Capitolo 14 - Nathan


Heirwood, con il suo confine di alberi fitti e scuri, era un orizzonte proibito oltre la foresta dorata in cui ero immerso. Il vento mi sferzava il viso; mi feriva le guance e riempiva gli occhi di lacrime. Era difficile orientarsi tra la folta faggeta intorno al Palazzo della Luce; difficile anche non lasciarsi incantare dalla sua bellezza calda e aranciata del periodo autunnale, ma sapevo che quella tempesta era opera di Zach e dovevo trovarlo.

Dalla prima volta che lo avevo visto, il suo vento mi aveva accarezzato in un modo particolare, un modo che la mia pelle non aveva più smesso di riconoscere. Ne percepivo l'odore, più dolciastro della pioggia e, come diceva Elinor: con sentori simili a una foglia di eucalipto immersa in un bicchiere d'aranciata. Difficile da spiegare, facile da ricordare.

Era più di un'ora che Zach era fuggito. Era scappato come una furia appena gli avevano comunicato la perdita del suo fratellino, ancora nel grembo di sua madre. Demetra stava bene, si stava riprendendo, ma lui non lo sapeva. Era svanito prima che si risvegliasse, lasciando una tempesta di vento dietro di sé. Mi venne da ridere, a pensare che sarebbe bastato farmi arrabbiare un po' per scatenare pioggia e fulmini e aggiungere ciò che mancava alla tempesta di Zachary per renderla perfetta.

Mi strinsi forte il cappuccio della felpa sulla testa e il disappunto di mia sorella mi stirò la schiena. Avevamo scommesso su chi avrebbe trovato prima Zach, e a quanto pareva io ci ero molto più vicino di lei.

Una grotta, la più isolata e vicina al confine con Heirwood: sarei andato lì, se avessi voluto sparire dalla circolazione. Scesi giù per un piccolo dirupo, nascosto da un enorme faggio ingiallito. Sentii il vento farsi più ostile e respingermi.

Bingo. Lo avevo trovato.

Entrai nella grotta, quasi interamente nascosta da piante rampicanti. Mi tirai giù il cappuccio e mi godetti il calduccio umido che quel posto offriva. Il vento era cessato di colpo appena varcata la soglia, ma fuori sferzava ancora senza pietà.

«Zachary!» Feci qualche passo e mi addentrai ulteriormente. Era così buio che stentavo a vedere qualcosa, oltre la suola bianca delle mie scarpe da ginnastica. «Dai, Zach... esci? Tua madre sta bene.»

La mia voce rimbombò senza risposta. Provai a dare vita a un globo di luce tra le mie mani, ma ne uscì una vaga e precaria scintilla. Elinor ci riusciva senza problemi e non capivo proprio dove sbagliassi. Riprovai, ma nulla. Mi feci coraggio e, tastando la parete, andai avanti in cerca di Zach. I miei piedi inciamparono su qualcosa e un rumore graffiante e fastidioso mi fece stringere i denti. Il respiro mi si mozzò in gola.

«Vattene, Fabian. So che sei tu.» Mi voltai sperando di trovare Zach, ma vidi solo un debole bagliore proveniente dall'esterno. Come poteva riconoscermi in quel buio pesto? «Ti vedo. Ti sento.»

La sua voce mi guidò alla mia destra, in una piccola rientranza.

«Impossibile, è troppo buio. Hai tirato a indovinare» dissi avvicinandomi un po'. Non riuscivo a individuarlo, ma una presenza mi faceva formicolare la schiena e contorcere le viscere.

«Invece ti vedo. Hai una giacca rossa e il tuo cuore batte esattamente così.»

Il rumore secco di una pietra sul pavimento imitò alla perfezione ogni tonfo che sentivo corrermi nel petto. Il mio battito accelerò ancora di più dallo spavento. Come poteva percepirlo?

«Ma dove sei? Non ti vedo.»

«Vattene. Sei in pericolo con me, siamo troppo diversi.»

Feci qualche passo, seguendo di nuovo la sua voce. Era rotta dalle lacrime e qualcosa mi si strinse dentro in un nodo.

