Capitolo 30 - Nathan
Avevo perso il conto delle ore passate senza dormire, l'atmosfera pesante che si respirava in Divisione 7 mi aveva consumato. Evitare di addormentarmi mi era sembrato l'unico modo per sfuggire all'ennesimo incubo. Alzai la testa e la luce del mattino mi diede sollievo da quella fredda e fastidiosa del telefono, che mi aveva inaridito gli occhi per tutta la notte. Kikilia aveva riposato accanto a me senza fiatare, aveva proprio bisogno di una tregua dai miei risvegli turbolenti. La guardai e mi persi a ricalcare le ciocche dei suoi capelli, sparpagliati sul cuscino.
Ogni tanto mi ricordavano le fiamme che avvolgevano il violoncello nei miei sogni, e quell'incantesimo di pace si spezzava di nuovo senza pietà. Le punte arricciate diventavano corde, che saltavano di colpo per poi arrotolarsi e fondersi su se stesse in un modo lento e doloroso anche solo da guardare. Zach sarebbe morto a vedere uno strumento distruggersi in quel modo. Sperai che quei pensieri ricorrenti non lo raggiungessero, perché in tutte le volte che avevo ripetuto quella scena, non ero mai riuscito a salvarlo dal bruciare. Ma ne avevo colto qualche dettaglio in più.
La cosa più evidente era il puntale, di una dimensione piccola e inutile, se non per farlo stare in piedi in bella mostra. Prestando attenzione ai compagni di corso di Zach, avevo accertato che il violoncello del mio sogno fosse più grande del normale. Il mio vagare sul cellulare di quella notte, aveva svelato l'arcano: si trattava di uno dei primi violoncelli mai costruiti. Probabilmente risaliva ai primi del Settecento, se non a tempi ancora più antichi. Le corde però, di metallo e sostituite da poco, avrebbero potuto essere solo di qualcuno che suona di continuo. Non era un cimelio da museo... ma chi avrebbe mai potuto suonare e apprezzare una simile meraviglia a Corte? Dove la musica era l'arte più povera e disdicevole che si potesse abbracciare?
Un timido raggio di sole raggiunse la testa di Kiki, mi alzai con cautela e andai a chiudere meglio le tende per non farla svegliare. Avevo fame e l'insofferenza mi torceva lo stomaco; la voglia di andare a vedere come stesse Zach faceva a cazzotti con quella di dover affrontare ancora Eileen, se fossi andato in camera loro. Svegliare Kiki sarebbe equivalso a riversarle addosso tutto il mio malessere. Era meglio non sfiorarla e andare a cercare cibo. Infilai delle ciabatte e scesi giù.
L'amaro in bocca si fece più evidente quando trovai Artemis fare colazione. I capelli lunghi e mossi, tutti riversi dal lato in cui la sua testa pendeva sconsolata. I camperos, neri a stelle argento, dondolavano senza sosta sul poggia piedi dello sgabello da bar; seguivano un ritmo nervoso scandito solo nella sua testa. Mi avvicinai e nemmeno mi notò; fissava dei pastelli a olio, sparpagliati accanto a una tazza di gelato affogata di miele.
Il gelato alle 6:30 di mattina, bah.
Fui tentato di strangolarlo da dietro per la soffiata del giorno prima, ma una certa pena mi strinse la gola. Che diavolo aveva fatto per essere ridotto in quel modo?
Aprii il frigo e presi il latte, quando lo richiusi Artemis alzò lo sguardo. I suoi occhi scuri si fecero verdi all'istante.
«Buongiorno, traditore» dissi. Per la prima volta la sua reazione nei miei confronti fu di semi-indifferenza.
«Mi dispiace deluderti, ma non ne so niente.» Sollevò un cucchiaio colmo di miele e, con aria afflitta, lo fece colare di nuovo nel barattolo.
«Sì, come no.» Afferrai la caraffa di caffè e ne versai una discreta quantità nella mia tazza, poi mi sedetti su uno sgabello avendo cura di lasciarne uno vuoto a dividermi da Sua Altezza e dal suo malumore. «Allora, se non c'entri, perché sei sparito?»
«Avevo da fare.»
«Ci hai messo più del solito a smaltire la botta.»
