Capitolo 31 - Artemis




La pioggia aveva appena smesso di posarsi e l'aroma della terra umida emergeva come l'unica carezza di quella giornata. Ero confuso e spento, dal mio ritorno da Kiridia. La mia testa era rimasta tra le luminae, e il peso di Noah sul mio petto aveva lasciato un vuoto che non riuscivo a colmare. Mi pulii gli stivali sullo zerbino e feci per infilare le chiavi nel portone della Divisione 7, poi mi fermai. Non avevo voglia di incrociare nessuno sguardo; mi sentivo esposto e fragile, scoperto e a pezzi.

In Accademia non avevo tracciato che qualche linea sconnessa e mi ero anche beccato un'occhiata preoccupata dal professore di disegno. Non avevo presentato nessuna tavola. Nella cartella avevo i mille ritratti di Fabian e le prove venute male di Noah, ma non avrei mai avuto il coraggio di mostrargliele.

Guardami e dimmi che non sapresti disegnarmi senza una luce ad accecarti.

Feci il giro sul retro della villa e mi caricai in spalla la cartella, poi mi arrampicai su un albero.

Tu sei un artista, il tuo cuore ci vede benissimo.

Scavalcai la finestra accanto a quella della mia camera, era semi-aperta e dava in una stanza dove non avrei trovato nessuno in quel momento. Era una sala abbastanza grande, dove venivano accatastati oggetti che al momento non servivano. Tra vecchi mobili e scorte di frecce e paglioni, io e Louise avevamo allestito un piccolo rifugio per dipingere.

... il tuo cuore ci vede benissimo.

Buttai la cartella e la giacca sulla prima sedia che trovai, poi mi tirai su le maniche della maglia. Il profilo e le labbra morbide di Noah mi formicolavano ancora sulle dita, e l'ansia mi faceva tremare il petto a ogni respiro. Kiridia amplificava tutto, lui mi aveva avvertito, ma perché lo desideravo in quel modo? Perché quel bisogno di averlo ancora tra le mani non mi lasciava?

Tirai fuori dalla tasca i mozziconi di pastelli che mi ero portato a Kiridia, i loro colori erano gli stessi che avrei usato per disegnare Noah. Quelli che avevo immaginato mentre lui mi faceva tenere gli occhi chiusi. Li avevo manipolati io, e non sapevo se fosse un segno del mio essere l'erede, o il sintomo della follia che mi stava contagiando.

Perché era ovvio che stessi impazzendo. Noah era diventato un tormento che mi offuscava i pensieri. Quel suo sorriso ingenuo alla sua ombra accanto a lui, la sua voce sussurrata sulle mie guance mentre avevo gli occhi chiusi; il suo respiro sul mio collo, mentre Zafir stava sorgendo e lui per svegliarsi: mi mancava ogni cosa e allo stesso tempo mi consumava. Non era solo attrazione, quella che provavo era una paura che mi faceva tremare le vene, ma che si spegneva di colpo, ogni volta che l'immagine dei suoi occhi viola, baciati dal tramonto di Ramis, si stagliava nei miei pensieri.

Era successo davvero? Posai i colori sul tavolino, accanto alla tela bianca, e iniziai a tracciare le curve del suo viso a matita. I pastelli non avrebbero reso giustizia alla sua bellezza e alla luce dirompente di Kiridia. Presi i colori a olio e composi una piccola tavolozza su un vecchio tagliere, provai a mischiarli, ma ricreare quelle tonalità perfette sembrava fantascienza.

Respirai e cercai di riprovare le stesse sensazioni che mi avevano consentito di mutare i pastelli a Kiridia, immaginai le dita di Noah guidare le mie sul suo viso, la consistenza liscia e setosa dei suoi capelli sulla mia pelle...

«Gli somiglia tantissimo.» Sobbalzai e la tavoletta mi cadde a terra, accompagnata dall'eco di un rumore acuto e fastidioso. Chiusi gli occhi stizzito e, quando li riaprii, Louise stava fissando lo schizzo di Noah sulla tela. Rimasi impietrito. «Ehi, tranquillo.»

Lei ridacchiò e si sedette su una sedia a cavalcioni. Si appoggiò sullo schienale e si pettinò la frangia scura con le dita. Rimase a contemplare il disegno mordendosi un labbro.

«Mi hai spaventato.» Risistemai alla meglio la tavoletta, e mi pulii le mani sporche di pittura su uno straccio.

«Stavi ripensando alla vostra notte di fuoco?» disse lei sorridendo. Io sorrisi a mia volta.

«Non abbiamo fatto niente di quello che credi. Stavo solo provando a manipolare i colori.»

«L'hai già fatto prima?» Presi i mozziconi di pastello e glieli misi in mano. Si soffermò su quello iridescente, identico alla corolla di uno dei fiori che avevo visto.

«Che colore è questo? Pazzesco.» Si spostò la frangia violetta dagli occhi, mentre gli zigomi si alzavano in un sorriso eccitato.

«I fiori sono così, a Kiridia.» Esaminò gli altri e sollevò quello violetto, identico alle iridi di Noah. Il suo sorriso divenne malizioso.

«Per l'ombra di Zafir, Artemis! Hai proprio trovato la tua musa, allora...» Tacqui e mi sedetti su una vecchia cassettiera. Fissai il ritratto di Noah, era appena abbozzato ma mi sembrava di vederlo lì davanti a me. Già avevo in mente ogni sfumatura che avrei creato. «Le gemme sul tuo kindjal, hanno lo stesso colore.» Mi irrigidii all'idea che lo avesse notato.

Abbassai lo sguardo sul pavimento, certo che avrebbe solo potuto rivelare il caos che avevo dentro. «Il cielo di Kiridia al crepuscolo è così.»

«Ma non eri mai stato a Kiridia, quando lo hai creato.» I nostri sguardi s'incrociarono mentre il sangue mi bruciava nelle vene dall'imbarazzo. Lou mi fissò con un sorriso sghembo. Non risposi. «È vero, quello che ha detto ieri Noah?»

Il sorriso scemò dai nostri volti. «Che mi ha violentato?»

Lei strinse i pastelli in mano. «Che ha scelto tra il tenere in vita te o la sua amante...»

Deglutii e annuii.

«È tutto vero. Mi ha messo la sua spada in mano e l'ho uccisa.»

Le parole mi si mozzarono in gola e Louise sembrò in difficoltà. Io stesso non avrei saputo come consolare un amico che ti rivela di essere un assassino.

«Perché ci hai fatto un patto di sangue?» disse, dopo qualche secondo. La verità mi premeva sulla lingua e mi stava quasi soffocando. Ma non potevo dirle che ero a un passo dall'assassino di sua madre. Una creatura così pericolosa che avrebbe finito solo per farle del male. «Artemis, parla. Ti prego.» I suoi occhi mi implorarono. Sapevo cosa significava vivere con un'ossessione, sapevo cosa voleva dire non riuscire a respirare per il dolore di essere inutile e impotente di fronte a qualcosa.

«Volevo trovare l'assassino di tua madre. È nella sua Corte.» Louise impallidì e i suoi occhi s'inumidirono. «Invece ho fatto un casino.» Si alzò e venne ad abbracciarmi. «Mi dispiace, Lou, non l'ho trovato. E forse ora sono anche imparentato con uno di loro.»

