Capitolo 21 - Nathan


Cercai il diadema ma non lo trovai, le mie mani strinsero solo capelli, in una presa così forte da aggravare ulteriormente il mio mal di testa. Non riuscivo a vedere nemmeno l'oro delle mie ciocche, e mi ritrovai a esaminare un ciuffo ribelle che mi pungeva le palpebre per realizzare che fossi in me. Dolorante, esausto, nervoso, appoggiato a una parete che brillava di luce propria, ma ero nel mio corpo. Il bagliore rosa tenue dei cristalli, incastonati nel muro, scaldava e sbiadiva il celeste dell'abito tradizionale che indossavo. Lo tastai incredulo, lasciando scorrere le catene d'oro tra le dita; la stoffa era logora e sporca, come se quello che avevo addosso fosse solo la scheggia di un ricordo ormai quasi del tutto cancellato.

Lo stomaco mi si aggrovigliò. Non ero nella solita cella in fiamme, non sentivo il legame con Zach ed Eileen; nessuna brezza mi scorreva nelle vene, e l'unico battito che riuscivo a percepire era quello agitato nel mio petto. Con foga mi sollevai la casacca e cercai i marchi del bonding; il mio fianco era intatto, il mio petto liscio e senza aloni dorati a decorarlo. L'aria mi si fermò nei polmoni, non poteva essere.

Il talios illuminava tutto il corridoio di fronte a me; un percorso che, nonostante lo sfarzo dei preziosi fregi che lo decoravano, aveva le sembianze di un tunnel verso l'inferno. Forse lo era davvero. Poggiai una mano sulla parete e la luce si fece più intensa, la pietra reagiva alla mia presenza, era viva. Lo sguardo mi cadde sul polso scoperto, un'ombra a spirale lo avvolgeva fino all'avambraccio. Niente più ferita, niente più dolore, solo un marchio che forse mi sarebbe rimasto per sempre.

Andare a Kiridia con Eileen era stato un sogno a occhi aperti, volere di più era stato un errore. Voler sapere di più era stata la mia condanna. Ero solo, senza più il bonding, a Knephas. E ci ero andato di mia spontanea volontà.

Le lacrime stavano risucchiando quel poco di luce che mi brillava ancora dentro, qualcosa mi stava chiamando e quietando, come un veleno che ti risparmia il dolore e ti sussurra dolci parole ingannevoli. Il sibilo che stava cullando la mia mente disperata divenne un richiamo, i miei occhi si alzarono oltre i piedi e lo sguardo gelido e verde di un serpente mi rapì all'istante.

Strisciava calmo ed elegante nella mia direzione, facendo virare le sue squame azzurre al rosa della luce del talios. Le pietre delle pareti pulsavano al suo avanzare. E io lo fissavo, lo attendevo.

Potevo fidarmi, lo sapevo. Lo volevo.

Mi chinai a terra e tesi una mano verso il rettile. Lo accarezzai ricalcando le striature nero iridescente che gli solcavano la testa. Non esitò a strusciarsi sulla mia mano e iniziò ad arrotolarsi lungo il mio braccio. La sua pelle era liscia e fredda, ma tutt'altro che viscida. Setosa. Il suo movimento dolce e lento fu come una carezza che calmò per un istante il fuoco che mi bruciava dentro.

Cosa stavo facendo? Quello non era un serpente normale, era un jerah. La paura che potesse divorarmi non mi aveva nemmeno sfiorato fino a quell'istante. Si fermò e alzò la testa dalla mia spalla per fissarmi negli occhi. Non voleva mangiarmi, voleva qualcosa. Con la lingua biforcuta fece per indicarmi un'apertura nel corridoio. In apnea mi avvicinai e scostai la tenda di seta color porpora, ma trovai solo una parete. Il serpente si alzò dalla mia spalla e picchiettò il muso sul muro. Poggiai la mano e questo si tramutò in una porta.

Nella corte di Knephas non era usanza chiudere le entrate, gli ambienti erano così ampi e pretenziosi da non aver bisogno di tale privacy. Eppure qui le solite preziosissime tende non erano bastate. E non era bastato neanche un incantesimo di occultamento. Rabbrividii nell'essere consapevole di quella stranezza. Da quanto mi trovavo in quel posto?

Il jerah mi sibilò nell'orecchio e mi feci coraggio. Afferrai l'anello di cristallo incastonato nella porta di legno, e gli intarsi in talios brillarono evidenziando un intricato disegno dalle fattezze arabeggianti. Lo schiocco secco di una serratura fu accompagnato da un cigolio inquietante. Fui tentato di tornare indietro, ma il jerah percorse il mio torace e scese giù indicandomi la strada. La stanza era semivuota, spoglia, assolutamente estranea al contesto lussuoso e prezioso della Corte; un violoncello nero ne occupava il centro, e con lui uno sgabello sgangherato che avresti potuto rubare solo in qualche antica prigione.

La vista di un violoncello a Knephas mi disturbava, era un'anima prigioniera. Era questa la vergogna che la Corte nascondeva? Era così disdicevole possedere uno strumento musicale da doverlo relegare in una stanza chiusa?

