Capitolo Tredici
Non siamo affini, io e la vita.
-D
***
Quando scatta la suoneria del cellulare sono già sveglia. Di solito sono mattiniera ma raramente mi capita di svegliarmi così presto.
Alle cinque del mattino avevo già gli occhi sbarrati e per un momento sono andata nel panico perché non capivo dove mi trovassi, senza le familiari stelline luminose attaccate al soffitto mi sentivo disorientata. Solo dopo qualche minuto mi sono ricordata di tutto ma questo non è bastato a tranquillizzarmi. Al contrario, una miriade di pensieri mi hanno tenuta con gli occhi incollati alla finestra fino alle sette del mattino.
Con grande sollievo mi alzo dal letto e mi preparo cercando di fare meno rumore possibile, forse Seth sta ancora dormendo e dato che la sua camera è attaccata alla mia sono sicura che si senta tutto.
Giro la chiave della porta di camera mia ed esco in punta di piedi, dirigendomi verso il bagno. Mi faccio una coda alta per tirare indietro i capelli folti e pesanti, mi piacciono sciolti ma non in una giornata di vento. Dal continuo mulinare delle foglie che ho intravisto dalla finestra posso dedurre che oggi è una di quelle giornate in cui i capelli ti finiscono sempre in faccia qualunque sia la posizione. Dopo essermi lavata i denti e la faccia con abbondante acqua gelida posso dire che anche gli ultimi rimasugli di stanchezza sono svaniti.
Esco dal bagno piano lanciando un'occhiata veloce alla porta di Seth e afferro velocemente il necessario da camera mia.
Mi sento una ladra. Ed è una sensazione tremenda dato che mi trovo in un posto in cui dovrei passare le prossime settimane.
Mi avvio verso la cucina e inizio a preparare il caffè con un libro tra le mani, ieri sera ho dovuto interrompere la lettura perché avevo gli occhi così stanchi che le palpebre scendevano da sole. Ora sono arrivata a un punto particolarmente intrigante e non riesco a distogliere lo sguardo dalle pagine.
La lettura è un'ottima compagna di vita, mia eterna amica fin dal principio. La mia vita è sempre stata marcata particolarmente dalla solitudine dovuta all'essenza di figure genitoriali così ho trovato conforto tra le pagine dei libri. Una volta ambientata ho deciso che mai avrei abbandonato quel posto in cui mi sentivo così libera. Così a casa.
Dorian mi leggeva le favole della buonanotte. Quando ancora mi sopportava.
Prendo la caraffa di caffè e riempio una tazza aggiungendoci un po' di latte. Mi siedo sul divano sistemandomi con due dita gli occhiali da lettura.
Dopo una decina di minuti sento la serratura della porta principale e mi irrigidisco stringendo le dita attorno alla tazza.
Sono sempre stata paranoica, vivendo con una madre come la mia è difficile non esserlo.
Prima che possa morire d'infarto il volto di Dixon spunta dalla porta, gli occhi ambrati che ci mettono una frazione di secondo a notarmi. E' vestito di tutto punto, e mi sorride gentilmente come se non fosse appena entrato in un appartamento che non appartiene a lui -Non volevo spaventarti- afferma notando la mia espressione terrorizzata.
Allento la presa sulla tazza e appoggio il libro sul basso tavolino di vetro cercando di respirare normalmente nonostante il cuore mi stia per scoppiare nel petto -Spero di non dovermi abituare a questo - osservo il mazzo di chiavi che stringe tra le dita -Avete tutti le chiavi di questo appartamento?-
Dixon si avvicina appoggiando un fianco sul divano -No a dire il vero ero qui per restituire le chiavi a Seth-
-Oggi toccherà a te farmi da babysitter? - domando portandomi la tazza alle labbra e nascondendo la punta di irritazione.
Si passa una mano tra i capelli castani scostando i boccoli dalla fronte -Non oggi, diciamo che Seth ha la maggior parte dei turni-
Lo osservo con gli occhi assottigliati -E come mai lui ha quasi tutti i turni?-
Dixon ha un attimo di esitazione e so che nel mio sguardo scorge un po' di quello di Estelle -Perché sei impegnativa e Seth non si fida a lasciarti da sola-
Faccio una risata breve e incredula -Impegnativa? Non sono semplicemente d'accordo con tutto quello che mi sta capitando. Non penso di aver fatto qualcosa di particolarmente rilevante per meritare simili misure-
Dixon si schiarisce la voce e dice tutto d'un fiato -La festa alla Rosa Nera- incrocia le braccia dietro la schiena con disagio.