Louise mi prese il viso e mi guardò negli occhi.

«Non devi dispiacerti, sono io a doverti delle scuse. Sono stata imprudente e ti ho trascinato in questa situazione... è colpa mia. Se non ti avessi coinvolto, non avresti mai passato quello che hai subito.»

«Non l'hai scelto tu di coinvolgermi.»

I suoi occhi verdi erano pieni di sconforto ma si sforzavano di trasmettermi forza. Lou abbozzò un sorriso e io le accarezzai i capelli. Un'ombra oscurò la luce del giorno per qualche secondo e mi fece girare verso la finestra. Mi sembrò di vedere capelli neri e brillanti, immersi nel candore più assoluto. Aguzzai gli occhi per vedere se fosse Noah.

«Che c'è?» mi disse Lou.

«Niente, credo di avere le allucinazioni.» Nel dubbio, subito mi alzai e andai a coprire la tela con uno straccio.

Lou si fermò di colpo. «Li senti anche tu? Sono Nathan e Kikilia.» Fece qualche passo felpato e si appostò con un orecchio alla porta. La raggiunsi senza far rumore.

«E cosa dovresti fare?» sussurrò Kikilia.

«Nulla, solo stare lì e aspettare. Eileen si allena con la sua spada astratta, io cerco di dormire per avere qualche visione in più.» La voce era quella di Nathan, senza dubbio. Guardai Lou senza nemmeno respirare. Lei mi strinse un polso per impedirmi di fare rumore, volevamo ascoltare ogni cosa.

«E se gli abitanti ci trovassero? Non sappiamo chi siano, Nathan. Non è la Kiridia di trecento anni fa. Potrebbe essere in mano a Knephas.»

«Non sappiamo se sia abitata. Per ora non abbiamo mai sentito anima viva.»

«Non ci credo» sussurrai, e Lou mi tirò un calcio.

«Ce ne andremo all'istante, se vedremo qualche pericolo.» Lo schiocco umido di un bacio mi fece deglutire. Louise accigliò il viso in una smorfia disgustata. Restammo in silenzio, attaccati alla porta, fino a sentire l'ultimo scalino calpestato.

«Si baciano di continuo...» mi lamentai, con il vuoto allo stomaco.

Lou aveva quell'espressione che non faceva presagire nulla di buono. «Vanno a Kiridia, Noah non ha detto nulla ieri.»

Feci spallucce e recuperai la giacca nera con le rose. Me la infilai. «Non credo che ne sia al corrente.»

Louise aprì la porta. «Sbrighiamoci, seguiamoli.»

«Vai avanti tu, renditi invisibile.»

Affondai il dito nella tavoletta piena di pittura, poi le sollevai un piede e le sporcai la suola di una scarpa.

Lou mi afferrò il viso e stampò un bacio sulle guance. «Ti amo, quando fai lavorare i neuroni per il crimine.»

Sorrisi e lei scomparve. Osservai le tracce gialle a terra formarsi a ogni suo passo. Attesi qualche secondo prima di iniziare a seguirle. Scesi le scale, poi uscii fuori in giardino. Stava per piovere di nuovo, sperai che facessi in tempo a seguire tutte le orme prima che l'acqua le cancellasse.

Attraversai tutto il parco della Divisione 7 fingendo disinvoltura, fino ad avvistare un laghetto. Lì vidi i gemelli, con Kikilia e Zach, tenersi per mano. Qualcosa mi trascinò dietro un cespuglio e mi tappò la bocca. Un urlo mi morì in gola e Louise si fece visibile. Mi indicò la luce forte che emanavano le mani di Eileen e Nathan. Le foglie della pianta oscillavano per la forza dell'energia generata, strinsi un paio di rami per ripararmi.

Un sorriso mi sbocciò sulle labbra. «Se lo sapesse l'Élite...»

Tirai fuori il telefono e scattai una foto.

«Artemis...» Louise mi fece segno di smetterla. «Che facciamo?»

«Li seguiamo?» Proposi e lei sorrise. Avevamo poco tempo, era una questione di secondi e il portale si sarebbe chiuso.

«Seguiamoli.» Louise divenne invisibile e mi trascinò nella luce non appena Eileen, rimasta sola, s'immerse nello specchio luminoso. Mi sentii sballottato come in una centrifuga. Come avremmo spiegato la nostra presenza lì?

Atterrammo a Kiridia come dei sacchi di patate. Mi massaggiai il bacino dal dolore dell'impatto. Per fortuna Zach e Kikilia erano di spalle, e i gemelli troppo impegnati a sistemarsi gli abiti per notarmi. Tentai una fuga invisibile verso un cespuglio, ma si rivelò un tafferuglio tutt'altro che silenzioso.

«La discrezione non è il tuo forte, Artemis» mi sussurrò Louise. «Nasconditi, cazzo!» Zach aveva gli occhi al cielo e spiccò il volo in un istante. Per seguirlo con lo sguardo inciampai e poi rimasi attonito a fissarlo. Avrei dovuto fotografare anche quello per l'Élite, invece di rimanere immobile e visibile come un allocco. Il panico mi attanagliò lo stomaco, quando lo vidi in procinto di sorvolare il punto dove mi trovavo. «Lì giù, sbrigati» fece la voce di Louise alla mia destra.

«Cazzo.» Qualcosa mi trascinò e mi strinse.

«Stai zitto e non urlare.» Il mio viso aderiva a qualcuno che non riuscivo a vedere, ma riconobbi il profumo speziato di Noah. Il cuore mi s'inceppò e lui divenne visibile. La manica di pelle bianca e rossa era spiaccicata sulla mia guancia. «Non può vederti, ti ho reso invisibile.» Tirai un sospiro di sollievo quando Zach tornò indietro dagli altri, richiamato dagli schiamazzi da gallina di Eileen. Noah mi mollò. Fissai il principe, il suo sguardo era furibondo.

«Che ci fai qui?» dissi.

«Io? Tu cosa ci fai qui, sei impazzito?» Mi strinse un braccio, poi si accorse di Lou alle sue spalle. «Louise, ma come vi è saltato in mente di seguirli? Come sareste tornati indietro?» Lei tacque.

«Ricattandoli?» feci io. Noah abbozzò una risata sarcastica.

«Non devi venire qui da solo. Mai più.»

«Sei una noia mortale, per essere il futuro re di un regno demoniaco.»

Noah mi prese per le spalle. «Mai più, Artemis, capito? Non puoi stare qui da solo, è pericoloso. Io schermo la tua energia, quando siamo qui.»

Mi accigliai. «Schermi cosa?»

«La tua aura. Il fatto che tu non sappia domare i tuoi poteri non vuol dire che tu non li abbia. I knephaniani avvertono la presenza di un Discendente e qui c'è mezza Corte di Knephas in attesa che io mi palesi e mi sposi.»

La pelle mi si increspò.

«Comunque, non devi credere a quello che dice Meg, sul fatto di proteggermi. Lei è esagerata.»

«Non devi venire qui.» Noah scandì bene le parole. Louise gli picchiettò la spalla.

«Senti, potresti renderlo invisibile e proteggerlo per un altro po'?» Noah si girò perplesso. «Vorrei andare a vedere che combinano gli altri.»