«Non ho paura.» Mi misi a carponi e andai avanti fino a incappare in un qualcosa di più caldo della fredda e aspra roccia. Mi ci aggrappai; era la gamba di Zach. «Eccoti!» Stava reprimendo i singhiozzi e smise di respirare appena lo tastai. Volevo vederlo.

Riprovai a creare la sfera di luce e questa si materializzò in un globo tremolante ma luminoso. Era luce calda, bella e... mia.

I dolci lineamenti di Zach furono scolpiti nell'ombra a massimo trenta centimetri da me. Sorrise appena tra le lacrime, ma quando si accorse del mio sguardo su di lui tornò serio e imbronciato.

«Vattene.»

«Ti stanno cercando ovunque.» Zach non rispose, si calcò il cappuccio in testa e mi guardò di sbieco. «Mi dispiace per il tuo fratellino, ma tua madre sta bene. Dovresti andare da lei.»

Cercai il suo sguardo ma lo puntò a terra. Le ciglia scure gli sfioravano le guance rosee celandomi i suoi occhi, ma la cascata di lacrime sul suo viso la vedevo benissimo.

«È colpa mia» borbottò, tra un singhiozzo e l'altro. Non lo avevo mai visto così fragile, avrei voluto abbracciarlo e stringerlo forte.

«No, non lo è. Nonna dice che sono cose che capitano, purtroppo.»

Zach tirò su con il naso e mi lanciò un'occhiata. Le lacrime avevano reso i suoi occhi dorati liquidi e ancora più grandi del solito, se possibile. Dentro di me mi vergognavo di non stancarmi di guardarli, ma forse era una cosa normale; forse incantare tutti era il dono di Zach. Dopotutto il cuore di mia sorella incespicava sempre, quando lui la fissava negli occhi. Sostenni lo sguardo, sperando di convincerlo.

«Non tornerò a casa. Se è questo che aspetti» disse lui.

Lasciai che la sfera luminosa fluttuasse in aria, sopra le nostre teste. Un formicolio delizioso mi danzò sulla pelle quando si staccò. «Allora resto con te.»

«No.»

«Faccio quello che voglio.» Mi sedetti accanto a lui e la sua attenzione si diresse verso un punto indefinito di fronte a noi.

«Non puoi restare» disse freddo. Lo imitai e appoggiai le spalle al muro dietro di me. «Non devi restare, Fabian. Io sono sbagliato. I miei sensi, i miei poteri: tutto sbagliato.» La voce di Zach era piena di un sentimento così sofferto che iniziai a percepirlo sulla mia stessa pelle.

«Non lo sei» dissi e il suo respiro si fermò di nuovo.

«Sono pericoloso.»

«No, non lo sei.» Cercavo i suoi occhi, ma restarono puntati sul suolo. «Non lo sei, Zachary.»

Finalmente alzò lo sguardo verso di me. «Ne sembri così sicuro...»

Creai una nuova goccia luminosa proprio davanti al suo viso. Si accigliò infastidito. L'affievolii leggermente fino ad avere i suoi occhi completamente aperti davanti a me.

«Ti vedo» dissi con un sorriso. Poi slacciai la zip della sua felpa e premetti il palmo della mia mano sul suo petto caldo. Zach trattenne il respiro e il rumore sibilante della tempesta si placò. «Hai un'orribile felpa verde e il tuo cuore fa esattamente così.»

Presi un sasso e imitai il ritmo frenetico del battito di Zach picchiettandolo sulla parete. Lui sorrise e io divenni più leggero.

«Vedi? Sono al sicuro con te, siamo uguali.»

Il pulsare caldo e veloce del suo cuore sul mio palmo era un'emozione che mi scavava a fondo nel petto. Una di quelle che Elinor avrebbe percepito a distanza, e di cui avrebbe preteso di scoprire l'origine. Lasciai scorrere la mia mano sulla spalla di Zachary.

«Non vuoi tornare a casa?» gli chiesi.

Lui scosse la testa. «Vedo al buio, sento il tuo cuore battere a metri di distanza. Quando ho i sensi così affilati vuol dire che non sto controllando i miei poteri.»