Schiocco la lingua -Ma dai era solo una piccola festa- liquido l'argomento con un cenno della mano e indico il mazzo di chiavi che stringe ancora tra le dita -Puoi darle a me? Penso di averne tutto il diritto, vivo qui-
Scoppia a ridere come se avessi detto la battuta del secolo e mi ci vuole tutta la buona volontà per non mandarlo a quel paese -Pensi sia divertente Dixon?-
Si siede con un tonfo accanto a me cercando di placare le risate, dopo aver visto la mia espressione glaciale decide finalmente di chiudere la bocca. Forse ogni tanto mi è utile somigliare a Estelle -Non posso darti le chiavi di casa Evelyn, non quando non hai ancora accettato tutta questa storia. So benissimo che sei brava a scappare e che lo fai spesso-
Appoggio anche la tazza sul tavolino, forse per evitare di lanciargliela in testa -Chi te l'ha detto? Mia madre?-
Dixon ora è serio e osserva attentamente i miei movimenti come se fossi diventata tutto a un tratto pericolosa -Si, ovviamente ma ci ha parlato anche dei tuoi fratelli. E' necessario sapere certe cose se dobbiamo proteggervi-
Incrocio le braccia al petto trattenendo a stento il tono della voce -A lei piace sempre parlare degli altri- faccio un respiro profondo -Giudicare è il suo forte, peccato che questo non si estende anche alle sue di azioni-
Dixon appoggia i gomiti sulle ginocchia avvicinandosi appena -Non posso dire il contrario ma in questa situazione si è davvero preoccupata per voi-
Mi passo entrambe le mani sul volto con esasperazione -Voi siete i suoi ragazzi ed è ovvio che credete ad ogni sua singola parola-
-Si preoccupa per la vostra incolumità- afferma Seth, appoggiato al mobile della cucina con disinvoltura. Indossa dei pantaloni cargo neri e una maglietta a maniche lunghe grigia, colore che gli dona in modo particolare. Come se non fosse già abbastanza attraente.
Non l'avevo notato dato che si muove come una dannata ombra -Davvero?- domando sarcastica puntando gli occhi sul suo volto serio.
-Si e dovresti iniziare a capirlo anche tu- afferma molto lentamente ma senza alcuna esitazione.
Sento le guance colorarsi per la rabbia e non posso fare a meno di ribattere -Voi non avete capito proprio niente- mi alzo in piedi e afferro la mia giacca -Ed è alquanto deludente per il vostro lavoro non trovi? Non sei tu che devi cercare di capire e studiare le persone che ti ritrovi davanti?- Prendo lo zaino e mi infilo un berretto di lana continuando spudoratamente ad osservare gli occhi sempre più avversi di Seth -E direi che nessuno in questo maledettissimo gruppo ha capito niente, vorrei davvero credere a tutte quelle cazzate che ti inventi sul suo conto ma voi siete i suoi cagnolini da qualche anno. Io la devo sopportare ogni singolo giorno e so per certo che quello che fa lo fa per se stessa-
Non penso che in una normale situazione avrei detto simili parole, nonostante la collera. Non ci ho riflettuto su prima di ribattere e in più ho dormito poco stanotte e ciò mi rende molto più irritabile. Lady Estelle è una pessima madre ma io sono una terribile figlia. Vorrei riavvolgere il tutto e dire le cose in modo diverso senza insultare loro ma la bomba è ormai sganciata e non posso fare a meno di uscire da quell'appartamento con Seth alle calcagna. Dixon rimane seduto sul divano dopo un'occhiata da parte di Seth. Giuro di aver intravisto un sorriso sul volto del ragazzo.
Il fatto che lei mi faccia infuriare anche quando non è presente conferma il controllo e il potere che ha sulla mia mente e questo non fa che peggiorare ciò che sento.
Non oggi, non adesso.
Non mi rendo conto di aver bisogno di piangere fino a quando le lacrime non mi bagnano le guance. Cerco in tutti i modi di frenarle ma loro continuano a rotolare giù sfacciatamente.
Non piangere, perché le debolezze vanno conservate solo per i nostri occhi.
Ultimamente ho versato più lacrime che in tutti i diciannove anni di vita. E questo mi fa pensare che sto davvero perdendo il controllo.
Non faccio in tempo a raggiungere l'ascensore che la mano di Seth mi afferra un gomito -Hai finito di dire cazzate Kitterdown?- mi domanda con tono greve facendomi voltare con un solo movimento.