«Non ho voglia di sentire le tue cazzate, Ashtide.» Artemis continuò a fissare i pastelli a olio; uno aveva un colore inverosimile, cambiava sfumatura con la luce. Mi avvicinai per guardarli e lui li strinse nel pugno. Poi mi fissò, sfilandosi il cucchiaio dalla bocca con una lentezza che chiunque non lo conoscesse avrebbe definito provocatoria e indecente. La rabbia con cui mi guardò, come se stessi interrompendo una scena clou del suo film mentale, mi fece capire che la sua testa era persa in uno dei suoi pensieri assurdi. Uno di quelli in cui io non ero invitato. «Mi dispiace essermi perso lo spettacolo di ieri. Ma sai, il mondo non ruota tutto intorno a te, Mr. Splendore» disse con una punta di soddisfazione. Strinsi la tazza dal nervoso.
«Oh, Vostra Altezza del Disastro, pensavate di esservi liberata di me, invece eccomi. Sono pronta per deliziarvi con la mia presenza.» Eileen entrò dalla porta, scalza, con il suo poncho psichedelico e gli occhiali da sole a forma di cuore in testa. Artemis la squadrò dalla testa ai piedi con sufficienza e lei fece un inchino volutamente sgraziato.
Artemis si versò un'altra palla di gelato e la ricoprì di miele e cioccolata, poi i suoi occhi da serpe indugiarono sugli occhiali di mia sorella. «Sei sicura che fosse kimash? Dagli effetti sembrerebbe altro.»
Eileen sorrise e gli rubò il cucchiaio dalle mani. Assaggiò quel pappone di colazione. «Boh, l'esperto sei tu. Non sono certo io la drama queen del Mandy's Bordello.» Il suo sorriso divenne forzato e rimise il cucchiaio dove lo aveva preso. «Chi ti ha spezzato il cuore, Artemis? Questa roba è da diabete.»
Lui tolse subito il cucchiaio dalla tazza, e lo fece penzolare tra le dita come un reperto infetto fino al lavello. «E a te chi ti ha fatto il culo ieri, in centrale?» disse verso Eileen, con un sorrisetto soddisfatto sulle labbra. Mentre lei soffocava una pernacchia, prese un'altra posata e tornò a mangiare. Io me ne stavo quieto, in un silenzio troppo ingombrante per non essere notato. Artemis incominciò a fissarci, la sua soddisfazione trapelava mentre girava a vuoto il cucchiaio nel miele e gelato sciolti. «Cavolo, avevano ragione gli altri, mi sono davvero perso tutto il meglio.»
«Spero che il veleno ti abbia appagato comunque» disse Eileen sorridendo. Lui continuò a trattenere la soddisfazione e a fissarci compiaciuto. Io e mia sorella eravamo distanti ed evitavamo in ogni modo di guardarci.
«Non immagini quanto» disse lui, con un velo di malizia. «Dovreste scrivere una guida: come distruggere ogni cosa infinocchiando tutti.»
«Perché non ti fai i cazzi tuoi?» sbottai.
«Non ti scaldare, tanto lo sai bene che l'Élite farà finta di niente. Fanno sempre finta di nulla, quando si tratta di voi.»
Eileen gli si avvicinò con un croissant sguainato in mano. «Se ti azzarderai a rifare una cosa del genere, giuro che rimarrai pelato. Ti strapperò i capelli uno a uno, e mi ci farò un acchiappa sogni.»
Artemis la squadrò dall'alto in basso.
«Peccato che non sia stato io ad avere questa idea geniale. Forse non sono il solo a odiarvi, qui dentro.» Eileen tacque e lo fissò di soppiatto, mentre lui prendeva la tazza e la posava nel lavello. «Ma tranquilli, non credo che servirà più a nessuno sabotarvi...» Poi si avvicinò al tavolo, prese un pastello a olio sfuggitogli poco prima e il barattolo di miele, che si tenne stretto in grembo. La sua occhiata non contenne più il piacere di umiliarci. «Da soli ci riuscite benissimo.»
Eileen fece per avventarsi su di lui, ma io la bloccai per un polso. Lasciai che Artemis se ne andasse e poi mollai la presa. Lei si sedette sullo sgabello lasciato vuoto da Sua Altezza. Il suo cuore batteva convulso dalla rabbia.
