A1C4: Helpless Child/The Glowing Man
Mi sveglio. Non sono in camera, ma in enorme campo di margherite. Sono confuso, ma non preoccupato. Era sera, e la luna era l'unica cosa rimasta in cielo. Era enorme, anche se non so perché. Non mi dava affatto fastidio, però. Anzi, mi sentivo sicuro. Se avessi corso abbastanza, sarei riuscito a toccarla. Avevo solo una canottiera e dei pantaloncini addosso. Il falcione che mi aveva regalato Irel era l'unica cosa che avevo con me. Mi alzai. Non vidi nulla all'orizzonte. Solo altre margherite. Penso a mamma. Penso a papà. Penso a Mortred. Comincio a camminare. Senza meta. Cammino.
Cammino ancora.
Cammino ancora.
Cammino ancora.
Cammino ancora.
Cammino ancora.
https://youtu.be/EPM71RYdwi0
Mi fermo un attimo. Devo riprendere fiato. Avrò camminato per ore. Stavo sudando, e le gambe mi facevano male. La luna si stava allontanando. Me ne accorgo, e comincio a correre a tutta velocità. Non mi importa se sono stanco. Non mi importa se mi fanno male le gambe. Io correrò. Raggiungerò la luna, costi quel che costi. Non mi fermerò finché non la toccherò. Corro.
Corro ancora.
Corro ancora.
Corro ancora.
Corro ancora.
Corro ancora.
Mi fermo di nuovo. La luna non si fermò. I crateri mi osservavano. Sembravano vene. La luna mi contemplava. Mi prendeva in giro. "Tu non puoi arrivare da me", mi diceva. "Non mi meriti", continuò. Ero sfrenato. Non riuscivo più a muovermi. Un altro passo mi avrebbe fatto svenire. Il falcione era pesante, ma non volevo lasciarlo. "Papà... Mamma..." Mi dissi da solo. "Non ci sono, Nerif. Sono morti." Mi disse la luna. "Perché? Perché portarmi via le mie uniche fonti di gioia? Perché costringermi a vivere una vita di sofferenza?" Chiesi alla luna, in ginocchio. "Figliuolo... Tu non sei destinato a vivere come tutti. Tu sei un principe. Tu sei un re." Mi rispose la luna, con un ghigno in faccia. Non risposi. "Figlio mio, sei destinato a non vivere per te stesso. Sei più importante di quello. Lascia per sempre tutto." Continuò a dire. Silenzio. Mi sentivo di vomitare. La luna si ruppe come un uovo. Dentro di lei vi erano sangue, budella, occhi, e arti spezzati. Da quel marasma un essere uscì fuori. Era vestito da soli canottiera e pantaloncini. Era alto, saranno stati un metro e novanta. Cadde sul campo di margherite. I fiori cominciarono ad appassire uno ad uno, mentre l'essere tirò fuori un falcione dalla gola. Ero terrorizzato. Tenevo il falcione stretto tra le mani. Non potevo parlare. La mia bocca era sigillata. Il taglio di capelli dell'essere era simile al mio. Mi raggiunse, e solo una parola usci dalla sua ingrata bocca. "Ipocrita."
L'essere mi infilzò con il suo falcione. Stavo soffrendo un dolore lancinante. Non potevo urlare. Potevo solo piangere. Un singhiozzo mi partì. Faceva malissimo. Fa male. Fa male. Fa male. Fa male. Fa male. FA MALE. FA MALE. FA MALE. FA MALE. FA MALISSIMO. Ero in iperventilazione. Presto, mi fu tolto il diritto di respirare. Vedevo tutto bianco. La faccia dell'essere mi guardava dritto negli occhi. Sangue sgorgava dalla ferita. La bocca mi si riempì di sangue. Non potevo sputare. Non potevo fare niente. Potevo solo guardare e pensare. Il dolore era reale. Non credevo di star sognando. Ad un tratto, l'essere tolse il falcione dal mio corpo. Caddi a terra. La mia arma si staccò dalla mano. Si disintegrò immediatamente. Stavo morendo. Era fatta. Il sangue della ferita sporcava il prato. La creatura alzò il piede. Mi calpestò. Si sentirono delle ossa che scrocchiavano. La mia cassa toracica si ruppe, e frammenti di ossa andavano a danneggiare i miei organi. Non riuscivo più a sopportarlo. Ero fottuto. Basta. Aiuto. Per favore.
Nessuno arrivò.
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