il segugio deve averlo fatto.
È forse così che inizio a prendere man man consapevolezza di ciò che sta accadendo. Il macigno sul cuore non mi permette di essere lucida. I miei occhi corrono da una parte all'altra della stanza, ignorando tutto e ricercando solamente il corpo di Kevin. Ma lì, dove dovrebbe essere, c'è solo il vuoto.
-Levati, Wood!!
Mi scanso giusto in tempo, evitando che un sine umbra mi travolga.
Ad aver parlato è stata di nuovo quella strana ragazza. Ancora lei.

-Sei tornata in te, vedo. Datti da fare, se non vuoi essere d'intralcio- pronuncia, prima di allontanarsi verso quella che deve essere la sua amica. Quest'ultima è in uno stato pietoso: i capelli lunghi disordinati, gli occhi gonfi e rossi, non capisco se stia effettivamente cercando di combattere il sine umbra di fronte a lei, o meno. Ma non mi soffermo più di tanto, girandomi a constatare la situazione.
La biblioteca è completamente distrutta. I tavoli rovesciati, i libri bruciati. Il caos regna indisturbato.
I sine umbra sono tanti, troppi, fuoriescono continuamente da una botola semiaperta che non avevo mai notato prima. A combatterli c'è una buona parte del corpo professori, tra cui riconosco i responsabili dei tre dormitori, che si destreggiano abilmente tra le ombre, non del tutto illesi.
Riesco poi a vedere Jonathan combattere spalla a spalla con Reina ed Erik. Sembrano stanchi, consumati, Jonathan zoppica ancora e il pallore evidenzia il suo malessere.
Erik borbotta incantesimi sotto voce, lanciandoli contro gli avversari, per poi fermarsi qualche secondo, probabilmente per incassare il colpo, e ripartire subito dopo.
Reina, bellissima nei suoi movimenti fluidi, mi ricorda vagamente una principessa guerriera, eppure la sua fronte aggrottata e il viso affranto mi dicono che sta giungendo al limite.
Seppur persa nei miei pensieri, stavolta mi accorgo del nemico alle mie spalle. Mi volto, erigendo una barriera attorno a me.
Gli occhi violacei dell'ombra mi perforano, prima che un dolore accecante mi faccia cadere in ginocchio.
Cerco di resistere alla pressione, mentre di nuovo i pensieri di quello che un tempo era un essere umano, mi pervadono.
Immagini di sangue, mi sovvengono, suoni di coltellate inflitte. Un sentimento di pura soddisfazione.
Era un assassino, anche prima.
Mi faccio forza, mentre mi rialzo, e prendo la rincorsa per colpirlo con tutta me stessa col mio calcio volante migliore.
Quasi mi meraviglio di sentire che l'ombra ha effettivame consistenza e che il mio colpo non l'ha lasciato del tutto incolume.
Sembra però riprendersi infretta, dato che sento il mio pugno, che si stava dirigendo svelto verso il nemico, fermarsi a mezz'aria per via di una forza contrastante.
Potrei dire di riconoscere in quell'oscurità un sorriso sadico e puramente felice nel vedermi in difficoltà.
Un colpo al torace mi fa mancare il respiro per qualche secondo, ma mi costringo a riprendermi immediatamente. Faccio per colpirlo ancora, ma, dietro di me, qualcosa mi afferra e mi butta all'indietro.
-Devi andare, signorina Wood. Adesso.
La preside Savoir mi rivolge uno sguardo pieno di significato, prima di mettersi a combattere con quello che era il mio avversario.
-Su! SU!- urla la professoressa Millington, sullo stipite della porta - Ragazzi! Venite con me, ora.

La osservo perplessa. Davvero pensa che potremmo andarcene ora? In questa situazione?
-L'intero edificio è stato evacuato, mancate solo voi. Dovete....dobbiamo andarcene adesso, tutti. Le barriere stanno crollando del tutto, presto questa scuola sarà invasa più di quanto non lo sia già.

Davanti a me Jonathan, Erik e Reina si scambiano un'occhiata d'intesa, sembrano non volersene per nulla andare.
-Oh, diavoli scalzi, muovetevi- interviene la rossa, trascinandosi dietro l'amica tremante dalla rabbia, gli occhi consumati dalla furia.
-No, NO. Non me ne vado, non posso- urla, fuori di sé.
-Credimi, in una situazione normale i nostri ruoli si sarebbero invertiti. Allora, vi muovete mezze cartucce?

Jonathan dopo quelle parole si volta verso di me, con uno sguardo lievemente sollevato.
-Mi sa che è il caso di... Tornare a casa- dice rivolto a me, con un sorriso afflitto. Annuisco e gli corro incontro, prendendogli il braccio e mettendolo attorno alla mia spalla.
-Andiamo.
Vedo Erik e Reina tentennare ancora, prima di seguirci in fretta fuori dalla biblioteca, dove i professori si apprestano a tenere impegnati i sine umbra.
-Abbiamo aperto vari portali in direzione di diversi Crocevia, però dobbiamo fare presto, si sono chiusi quasi tutti- borbotta la professoressa, rossissima in viso mentre cammina svelta -Quando sarete via anche io e gli altri professori potremmo andarcene. Ma prima di tutto la sicurezza degli studenti. Già troppi ragazzi sono morti oggi- aggiunge con un filo di voce.
Queste parole sono per me forti quanto una coltellata al cuore. Oggi Kevin non è stato l'unico a morire.
-Presto!- urla la donna, indicando un portale sul punto di chiudersi -correte! Sta scomparendo- ma neanche il tempo di prendere la rincorsa che il portale si chiude davanti a noi.
-NO!- urla affiltta, mentre perde visibilmente colorito - era... L'ultimo...
-Suvvia prof, non è la fine del mondo- esclama la rossa atomica d'improvviso, la mano intrecciata in quella dell'altra ragazza, che sembra essersi ripresa, nonostante sia ancora lievemente fumante.
-Scusi, Wood?!
-Ci penso io- sorride, facendole un occhiolino e lasciando la mano dell'altra. Unisce le mani tra loro per poi allontarle e crea quello che senza dubbio definirei un portale.
-Dove... Dove porta?- sussurro, incapace di chiedere altro.
-Al Devil's Nest- dice con orgoglio. 
-Al Devil's Nest! - ripete con una luce negli occhi, la professoressa.
-Ottimo lavoro, Morgue, andate ragazzi, mettetevi in salvo. Non preoccupatevi per noi, il professor Connor ha molti assi nelle manica.Sono sicura che noi ci rivedremo. Buon ritorno a casa- ci sorride e vedo subito le due ragazze sconosciute attraversare il portale senza esitazione, seguite dalla Damphira e dal Lich. Io esito un secondo, prima di attraversarlo insieme a Jonathan, con lo sguardo ancora rivolto indietro, oltre il rassicurante sorriso della Millington, oltre il luogo che mi aveva accolto nei mesi più felici, o quasi, della mia vita.
Nel mio sguardo ancora si scorge l'immagine del corpo agonizzante di Kevin Wood.

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