«Ti prego, parla» disse guardandomi. Rimasi in silenzio a mordermi l'interno della guancia con la tazza di caffè vuota in mano. «Parla, Nathan. Incazzati, sfogati, ma smettiamola con questo silenzio.» Il battito nel mio petto si fece rapido quanto il suo. «Mi manchi.» La gola mi si strinse e la sua angoscia mi avvolse come se fossi dentro il bocciolo di un fiore avvelenato. Mollai la tazza sul bancone. «E ho paura per te.» Eileen si aggrappò allo sgabello mentre mi guardava. «Ho paura che tu abbia paura. Ha senso, no?» Percepii il suo disagio e cercai di trattenere un sorriso, poi alzai lo sguardo. Non avrei mai potuto perdermi Eileen imbarazzata per delle scuse. «Anzi, no. In realtà non è solo questo.»
I suoi occhi blu si abbassarono per un secondo sull'ultimo boccone di croissant che aveva in mano. Glielo rubai.
«Cos'altro c'è, allora?» E lo mangiai. I suoi occhi seguirono la mia bocca e poi si ancorarono ai miei. Quella voglia che aveva di stringermi, di toccarmi, mi scorreva sulla pelle. L'avvertivo sempre, e ogni volta che lei la rifiutava ne uscivo con una crepa in più. Capii cosa aveva provato Zach, nel vivere nella mia finta indifferenza.
«Questo» disse lei, sistemandomi una ciocca di capelli. «Non so se sia sbagliato, se sia lecito, se possa farti soffrire; o se facendo finta di nulla io ti stia solo spezzando il cuore...»
Mi avvicinai e la baciai. Strinsi tra le mani le sue guance roventi mentre le nostre lingue si assaporavano. Le sue labbra erano come lo zucchero del croissant che avevo appena mangiato, e la sensazione che mi scaldava il cuore era ancora più dolce. Intrecciò una mano tra i miei capelli, li agguantò, mentre l'altra si posava sul mio petto.
Le strinsi la vita e risalii seguendo tutte le sue calde curve sotto il poncho. Quando ci staccammo i suoi occhi erano ancora pieni di domande. Coprii la sua mano sul mio petto con la mia, il suo calore mi era mancato come l'aria. Mi ero sentito senza un pezzo in quei giorni.
«Non è sbagliato, non è solo mai successo; e anche se lo fosse non me ne importerebbe nulla. E sì, mi hai spezzato il cuore. È un periodo orrendo e io ho bisogno di te, come ho bisogno di Zach. Forse sono egoista, ma non ce la faccio a tenermi dentro tutto questo dolore; e sentire una barriera tra le nostre emozioni è la cosa più brutta che possa succedere tra due Legati. Perché siamo Legati, Eileen.»
Quell'amore e quella frustrazione che avevo represso in quei giorni mi risalirono per la gola di colpo. I miei occhi s'inumidirono e quelli di Eileen fecero lo stesso.
«Non sei egoista. Sono io che ho sbagliato. È solo che è difficile per me, accettare di provare certe cose per mio fratello; non volevo ferirti. Anzi, ho pensato che, tenerti fuori da quello che sentivo, fosse l'unico modo per non complicare le cose tra te e Kikilia.»
«Lo so, ma il bonding viene prima di tutto. Anche prima del fatto che siamo gemelli. Kiki lo sa e lo accetta. Dimentichi che a lei basta toccarci per capire cosa ci ronza in testa.»
Eileen sospirò e io l'abbracciai forte. Affondò il viso nell'incavo del mio collo e le sue mani si aggrapparono alla mia schiena.
«Non devi pensare che io voglia scavalcarti e risolvere il problema da sola. Voglio solo essere pronta a difenderti, qualsiasi cosa accada» disse lei. Mi staccai di qualche centimetro per guardarla negli occhi.
«Se davvero appartengo a Knephas, nessuna spada astratta o visione potrà salvarmi. Solo l'amore potrà farlo, il vostro.» Accarezzai il suo viso e una lacrima le rigò la guancia. L'asciugai con un bacio.
«Ti seguiremo anche lì, lo sai questo?»
«Zach non fa che ripetermelo, ed è per questo che sono terrorizzato. Non sono gli incubi a spaventarmi, ma il fatto che ogni volta perdo almeno uno di voi. Ogni volta mi risveglio con il terrore di non trovare più i marchi sulla mia pelle.»
Eileen si asciugò le lacrime e mi strinse le guance.
«Non accadrà, Nathan.» Mi baciò con le labbra roventi e poi poggiò la fronte sulla mia. «Ce la faremo. Dobbiamo solo ragionare e non perdere la testa.» Sospirai e le accarezzai i capelli.