Mi accigliai. «Ma la tempesta è svanita.»

«Non è svanita. È una strana barriera che creo quando perdo il controllo. Fa sparire tutti i rumori che sono fuori dalla mia bolla. Isola anche gli effetti dei miei poteri.»

«Una bolla d'aria?»

«Penso di sì, non lo so. Ma è utile quando vuoi urlare e non farti sentire.» Zach frugò nella tasca dei pantaloni, poi tirò fuori un coltellino a scatto e una bustina contenente una polverina iridescente e cangiante. «Devo usare questa in certi casi, ma non mi piace tagliarmi, e si prende solo così.»

Rinvigorii la luce di fronte a noi per guardare meglio. Era kimash; era droga.

«Ma, Zach... questa roba è —»

«Illegale? Pericolosa? Lo so, ma mi serve, e nessuno deve sapere che la uso. Tua nonna sa tutto.»

Pericolosa, volevo dire pericolosa, ma il suo sguardo accigliato e disperato mi spezzò in due. Forzai un sorriso. «Bellissima. Volevo dire bellissima. Elinor se la spalmerebbe in faccia se la vedesse.»

Zach ridacchiò e i suoi occhi iniziarono ad aprirsi senza difficoltà alla luce forte della mia sfera. Afferrò il coltellino per tagliarsi e io lo fermai. Gli tolsi l'arma dalle mani e la poggiai a terra; presi anche la bustina iridescente e la infilai nella tasca della sua felpa.

«Non farlo.» Afferrai Zach per un lembo della manica e lo tirai verso di me. «Riposati.» Posai la schiena sulla parete e mi lasciai sprofondare verso terra per dargli la possibilità di appoggiarsi a me, ma lui si fermò a metà strada dal raggiungermi. I nostri occhi non si staccavano un istante.

«Non tagliarti, non voglio sporcarmi la felpa di sangue» dissi con un sorriso, notando le sue guance rosse. Zach si convinse e appoggiò la testa nell'incavo della mia spalla. Lo strinsi forte a me. Un po' per il freddo, un po' per il desiderio di sentire di nuovo quel contatto di poco prima.

Il rumore del vento tornò a riempirci le orecchie per qualche minuto, poi si affievolì. Il respiro di Zach si era fatto lento e profondo, gli occhi serrati e la bocca socchiusa. Era... bello. Non resistetti a non toccare i suoi capelli scuri e mossi. Al mio tocco aprì gli occhi e io avvampai. Il cuore mi batteva all'impazzata e lui lo stava sentendo. Deglutii per l'imbarazzo, poi gli feci quella domanda che mi stavo tenendo da diversi minuti.

«Posso entrare nella tua bolla, quando ho voglia di urlare?»

Zach chiuse gli occhi e sorrise.

***

Se proprio ci tieni.

«Zach!»

Mi svegliai di soprassalto, non c'erano fiamme a bruciarmi la pelle e il respiro del mio Legato sul collo era ancora vivido. Avevo sognato quel pomeriggio nella grotta solo una volta in tutta la mia vita. Una in cui Zach aveva ripensato a quella giornata tormentata. Il suo ricordo era diverso dal mio, le sensazioni che lo legavano a quel momento gli gelavano il sangue. C'era un pezzo mancante, qualcosa accaduto prima del nostro incontro che lo aveva segnato. Non ebbi mai il coraggio di chiederglielo.

Per me era stato un giorno magico. Ero riuscito a creare sfere di luce per la prima volta, ed era la stata la sua presenza a renderlo possibile. Il mio cuore si era reso conto di avere di fronte la sua anima gemella e me lo aveva voluto comunicare. Eravamo troppo piccoli per capirlo, ma le nostre sensazioni troppo forti e naturali per non cedergli.

Zach volava.

Aveva avuto il coraggio e la fiducia di mostrarmi il kimash che usava a sette anni e non mi aveva detto questo. Perché si ostinava a proteggermi dai suoi problemi?

Un rumore rimbombò al piano di sotto. Qualcuno aveva fatto cadere qualcosa di pesante e metallico. Kikilia si rannicchiò tra le lenzuola del mio letto. Afferrai il pugnale e, senza far rumore, uscii dalla stanza.

