Capitolo Quarto
E chiedo scusa,
lo chiedo ancora,
ti chiedo
Scusa.
Il vento la sospinse in avanti e la presa che le altre due voci avevano imposto sul suo corpo venne lasciata.
Ella mi guardò.
Poi, con un gemito, cadde in ginocchio, si schiantò sulla terra ruda e spoglia dove anch'io soffrivo.
Volse il viso verso di me, alzando il capo. Quell'anima innocente s'era accorta della mia insignificante esistenza ed ero conscio che avrei, purtroppo, occupato parte della sua memoria per lungo tempo. Finchè non sarebbe stata più forte del Nero che aveva preso pure me, sarei rimasto nei suoi ricordi.
La mia immagine l'avrebbe fatta star male.
Perché esistevo? Dovevo smettere di pensare, e magari avrei anche cessato d'essere, d'esistere. Per colpa mia quella creatura stava soffrendo, o avrebbe sofferto a breve.
Ma come? Come smettere di guardarla, di pensarla? Gli occhi mi s'erano incatenati ai suoi.
La rabbia la stava attraversando, potevo vedere i suoi muscoli facciali contrarsi in un broncio, mentre mi guardava.
Socchiusi gli occhi e voltai il viso verso il cielo, spezzando quelle catene che si erano formate tra di noi.
Lei non mi voleva, mi odiava, e la odiavo anche io. Non la conoscevo, ma la odiavo.
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