«Mi stai scaricando?» dissi, affilando lo sguardo dietro la spalla di Noah.

«Ti sei quasi fatto scoprire... con lui sei più al sicuro.»

Ero senza parole. Mi imbronciai e tacqui.

«Torniamo indietro» disse Noah.

«Tu torni indietro. Io resto.»

Lui sbuffo. Allora mi ammorbidii e lo pregai con gli occhi.

«Ok» disse rassegnato, poi mi fece segno di salire sulle sue spalle. Lo scrutai con le braccia conserte.

«Cosa vuoi che faccia?»

«Non ho intenzione di continuare a camminare per nemmeno un altro metro» fece lui esasperato.

«Ieri non hai volato...»

«Non ho mosso un piede da quel prato, infatti.» Lo fissai con un sopracciglio alzato. Era serio. Louise ridacchiò.

«Tranquilli, voi andate. Io li spio da terra.» Avvertii il calpestio dei suoi passi allontanarsi sull'erba. Montai dietro Noah e lo strinsi forte circondandogli il collo con le braccia. Lui si alzò da terra e si sollevò oltre gli alberi.

«Sei un bastardo, ieri mi hai fatto annoiare tutto il tempo invece di farmi volare.»

«Non sono un mezzo di trasporto» borbottò.

«Dai, fammi fare un giro. Fammi vedere Kiridia. Louise mi racconterà tutto dopo.»

«Non abbiamo tempo.»

«Un giro piccolo piccolo. La raggiungiamo tra poco.»

Lui non disse nulla e io sorrisi. Mentre le nuvole si facevano vicine mi godetti il vento tra i capelli. La luce di Ramis e Zafir mi scaldava il viso mentre mi stupivo di non vedere il nostro riflesso sul lago che sorvolammo. Noah virò, e vidi le cascate d'acqua e i laghi dorati brillare dall'alto. Lasciai una mano dal suo collo e la spiegai di lato come un'ala immaginaria. Era la sensazione più bella che avessi mai provato.

Noah trattenne con forza il mio braccio al suo collo. «Tieniti, stupido.»

Io sorrisi e mi accostai al suo viso. «Se cado, non riesci a riprendermi?»

Sorrise. «Sì, ma ti vedrebbero cadere giù come un sacco.»

Chiusi gli occhi e respirai. I miei sensi erano amplificati e ogni cosa mi appariva unica e speciale. L'aria sulla pelle, il solletico dei capelli in balia del vento, il vibrante verso dei coloratissimi rapaci che ci volavano intorno. Erano bellissimi e maestosi, con le loro ali affusolate e variopinte, non li avevo notati di notte. All'improvviso ripensai alle parole di Noah di poco prima. Mi allarmai.

«Vuol dire che devo toccarti tutto il tempo se voglio restare invisibile?»

Lui ridacchiò. «Pensi di riuscirci, senza farti venire un... esaurimento nervoso?» Non era quella la parola che gli frullava in testa, il suo tono aveva una nota troppo maliziosa.

«Forse posso sopportarlo.»

La musica di un violoncello mi fece sussultare. Noah rallentò di colpo facendomi sbilanciare ancora di più. Mi aggrappai a lui con il cuore impazzito che batteva contro la sua schiena.

«Chi è che suona?»

Noah indicò un lago. «Non lo so, ma sembra venire all'incirca da dove siamo partiti.» Il suo sguardo era preoccupato.

«C'è qualche problema?» chiesi.

«Conosco questa musica. Ed è lì che ho visto Jubelai.»

Gli strinsi di più le spalle. «Torniamo da Louise?»

Lui annuì e seguimmo la melodia fino a intercettare una delle cascate che avevamo sorvolato poco prima.

«Viene da lì.»

«Scendiamo.»

Con cautela, Noah planò verso il lago sottostante. L'acqua s'infrangeva sulle rocce fino a riempire uno specchio d'acqua scintillante. Rimasi sbigottito da tanta bellezza.

«Ma l'acqua è dorata?»

«Il fondale lo è» rispose Noah, mentre atterrava su una collinetta.

Misi i piedi a terra e la sensazione fu stranissima.

«Wow, hai preso punti, maestrino.» Il principe mi lanciò un'occhiata divertita e mi trascinò per mano.

«Psss.» Ci girammo alla nostra destra e vidi un cespuglio colmo di bacche rosa muoversi. «Sono Louise.» Ci avvicinammo fino ad avvertire la sua mano sul mio braccio.

«Ma chi è che suona?» dissi io, fissando il vuoto davanti al cespuglio.

«Non lo so, ma Nathan ha dato di matto. Dice che conosce quella musica e che la sogna. Era terrorizzato.»

Guardai Noah cercando risposte.

«I suoi incubi, ne ha fatti altri ultimamente, ma non sono riuscito a sentire quali.» Era lui, l'ombra che avevo visto alla finestra...

«Tu la devi smettere di girare per la Divisione.» Noah mi ignorò e io gli diedi una gomitata. Si girò a guardarmi.

«E tu devi smetterla di metterti nei guai. Oggi, se non mi fossi trovato per caso a spiarvi, sareste rimasti qui.» Non mi diede il tempo di replicare e mi fulminò con i suoi occhi arrabbiati. «O avreste rovinato tutto facendovi beccare.»

Sgranai gli occhi. «Per caso a spiare? Ti ho visto, prima, dalla finestra.»

Noah non riuscì a trattenere un mezzo sorriso. «Lo so. Ti ho visto anche io, provavi a cambiare i colori.» Arrossii violentemente e feci per staccarmi dalla sua mano, dimenticando che sarei stato visibile. Lui per fortuna la tenne così forte che mi fu impossibile, poi mi si avvicinò all'orecchio.

«È bellissimo anche solo a matita.» Il suo sussurro mi fece tremare la schiena. Deglutii mentre il cuore mi bussava in gola come un tamburo.

«Spiare con voi due è impossibile. Parlate troppo» disse Louise.

«Non si vede nulla qui, dobbiamo andare più vicino» rispose Noah.

Vidi alcuni rami del cespuglio muoversi e i passi di Lou pressare le foglie a terra. «Raggiungiamoli, sono dietro il salice.»

A passi lenti raggiungemmo il Perfettissimo e la sua banda, Noah volava a qualche decina di centimetri da terra e mi dava l'impressione di essere un palloncino in mano a un bambino. Mi sentivo davvero stupido e inutile.

Zach era appostato su un albero e galleggiava nascosto tra le fronde piene di fiori iridescenti con Eileen sulle spalle. Anche lui sembrava non riuscire proprio a tenere i piedi per terra. Volare doveva essere un istinto incontrollabile, se sia lui che Noah provavano così tanta sofferenza a restare giù. Nathan e Kikilia, invece, erano accucciati ai piedi dell'albero e scostavano con cautela qualche fronda per sbirciare. Io, ad altezza uomo, non vedevo nulla oltre loro, ma la musica era vicinissima.

Strattonai Noah. «Dai, vai più avanti! Non vedo niente.» Lui si congelò sul posto. La sua mano si riempii di ghiaccio. Provai a scioglierlo con il mio fuoco, ma non ci riuscii. «Che cazzo, mi stai gelando.»