Scesi le scale e l'unica luce accesa mi guidò in cucina. Trovai Sua Altezza che si guardava intorno con aria furtiva.

«Sei tu.»

Artemis fece un balzo e mi puntò il kindjal alla gola. Feci in tempo a fermargli il polso. «Cristo, Nathan!»

«Bel pugnale.»

Artemis mi squadrò dal mento in giù e serrò i denti alla vista dei miei boxer. Si allontanò di colpo. «Ho sentito un rumore e sono venuto a controllare, ma non c'è nessuno.»

«Vado a controllare in armeria» dissi.

«Già fatto, non c'è nulla» disse Louise, entrando in cucina con una t-shirt oversize. «Però lo sgabuzzino non si apre. Si è incastrata di nuovo la serratura.»

Zach. Si era chiuso dentro, ancora.

Louise guardò Artemis. «Dove vai così agghindato?» Era pronto per uscire, con una giacca militare dalle vistose catene e profili dorati; i pantaloni, neri e pieni di tasche, sarebbero stati perfetti per ospitare armi, ma avrei scommesso che non ne stesse portando in giro nemmeno una. La ramanzina di Clodia non lo aveva fatto desistere dalla sua vita notturna. A volte pensavo che Artemis odiasse non essere umano.

«Non sono agghindato.»

Louise sorrise. «Hai la giacca figa, quella che ti fa rimorchiare.»

«L'altra è sporca di sangue. E comunque torno subito.»

Lo sguardo di Louise divenne malizioso.

«Va bene. Lascio la porta aperta. Notte, Nathan» poi andò via.

«Notte.» Trattenni una risata. «Ah, è così che funziona tra voi? Lascio la porta aperta...» Sua Altezza mi fulminò con lo sguardo mentre frugava in uno scaffale «Grazie, per oggi, in Parlamento.»

Continuò frugare nelle credenze, non riusciva a trovare quello che cercava. Sbuffò. «Non devi ringraziarmi. Non siamo amici.»

«Ci hai coperti.»

I suoi occhi scuri mi puntarono. «Non so cosa state tramando, e cosa cercavate al Mandy's Bordello, ma se mi escludete un'altra volta dai vostri loschi affari, spiffero tutta la verità in pieno Parlamento.»

Lui fece per andarsene e io gli bloccai un braccio. «Quando smetterai di farci la guerra, Artemis?» I suoi occhi verdi erano davvero belli, ma durarono solo un istante prima di tornare scuri. Era la prima volta che riuscivo a vederli da vicino. Forse era perché c'era sempre odio nel suo sguardo quando si rivolgeva a me.

«Lo sogni d'oro o d'argento, Fabian? Non ce lo vedo un grado più basso al polso di un Ashtide.» Alle sue parole mi si gelò il sangue. Socchiusi gli occhi e lui si staccò dalla mia presa. «Buonanotte, raggio di sole

***

Mi assicurai che non ci fosse nessuno in corridoio, poi presi il piede di porco che che Louise teneva nel vaso dell'ingresso per eventuali ospiti indesiderati. Feci leva tra la porta dello sgabuzzino e la sua cornice. Non era la prima volta che Zach ricorreva al vuoto per isolarsi lì dentro, e visto che non poteva sentire alcun suono, l'unico modo per raggiungerlo era scassinare la porta. Senza farmi accorgere dagli altri, possibilmente.

Dovetti ricorrere a parecchia forza in più del solito, ma alla fine si aprì. Produsse lo stesso rumore che avrebbe fatto aprire un gigante barattolo di marmellata sottovuoto.

Era buio. Sorrisi pensando al sogno che avevo fatto poco prima e, per un istante, desiderai di tornare a quel giorno, quando ancora tutto doveva accadere. Quando la chiave non era ancora nei nostri pensieri e io ed Elinor avevamo una famiglia.

«Lo so che sei qui.» Zach non rispose. Feci qualche passo avanti e subito inciampai su qualcosa.

«Attento, è pieno di roba per terra. Si è rotta la libreria» disse Zachary.