Con uno strattone stacco il braccio dalla sua presa e faccio un passo indietro -Le pensavo davvero quelle cazzate Ledford-
Si passa una mano tra i capelli, dimostrandosi spazientito per la prima volta da quando lo conosco. Fa una lunga pausa e chiude per un attimo gli occhi prima di ripuntarli sui miei con rinnovato controllo -Andiamo, ti porto in un posto-
Lo fisso per un istante chiedendomi se ho sentito bene -Cosa?-
Lui schiaccia il pulsante dell'ascensore ed entra incitandomi a fare lo stesso -Sei evidentemente sconvolta per tutto quello che è successo, quindi per questa volta ci passerò su- mi prende lo zaino dalle mani e sa lo carica in spalla mentre le porte dorate si chiudono alle mie spalle -Ma la prossima volta che dici cose del genere mi incazzo sul serio e non scherzo-
Mi asciugo le guance e gli lancio uno sguardo annoiato -Mi stai minacciando?-
Chiude gli occhi, trattenendosi dall'imprecare -Sei impossibile-
Scrollo le spalle uscendo dall'ascensore con il mento alto -Potrei dire lo stesso di te-
Sono patetica mentre ostento sicurezza con le guance bagnate. Solo un misero involucro che copre un cuore fragile.
Un cuore che batte impaurito, un cuore che teme di venire allo scoperto.
Nasconditi, nasconditi, nasconditi.
Ci dirigiamo verso la mia Jeep e consegno le chiavi a Seth ancora prima che lui apra bocca -Vedi come accetto le cose? Ti do le chiavi di mia spontanea volontà-
Scuote la testa ma noto una scintilla di divertimento nei suoi occhi prima di salire in macchina -Piccoli passi microscopici alla volta-
Mi allaccio la cintura e prendo lo zaino che mi porge, trattenendomi solo qualche secondo prima di porgergli la domanda che mi tormenta -Dove stiamo andando?-
Accende la macchina e inizia a fare marcia indietro per uscire dal parcheggio sotterraneo -Un posto per pensare-
Alzo un sopracciglio -Stiamo andando in chiesa? Devo confessarmi? Guarda che non sono credente, dico sul serio. L'ultima volta è stato al mio battesimo e...-
Questa volta il sorriso è ben visibile su quel volto quasi sempre marmoreo -No, Kitterdown. Non stiamo andando in chiesa- mi lancia un'occhiata e scuote la testa quando mi vede in attesa di una risposta -Riesci ad aspettare? Per favore?- aggiunge le ultime due parole con una certa fatica, come se fossero arrugginite. E non ho dubbi che lo siano, Seth che chiede per favore?
Assurdo.
Sorrido soddisfatta -Che belle parole, la gentilezza abbellisce ogni cosa non trovi?-
-No- mugugna accelerando per superare una macchina.
Sbuffo e mi tolgo gli occhiali infilandoli nel taschino dello zaino, mi decido a cambiare argomento approfittando del fatto che sta rispondendo alle mie domande -La tua ragazza sa che io vivo con te?-
Lui si volta verso di me per osservarmi -No, non gliel'ho ancora detto. Perché?-
Mi mostro indifferente e cerco di usare il tono più distaccato possibile -Non vorrei che mi trovasse a gironzolare per casa e pensasse chissà cosa-
Seth si irrigidisce, probabilmente toccato dall'argomento -Keira sa qual è il mio lavoro, farà scenate di gelosia? Probabilmente si, ma poi in qualche modo le passerà. E' una ragazza matura-
Appoggio le gambe sul cruscotto, ignorando l'ultima frase che mi sa tanto di frecciatina -E non hai paura che possa rompere con te per questo?-
Dovrei dimostrarmi indifferente ma sono troppo curiosa per rimanere zitta. Assorbo ogni dettaglio della loro vita perché finalmente dopo tanti anni posso farlo senza nascondermi.
Seth tiene gli occhi fissi sulla strada ma intravedo un guizzo della mascella -No, la nostra relazione è stabile. Lei è troppo presa per rinunciare a me-
-Ci credo- rispondo prima di poter pensare che può avere molteplici significati -Cioè sono sicura che capirà- tento di rimediare ma mi tranquillizzo quando noto che Seth non ci ha fatto caso.
Dopo qualche minuto, prendo ancora una volta parola, il silenzio non mi dispiace ma quando sono in sua compagnia ho paura che quel silenzio diventi un baratro. Ho paura che si chiuda a riccio più di quanto non lo sia già -Facciamo un gioco-
-Oh santo cielo- mormora Seth appoggiando un gomito sul finestrino -Non ti piace osservare il paesaggio che ci circonda? Guarda che bella giornata- indica un punto davanti a noi -Guarda quelli sono alberi, osserva i loro colori-
Faccio una smorfia -Conosco benissimo il paesaggio che ci circonda e so cosa sono gli alberi, voglio fare un gioco o mi annoierò a morte-
Seth emette un lungo sospiro sfregandosi la fronte con le dita -Non sia mai- ma fa comunque un cenno di assenso spingendomi a continuare.
