23. Al Di Là Delle Cicale- Stramonio

Jonathan è chino in una posa minacciosa, trattiene Kevin per il colletto della divisa, scuotendolo ripetutamente. Il ragazzo in questione d'altro canto,  l'unico dei due che riesco chiaramente a vedere in faccia, sembra essere quasi assente, lo sguardo spento e nessuna opposizione alle ripetute scosse. Eppure è cosciente, ne sono sicura.
Allora perché diamine non si ribella?
Curiosa, stracuriosa, e leggermente preoccupata, mi avvicino ulteriormente con l'intenzione di sentire qualcosa di quella che sembra una conversazione a senso unico. Proprio quando sto per muovere un passo, sono costretta a fermarmi, sconcertata. Le mani di Jonathan, che prima trattenevano con forza Kevin, hanno improvvisamente perso di consistenza. La pelle, normalmente pallida, sembra schiarirsi ancora, diventando trasparente, e, un secondo dopo, il corpo inconsistente di Jonathan attraversa quello dell'altro, che riesce a stento a ritrovare l'equilibrio.
Ora riesco finalmente a vederlo in viso, mentre si guarda incredulo le mani e lievita poco al di sopra del suolo. Sembra così confuso e sperduto che una forte preoccupazione si impossessa di me.
-Jonathan!- urlo di rimando, senza potermi trattenere.
Lui alza il capo di scatto, contemporaneamente Kevin sembra ridestarsi e tornare in sé.
Apre la bocca, fa per parlare, ma qualcosa sembra impedirglielo.
-Che succede? Cosa fate?- balbetto agitata -Perché...
Jonathan, uno particolarmente diafano e leggero, apre la bocca, ma anche lui sembra trattenuto.
Il suo sguardo, come di dolore e spavento, si intreccia col mio, prima che, quasi afferrato da una forza sconosciuta e incredibilmente potente, venga tracciato via, attratto come una calamita da un magnete.
Scossa, perplessa e inconsapevole di ciò che stia veramente accadendo, guardo Kevin, aspettando una spiegazione.
È forse il suo viso, angelico più che mai, ma corrugato in una smorfia indecifrabile, a farmi cadere dalle nuvole.
Semrba dirmelo. Chiaramente.
Scendi dalle nuvole.
La pacchia è finita.
Il tempo è scaduto.
Troppo poco.
Troppo velocemente.
Non capisco, non so cosa stia succedendo.
Ho bisogno con tutta me stessa di risposte.

Ancora una volta, qualcosa mi destabilizza ulteriormente.
Mio fratello. Sta piangendo... Singhiozzando per l'esattezza.
Gli occhi cerulei sono riempiti da un languido pozzo trasparente.
Mi avvicino, prima tentennante, poi sicura. Mi chino e lo abbraccio, lasciando che si aggrappi a me. Le domande premono per uscire, ma mi sforzo di aver pazienza.
-Va tutto bene- mi ritrovo a sussurrare, sentendolo ancora scosso da singhiozzi.
-Va tutto bene.
Ancora tremante e con gli occhi arrossati, cerca di ricomporsi.
-Rain... Scusami.

Parole. Parole che mi colpiscono come un coltello.
È... Lui?

"Brutto figlio di puttana"

Sento dire dalla mia coscienza.

Ma non sono d'accordo. Deve esserci una spiegazione... Magari non è vero, non è lui.
-Di cosa stai parlando? Non sei tu, giusto? Non lo sei!- sbraito allontanandomi.
-Rain... Rain ascoltami- sembra rianimarsi, mentre si alza anche lui e mi prende il volto tra le mani.
-Io non so come, ma sono io. Gli indizi... Portano tutti a me. Ho dei vuoti ultimamente. Sempre più ricorrenti, e sempre durante gli omicidi. Quando ti ho trovato, la prima volta....ero in biblioteca, ma non sapevo come c'ero arrivato. Ero disorientato. Tu, il sangue, il corpo... Mi avete scosso, ma era come se vi avessi visti già una volta. Come se stessi solo ricordando. Quando sentivo parlare delle vittime una cruda, orrenda sensazione si impadroniva di me. Soddisfazione. E ho capito... Ero io...Ho chiesto aiuto a Jonathan, pur non volendo. Ha iniziato a tenermi sott'occhio. Diceva di sentire voci. Che questa scuola era ormai invasa. Ma non pensava c'entrassi io. Pensava fosse una mia suggestione, una coincidenza. Quando io non c'ero, ciò che io non ricordavo, lui diceva di averlo visto, avermi visto. Aver parlato con me. Diceva che ero normale. Le persone, parlando con me, mi chiedevano di cose che avevo detto, ma non ricordavo, dicevano di avermi consigliato su cose di cui mai avrei dovuto ricordare. Ti ho incontrato nella foresta qualche giorno fa...ma non ricordo come ci sono arrivato, né a cosa mi serviva esattamente la pianta che avevo in mano.

Le rotelle del mio cervello iniziano a girare e se prima mi sentivo un bimbo sperduto e precipitato senza preavviso nel mondo reale, lontano dall'isola che non c'è, adesso mi sento incredibilmente lucida.
Jonathan si è trasformato in spirito ed è volato via. Più che altro è stato trascinato via.
Kevin è colpevole, ma allo stesso tempo innocente, in quanto non in sé durante il compimento delle sue azioni.
Ma... Perché non è in sé?!

-Stramonio. Ne va ghiotto chi è posseduto.

Mi irrigidisco, guardandomi intorno confusa. A parlare è stata una voce leggermente acuta e vagamente ironica, una voce che mi è in qualche modo familiare.
-Diavoli scalzi, sono qui! Non ci vuole tanto a trovarmi- mi volto giusto in tempo per vedere una figura, appesa su un albero a testa in giù, saltare dalla sua postazione e cadere in piedi perfettamente in equilibrio.

Corrugo le sopracciglia. L'ho già vista.
Dai capelli di media lunghezza portati all'indietro di un sorprendente rosso fuoco, spuntano due orecchie certamente più lunghe del normale, gli occhi, affilati come coltelli, sono di un azzurro che potrei definire ipnotizzante, sotto di essi si sviluppano dei piccoli segni a forma di trianglo rovesciato. Lì, con un ghigno sul volto e le mani nelle tasche dei pantaloni maschili, sembra una che sa benissimo come stanno andando le cose. E ne è estremamente divertita.

-Come scusa?- domando leggermente contrariata dall'interuzione non prevista, soprattutto in un momento del genere.

-Ci siamo... Già visti?- sibila Kevin in direzione della ragazza.

-Ho parlato con uno come te. Ma non posso dire che fossi esattamente tu. Certamente la persona con cui ho parlato ha una predilezione per lo Stramonio- risponde lei ridacchiando.

Apro la bocca, sentendo il bisogno di risponderle male, ma prima di riuscire a dire qualsiasi cosa, un lampo attraversa il mio cervello.

Stramonio

Avevo letto, da qualche parte in qualche libro, che lo Stramonio, anche detto "Erba del diavolo", assicurava ad un corpo posseduto di rimanere sano e stabile, sia mentalmente che fisicamente. E quello che quel giorno, nella foresta, Kevin aveva in mano, era senza dubbio Stramonio.

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