Mi fermai e mi appoggiai con una mano alla scala, addossata alla parete alla mia destra. Creai una sfera di luce, come quella della grotta, e mi avvicinai a Zach. Lo stanzino era un putiferio di libri, cartelline e gingilli buttati ovunque. Lui era seduto a terra, con i capelli più spettinati del solito e il naso rosso dalle lacrime. Un rivolo di sangue gli rigava la fronte. Mi guardò con gli stessi occhi confusi e bellissimi di quel pomeriggio di tanti anni prima e il mio viso fu scaldato da un sorriso.

«Ti vedo» dissi, lasciando galleggiare la sfera tra i nostri visi. «Ti sento.» Le labbra di Zach si curvarono all'insù. «Indossi la solita noiosa-ma-figa giacca borchiata, e il tuo cuore fa esattamente così.» Con un sorriso replicai il suo battito sulla spalla. Stavolta non era solo lui a poter percepire il mio. «Cavolo, batte così veloce per la mia irresistibile presenza, vero?»

Il sorriso di Zachary si allargò e i suoi occhi brillarono. Strinse la mia mano e se la portò sulla guancia. Era umida e calda. Mi chiesi da quanto tempo stesse piangendo lì dentro. Tolsi qualche libro dal pavimento e mi inginocchiai di fronte a lui. Vidi la bustina di kimash intatta alla sua destra. Fu come una coltellata.

Zach mi riprese la mano e intrecciò le sue dita alle mie. «Perdonami. Volevo dirtelo.»

Un sorriso sghembo mi curvò la bocca. «No, non volevi dirmelo. Tu e la tua mania di tenermi fuori dai problemi... Ora per farti perdonare dovrai farmi fare almeno un piccolo volo.» Guarii la sua ferita con una carezza.

«Grazie» disse guardando in basso. Poi sospirò. «Vorrei tenerti fuori dai miei problemi. Ma non ci riesco. Vorrei darti non so cosa, Nathan, ma sono un disastro anche a tenerti fuori dai casini.» Il dolore che stava provando era una corazza che mi stringeva il petto.

Iniziai ad accarezzare le dita del mio Legato in tutta la loro lunghezza. Una a una, con delicatezza, soffermandomi sui polpastrelli della sinistra, induriti dalle tante ore a suonare il violino. «Se tu sei un problema, Zach, allora vorrei non smettere mai di averne. Vorrei essere il re dei problemi. Affogarci dentro, come Artemis.»

Zach ridacchiò poi mi scostò una ciocca di capelli dal viso con un gesto dolce e attento. «Le tue dichiarazioni d'amore peggiorano di giorno in giorno.» Poi la sua carezza scese più giù arrivando alle mie labbra.

«Il mio cuore sa parlare meglio di me» dissi, baciandogli le dita. «E si sente freddo, vuoto e spento, ogni volta che ti chiudi qui dentro e mi tagli fuori dalla tua testa.»

Fui io a sfiorare le sue labbra rosse. Avevo una tempesta nel petto, come ogni volta che la mia pelle sfiorava quella di Zach qualche secondo di troppo. Lui avrebbe voluto darmi non so cosa; io avrei voluto dargli tutto. Ogni atomo che mi componeva, ogni mio respiro o pensiero, qualsiasi cosa in grado di alleviare quel dolore insopportabile che si portava dentro. Lanciai un'occhiata alla bustina di kimash.

«Ti prego, non farlo. Non spegnerti.»

Zach scosse la testa poi distolse gli occhi dai miei.

«La libreria, l'ho distrutta io. Ho fuso le travi perché le ho strette mentre ero arrabbiato.» Le lacrime cominciarono a scendere sul suo viso. Gliele asciugai ancor prima che potessero rigargli di nuovo le guance.

«Non importa, è solo una libreria. Quante volte è successo a Kiki, o ad Artemis? Il fuoco ha i suoi effetti collaterali.»

