Epilogo - Noah
T'amo
e come:
come se stringessi tra le palme
il mio cuore, simile a scheggia di vetro
che mi insanguina I diti
quando lo spezzo follemente.
I versi amari mi fecero alzare lo sguardo verso Artemis con gli occhi pieni di nostalgia. Lui mi sorrise, poi tornò ad ascoltare quello che Zachary gli stava dicendo. Sul suo viso si affilarono quegli spigoli che lo facevano sembrare molto più altezzoso e sicuro di se di quanto fosse realmente. L'abito azzurro e oro da Discendente lo dipingevano ai miei occhi come una cosa bella e proibita che mi ero concesso già da troppo.
Ero sollevato nel vederlo tornare con Zachary ed Elinor; ogni volta che Artemis andava in Parlamento avevo il terrore di aver commesso qualche errore e di non aver cancellato abbastanza a fondo la memoria dell'Atrèias. D'altra parte, ogni volta che tornava, era una conferma al fatto che la mia decisione di lasciarlo era la cosa giusta, e mi sentivo morire. Lui mi guardò ancora e roteò gli occhi annoiato, Zachary lo richiamò. Cercai di non sorridere e tornai ai versi della poesia:
I miei capelli sono impigliati ai diti di ciò che muore.
Lessi il titolo del componimento, l'addio, e il freddo del faad shadari sulla spalla mi fece alzare gli occhi ad Artemis.
Dovevo rinunciare a lui per salvarlo. Quelle sarebbero state le ultime ore in cui mi avrebbe amato. Non ero sicuro che sarei riuscito a celare tutto il mio tormento, appena saremmo stati soli.
Zachary ed Elinor andarono via, e lui si avvicinò a me.
Un sorriso rese i suoi lineamenti molto più dolci di qualche minuto prima, ma ugualmente provocanti. Chiusi il libro e lui mi baciò. Assaporai la dolcezza della sua bocca cercando in ogni modo di schermare il mio dolore. Quando ci staccammo, Artemis mi prese il libro dalle mani e lo sfogliò. Io gli accarezzai una delle ciocche ingioiellate che si posavano sulle spalline d'oro del suo abito.
«Nelle mie fantasie ti vedo sempre leggere con Kadir sulle spalle» disse, sorridendo malizioso.
«Ti pensavo più perverso.»
Il suo sorriso si espanse e un fuoco mi scaldò il petto.
«Non ti ho ancora detto come evolve, la mia fantasia...»
Percorsi con un dito il profilo definito delle sue labbra con il cuore che batteva sempre più veloce. Avevo voglia di baciarle fino a consumarle, di liberare il suo corpo da tutte quelle preziose catene e lasciar scivolare a terra ogni lembo di stoffa azzurra del suo abito. Come avrei fatto a stargli lontano senza uscire di senno?
«E come evolve?» sussurrai.
«Come ogni volta che ti ho davanti, Noah Brightvale.»
Artemis serrò le labbra in un ghigno malizioso e chiuse il libro, abbassò le palpebre e si lasciò cullare dalle mie carezze sul suo viso. Scesi giù e gli accarezzai il collo.
«Non finiremo nello stanzino. Non oggi» disse, sorridendo sulle mie labbra.
«Ah no? Cosa vuoi fare?»
Artemis sbandierò il mio libro di poesie.
«Togliere almeno un paio di sottolineature da questo qui.»
«Devo avere paura?»
Lui mi baciò. «Non direi. Vado a cambiarmi, arrivo subito.» Artemis si avviò verso le scale, ma alla mia voce si arrestò.
«Nelle mie fantasie ti vedo vestito così.»
Si girò e mi guardò.
«E come evolve?»
Gli sorrisi. «Se non ti cambi, magari oggi lo scoprirai.» La sua bocca si curvò di lato e iniziò a salire le scale. «Porta il miele.»
«Preparati, mio principe. Ti dipingerò come un dio dell'autunno che legge tra il foliage di Berlino.»
***
La luce del sole era oro sugli zigomi affilati di Artemis, e tingeva i suoi capelli mossi di sfumature calde, perfettamente in linea con le chiome ingiallite dell'albero alle mie spalle.
Accarezzai le pagine aperte sulle mie cosce per distrarmi dalla bellezza del mio Legato in quegli abiti da Discendente, dalle sue labbra rosse dai baci con cui le avevo stremate. Se lo avessi continuato ad adorare in quel modo, non avrei avuto il coraggio di dirgli addio. «Non pensavo potesse essere così bello» dissi, con l'amaro in bocca.
«Stai parlando di me o dei castagni in autunno?»
