A2C4: Opus.
https://youtu.be/DFaRg5OZ8WE
Apro gli occhi. Mi ritrovo in una spiaggia, stranamente familiare. Guardo il mio petto, vestito da una camicia bianca. Indosso dei pantaloni larghi e rovinati, sporcati da qualcosa di scuro. Mi sento estremamente confuso. All'orizzonte si vede solo una luna rossa, spaccata a metà. Frammenti di questa cadono in lontananza, facendo sembrare il cielo notturno una pioggia di stelle cadenti. Guardo dietro di me, e vedo solamente un campo di margherite secche, insieme a un piccolo laghetto, contenente un liquido nero, a prima vista molto viscoso e denso. A terra c'è il mio fidato falcione, e avvolto alla lama sporca di sangue vedo un nastro di seta. Prendo la mia arma, e mi incammino verso il lato opposto del mare. Osservo attentamente il cielo stellato. Passo brevemente vicino al laghetto nero, e intravedo dei bianchi occhi luminosi che mi osservano attentamente. Non ci faccio caso, anche se un brivido mi passa per il corpo. Cammino. Cammino ancora, senza fermarmi e senza meta. Ho una sensazione familiare, osservando questo paesaggio... Ma non ricordo da dove proviene. Guardo attentamente le margherite appassite. Mi danno una sensazione di tristezza, malinconia... ma anche una sensazione di nostalgia. Guardo di nuovo la luna scarlatta. Non ha caratteristiche facciali distinte, ma sento che mi osserva anche lei. Uno dei frammenti della luna sembrava stesse diventando sempre più vicino, dirigendosi verso di me a velocità spaventose. Ricordo qualcosa. Sono già stato qui. Qualcosa mi ferì, e qualcosa vuole ferirmi ancora. Comincio a correre. Sono ancora più spaventato di prima. Guardo dietro. Il frammento è enorme, credo sia alto sette metri, e largo cinque. Cade a terra, con un tonfo che fa tremare il prato di fiori. Per fortuna sono riuscito a evitare l'impatto. Guardo dietro, e quell'essere che mi osservava dal laghetto ha preso vita, e si è materializzato in migliaia di mani, che vogliono afferrarmi, e che vogliono ferirmi. "Aiuto! Qualcuno mi aiuti!" Imploro, ma nessuno mi dà ascolto. Strillo ancora e ancora, ma le mani mi hanno già afferrato, stringendomi forte. Non riesco a respirare. Il liquido viscoso che ricopre le mani dell'essere macchia i miei vestiti, rendendoli di un colore scuro. Le mie vene stanno pian piano diventando di un colore nerastro, e il dolore sta solo iniziando. Un essere antropomorfo si rivela dal catrame, guardandomi dritto negli occhi. Ho una sensazione familiare. "Lasciami! Ti prego!" Urlo ancora, con il poco fiato che mi rimane. Chiudo gli occhi per qualche secondo, cercando di trattenere il dolore. Riapro gli occhi, e davanti a me, nel liquido oscuro vedo solo uno specchio. Il riflesso è evidentemente sbagliato è tutto sbagliato. Guardo me stesso nello specchio. Ho tagli attraverso tutta la faccia, i miei occhi iniettati di sangue e una benda che ricopre il mio occhio destro. Indosso il mio solito mantello, ma è lacerato sporco, e pieno di grinze. Il cielo nello specchio è rosso, e le nuvole girano attorno la luna come una corona.
"No... Questo... QUESTO NON SONO IO!" strillo, cercando di divincolarmi dalla stretta presa del catrame. Con il mio ultimo respiro, svengo. Furono pochi i secondi di chiarezza. Però, per me, passarono come dieci giorni. Mi sveglio nuovamente. Non in una prateria di fiori, non nella mia camera da letto, e nemmeno in uno spazio decifrabile. Vedo solo delle stelle attorno a me.
Non c'è un pavimento. Fluttuo nello spazio deserto come una piuma. Nonostante ciò che mi è successo pochi secondi fa, mi sento calmo. Aspetto qualcosa. Non so precisamente cosa, ma aspetto comunque. Osservo ogni dettaglio che mi si presenta davanti agli occhi. Le sfumature violacee dello spazio infinito, le stelle che splendono... Mi danno una sensazione di pace. Però... Cosa succede di fuori? Questo è un sogno, giusto? Non può essere realtà. Marx... Tulsei... Korwell... Irel... come stanno...? Non posso stare qui senza fare nulla. Devo fare qualcosa. Cerco di muovermi, ma a mia insaputa, non riesco nemmeno a spostare la mano. Posso solamente chiudere gli occhi. Serro le mie palpebre, pregando la Luna per una soluzione. Apro di nuovo i miei occhi. Sono in piedi, e mi ritrovo nella mia stanza.
https://youtu.be/NPzPM52LFTs
La mia vista è leggermente offuscata, ma riesco a riconoscere due figure. Sono alle loro spalle, ed è come se non fossi presente. "Guarda Lucas... non è carino quando dorme?" Chiede una delle due persone. Era la voce di una giovane donna. Soave e tranquilla. "Sì... lo è." Risponde secca l'altra persona. Era la voce di un uomo, profonda e roca. "Come potremmo chiamarlo?" Domanda ancora la donna, prendendolo in braccio. Si gira. "Come potremmo chiamarlo, Irel?" Mi guardo a destra. Vicino a me c'è un uomo alto, con capelli lunghi e biondi. Indossava una tunica bianca, e stava sorridendo. "Nerif sembra un bel nome."
