Il Protetto.

Il ragazzo guardava con occhi sbarrati la donna castana.
Diede due colpi di tosse e per far distogliere gli sguardi della gente sull'autobus da lui balbettò
"S-scusate ho pensato di vedere un calabrone...scusate"
E diede altri due colpi di tosse, sedendosi composto.
"Chi sei tu?"
Pensò il biondo guardando Evenit.
"Mi chiamo Evenit, e da oggi sono il tuo Guardiano. Il mio compito è proteggerti anche a costo della..."
Si bloccò. No, ciò che stava per dire non aveva assolutamente senso.
"Lascia stare. Hai capito il concetto. Credo."
Cercò di cambiare discorso imbarazzata.
Vide che il giovane soffiò una risata, guardando in basso.
Evenit si adirò.
"Ascolta ragazzo, mettiti nei miei panni, io non ho a che fare con i mortali da cinquecento anni, è ovvio che è difficile per me-"

"Aspetta, cosa?"
La interruppe il ragazzo, tappansodi la bocca subito dopo, ricordandosi che solo lui poteva vederla e sentirla.

"Shhh!!"
Gli intimò Evenit.
Sentì il biondino scusarsi mentalmente.
Per lui tutta quella situazione era più che assurda, e quasi si stava iniziando a chiedere perché stesse credendo a tutto ciò.
"Ma quindi tu cosa sei? Una sorta di Angelo Custode?"
Le chiese mentalmente.

"Una sorta, sì. Ma non sono un angelo, sono uno Spirito."
Gli spiegò guardando davanti a sé.

"Quindi sei un fantasma?"
Domandò con la mente lui, senza ricevere risposta alcuna.

Evenit si stava guardando intorno con aria curiosa.
"Quindi è questo un Autobusso."
Esclamò erroneamente lo spirito.
Il ragazzo si schiaffeggiò la fronte e iniziò a ridere.
"Autobus!"
La corresse il giovane.

Imbarazzata, Evenit si sistemò i capelli davanti all'occhio sinistro guardando in basso.
"Senti, io non me li ricordo questi apparecchi nella mia epoca. Non prenderti gioco di me. Ho centinaia di anni in più di te e non è educato."
Cercò di giustificarsi balbettando impacciata.

"Va bene, scusa, scusa"
E alzò le mani in segno di resa, decidendo poi di ignorare la donna per tutto il tragitto in pullman.
Glielo disse con la mente, "è meglio se parliamo quando arriveremo a casa mia".

E dopo aver ascoltato quelle parole, lo spirito annuì e si smaterializzò nel nulla.
Sarebbe sicuramente riapparsa una volta arrivato a destinazione, pensò il ragazzo mettendosi le auricolari.
"Questa poi...ho un fantasma custode personale."
Si disse sistemandosi il berretto sulla testa.

Quando l'autobus arrivò al capolinea, a qualche isolato da casa sua, Josh si rimise lo zaino in spalla e scese dal veicolo, incamminandosi nel vialetto alberato che conduceva alla sua abitazione.
Con la musica sparata nelle orecchie e la testa vuota, il biondo quasi si dimenticò del fantasma che aveva appena conosciuto, infatti una volta percorsa la salita che portava ad una serie di villette a schiera, quasi si spaventò di trovare la donna col cappotto grigio e la sciarpa corallo davanti casa sua.

Lei appena lo vide lo salutò con una mano, e lui, avvicinandosi velocemente verso la porta d'ingresso, alzò imbarazzato una mano facendole un cenno.
"Ti aspettavo, sai?"
Gli disse Evenit seguendolo verso l'uscio.
Il ragazzo tirò fuori da una tasca un mazzo di chiavi, e con quella più grossa ci aprì la porta.
"Ehm...benvenuta a casa mia."
Lanciò il mazzo di chiavi in un piatto di coccio su un grande comodino accanto all'ingresso.
Josh si tolse le scarpe e le mise accanto al comodino, poi si sfilò il giacchetto azzurro e il maglione nero, mettendoli distrattamente su un appendiabiti.
Il giacchetto, che si reggeva a malapena dal cappuccio, cadde al suolo, ma al ragazzo non sembrava essersene accorto.
Si era già fondato su per le scale, lasciandosi lo spirito indietro.
Prima di scomparire al piano di sopra si fermò e disse rivolto a Evenit
"Non so, fa come se fossi a casa tua, basta che non mi crei casini, ecco. Se vuoi raggiungimi in camera mia." poi finì di salire le scale.
Anche se subito dopo riscese dove era prima aggiungendo
"Ah già, mi puoi raccogliere il giacchetto per favore?"
Poi sparì al secondo piano.