Sorrisi. «Di entrambi.» Artemis si alzò e si sedette alle mie spalle. Le sue gambe lunghe si piegarono accanto a me e le braccia mi cinsero il petto. Mi appoggiai al suo torace e mi abbandonai all'ondeggiare calmo del suo respiro. La sua guancia affiancò la mia, e piegai la testa solo per poter godere meglio del tepore della sua pelle. Gli afferrai una mano; gli accarezzai le dita e sorrisi trovando parte del palmo ancora sporco di grafite. Quale capolavoro sarebbe diventato quel momento, se non avessi cancellato la sua memoria? «Invidio questo tuo riuscire a catturare i ricordi e saperli tramutare in arte. Ho paura di dimenticare tutto questo.»
«L'autunno torna ogni anno qui, non lo dimenticherai» sussurrò sulla mia guancia.
Il cuore mi si fermò alla consapevolezza di ciò che avrei fatto a breve. Mi girai e cercai di memorizzare quella dolcezza che illuminava gli occhi di Artemis ogni volta che mi guardava. Forse non l'avrei mai più rivista.
Intinsi il cucchiaio nel barattolo posato accanto a noi e glielo porsi, colmo di miele. Era dello stesso colore di quelle foglie che ci accoglievano come un tappeto frusciante. Artemis lo mangiò, e poi sfogliò qualche pagina del libro di Hikmet. Arrivò ai versi sottolineati a matita.
I tuoi occhi I tuoi occhi
Così sono d'autunno i castagneti di Bursa
Mi porse una gomma che teneva in tasca.
«A te l'onore di cancellare la nota.»
Sorrisi e cancellai la riga. Un'altra cosa che avevo finalmente visto con i miei occhi. Pensai a tutte le cose che avrei voluto cancellare insieme ad Artemis e mi si chiuse lo stomaco.
«Grazie» gli dissi.
Lui sorrise e mi baciò il collo.
«Vorrei farti vedere tante cose. Mi chiedo come tu abbia fatto a non impazzire rinchiuso in un palazzo per tutti questi anni.»
«Speranza, vendetta. Sono sopravvissuto per delle menzogne.»
«Cosa speravi?» mi chiese.
«Di essere all'altezza. Di riuscire a trovare Dramidia ed essere finalmente padrone del mio destino.»
Mi accarezzò una guancia con le nocche, stando attento a non sporcarmi con la grafite che gli tingeva il palmo e i polpastrelli quasi per intero. «La troveremo.»
«Ma forse non sarò mai padrone del mio destino.» Attinsi a più potere del solito per schermare quella morsa che mi stringeva il cuore. Artemis appoggiò il mento sulla mia spalla.
«Quella notte da Megumi, mi dicesti che avresti voluto me come erede, perché Kiridia era una tela bianca e io avrei potuto dipingerci qualcosa di bello. Beh, io credo che tu possa scrivere le pagine di Knephas e trasformarle in una poesia.»
Sorrisi e trattenni le lacrime.
«Ho paura che finirebbe per parlare solo di te.»
«Beh, potresti iniziare con la bellissima dichiarazione dell'altro giorno.»
Artemis si girò, e si allungò verso lo zaino che giaceva a terra poco dietro il barattolo di miele. Tirò fuori un pacchetto avvolto da una carta verde e me lo mise davanti al viso. Lo afferrai.
«Per me?» chiesi.
Mi tirò indietro una ciocca di capelli che mi copriva alla sua visuale. «Aprilo.»
Strappai la carta ed emerse un lembo di seta viola. Lo liberai e trovai un quaderno, grande quasi come il libro di Hikmet sulle mie gambe.
«Non credo che imparerò mai a disegnare» dissi accarezzando i ricami dorati sulla seta. Artemis ridacchiò.
«Non credo che il disegno sia la tua vocazione.» Prese la copertina e aprì il quaderno sui miei palmi. «Non è un album. È un taccuino.» Sulla prima pagina trovai la frase che avevo fatto incidere su Destiny.
Illumini ma non fai ombra, ardi ma non bruci.
«Tutti i Guardiani hanno un talento in qualcosa di artistico. Credo che la scrittura possa essere il tuo modo di rendere indelebili i ricordi.»
Sorrisi e poi mi morsi il labbro per trattenere l'emozione che mi stava spezzando il cuore. Il suo modo di vedermi umano mi spiazzava sempre, e mi scaldava dentro.
«Grazie.» Abbassai lo sguardo per non cedere alle lacrime.
«Ora puoi rendermi immortale, ti basta scrivere di me su quelle pagine.»
Gli occhi del mio Legato mi chiamarono e io li seguii. Gli accarezzai i capelli e poi sfiorai la chiave penzolante dal suo lobo.
«Ti regalerò tutto il tempo del mondo, Artemis. Questa è l'unica speranza che mi resta.»