«E restare uniti.»
«E restare uniti» disse lei con un sorriso. Ci fissammo in silenzio per qualche secondo, fronte contro fronte, occhi negli occhi. Eileen deglutì prima di parlare. «Dobbiamo portare Zach a Kiridia. Non possiamo più nasconderglielo.»
L'eccitazione mi stava formicolando nello stomaco. Era il sogno di Zach e finalmente sarebbe diventato realtà.
«Stanotte.»
«Stanotte.» Eileen sorrise scossa dalla stessa mia euforia. «Si arrabbierà tantissimo, vero?» Si morse il labbro.
«Solo fino a che non vedrà le luminae, poi scoppierà a piangere.»
Ci ritrovammo a sorridere con gli occhi innamorati, come due stupidi.
***
«Io tutta questa segretezza non la capisco.»
«Nemmeno io. Dobbiamo avere paura?»
«No... tranquilli.»
Sorrisi eccitato a Eileen, mentre Kikilia camminava stretta al mio braccio con gli occhi bendati. La sua presa si faceva quasi dolorosa ogni volta che incontrava qualche ostacolo più ingombrante sul percorso. Zach era inquieto tanto quanto lei, con una sciarpa legata sugli occhi e aggrappato alle spalle di mia sorella come il vagone di un treno alla deriva.
Convincerli a farsi bendare e condurre nel bel mezzo del parco della Divisione 7 non era stato semplice, e man mano che procedevamo verso il laghetto dove di solito aprivamo il portale, la mia ansia cresceva a dismisura.
La prenderanno malissimo.
Eileen mi guardò smorzando il sorriso che le prendeva mezza faccia. Dici che si arrabbieranno tanto?
Credo proprio di sì. Abbiamo aperto un portale. Non so se ti rendi conto.
«Manca tanto?» chiese Zach.
«No, siamo arrivati.» Eileen si fermò accanto alla sponda del laghetto. L'aria era calma e più mite delle sere precedenti, la luna brillava nel cielo tra le chiome spoglie degli alberi, e il fruscio di qualche uccello tra i rami rendeva tutto molto calmo e romantico. Ma io ero così agitato da stentare a trattenere il tremore delle mani.
«Sei troppo teso, Nath. Ho paura che stiamo per fare una grande, grandissima stupidaggine.» Mi staccai da Kikilia, terrorizzato dal fatto che potesse percepire la mia insicurezza nonostante la stoffa dei miei abiti. E se non fossimo stati in grado di portare anche loro con noi? E se fosse andato storto qualcosa?
«Fidatevi e stringeteci la mano.» Ora Kiki avrebbe capito tutto.
«Eileen...» fece Zach con un tono allarmato. Lei gli tirò su il cappuccio della felpa, sbucata dal giubbino di pelle, e glielo calcò in testa; poi gli posò un bacio sulle labbra.
«Non calate le bende finché non ve le togliamo noi» dissi, prendendo Eileen e Kikilia per mano, poi richiamai a me tutta la mia energia e la sintonizzai con quella di mia sorella. Avvertii la paura di Zach chiudermi lo stomaco. L'energia ci risucchiò e il fruscio del vento divenne una dolce brezza.
Tra le chiome degli alberi dorati di Kiridia, Zafir stava dando l'ultimo saluto, mentre Ramis mi ricordava un enorme biscotto rosa immerso nel lago per metà. Eileen sorrise, avevamo indovinato l'orario giusto per rendere ogni cosa più magica possibile.
Il cuore di Zach cominciò a battere forte. Kikilia si strinse a me e poggiò la testa sul mio petto.
«Ti prego, ditemi che non è come penso» disse Zach. Eileen era così felice da avere gli occhi lucidi. Si mise davanti a lui e, trattenendo il respiro, gli tirò giù la sciarpa. Feci lo stesso con Kiki ed entrambi piombarono in un silenzio di tomba.
Si guardarono intorno e gli occhi di Zach si posarono sulle ombre che si incrociavano dietro Eileen. Il suo sguardo era terrore e sorpresa insieme.
«Siamo a Kiridia» disse Kikilia, stringendomi ancora più forte.
«Non è bellissimo?»
Zach era attonito con la bocca spalancata, Kikilia era terrorizzata.
«Avete aperto un portale? Siete due incoscienti.» Le accarezzai il viso.
«Dai, dovevamo provare.»
