7. La nave
Quando Kaz si rese conto che l’unica via per proseguire era facendo uno scivolo d’acqua, non riuscì a non sbuffare.
«Ancora acqua. E non semplice acqua, uno scivolo d’acqua.» sbuffò. «Che siamo, in un parcogiochi?»
«Un parco giochi assolutamente letale, oh sì, mi piace.» disse Jesper. Sorrise a Kaz, poi entrò in quella specie di scivolo, si diede la spinta e lasciò che l’acqua lo portasse via di lì.
«Ne ha di fegato, senza la torcia è buio pesto!» esclamò Matthias.
«Noi due scendiamo insieme?» chiese Nina facendogli gli occhi dolci.
Poco dopo anche loro andarono, Nina seduta tra le gambe di Matthias. Wylan li seguì, prendendo la rincorsa. Inej poté giurare di aver visto sul suo volto un sorriso allegro. sul volto.
Rimasero in due. Kaz fissò l’acqua come fosse in realtà acido corrosivo, poi guardò Inej, come per chiederle qualcosa.
«Sputa il rospo, Kaz.» disse lei.
«Possiamo scendere insieme?»
Inej annuì. Si sedette nell’acqua, la torcia nella sua mano sinistra, e rimase sorpresa quando Kaz si sedette davanti a lei.
«Non far domande.» mormorò.
«Va bene. Tieniti.» disse dandosi una spinta con le gambe e la mano libera. Iniziarono a scivolare, la luce della torcia che illuminava il percorso.
Jesper perse il conto delle volte che ruotò su sé stesso mentre scendeva al buio. Poi vide una luce, la stessa che videro Nina e Matthias con gli occhi socchiusi e Wylan mentre era distreso con le mani a proteggersi gli occhi dagli schizzi.
Infine uscirono dai tubi e caddero in una specie di enorme lago sotterraneo. L’acqua non era eccessivamente alta, nonostante ciò presero tutti un infarto appena atterrarono.
Jesper si rimise in piedi tossendo e per poco non venne investito da Wylan, che cadde dietro a lui e lo fece quasi cadere di nuovo. Matthias riuscì ad atterrare in piedi senza che le mani finissero in acqua, mentre Nina finì sotto la superficie con uno strillo. Kaz e Inej finirono in acqua entrambi; appena la ragazza riuscì a rialzarsi, tirò su l’altro quasi a viva forza.
Infine, appena tutti furono in piedi, guardarono lo stesso punto con la stessa espressione incredula.
Davanti a loro, ancora in piedi nonostante l’età, c’era una nave pirata. Un’enorme, reale nave pirata.
«Per tutti i Sankti...» mormorò Inej, il braccio di Kaz attorno alle spalle mentre lo sorreggeva.
«Porca miseria.» fece Wylan incredulo.
«Che stiamo aspettando? Forza, saliamo!» urlò Jesper iniziando a nuotare verso la nave.
Arrivare lì e salire impiegò ai ragazzi almeno dieci faticosi minuti, durante i quali nessuno fece commenti sulle pessime condizioni di Kaz, che venne trascinato da Inej fino alla scaletta. Bastò però arrivare in cima a quest’ultima fin sul ponte che anche lui si riprese.
La nave era esattamente come uno si immaginava una nave pirata: di legno, piena di corde, casse e botti, con grate sul pavimento e dall’aria pericolante. Gli alberi erano ancora interi, le vele spiegate sebbene sgonfie per assenza di vento.
Inej accarezzò la balaustra e andò fino al timone, guardando con sorpresa e interesse lo scheletro di quello che un tempo doveva essere stato il timoniere.
«Cavoli, è una nave vera. So che è così ma non riesco a crederci.» fece Wylan esprimendo i pensieri di tutti.
Jesper salì sulla grata e guardò di sotto con interesse; se così non fosse stato, non sarebbe riuscito ad atterrare accovacciato appena essa, di legno ormai marcio, crollò sotto il suo peso.
«Jesper!» esclamò Nina affacciandosi.
«Che spavento! Sto bene, sto bene, tranquilli.»
«Ah, lì ci sono le scale.» disse la voce di Kaz, fuori dal campo visivo del ragazzo. Un minuto netto dopo, i sei ragazzi furono tutti insieme al piano inferiore. Si divisero e si guardarono attorno, osservando la nave come fosse un’attrazione turistica.
Fu Nina, per puro caso, a far scattare il meccanismo che aprì la botola sulla sua testa e la fece ritrovare coperta di sabbia.
«Che schifo, odio la sabbia addosso quando sono fradicia.» si lamentò. Kaz la ignorò e le andò accanto, alzando lo sguardo verso le assi di legno soprastanti.
«Matthias, riusciresti a romperlo?» chiese.
«Non con le mani che ho ora. In compenso posso alzare su qualcuno.» rispose lui, attribuendo allo shock termico e agli abiti bagnati il motivo per cui lo aveva chiamato per nome.
«Lo sfondo io allora.» disse Inej.
Matthias la alzò senza sforzo e lei sfondò il legno marcio senza troppe difficoltà, poi si issò oltre il bordo.
Per un momento nessuno udì nulla. Nina da sotto chiese: «Inej? Tutto apposto? Cosa c’è là sopra?»
«Non avete idea, ragazzi, non avete proprio idea...»
Una scala venne messa in collegamento tra i due piani. Quando tutti furono su, poterono ammirare con lei lo spettacolo.
C’erano soldi, gemme, preziosi ovunque. Erano tutti su un tavolo, sotto i loro occhi, circondati da scheletri seduti su sedie. Non che essi avessero ricevuto più di un’occhiata, in effetti.
«Spero abbiate un bel po’ di tasche interne, perché credo le riempiremo presto.» disse Kaz guardando tutto quell’oro. Forse era valsa la pena rischiare lo svenimento in acqua per quello.
Dopodiché iniziarono a riempirsi le tasche di preziosi. Wylan non aveva tasche, quindi lasciarono a lui le collane, gli anelli, i bracciali e le corone, mentre gli altri si appesantirono le tasche.
«Non posso crederci. Quelle leggende erano tutte vere e ora stiamo vedendo un sacco di oro. E Willy l’Orbo in persona.» disse incredulo Jesper, mettendosi accanto allo scheletro di Willy l’Orbo come pronto a fare una foto.
«Dovrò convertire in kruge tutto questo, ma lo farò con molto, molto piacere.» disse Kaz, respirando estasiato con gli occhi chiusi come se i soldi per lui avessero un profumo.
«Dovremo anche pensare ad uscire di qui.» osservò Matthias, esaminando uno specchio dorato.
«Credo invece che a questo non dovrete pensarci affatto.»
I sei si girarono all’unisono verso la porta d’entrata della cabina, che con la caduta di Jesper nessuno aveva pensato ad aprire.
Jan Van Eck era davanti all’entrata, un sorriso maligno sul volto.
«Portateli fuori, voialtri. Una volta sistemati, ci occuperemo del tesoro. E tu, Wylan… ottimo lavoro.»
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