Lui si riprese e fece liquefare i cristalli. Perché non si scioglievano al mio fuoco? Subito scese a terra e mi fece segno di salire sulle spalle.

«Sali, sbrigati.» Poi si rivolse verso un punto indistinto alla sua destra. «Louise, non ti avvicinare più di così al lago.»

Io non riuscivo nemmeno a capire dove fosse, ma poi sentii la sua voce.

«Non vedo nulla però.»

«Vai sulla collina, non puoi stare troppo vicino. Da lì si vede tutto. Fidati. Vai, svelta.» Il tono di Noah era teso e risoluto. Avevo imparato ad associare quel tono da comandante a qualcosa di molto brutto. Lo avevo sentito già una volta... Il sangue mi si gelò nelle vene.

«C'è lui, vero?» dissi aggrappandomi alla sua schiena.

«Non staccarti da me.» Tacqui e appoggiai il mento sulla sua spalla. Noah si sollevò con cautela e man mano che il lago si stagliava ai miei occhi, l'aria mi gelava nei polmoni. Eurias era appostato a pochi metri dalla riva del lago, indossava la stessa armatura cupa e barocca che gli avevo visto la sera del massacro al Mandy's Bordello, i suoi capelli biondi brillavano di sfumature bronzee che si sposavano perfettamente con il legno caldo del violoncello antico che stringeva tra le gambe. Suonava a occhi chiusi con estrema devozione, per un momento mi sembrò un angelo caduto che prega per tornare in paradiso.

«Se non sapessi di che merda si tratta, lo scambierei per un dipinto di Raffaello.» Ero incantato e terrorizzato allo stesso tempo. Noah invece era un faccio di nervi, il suo cuore batteva senza controllo sul mio avambraccio.

«A Knephas suonate?»

«No. Solo i servi.» La sua risposta fu strozzata. Raggiungemmo una collinetta accanto a una delle tre piccole cascate che davano sul lago. La roccia si faceva sempre più dorata man mano che si tuffava nello specchio d'acqua.

Noah fissava Eurias sconfitto. Lo sguardo accigliato, come se volesse trattenere le lacrime, gli zigomi tesi da un dolore che potevo solo immaginare. Non avevo mai chiesto nulla riguardo la sua vita a Corte, mi era sempre sembrato un tasto difficile da toccare con lui; guardandolo in quell'istante, ne ebbi la certezza. Il Cavaliere suonava a occhi chiusi, faceva oscillare l'archetto del violoncello con grazia e trasporto; con tormento. La luce di Ramis e Zafir creava dietro di lui due ombre, che danzavano al ritmo di un valzer senza tempo né fine. Le note dolci e basse risuonavano tra la roccia, l'acqua, e il cielo come una linfa vitale.

Era la morte del cigno, l'ultimo ballo, l'epilogo di un qualcosa che non conoscevo ma che creava una profonda nostalgia. In quell'incanto, la polsiera d'argento di Eurias brillava a ogni movimento, come a ricordare l'orrore celato da quel sogno a occhi aperti. Ebbi il flash della mia mano insanguinata unita a quella di Noah; del suo faad shadari d'oro accanto ai marchi impressi sul mio bicipite.... Lo stomaco mi chiuse. I miei occhi si velarono di lacrime. Strinsi la sua mano più forte, ma non lo guardai. Noah rimase in silenzio e fece lo stesso con la mia.

«Nathan ha sognato tante volte questo violoncello.» La voce di Louise mi fece sobbalzare.

«Cazzo, Lou. Mi fai venire un infarto. Avvertimi quando arrivi.»

Noah non si scompose ma abbassò solo lo sguardo, stava cercando di tenere a bada il ghiaccio che si stava formando sulle mani.

«Cosa sogna?» chiese con voce tesa.

«Parla di un serpente, del suo sangue che prende fuoco e finisce per bruciare quel violoncello.»

Feci una smorfia. «Terribile.» Noah mi lanciò uno sguardo preoccupato.

«Poi dice che lo sente suonare, e quando segue la musica trova Eileen morta per mano sua, e Zach pronto essere incoronato Aklèimas e a insabbiare l'omicidio, e lui... lui diventa Haredias mentre Zach brucia.»

Noah strinse così forte la mia mano da avere dolore.

Non ero io l'erede. Nathan era un principe di Knephas.

Rimasi fermo con i brividi a fior di pelle, cosa era quella? Delusione? Paura? Preoccupazione?

Avrei dovuto sentirmi sollevato, invece, avevo la sensazione essere di nuovo uno scarto abbandonato in uno sgabuzzino. Un po' come quei mobili che mi vedevano dipingere nella penombra del crepuscolo alla Divisione 7. Un macigno mi pesava dentro il petto e tingeva di sangue ogni ritratto di Fabian nella mia testa. Noah intrecciò le sue dita alle mie senza nemmeno rifletterci. Ci ritrovammo solo a fissarle senza dire nulla.

La musica si fermò e i nostri occhi s'incrociarono. Le iridi viola di Noah si restrinsero di colpo e puntarono verso Eurias.

«Si sta avvicinando troppo.»

«Chi?» chiesi.

«Elinor. Eurias la sente.» Avvertii la mia mandibola virare sotto le sue dita, e il mio sguardo intercettò Eileen infilarsi dentro le fronde del salice. Lo sguardo di Eurias puntò proprio in quel punto.

«Dobbiamo fare qualcosa» disse Louise.

«Cosa volete fare, voi, contro un Primo Cavaliere?»

Mi aggrappai alla sua schiena. «Andiamo ad avvertirli. Su, decolla!»

Noah non si mosse. «È pericoloso. Non so quanto riesco a schermarti.»

«E se li prendono?» Noah non rispose. «Sbrigati!»

Nathan si avvicinò alla sorella tentando di riacciuffarla, ma il terreno cedette sotto di lui e finì nel lago.

«Merda» sussurrò Louise. Il rumore dell'impatto si avvertì anche dalla nostra posizione e attirò definitivamente l'attenzione di Eurias.

«Non ti muovere.» Noah afferrò Lou, e vidi le orme di foglie schiacciate fermarsi accanto a lui. «Non strillare» fece verso di me. Eurias lasciò il violoncello a terra e cominciò a guardarsi intorno. Il serpente d'argento si iniziò ad avviluppare lungo tutto il suo braccio, mentre si avvicinava a Nathan. Lui se ne accorse, e si rintanò sott'acqua. Non ce l'avrebbe mai fatta a scappare, oppure sarebbe morto annegato.

Zach lanciò una freccia infuocata che passò proprio accanto al viso di Eurias. Il suo sorriso non prometteva niente di buono.

«Ti riconosco, Guardiano del vento. Vieni fuori.»

Nathan uscì dall'acqua e Zach lo afferrò al volo. O almeno così credevo, perché dopo un secondo vidi di nuovo Nathan arrampicarsi sulle fronde e urlare agli altri qualcosa.

«Cosa cazzo succede?» dissi con la gola secca e le mani sudate.

«Eurias crea illusioni ottiche» spiegò Noah.

«Siete un branco di manipolatori» dissi in preda al panico.

Zach si guardò le mani vuote sconvolto, mentre Eurias rideva a un passo da Nathan, girato di spalle. Tra le sue dita si materializzò una catena.