-Due verità una bugia- affermo lanciandogli un'occhiata esitante -Così per passare il tempo-
Così per conoscerti di più.
Lui resta in silenzio e quando sono ormai sicura che risponderà di no afferma il contrario -Lo facevo a dieci anni – sospira nuovamente rassegnato -Parti tu-
Mi siedo per bene sul sedile pensando in fretta alle frasi -Volevo fare la Psicologa, amo alla follia il tè con il latte e sono bravissima a cucinare i dolci-
Seth ci pensa un attimo prima di rispondere -La bugia è quella del tè-
Annuisco stupita del fatto che ci abbia azzeccato subito -Quella dei dolci era facile, te l'avevo detto ma la Psicologa?-
Lui mi guarda pensieroso prima di riportare l'attenzione sulla strada -Ti ci vedo a fare la Psicologa, perché non studi quello?-
-Perché l'Università è troppo distante- commento giocherellando con i fili scuciti dello zaino-Tocca a te-
-Ho studiato giurisprudenza, mi piacciono le discoteche, il mio cibo preferito è la pizza- mi rivolge un'occhiata curiosa mentre aspetta una mia risposta.
-La bugia è che hai studiato giurisprudenza- affermo convinta della mia scelta.
Lui scuote la testa alzando le spalle -La bugia è quella delle discoteche-
Sgrano gli occhi senza trattenere lo stupore -Cosa? Hai studiato giurisprudenza?-
-Si, per quasi due anni poi ho lasciato. Mi serviva un lavoro così ho iniziato a lavorare per tua madre, esistevano già i Good Guys ma sono riuscito ad ottenere una posizione di rilievo abbastanza in fretta- commenta velocemente.
Seth che studia giurisprudenza? Non mi sembra affatto il tipo di percorso che sceglierebbe con piacere. E' stupefacente quante cose brulicano dietro a quegli occhi così cupi e indifferenti.
-Desideri ancora studiare?- domando cauta non pienamente certa di poter attraversare un terreno così delicato.
-Non giurisprudenza - è teso e sembra sentirsi a disagio per questa conversazione così decido di non approfondire.
Forse un giorno mi svelerà i suoi segreti.
-Quindi non ti piacciono le discoteche- puntualizzo stupita -Avrei detto il contrario-
-Cadiamo sempre nei pregiudizi non credi?-
Annuisco osservando la città che ci lasciamo alle spalle -Siamo fatti di pregiudizi, è nella nostra natura. L'importante è capire quando quest'ultimi si discostano dalla realtà-
-Ed è la parte più difficile- mormora forse pensando a qualcuno -Guarda- afferma subito dopo indicandomi un punto davanti a noi.
Osservo l'enorme parco Anderson's Meadow. Gli alberi delle tonalità del rosso, dell'oro e dell'arancio lo rendono più simile a un luogo appartenente alle favole piuttosto che a uno reale. Il fiume Wensum lo costeggia in tutta la sua lunghezza, brillante sotto la giovane luce del mattino. Sembra un dipinto, e se sapessi disegnare sono sicura che questo paesaggio sarebbe protagonista di molte opere.
-E' bellissimo, ci sono venuta qualche volta ma ora in autunno ha un fascino quasi surreale - affermo con il naso incollato al finestrino -Tu ci vieni spesso?-
Seth prende una stradina sterrata e parcheggia appena trova un posto libero -Si, ci vengo spesso è un ottimo posto per pensare-
Mi volto e gli rivolgo un sorriso gentile -Grazie per averlo condiviso con me-
Mi osserva impensierito prima di scuotere la testa e aprire la portiera -Non c'è di che-
Non ho mai desiderato così ardentemente saper leggere nel pensiero, perché il suo volto ora lascia spazio a qualche emozione ma lui è bravo a mascherare tutto. Perché riesce a nascondere così bene ciò che sente?
Scendo dalla macchina lasciando lo zaino e lo affianco all'entrata del parco -Abbiamo un debole per i parchi a quanto pare- mormoro.
-Aiutano a trovare pace in mezzo alla vita caotica di città- risponde mentre si allaccia fin sotto il mento la giacca di pelle e dannata sia Keira ma aveva ragione. Quella giacca lo rende così attraente che arrossisco solo a vederlo.
Calma e sangue freddo.
-Andiamo?- domando con la voce leggermente roca.
Non sembra notarlo perché annuisce senza neanche rivolgermi lo sguardo -Si, andiamo-
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