Il cuore mi si gelò. Forse Zach avrebbe potuto suonarlo, chissà. Ma lui non era più il mio Legato. Avrebbe ancora voluto vedermi? Sapeva che io ero lì?

Il jerah raggiunse il violoncello e ci si avviluppò intorno; io lo seguii e sfiorai con un dito le corde dello strumento. Erano nuove, seppure la cassa e la tastiera fossero molto antiche. Qualcuno lo suonava, se ne prendeva cura.

«Ti prego, dimmi cosa significa.» Il jerah sibilò e mi sembrò che indicasse il violoncello. «Io non cerco questo, cerco una spada. Dramidia.» A quel nome il serpente scese rapido dallo strumento e strisciò a terra. Il suo muso si alzò a raggiungere il mio sguardo. I suoi occhi saettarono. «Tu sai di cosa parlo. Dimmi, dove posso trovare la spada?»

Il jerah sibilò qualcosa che la mia mente interpretò come un chiamala. Esitai per un istante, la voce mi tremava.

«Dramidia.» Mi sentii stupido e insignificante a reclamare una spada leggendaria. Il jerah si fece aggressivo, mostrò i denti affilati e si sporse di più nella mia direzione. Mi incitava?

«Dramidia, ti invoco.»

Non finii la frase che le zanne del serpente si conficcarono nel palmo della mia mano. Il dolore fu atroce solo per un istante. Fissai l'animale terrorizzato. Sarei morto, sarei morto senza risposte, senza Eileen. Senza Zach. Il Jerah sibilò con più intensità e mi fece segno di seguirlo verso l'uscita.

Guardai la mia ferita, non notai alcuna infiammazione, ma il sangue traboccò dal mio palmo. Appena una goccia sfiorò il pavimento, questo prese fuoco. Le fiamme si alzarono con violenza circondando il violoncello e poi allargandosi sempre più in una spirale. Il suo disegno era fatto per lasciarmi una via di fuga. Il jerah mi fece segno di seguirlo all'uscita, ma non potevo lasciare quel violoncello bruciare. Feci per tornare indietro e afferrarlo ma il serpente mi si aggrappò a un braccio e mi fissò.

Indietreggiai e rimasi fermo a vedere il legno nero deformarsi e le corde saltare come nervi scoperti di un corpo ormai perduto.

Io ero perduto.

***

«Non ora, Nathan. Svegliati.»

Aprii gli occhi e il peso del jerah sul mio braccio divenne quello della mano di Kikilia che mi strattonava. Mi misi seduto di colpo, con il cuore incastrato in gola. Avevo davvero sognato quelle cose?

«Tutto bene?» Kikilia mi tirò indietro i capelli e mi asciugò il sudore con un panno. Volevo solo alzarmi la maglia e controllare che i marchi del bonding fossero ancora lì, ma ero congelato dal terrore. Un senso di vergogna mi attanagliò lo stomaco e mi impedì di parlare. Non sarei riuscito a raccontare quella visione. Mi sentivo marcio solo ad averla potuta sognare. Era... troppo. Avevo rinunciato al bonding per vendermi a Knephas?

Il battito del cuore di Zach diede risposta alla mia domanda. Lo vidi fare capolino in camera mia, vestito di tutto punto.

«Stai bene?»

Annuii. «Sì, devo solo riprendermi.»

Kikilia mi lasciò un bacio sulla guancia.

«C'è stato un incendio all'hotel Palace...» disse cauto Zach.

Eileen lo prese sottobraccio e lo forzò a sedersi con lei sul fondo del mio letto.

«Non c'è stato un incendio, Eurias ha fatto una strage. Sta cercando qualcun altro, oltre Noah.»

Lo stomaco mi si chiuse. Afferrai l'asciugamano e me lo appesi intorno al collo. «Ok, mi cambio e andiamo a controllare.»

Zach mi accarezzò una gamba.

«Riposati. Siamo appena tornati, non è un bello spettacolo.»

«Non potevate svegliarmi? Siete andati senza di me?» Un vuoto mi scavò il petto. Ero stato escluso. Avvertii più vicino quel momento in cui il bonding non mi avrebbe più dorato la pelle. Zach ed Eileen si scambiarono uno sguardo sconfortato.

«Non sapevamo cosa avremmo trovato e tu sei suscettibile al tema incendi, in questo periodo.» Scostai la mano di Zach e mi alzai. Mi misi davanti alla finestra.

«Lo abbiamo fatto per te» aggiunse Eileen.

«Cazzate, avete paura che quel fighetto biondo stia cercando me.»

«Non sappiamo ancora nulla» fece Zach.

Gettai l'asciugamano sul letto e spalancai le braccia. Non riuscivo nemmeno a capire se fosse mattina o sera. Guardai il sole basso all'orizzonte. «Mi vuole? Bene, eccomi.»

Zach scosse la testa rassegnato. Eileen tirò fuori un cellulare e me lo mise in mano. «Guarda.»

Posai lo sguardo sullo schermo e il sangue mi si gelò nelle vene.

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