Noah sussultò e mi strinse il braccio. Lo avrebbe ucciso... oppure peggio. Mi staccai con rapidità dalla presa del principe e sperai che non mi avesse mentito sulla sua agilità in volo. Richiamai a me tutto il fuoco che mi scorreva nelle vene e saltai nella cascata.

«Fermati!» urlò Louise, disperata. Mentre contavo i secondi che mi dividevano dallo sfracellarmi sul basso fondale del lago, la palla infuocata che generai fu abbastanza potente da arrivare fino a un passo dal violoncello di Eurias e creare un rogo. Istantaneamente i suoi occhi si girarono verso lo strumento. Corse subito a salvarlo. Strinsi i denti e mi preparai al tuffo, ma la caduta fu arrestata dallo scontrarmi con le braccia di Noah. Lo stomaco mi si contorse per la forza con cui virò la rotta.

«Stringimi» mi urlò nell'orecchio, ma io già avevo avvinghiato le gambe al suo bacino in preda al terrore. La sua velocità era impressionante, ogni cosa era un vago bagliore colorato intorno a noi. Quanto tratteneva i suoi poteri, quando eravamo insieme? Aprì un portale che mi accecò.

«Louise!» Gridai, ma non feci in tempo a finire di chiamarla, che mi sentii sprofondare su un qualcosa di morbido mentre lei mi piombava addosso. Riconobbi le tende cobalto e le lenzuola pregiate del letto di Meg. Girai la testa e trovai Noah, sdraiato accanto a me.

«Li abbiamo lasciati lì?» urlai, scrollandomi Louise di dosso. Noah scosse la testa e Lou mi afferrò un braccio.

«Calmati. Sono riusciti ad aprire un portale appena Noah ti ha preso.»

«Ma cosa succede...» Meg aprì la porta, e alla nostra vista sbiancò. «Noah?» Guardò il principe, poi mi fissò. «Che cavolo ci fate qui?» chiese. Le mani mi tremavano e il cuore mi batteva così forte che pensavo sarebbe scoppiato da un momento all'altro. La testa ancora mi girava, corsi in bagno in preda alla nausea. Mi attaccai al water e vomitai. «Oddio, cosa hai ora?» disse Meg. Louise mi si avvicinò.

«La prima volta di Artemis...» La voce soddisfatta di Noah mi fece immaginare il suo sorriso malefico. «Non aveva mai volato prima» spiegò a Meg.

«Non era volare, quello. Era un suicidio.» Mi abbandonai a terra. Noah era seduto sul letto con lo sguardo indeciso se canzonarmi un altro po' oppure iniziare una ramanzina. Quando i nostri occhi s'incrociarono capii che aveva scelto la seconda opzione. Distolse lo sguardo in un istante.

Meg si rivolse a lui «Cosa è successo?»

Mi indicò. «Il genio ha appena rischiato di farsi uccidere di nuovo da Eurias.» Mi rivolse uno sguardo avvelenato. E io, barcollante, mi alzai.

Louise si tolse la giacca di pelle guardandomi. «Ma che ti è saltato in mente? Se Noah non ti avesse ripreso saresti morto.»

Le risposi piccato mettendo le mani sui fianchi. «Scusatemi, se ho appena salvato i Perfettissimi da morte certa.»

Noah non fece un fiato, rimase immobile a fissare il pavimento con i lineamenti così tesi da farlo sembrare di marmo.

«Eravate a Kiridia?» chiese Meg.

«Sì. E per un pelo quei quattro idioti non si facevano acciuffare da Eurias.» Poi mi rivolsi a Noah. «E lui, col cavolo che è intervenuto. Li avrebbe lasciati morire lì.»

Noah si alzò.

«La vuoi smettere di dire menzogne?» I suoi occhi viola mi fissarono. «Ti sei buttato in una cascata senza nemmeno sapere come sopravvivere.»

Meg mi fissò sconvolta. «Cosa?»

«Ero certo che lui mi avrebbe preso!»

Meg fece uno di quei respiri che la calmavano.

«E se non ci fossi riuscito?» disse Noah.

«Avevi detto che saresti stato capace, e infatti lo hai fatto.»

Louise mi prese il braccio, come ad allontanarmi da Noah, visibilmente fuori di sé. Qualche ricciolo d'ombra aveva iniziato a diramarsi dalle sue spalle.

«Non sono mai stato a Kiridia. Non so nemmeno io cosa posso fare, cazzo.»

Lo fissai sbigottito. «Hai detto cazzo

I suoi occhi viola mi scrutarono. Erano lucidi e tinti di un qualcosa d'irrazionale. «Ti rendi conto di quello che hai fatto?» Noah tremava. Lo vidi stringersi il bracciale per cercare di calmarsi. «Se non ti avessi seguito a Kiridia, oggi sareste morti tutti quanti.»

Meg richiamò la mia attenzione con una pacca sull'avambraccio. «Siete andati da soli a Kiridia?»

«Abbiamo seguito Nathan e gli altri.»

«Noah ci ha visti e ci ha raggiunti» aggiunse Louise, mortificata.

Guardai Noah, i cristalli di ghiaccio gli glassavano il dorso delle mani e una guancia. Mi avvicinai e feci per prendergli la mano.

«Scusami.» Lui si scansò e la rabbia mi investì. «Ok, incazzati. Fai come ti pare. Tanto ormai non ti servo più. Volevi il tuo erede? Beh, l'hai trovato. Già sogna la sua incoronazione come Haredias... Sarai soddisfatto.» Mi misi braccia conserte e mi appoggiai alla cassettiera dietro di me.

Meg mi prese sottobraccio e mi tirò a sé.

«Nathan?» chiese lei. Louise annuì.

Nathan era il futuro Haredias di Knephas. Non pensavo avrebbe fatto così male. Tentai di ingoiare quegli spilli che mi stavano lacerando. Noah li sentiva, si girò a guardarmi.

«No, non è detto che lo sia» disse.

«Come fai a dirlo?» Lui distolse lo sguardo da me e giocherellò con il suo bracciale.

«Non sono suoi quei sogni. Come il dono di volare non è di Zachary.»

«In che senso?»

«Mio padre ha fatto quell'incubo ogni notte da quando ho memoria. Eurias ha sempre negato tutto, ma io lo sentivo. Urlava di un violoncello, di un lago e di una corona.» Noah si soffermò a fissare il parquet scuro. «La chiave distruggendosi ha liberato il suo potere, e i ricordi di un Guardiano sono energia... Zach e gli altri hanno ereditato doni, facoltà insolite e ricordi.»

«Vuoi dire che gli incubi di Nathan sono i sogni di tuo padre?»

«Potrebbero.» Mi avvicinai a lui e intercettai il suo sguardo.

«Potrebbero, o ne sei certo?»

«Non lo so. Ci sono troppe analogie per essere una coincidenza.» Io continuai a fissarlo, senza sbattere nemmeno le palpebre, e lui sbuffò. «Non lo so, Artemis. Sono scioccato. Fabian a Kiridia non ha dato nessun segno... sono incubi che fa solo qui nell'Altrove.» Noah si rigirò l'anello a sigillo sul dito. «Mentre tu... ci sei stato due volte e riesci a manipolare i pastelli, a creare palle di fuoco quando prima non facevi quasi nulla.»