Alzò gli occhi e mi guardò. «Ho passato una vita a cercare di controllarmi, ho imparato. Ma reprimere tutto questo è una tortura. Io a volte... non voglio reprimerlo. Io sono questo. Sbagliato, sì, ma sono io.» Mi sentivo impotente e distrutto. «Vorrei poterlo essere.» Zach si passò una mano tra i capelli ribelli. «Non puoi immaginare come sia bello, volare nel cielo. Sentirsi liberi.» Mi sporsi e baciai ogni lacrima sulle sue guance. Una a una, e ne sentii tutto l'amaro in bocca. Poi gli presi il viso tra le mani.

«Non devi annullarti, Zach. Perché non lo capisci? L'Élite sbaglia.»

«Invece sì. Se ricominciassi a prendere il kimash i tuoi incubi smetterebbero. Perché non sono incubi, Nathan: sono visioni. È il mio potere. La chiave ha annullato i confini dei nostri doni e li ha potenziati.

E se i miei fossero attenuati non proverei questa smania di voler staccarmi da terra ogni due minuti, ed Eileen non riuscirebbe a manipolare il tempo anche senza toccar —» Mi fiondai sulle labbra di Zach e lo baciai. Lentamente e con tutto l'amore che sentivo straripare dentro di me.

Io ti amo, Zach.

Non riuscii ad aspettare di staccarmi dalle sue labbra per dirglielo a voce. I suoi occhi mi guardarono in silenzio solo per un secondo, poi la sua bocca si riunì alla mia in un bacio ancora più profondo. I nostri respiri affannati e sospesi si mischiavano alla brezza fresca che mi accarezzava il viso. Le mie mani risalirono per le braccia di Zachary e le borchie fredde della sua giacca mi graffiarono i palmi dalla foga di stringerlo.

Non spegnerti. Perché se ti spegni tu, io mi eclisso.

Zach si staccò un secondo, i suoi occhi erano pieni d'amore e desiderio. Mi passò le mani tra i capelli e mi baciò di nuovo. Si lasciò scivolare la giacca dalle spalle; gliela tolsi e mi misi a cavalcioni su di lui. Le sue iridi erano un sottile cerchio d'oro fuso e brillante nel buio liquido delle sue pupille. I brividi mi incresparono la pelle e fecero incespicare il mio cuore come quello di un dodicenne. Poter stringere Zach, baciarlo, adorarlo, vedere il piacere togliergli il respiro... era la mia cura a ogni cosa.

Mi prese le labbra tra le sue e le succhiò. I brividi mi fecero tremare lo stomaco. Si strusciò sul mio bacino, con un gesto così timido e goffo da farmi perdere il controllo. Sentii tutto il suo desiderio e il mio cuore divenne un tamburo impazzito nel petto.

«Farò qualsiasi cosa per non farti smettere di brillare, Nathan Ashtide» disse lui al mio orecchio.

Afferrai Zachary con foga, lo strinsi forte a me tirandolo per le tasche posteriori dei jeans. Non era ancora abbastanza vicino, non lo sarebbe stato nemmeno se ci fossimo fusi in una sola massa incandescente. I suoi baci scesero sul mio collo. Mi arpionai alla sua nuca e lo guardai negli occhi.

«Quella volta, nella grotta, riuscii per la prima volta nella mia vita a fare una sfera di luce. Ci riuscii per te. Perché desideravo vedere i tuoi occhi in quel buio pesto. Tu sei luce per me, anche se ti vedi oscurità.» Zach mi baciò di nuovo mentre le sue dita mi accarezzavano i capelli e il petto. Lo stomaco era un groviglio pesante nel mio addome. «Quella volta...» dissi, tra un bacio e l'altro, «nella grotta,» gli tolsi la maglia e lo baciai sulla clavicola «volevo baciarti. Volevo toccarti.» La mia voce era un sussurro sul suo collo, i nostri cuori erano uniti in un solo battito forsennato. Tanti piccoli e umidi morsi risalirono su tutto il collo del mio Legato. Il suo sapore dolce e familiare mi creava dipendenza. Le dita di Zach affondarono sulla mia spalla e mi tirarono di più a sé.