«Dovevate fare le prove per Knephas?» Gli occhi grigi di Kiki erano preoccupati.
«Ma che dici...»
Eileen si avvicinò.
«È l'unico modo per amplificare le visioni e capire se Nathan è davvero l'erede che cercano.»
Zach intanto non parlava, era scioccato. Kiki si staccò dal mio braccio e io mi avvicinai a lui.
«Zach, stai bene?» Vidi i suoi occhi pieni di lacrime.
«Direi di sì» fece Eileen ridacchiando. Sorrisi e lui mi abbracciò forte.
Kikilia si ammorbidì. «Rimpiango di non poter scattare foto e portare prove per ricattarti a vita.»
Le guance di Zachary erano rigate dalle lacrime e non riusciva a smettere, dentro di me vibravano tutta la rabbia, la tristezza e la frustrazione che stava buttando fuori in quel momento. Eileen e Kiki si unirono all'abbraccio.
«È qui che venite la notte?»
Annuimmo.
«Ci veniamo ad allenare. È tutto molto amplificato e...» Sciolsi l'abbraccio e indicai Ramis, ormai quasi al limite dell'orizzonte. «Di notte è uno spettacolo unico. Aspetta qualche minuto e vedrai.»
Zach sorrise ed Eileen gli prese il viso.
«Sei a casa, Biancaneve.» Lui la baciò, e io mi girai verso Kiki.
«Sei a casa anche tu.» Le dissi e lei trattenne un sorriso.
«Non ti bacio.» Si guardò intorno e fu attratta delle foglie dorate degli alberi. «Non ci si crede. Sono bellissime.» L'abbracciai da dietro e le posai un bacio sul collo.
«Sei arrabbiata?»
«Potevi dirmelo.»
«Non lo sapeva nemmeno Zach.» Mi resi conto della stupidaggine che avevo appena detto. Non facevo che ferirla. Lei sospirò.
«Dovevate dircelo. Se fosse andato storto qualcosa? Nessuno avrebbe saputo dove cercarvi.»
«Lo so, scusa.»
«Oh, cavolo.» Al suono di un fruscio, Kikilia sgranò gli occhi e guardò alla sua destra. Vidi Eileen correre verso la foresta seguendo una scia.
«È Zach» disse euforica, indicandolo mentre volava tra le nuvole. Scese ad altezza uomo e mi passo accanto scompigliandomi i capelli con la sua brezza. La sua felicità mi scorreva nelle vene e non riuscivo a smettere di sorridere.
«Non può essere sbagliato, se ci rende così felici» dissi a Kiki. Lei sciolse il broncio e mi accarezzò il viso, poi mi baciò.
«Sei ancora più bello qui a Kiridia. Brilli come una stella. Ti odio.» La baciai ancora mentre sentivo gli schiamazzi di Eileen, in procinto di salire in groppa a Zachary. Avrei voluto restare lì e non tornare più alla realtà.
L'ultimo raggio di luce sparì e le luminae cominciarono a sbucare dalle chiome degli alberi, risvegliandosi. I fiori sparsi per terra si accesero di bagliori pastello e Kikilia rimase senza fiato a osservarli.
«Non riesco ancora ad abituarmi a questa meraviglia.»
«Non credo ci si possa abituare.» Eileen scese dalla schiena di Zachary e si sdraiò per terra con un sorriso. Kikilia la seguì.
Io e Zach ci guardammo. Aveva i capelli scuri scompigliati dal vento, gli occhi brillanti e le guance arrossate. Sorrise e lo stomaco mi si alleggerì.
«Vieni?» Mi fece segno di raggiungerlo e mi prese le braccia, se le portò intorno alle spalle.
«Reggiti.» Mi ancorai forte a lui, cingendogli la vita con le gambe, e quando si sollevò da terra mi resi conto di quanto fossi pesante sulla terra ferma. Mentre l'aria mi sferzava il viso e frusciava nelle orecchie, il mio cuore batteva così forte da pensare che sarebbe uscito fuori dal petto. Con gli occhi chiusi affondai il naso nel collo caldo di Zach, avevo un buco allo stomaco. Lui mi afferrò una mano e la tenne stretta sulla sua clavicola, poi lo sentii fermarsi. La sua felicità mi trapassò come un brivido.