Rimasi attonito.

«Kiridia amplifica tutto.»

«Ma non la tua paura. Sei diverso a Kiridia.» Le iridi viola di Noah mi scavarono dentro. Lui si morse il labbro e la mia mente vagò a quell'istante in cui le avevo sfiorate a occhi chiusi, a quando le avevo baciate in quella notte da incubo. Deglutii.

«Non sono diverso, ho semplicemente te che mi pari il culo se cado da un dirupo.»

Noah fece una smorfia di disapprovazione.

«Nei sogni di Fabian c'è sempre il fuoco. Non è la sua essenza.»

«Non so nemmeno sciogliere il tuo ghiaccio. Wow, che potere temibile! Un vero Haredias.»

Lui mi guardò storto.

«Il mio ghiaccio risponde solo ai miei comandi. Decido io chi può interferire con i miei poteri.» Rimasi in silenzio. Noah si strinse la giacca addosso e fece per uscire dalla stanza. «Prega solo che non ti abbiano visto i tuoi amici, Artemis. Non so come potresti spiegargli il fatto di esserti buttato in una cascata di una dimensione creduta distrutta da oltre trecento anni.»

Lo guardai dall'alto in basso con aria sostenuta mentre se ne andava via con il suo portamento regale. Non lo avevo mai visto così arrabbiato. Louise lo fissava con una certa soggezione.

«Stasera non andiamo?» Gli chiesi mentre attraversava la porta.

«No, e nemmeno domani. Tu lì non ci metti più piede.» Poi batté la porta alle sue spalle. La fissai con i denti stretti.

«Si può sapere che ti prende?»

Rimasi con gli occhi accigliati a contemplare il punto dove Noah era scomparso, poi guardai Meg.

«La cosa non torna.»

«Cosa non torna?» chiese Louise.

Mi sedetti sul letto. «Avete visto come era nervoso? Tremava.»

«Lo hai spaventato, come hai spaventato me.»

Abbozzai una risata. «Vuoi farmi credere che il figlio di Aramis non sarebbe riuscito a prendermi?»

«Ti fidi di lui, Artemis» disse Megumi.

Mi rivoltai. «Non è vero. Mi fido dei suoi poteri.»

«Sì, ti fidi di lui ed è questo che lo spaventa.» Rimasi in silenzio a fissare Meg. «Hai mai chiesto a Noah della sua vita a Knephas?» Scossi la testa. «Non è mai uscito dal palazzo reale.»

«Mai?»

«Mai. Forse solo per forgiare la sua spada.»

Louise annuì. «La prima volta che l'ho visto era spaesato per strada. Sobbalzava a ogni cosa, anche all'aria condizionata della macchina.»

La guardai scettico. 

«Tutto quello che vede con te, lo vede e lo fa per la prima volta. Quando ti dice che non sa cosa è in grado di fare, è vero. Perché non l'ha mai fatto. Ha passato più tempo con Eurias che con suo padre, e oggi ha scoperto di non conoscerlo affatto.» Lo sguardo di Meg si fece severo. Si mise braccia conserte con la schiena appoggiata allo specchio dell'armadio. «E tu sei un incosciente che sta facendo di tutto per mettersi in pericolo. O forse per farti notare da lui.»

«Ma siete impazzite?»

Mi guardarono serie. Gli occhi verdi di Louise erano preoccupati e il viso di Meg segnato da un'aria di austera rassegnazione. Deglutii e mi sedetti sul letto, Louise si mise accanto a me e mi prese la mano.

«Non è Kiridia che ti cambia, Artemis. Lui ti sta cambiando.»

«Non mi sta cambiando, mi sta usando. È diverso.» La mia stessa voce mi risuonò aliena per quanto inacidita.

«E quindi vuoi rischiare ogni giorno di morire per fargliela pagare? Ti butti da un dirupo perché lui vuole proteggerti?»

«È questo il fatto, Louise. Lui vuole proteggermi. Non ti chiedi perché?» Guardai lei e poi Meg, entrambe indecifrabili. «Vuole proteggermi perché non sa ancora se sono io l'erede o Nathan. Avete sentito quello che ha detto? Lui non è convinto che sia Nathan.»

Meg sciolse l'intreccio delle sue braccia e lo ricompose con nervosismo. «C'è qualcosa tra di voi. Ma stai facendo di tutto per non capirlo. E non mi riferisco solo a quell'attrazione indecente che avete quando vi guardate.» Avvampai.

«Non è così, è un suo modo di manipolarci tutti. Non è così.» La pelle mi andava a fuoco. Attrazione indecente, non potevo negarlo. «La soffiata del kimash... sono convinto che sia stato lui. Per depistare ancora di più l'Élite.» Louise e Meg mi guardarono scettiche. «Non è così, ragazze. Non mi protegge perché tra di noi c'è qualcosa. E se davvero sono così prezioso per lui, vuol dire che ho molte chance di poter essere l'erede. Siamo io e Nathan, i candidati, e lui sta evidentemente tenendo d'occhio entrambi. Vuole solo arrivare al suo scopo. Forse è ora che io prenda in mano la cosa.» Non mi sembravano ancora convinte dal mio discorso, mi rivolsi a Lou. «Dobbiamo tenere d'occhio i gemelli.»

Lei sbottò. «Vuoi seguirli ancora? Vuoi che sia direttamente Noah a ucciderti?»

Le afferrai la mano e la strinsi tra le mie. «Dobbiamo scoprire ogni loro mossa. Domani liberati dagli impegni. Andremo a pedinarli.»

«E se vanno a Kiridia? Li seguiamo e poi ci palesiamo?»

«Esatto. Vedrai, non mi daranno più problemi. Non saranno più perfetti

***

Avevo le palpebre chiuse, baciate dall'oro rosa di Ramis e Zafir, l'Altrove sarebbe anche potuto bruciare in quell'istante e non avrei provato nulla. Ero resettato, come se ogni cosa prima di quel momento fosse stato solo un battito di ciglia sbiadito in quella luce calda e rassicurante. Aprii gli occhi richiamato dallo sbattere d'ali di qualche animale.

Rimasi fermo, sdraiato a terra; girai solo la testa per osservarlo. Aveva l'aspetto di un pavone, ma dai toni molto più accesi e variopinti di come ne avevo sempre visti sulla Terra. Era più piccolo e paffuto, un pavone in grado di volare. I suoi occhietti color ambra mi fissarono in silenzio, scrollò la lunga coda arcobaleno e poi spiccò il volo. Mi alzai con lui e mi guardai intorno. Non ricordavo nemmeno come fossi arrivato lì a Kiridia. Pensai a Noah, alla sua espressione altera e arrabbiata quando se ne era andato dalla porta... Ci aveva ripensato alla fine, e mi aveva trascinato di nuovo con sé.

«Noah.» Lo chiamai ma non rispose. Mi guardai intorno e iniziai a camminare verso il sentiero che portava alle pendici di una montagna.