Evenit era molto confusa.
Pensò di raggiungerlo in camera una volta messo apposto il giacchetto come le aveva richiesto.

Sperò solo che non iniziasse a trattarla come una specie di schiavetta personale.

Evenit si materializzò al piano superiore, ritrovandosi davanti a circa cinque porte chiuse. L'ultima in fondo a destra era aperta, e capì si trattasse della camera del suo protetto.
"Josh, posso entrare in camera?"
Disse affacciandosi alla porta.
Lui le fece cenno di accomodarsi.
Si era cambiato i vestiti.
Ora indossava una maglia nera con grandi strisce arancioni sul colletto e sui pizzi delle maniche.
Poi dei lunghi e pesanti pantaloni grigi con dei lacci per allentarli o stringerli.
Aveva appoggiato la maglietta e i Jeans che indossava prima sullo schienale di una sedia vicino al letto. Sul sedile invece vi era il suo berretto con i pon pon.
I suoi capelli erano tutti schiacciati e spettinati.

Lo spirito ispezionò la camera, curiosando la scrivania piena di fogli, quaderni, libri e piccoli oggetti che sicuramente non avevano un posto fisso in quella cameretta.
Il letto, abbastanza rialzato, era un vero disastro.
Il lenzuolo era stropicciato e spiegazzato in un angolo, e il copri materasso era sfilato da un angolo.
C'era una finestra piuttosto grande che si affacciava sulla villetta accanto.
Sui muri vi erano una moltitudine di poster, fotografie e targhe con nomi sconosciuti.
Evenit non aveva mai visto qualcosa del genere.

"...Che sono i Foo Fighters?"
Chiese leggendo una della numerose targhe dai caratteri appariscenti.

Josh alzò lo sguardo dall'apparecchio luminoso, lo stesso che utilizzava alla fermata dell'autobus.
"E quello che hai sempre in mano che cos'è?"
Chiese indicando il parallelepipedo.

"Non conosci i Foo Fighters? Sei seria?"
Gli chiese incredulo.

Evenit in risposta incrociò le braccia e lo guardò torva.
"Ti ricordo che non sto a contatto con la realtà mortale da ben..."

"Da cinquecento anni, sì, hai ragione."
Completò la frase al posto suo, facendo ciondolare la testa da una parte all'altra, come se fosse una cantilena.

"Appunto. E poi nessun fantasma me ne ha mai parlato."
Aggiunse ritornando a guardare le targhe e i poster.

"Che bello questo disegno! Non credo di aver mai visto uno stile di dipinto del genere.
Certo che queste persone sembrano essere parecchio malvagie, con quegli occhi neri e rossi...
Poi che vuol dire 'Tokyo Ghoul'?'

"È un cartone animato giapponese. Uno dei miei preferiti. Peccato per la seconda stagione, che non segue per niente il manga originale..."

Vedendo l'espressione confusa e assente della donna, il ragazzo interruppe il suo sproloquio, un po' in imbarazzo.

"...Scusa. Non credo che tu abbia capito qualcosa di ciò che ho appena detto. Vero?"
Si grattò la nuca risedendosi sul letto.

"Ehm...no, non ho capito una singola parola. Mi puoi spiegare cosa sono i cartoni animati, i manga e che cosa intendevi per 'seconda stagione'?"
Chiese con viva curiosità la castana, sistemandosi il ciuffo davanti l'occhio.

Josh, che aveva lo sguardo abbassato sul pavimento, immerso in mille pensieri, alzò gli occhi e disse con insolita fermezza
"Certo, ti spiegherò tutto quello che so sul mondo moderno dei mortali. Ma tu, in cambio, risponderesti a delle mie domande sul tuo mondo?"

Evenit esitò a rispondere.
Si chiese se fosse proibito rivelare agli umani cosa ci fosse nell'aldilà, e di spiegare le varie dinamiche del suo universo.
Ma Oddvar non le aveva detto niente in proposito, quindi non vide motivo per soddisfare la curiosità del suo protetto.
Si diede dei limiti mentalmente. Non gli avrebbe raccontato per filo e per segno tutto ciò che accadeva laggiù. Qualche punto di domanda lo avrebbe lasciato.

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