«Il cuore, quella volta, mi batteva forte perché vedevo te.» Mi sussurrò all'orecchio e rabbrividii di piacere. «Eravamo due ragazzini, eppure... volevo te.» Mi resi conto del bagliore che illuminava la mia pelle come polvere di stelle. Lo trascinai ancora di più contro il mio corpo, tutta quella stoffa a dividerci era una tortura. Posai la fronte su quella del mio Legato. Eravamo così eccitati che le parole non uscivano più. Sorrisi e affievolii la sfera di luce che galleggiava ancora sopra le nostre teste.

Lasciati andare, Zach. Non ci sente nessuno.

Esitò un istante, poi mi prese per i fianchi e mi baciò. L'altra mano risalì dalle mie natiche lungo la spina dorsale, fino ad affondare nei miei capelli. Mi afferrò e in un istante mi spinse contro la porta. L'impatto fece traballare e poi cadere un altro pezzo di libreria. Si sarebbero svegliati tutti se non ci fosse stata la barriera di vuoto a isolarci dal mondo.

Ero piacevolmente intrappolato dal suo corpo, sorrisi quando mi resi conto di non toccare terra.

«Oh, sì, Zachary Shawline. Intendevo proprio questo con piccolo volo.» Avvolsi le gambe intorno ai suoi fianchi e con la lingua cominciai a disegnare tante piccole onde nella fossetta del suo collo, risalii e lo assaporai mentre i suoi respiri diventavano gemiti. La brezza fresca, che mi accarezzava ovunque, si fece calda e mi diede la sensazione di avere le labbra di Zach in ogni punto in cui la mia mente le avrebbe volute.

La sua mano scivolò nei miei boxer. Mi dimostrò di essere la mia anima gemella dal modo in cui mi toccò: senza darmi modo neanche di respirare dal piacere. Il fuoco mi bruciò nelle vene e si mescolò al potere dell'aria che già danzava con la mia essenza. Accarezzai il marchio del bonding che ci univa, scintillante sulla sua pelle. Lo baciai, lo leccai, e così ogni centimetro del petto di Zach. I suoi occhi erano annebbiati dal piacere, e l'adrenalina che avevamo in circolo anestetizzava ogni sensazione negativa.

Gli slacciai i jeans, e quei bottoni mi ferirono le dita dall'impazienza. Zach si alzò ancora di più da terra e mi fece sedere sull'ultimo gradino di una vecchia scala. Sotto di noi sembrava essere scoppiata una bomba.

«Il Responsabile non sarà contento di questo disastro» sussurrai con un ghigno stampato in faccia.

Zach staccò le labbra dal mio petto e sorrise. «Invece credo proprio di sì.» Quel suo sorrisetto innocente, mentre le sue mani giocavano tra le mie gambe, mi mandava fuori di testa. Stavo per venire, gli fermai il polso e gli presi il mento per avvicinarlo; lo baciai. Lo baciai ancora e poi di nuovo. Lentamente e godendomi tutta quell'estasi che ci stava bruciando il cuore. Gli tolsi ogni cosa di dosso.

Zach galleggiava nell'aria, nudo e perfetto come un angelo dipinto da Raffaello, mentre il vento gli agitava i capelli; e non mi importava se a fare da sfondo c'erano vecchie tute da sub o il salvagente di Barbie che Louise si portava in vacanza ogni estate, io vedevo solo un coro di cherubini danzarci intorno.

Percorsi con le dita ogni lineamento di Zach, ogni curva del suo collo, candido e pulsante; lasciai che la mia lingua disegnasse le linee nette dei suoi addominali e gli baciai l'ombelico. Lo succhiai mentre lui tratteneva il respiro. «Cielo, Nathaniel...»

Quando scesi ancora e intuì le mie intenzioni, Zach perse un po' quota. Lo afferrai per i fianchi e gli permisi di appoggiarsi alla scala. Ridacchiai e lui arrossì. Quel suo imbarazzo mi faceva impazzire. Scesi di un paio di scalini mentre i suoi occhi dorati mi seguivano senza sbattere le palpebre. Tracciai una fila di baci lenti e dosati lungo tutta la linea che mi portò a destinazione. La sua espressione era desiderio puro. Non lo feci attendere; un altro secondo a guardarlo fremere, e avrei chiuso i giochi molto prima di lui.


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