«Sto andando in giro da solo per Kiridia, se morirò sarà colpa tua. Sappilo.» Ripensai alla palla di fuoco che avevo creato al lago, all'adrenalina che mi si era scatenata nelle vene generandola. Provai a creare una fiammella e a tenerla sospesa sul mio palmo. Poi immaginai di poter fare di più, di poterla plasmare in qualcosa. L'immagine del quasi pavone era così vivida nella mia mente che provai a replicarla nella fiamma. Il miracolo accadde. Cominciai a percepire ogni singola lingua di quel fuoco come un'estensione delle mie dita, e così divenne sempre più simile a un volatile. Man mano che i dettagli si formavano nella mia testa, li vedevo plasmare la fiamma e dar vita a una scultura di fuoco in tutto e per tutto simile all'uccello che avevo visto.

La pelle mi si increspò dall'eccitazione, e un brivido ancora più forte mi solcò la schiena. E se potesse essere reale? Se potessi...

Lo pensai e accadde, l'uccello di fuoco divenne una scultura di cristallo variopinto e oro tra le mie dita. Brillante e dai mille colori, i dettagli delle piume erano cesellati nel cristallo nel più fine dei modi, mentre occhi e zampe luccicavano d'oro satinato.

«Noah! Questo devi vederlo.» Alzai lo sguardo di colpo ma non trovai nulla. Il sentiero era vuoto davanti a me e un innocuo raggio di luce danzava tra le chiome degli alberi baciandomi le guance a ritmo del vento. Eppure sentivo l'energia del principe sfiorarmi la pelle. Era vicino, lo sapevo. Come l'avevo saputo quella notte alle porte di Tiergarten.

«Dai su, ho imparato la lezione. Ora torna visibile o mi metto a strillare.» Respirai e con la scultura in mano cercai di seguire la traccia dell'aura di Noah. Passo dopo passo, raggiunsi una parete di rampicanti. Mi chiesi se fosse naturale o costruita da qualcuno. Era un muro di fiori dai petali perlati, l'azzurro delle corolle brillava come seta sulle foglie viola scuro, nella forma molto simili a quelle dell'edera. Alzai gli occhi, non riuscivo a vedere la fine di quella siepe. Ne scostai una parte e la luce mi investì. Indietreggiai con il cuore in gola, ma l'energia di Noah era sempre più vicina, e sembrava venire proprio da lì dietro. Mi feci coraggio e scostai una fronda per passarci attraverso, ciò che vidi fu un giardino segreto baciato dalla luce chiara delle due stelle.

Le pareti d'edera viola, costellate di fiori, erano ovunque, mentre al centro una fontana naturale sgorgava dal terreno inondando d'oro uno specchio d'acqua cristallino. A terra non c'era il prato, ma una sabbia rosa e leggera dalla quale emergevano fiori di cristallo verde menta. I loro riflessi erano iridescenti come quelli del kalè. Provai a coglierne uno e mi sorpresi nel costatare che non fosse davvero cristallo. Erano soffici al tatto, ma brillanti e limpidi. Seguii la sabbia con lo sguardo e la vidi sfumare nell'acqua in un fondale dorato e luccicante. Era come una spiaggia dei Caraibi, ma affogata nell'oro.

Seguii le vibrazioni di Noah, e vidi la sua figura emergere in trasparenza dagli zampilli dorati del geyser. I suoi capelli neri brillavano alla luce di Zafir e Ramis nascondendo in gran parte il suo viso candido e angelico. Era seduto sulla sponda; dal corsetto di pitone nero che gli scolpiva la vita, emergeva con grazia una blusa di un sottile tessuto trasparente, che gli vestiva il busto coprendogli una spalla e un braccio; l'altro era scoperto e avvolto dal serpente d'oro che si fondeva perfettamente con un'armatura dello stesso metallo. I suoi decori erano così sinuosi da sembrare che una ragnatela di serpenti lo stesse accarezzando lungo la spalla e il petto.

Mi concentrai sugli stivali scuri e lucidi, ma il mio sguardo fu di nuovo rapito da quel corsetto... Non lo avevo mai visto negli abiti della Corte, e nelle mie vene qualcosa si agitò più del dovuto. Si tirò i capelli indietro e i gioielli d'oro scintillarono sul suo orecchio; quasi mi distolsero dal diadema di talios che gli brillava sulla fronte. Nero e trasparente, animato da un bagliore rosato, gli disegnava gli zigomi seguendone le fattezze come un ricamo. Avevo il vero principe di Knephas davanti a me, e per un istante quella cicatrice sul mio palmo pulsò più del normale.

Mi avvicinai a lui e, man mano che avanzavo, il cuore mi batteva sempre più forte. La linea dritta del suo naso si sollevò e i suoi occhi viola, truccati di nero, mi intercettarono brillanti e intensi. Neanche quella meraviglia intorno a me riusciva a rubargli la scena. Mi sorrise e mi sedetti al suo fianco.

«Festa in maschera? O sei venuto a chiedere la mia mano alla nuova corte di Kiridia?» I suoi occhi si illuminarono ancora di più.

Indugiai sull'oro dei ricami che gli fasciavano la spalla, seguendo la clavicola destra. Le vene sotto la sua pelle di porcellana trasparivano a tratti. Mi trovai a deglutire seguendole lungo il suo collo, fino alla linea definita della sua mandibola. Era bello da far male e io mi sentivo tra le spire di un serpente letale.

«Dicono che qui non si possa avere segreti. Si vede quello che di solito gli occhi nascondono al cuore. E i desideri diventano realtà, se si beve da questa fonte.» Seguii tutta la linea di eyeliner che evidenziava i suoi occhi da predatore, non gliela vedevo addosso da quando il pennarello indelebile con cui se l'era tracciata in camera mia era svanito e mi faceva sempre lo stesso effetto.

«Buono a sapersi.»

Noah guardò la scultura del pavone che avevo creato e sorrise. Gliela mostrai. «È stupenda. Il mondo nella tua testa è complicato, ma bellissimo» disse girandosela tra le dita. La luce ne proiettò i colori sul suo viso mischiandosi al bagliore cupo del diadema di talios.

Nell'altra mano avevo il fiore di finto cristallo. Lo strinsi e provai a tramutarlo in fuoco. Ci riuscii e Noah sorrise.

«Ci stai prendendo gusto?»

La mia bocca si curvò e mi persi nei suoi occhi d'ametista per un istante. Le fiamme che modellavano il fiore divennero di quell'esatto colore e si mutarono in una corolla di petali di cristallo dal gambo dorato. Il sorriso di Noah si tinse di eccitazione, di un qualcosa di non detto.

«L'acqua è d'oro?» chiesi, indicando la fonte alle mie spalle.

Noah annuì, posò la mia scultura sulla sabbia e mi porse la mano. L'afferrai e mollai a terra ogni cosa, tranne il fiore d'ametista, che infilai nel taschino del mio giubbotto.

Noah si alzò e mi portò con sé a immergermi sulla riva. Avrei voluto togliermi gli abiti, ma né io né lui avevamo alcuna intenzione di fermarci. Ci ritrovammo con l'acqua alla vita; i respiri sospesi, e un sorriso senza freni sulle labbra. L'oro del lago aveva tinto la sua armatura nera fino alla vita e il serpente ora sembrava emergere, insieme a tutti i decori metallici dell'abito, direttamente dalla fonte.

Guardai l'acqua intorno a me. «È calda.»