Rimango in silenzio. Ho così tante domande. Comincio a collegare qualche tassello del puzzle, anche se rimango ugualmente confuso. Il mio istinto dice di scappare. Seguo l'istinto, correndo fuori dalla porta. Questa è casa mia, ma... è così diversa. La struttura è la stessa, ma ha tutto una sensazione più nostalgica. Mi sento male. Vedo un ragazzino leggere un libro sul divano. Ha i capelli leggermente lunghi, e sembra essere annoiato. Un uomo scende le scale, bevendo una tazza di caffè. "Papà, perché non posso andare a scuola come tutti gli altri della mia età?" Chiede il bimbo, alzandosi dal divano. "Te l'abbiamo già detto io e Mariah. Non puoi frequentare la scuola comune." Replica secco l'uomo, appoggiando la tazza sul tavolo della cucina. "Però non capisco nessuna delle parole qui! Questi sono libri noiosi per adulti noiosi!" Esclama il bambino, seccato. "Devi imparare le cose scritte lì per diventare un incantatore, Nerif! Se non vuoi imparare, allora esci da questa casa!" Urla l'uomo, prendendo la giacca dall'appendiabiti dell'uscio. "Dì a mamma che torno per ora di pranzo." L'uomo esce dalla porta, lasciando il bambino da solo. Il piccolo comincia a piangere, mentre io sono rimasto appena fuori dalla mia camera per tutto il tempo. Cerco di fare meno rumore possibile, ed esco fuori da casa. Il vialetto fuori dalla villa è completamente vuoto. Le uniche cose visibili sono il sentiero che porta alla città, e la stalla dove le caprette che tenevamo tempo fa riposavano. Vedo due giovani ragazzi sul sentiero. Mi avvicino, e comincio ad origliare. "Nemmeno oggi papà è tornato... Comincio a pensare che ci abbia abbandonati." Dice uno dei due, camminando a passo stanco. "Tornerà. Ne sono davvero sicuro." Replica l'altro, dando una pacca all'amico. "Grazie Marx. Stasera visiterò mamma all'ospedale. I medici dicono che presto partorirà." Continua il ragazzo. "Sono molto felice... Adesso facciamoci un giro. Ti va una cioccolata calda alla taverna?" Chiede Marx, con tono allegro. "Sì... L'apprezzerei molto." Risponde l'altro, leggermente sollevato di morale. Io sorrido. È una scena che scalda il cuore. Ormai so cosa sta succedendo. Quindi, mi dirigo verso il castello della città, dove risiede Alan. Faccio un quarto d'ora di camminata, e arrivo alle porte del castello. Sono spalancate, aperte ai visitatori. Salgo le scale, mi fanno venire nostalgia. Però... Ad un tratto, le lanterne si spengono. C'è un buio stranamente familiare. Vedo una figura, coperta dal buio della notte, arrivata all'improvviso, e cogliendomi alla sprovvista. Entra nella stanza davanti a me. Entro a mia volta, colpito dalla morbosa curiosità. Quello che vedo mi mette sotto uno stato di shock indescrivibile. Il ragazzo che mi è appena passato davanti è lì, e sta brutalmente massacrando il comandante Alan. Mi rendo conto di tutto. Il mio respiro si fa più veloce, e il ragazzo, con le mani sporche di sangue e un sorriso a trentadue denti si volta verso di me. I suoi occhi mi colpiscono nel profondo. Iniettati di sangue. Indossa una giacca di pelle, i pantaloni sono larghi e rovinati, e in mano tiene un coltello da cucina. Si avvicina. Io mi allontano verso l'angolo. Il mio respiro diventa ancora più veloce, e qualche lacrima solca il mio viso. Perché... Perché non faccio nulla? Il ragazzo si avvicina, ancora irriconoscibile. Non posso essere io. Tutto questo è falso. Non sono stato io. Non sono stato io... Non io.
Il mondo attorno a me si sgretola davanti ai miei occhi. L'unica cosa che vedo è... Me. Quello sono io. Devo semplicemente accettare il fatto che quello sono io. Non può essere nessun altro se non me. Che mi guarda. Mi scruta. Con quel sorriso. Quel sorriso che mi fa gelare il sangue. Si avvicina ancora di più, abbassandosi al mio livello. Sono in ginocchio. In lacrime. Miserabile. Come un bambino a cui hanno tolto il giocattolo che gli piaceva di più. La mia vita non ha senso. Sono vissuto per il beneficio degli altri, sono stato sfruttato da tutto e tutti... Non c'è scampo per me. Sarebbe più facile morire.
Con un rapido colpo al cuore, emetto il mio ultimo respiro. Quello mi guarda negli occhi, per un'ultima volta. "Ho reso semplicemente tutto più facile." Mi dice, sorridendo come un bastardo.
Sarebbe più facile morire. Ho deluso perfino me stesso. Ho raggiunto il fondo del barile. Sono stanco di tutto questo. Però... Non voglio fare nulla. Domani mattina mi sveglierò come se non fosse successo nulla. Mangerò la colazione, farò le cose necessarie con la Gilda e cercherò di migliorare qualcosa. Ma non posso. Perché è tutto inutile. È tutto inutile. Sono stanco.
Devo smettere di essere così.
Sarebbe più facile morire.
https://youtu.be/gtIiYU1ICuI
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