«Apri gli occhi, Splendore.» Sorrisi e mi feci coraggio. Guancia a guancia con Zach mi lasciai incantare dallo spettacolo che avevo davanti. Una distesa infinita di alberi brillava nella notte. Sprazzi di luce dorata intervallata da cascate d'acqua dai riflessi iridescenti. Alcuni laghi erano specchi d'oro, come gli occhi di Zach. Il cielo era buio, ma la terra... era una cascata di stelle.
«Come abbiamo potuto sopravvivere trecento anni senza tutto questo?» dissi.
«Non ne ho idea.» Zach planò e io strinsi i denti, provai a godermi la visuale ma istintivamente affondai di nuovo il viso nel suo collo.
«Non avere paura, stai solo volando.» Riaprii le palpebre e l'adrenalina si mischiò all'euforia del mio Legato. Era una sensazione di libertà indescrivibile. Dimenticai ogni cosa, anche il motivo per cui eravamo lì. Zachary si posò su una montagna, a strapiombo su una di quelle enormi cascate luminose. Scesi dalle sue spalle e lo strinsi al mio petto. Ci guardammo negli occhi. I suoi erano lucidi di lacrime e io non riuscii più a trattenerle. La sua gioia era troppa. Si sentiva libero e senza freni, non lo avevo mai visto così e avrei pagato qualunque prezzo per non riportarlo mai più indietro.
«Siete due incoscienti, ma grazie.» Con un sorriso mi asciugò le lacrime con entrambi i pollici, non riuscivo a parlare dalla felicità. Sorrisi e le nostre labbra si unirono in un bacio che mi curò da ogni male. La nostra energia s'intrecciava accarezzandoci in un modo che non avevo mai provato prima. Era inspiegabile, bellissimo e magico. Zach mi passò le mani tra i capelli e io lo strinsi così forte da pensare che ci saremmo fusi da un momento all'altro. Stavo per togliergli la giacca, quando avvertii una presenza.
Aprimmo gli occhi e trovammo le luminae a danzarci intorno a ritmo della brezza creata da Zach. Lui staccò una mano dai miei capelli, la distese come per toccarle e loro si accorparono sul suo palmo. Mi si formò un nodo in gola. Era come se finalmente Zach fosse a casa. Lui più di tutti; era come se Kiridia lo stesse aspettando. Le luminae divennero sempre di più e diedi uno sguardo al di là dello strapiombo, oltre la sua testa. Rimasi senza fiato.
«Zach.» Lui mi rivolse uno sguardo dolce e mi posò un altro bacio sulle labbra. «Girati.» Spalancò la bocca quando vide un tappeto di luminae ondeggiare al suo cospetto come un enorme esercito luminoso. «Credo che ti stiano dando il benvenuto, futuro Aklèimas.»
Nei suoi occhi vidi meraviglia e paura, la mia. Quella dell'incubo che avevo fatto e che evidentemente non ero riuscito a celargli. Le luminae si fecero più turbolente e si avvicinarono a noi come a farci da scudo. Eravamo in un bozzolo di luce. Strinsi forte la stoffa che ricopriva il petto di Zach. Lui mi prese il viso.
«Non accadrà» sussurrò. «Ti giuro che non accadrà nulla di quello che hai visto.»
Lo baciai con tutta la disperazione che avevo e, per un istante, mi sembrò di rivivere lo stesso terrore di quella visione. Ma Zach era lì, bellissimo e con miliardi di luminae che assecondavano la sua energia. Il suo sapore mi scaldava la lingua e il battito del suo cuore risuonava dentro il mio, niente ci avrebbe mai potuto dividere. Lasciai scorrere le mani sotto la sua maglietta, dove la pelle era rovente. La paura svanì del tutto e rimase solo quel senso di libertà ed euforia a riempirci di meraviglia. Staccai le mie labbra dalle sue per riprendere fiato, poi mi crogiolai negli occhi d'oro di Zach. La mia aura brillava sulla mia pelle e si specchiava nelle sue iridi. Non avevo più timore di nasconderla. Ero a casa.
Zach mi accarezzò i capelli. «Non è vero allora, che a Kiridia non ci sono stelle.» Sorrisi e lui mi sfiorò la punta del naso con le labbra, io mi sporsi per rubargli un respiro e sussurrare sulle sue.
«Non osare prendere fuoco, Zachary Shawline. Devo ancora baciarti un altro po' e far capire alle luminae che sono il loro futuro Atrèias.»
Lui sorrise e riprese a baciarmi.
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