«Per me è fresca» disse Noah, gustandosi la mia faccia perplessa. «È come la vuoi» spiegò con voce sussurrata. La mia attenzione era ormai ferma sulle sue labbra, non riuscivo più a staccarmi. Ci provai, e fu solo l'ennesima ferita al mio cuore straziato; le ombre dei muscoli di Noah sulle sue braccia, le sue labbra rosa e bellissime... lui era la mia fantasia fatta realtà. Sospirai mentre contavo le sue ciglia, rivolte verso il fiore d'ametista che avevo nel taschino.

«Questo posto mostra quello che ci rifiutiamo di vedere?»

«In un certo senso» rispose, guardandomi negli occhi.

«In cambio esaudisce i desideri...» Lui annuì senza staccare lo sguardo da me. Le guance mi bruciarono, presi il fiore e glielo incastrai tra le spire d'oro sul suo petto. Lui lo accarezzò e sorrise. Le nostre dita si sfiorarono. «Forse, per la prima volta, mi rendo conto di quello che sei. Di quello che sarai.» Disegnai con le dita le sue ciocche nere riverse sullo zigomo, e il diadema che lo contornava. I suoi occhi vacillarono.

«Cosa sono?» sussurrò con timore.

«Un principe che forse ha trovato la sua serratura.» Lui sorrise e io mi lasciai scivolare dalle dita una ciocca di capelli sulla sua tempia. La pelle fremeva nell'avvertire la sua così vicina; il mio cuore spingeva contro le costole come a obbligarmi ad azzerare quella distanza tra di noi, e per una volta sperai che Noah lo sentisse, che lo spingesse a porre fine a quel mio tormento. La voce mi tremava. «Sei molto più di questo, ma non sono io quello bravo con le parole.»

Le mie emozioni dovevano fare un gran baccano nella sua testa, perché lui smise di respirare. Poggiò la mano libera sulla mia vita, mentre l'altra lasciò i ricami del mio giubbino e s'immerse nell'acqua. I suoi polpastrelli, tinti d'oro mi risalirono sulla mano disegnando ghirigori fino al jeans arrotolato della manica, la pelle mi bruciava al suo contatto e trovò pace solo quando le sue dita volarono sul mio profilo e mi sporcarono il naso.

Posai i palmi sul suo petto, mescolai il mio calore a quello del metallo dell'armatura, mentre quello rovente e pulsante del suo cuore, sotto l'altro, mi incendiava il sangue. Mi chiesi cosa vedesse in quel giardino segreto, cosa i suoi occhi si rifiutavano di mostrargli oltre quelle fronde di fiori. Mi chiesi se fosse quella visione a farlo agitare così tanto sotto le mie dita. Avevo bisogno di sapere se sentisse quel tormento che mi stava consumando. Se fosse mio soltanto, oppure...

«Tu cosa vedi, Noah?»

I suoi occhi lasciarono il mio profilo e s'infransero nei miei, le dita s'intrecciarono ai miei capelli. Trattenni il fiato sulle sue labbra.

«Te. Vedo solo te, Artemis.»

Inciampai in quella vertigine che fu sfiorare la sua bocca, e mi lasciai cadere. Le sue labbra mi presero con dolcezza, e io gli diedi tutto senza remore. Strinsi la stoffa della sua blusa tra le dita, strinsi il suo cuore sotto di me. Lo avrei agguantato così forte da non farlo più andare via. La sua mano si ancorò alla mia nuca. Le sue carezze vagarono sotto la mia maglia bagnandomi d'oro e facendomi rabbrividire la schiena.

Le nostre lingue giocavano a nascondino, ma vincevo sempre io. Le labbra di Noah erano miele, il più dolce e inebriante che io avessi mai assaggiato. Quello più desiderato e bramato. I lacci di pelle del suo corsetto mi calcarono la pelle prima di avvertire il calore della sua schiena trapelare dalla stoffa trasparente. Ero lacerato dal desiderio di appartenergli, ed ebbi paura che stringerlo e assaporarlo senza sosta non sarebbe stato mai abbastanza.

Noah mi strinse con forza per i bicipiti e mi fece indietreggiare baciandomi con ancora più passione; mi abbandonai ai suoi gesti senza chiedermi cosa volesse fare. La sorgente mi investì con i suoi zampilli. Mi staccai dalle sue labbra e vidi l'oro bagnarci il viso e i capelli. Lui sorrise e baciò una delle mie ciocche striate d'oro, poi mi prese il viso con entrambe le mani e ricominciò a mordere e succhiare le mie labbra senza sosta. Avrei solo voluto togliergli tutta quella ferramenta di dosso e lasciar scorrere i palmi sulla sua pelle liscia e calda. Gli accarezzai collo e clavicole, le mie dita si tuffarono nei suoi capelli e lo attirai alla mia bocca con ancor più decisione.

Lo stomaco era un tunnel infinito che mi scavava dentro, il cuore mi tremava e con lui le gambe. Se non mi fossi ancorato a Noah in quel modo, sarei forse caduto e affogato, mi sarei sciolto in quella fonte e mi sarebbe andato bene, finché lui ci fosse rimasto immerso.

I sorrisi che brillavano sul suo viso, quando riprendevamo fiato, mi strappavano il cuore dal petto un pezzo alla volta. E li bramavo, come non avevo mai desiderato nulla. Quando avrebbe smesso di baciarmi sarei morto, non ci sarebbe stato nulla a poter alleviare l'astinenza della sua mancanza. Non avevo mai provato qualcosa del genere e sapevo che niente mi avrebbe mai sconvolto in quel modo. Eravamo due serrature senza chiave, e quel sentimento era l'unica cosa che avrebbe potuto liberarci dalla nostra prigione.

I baci di Noah scesero lungo il mio collo e mi sentii bruciare in ogni angolo del corpo. I suoi sospiri vibravano sulla mia pelle, io ero pronto a morire e rinascere nelle sue braccia; annullarmi e plasmarmi in ogni cosa che mi avrebbe consentito di tenerlo stretto a me per sempre. Afferrai le sue mani e le sentii gelide e incerte, tremanti. Noah mi guardò con le labbra rosse e gonfie; gli occhi avidi e brillanti. Un segreto sospeso gli si stava sciogliendo in bocca, uno che avrei presto assaggiato.

Ogni cosa che fa con te, la fa per la prima volta.

Mi crogiolai nella fantasia che fossi il primo a fargli tremare il cuore per un bacio. Lui si morse le labbra e sorrise; gli accarezzai il viso con attenzione, le nostre bocche si sfiorarono, giocarono a vedere chi dei due sarebbe impazzito per primo senza reclamare quella dell'altro. Il suo sorriso era sporco d'oro e spudorato. Era l'ossigeno che mi era sempre mancato, l'approvazione che avevo sempre cercato, la pace con cui avrei dichiarato guerra al mondo. A ogni mondo.

Riempii il palmo della mia mano d'acqua e la portai poco sopra la bocca di Noah. Lo guardai e lui mi fissò con un'aria furba ed eccitata. Gli sussurrai all'orecchio.

«Esprimi un desiderio, principe di Knephas.»

Lui schiuse le labbra e io lasciai cadere l'oro sulla sua lingua. Non aspettai e lo baciai. Assaporò l'acqua della fonte e io con lui. Sapeva di miele e datteri, sapeva di tutto quello che volevo e che non avrei mai potuto dimenticare.

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