Appoggiai quaderno e libro accanto al barattolo del miele, e lo baciai. Gli strinsi il viso e poi affondai le dita tra i suoi capelli morbidi. Artemis si staccò dal mio bacio e mi guardò.
«L'unica?» I suoi occhi caldi mi scrutarono dentro. La nostra mente si fuse e il mio dolore gli si riversò nello stomaco. Lo zittii con un bacio sulle labbra, poi posai la fronte sulla sua e chiusi gli occhi per trovare il coraggio di cancellarmi dalla sua testa. «Cosa è che ti tormenta così?» mi chiese.
Gli accarezzai una guancia e il collo. Lui mi prese la mano e io gliela guidai sul mio viso.
«È tutto tuo, Artemis: questi occhi che guardi, i capelli che tocchi, la pelle che sfiori. Anche queste labbra che baci ti appartengono.» Si morse una guancia e poi reclamò un bacio. Mi ritrovai a stringere forte la sua nuca; ogni cellula del mio corpo si ribellava al mio potere, che stava piano piano cancellando ogni ricordo bello che condividevamo. «È tua la mia anima che illumini, la paura che mi dà giudizio, l'incoscienza di ogni respiro che mi rubi.» Artemis si strinse la mia mano al petto e io feci lo stesso con la sua. «Il mio cuore e la mia speranza sono cose tue, ed è per questo che le dimenticherai.» Il suo battito si inceppò sotto le mie dita. Mi guardò spaventato.
«Ti prego non farlo.»
I nostri occhi divennero lucidi insieme. Lo baciai per un'ultima volta e la mia essenza iniziò a ribellarsi nelle mie vene come un veleno.
«Le stai già scordando. Una a una.» Accarezzai Destiny, scintillante sul suo petto, e mi crogiolai nel sentire il suo cuore battere sotto la mia mano ancora una volta. Quella sua pelle calda, il suo profumo... mi avrebbero tormentato da quel momento in poi. Gli occhi di Artemis si fecero confusi. Avevo poco tempo, ancora qualche istante e non mi avrebbe più guardato con quella dolcezza. «Questa parte di me sarà con te. Sempre. Non togliere mai questa collana. È importante.»
«Noah.» Mi chiamò per un'ultima volta e io gli accarezzai le labbra.
«Resta vivo, Artemis. Ti prego. Resta vivo.»
Le lacrime vinsero e mi rigarono il viso. Mi resi invisibile e sfuggii al suo tocco. Presi il quaderno che mi aveva regalato e il mio libro e mi allontanai.
Mi asciugai le guance e mi voltai. Artemis fissava il barattolo di miele tra le sue mani con occhi spaesati. Le foglie gli cadevano intorno come lacrime. Vederlo cercare sulla lingua parole che non conosceva più era una tortura. I pezzi della mia anima mi ferirono con violenza a vederlo tentare di chiamare un nome che il suo cuore non avrebbe mai più voluto pronunciare.
Aprii il libro e individuai un'altra nota da eliminare:
Veder cadere le foglie mi lacera dentro
Ora sapevo cosa volesse dire.
***
Mi teletrasportai in camera sua con gli occhi annebbiati dalle lacrime, Kadir mi si avvinghiò sulle spalle e io lo strinsi forte. Mi sibilò nell'orecchio.
«Ho dovuto farlo. Devo salvarlo.» Il jerah mi si strusciò sulla guancia, e io lo guardai. «Devi aiutarmi, Kadir. Dobbiamo andare da Meg. Non dovrai mangiare Athos, quando te lo troverai davanti.»
Uscii fuori dalla camera e trovai la porta della camera di Fabian spalancata. Zachary era seduto sul letto, fissava il suo arco con gli occhi lucidi e distrutti dalla sofferenza. Non feci rumore, ma alzò lo sguardo nel mio.
«Lo hai fatto davvero.»
La mia barriera dell'invisibilità crollò e Zachary fissò Kadir senza fare una piega. Mi avvicinai e lessi l'incisione sull'arco appartenuto al Legato di mio padre. Un senso di rabbia e impotenza mi fece ribollire il sangue nelle vene.
Mi avvicinai. «Giustizia e saggezza non ti serviranno. Se vuoi indietro il tuo Legato devi diventare un assassino.» Zachary affilò il suo sguardo dorato. Mi scrutò e i suoi lineamenti tradirono la sua dolcezza. Mi asciugai velocemente una lacrima che mi era sfuggita. «Non lasciatelo solo» dissi.
Ci fissammo, entrambi in bilico tra follia e disperazione. Poi mi avviai alla porta. La sua voce mi inchiodò.
«Se il mio Legato troverà Dramidia prima di noi, cosa farai? Ucciderai tutti per tenerti Artemis?»
Il faad shadari accompagnò un brivido lungo il mio braccio; mi girai.
«Tu che farai?»
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