Capitolo Sette


Aiutami a trovare le parole giuste per avvicinare i nostri pezzi. Non posso credere che i tuoi bordi non coincidano con i miei. Infondo siamo ugualmente spezzati. Il dolore assume forme diverse, lo so, ma l'essenza è la stessa. Giusto?

-D

***

Dopo le lezioni ritorno a casa con Paz e Celia, la ragazza dai capelli rosso fuoco e quella dagli stravaganti capelli azzurri entrambe membri dei Good Guys. Mantengono un silenzio ferreo e forse, una piccola parte di me, sperava in una conversazione amichevole.

Inoltre, la loro presenza mi fa supporre che di guardia questa sera ci sarà Seth o Dixon. La sfortuna non poteva certo risparmiarmi questo colpo meschino. Spero che Seth abbia qualcosa di più urgente da fare.

Dopo una bollente doccia rilassante apro l'armadio scegliendo controvoglia un vestito per la festa. Dopo aver saputo della frustrante presenza di Seth la mia voglia di uscire è scesa così tanto che per un attimo ho davvero pensato di annullare tutto.

Jaz però non me lo perdonerebbe mai, non quando l'uscita è mirata proprio a risollevare il mio umore e a farmi distrarre. Lei dice che ogni tanto mi deve ricordare di essere ancora viva e giovane. E questo è uno di quei momenti.

Prendo un paio di pantaloni neri e un top del medesimo colore. Li appendo a un'anta dell'armadio e ci abbino un paio di scarpe. Non mi va di usare qualcosa di scomodo o elaborato, non sono dell'umore giusto per pensare davvero ad un outfit da urlo. Oggi voglio solo divertirmi senza pensare al resto.

Prendo tutti i trucchi dalla scrivania e li lascio cadere dentro la borsa. Mi soffermo un attimo ad osservare la foto appesa allo specchio, quella che mi ritrae insieme ai miei fratelli. Io ero solo un fagottino in braccio a mio padre e seduta per terra c'è Nilde con un foglio in mano. Gli occhi azzurro chiaro osservano Lady Estelle seduta di fianco a lei che le sorride. Il sorriso di una madre, quello che emana un affetto sconfinato ed eterno.

Un sorriso che a me non ha mai rivolto.

Scuoto la testa scacciando quei pensieri, sgombrando la mente da tutte quelle immagini negative e relegando tutte le cose brutte nella parte più profonda di me.

Non oggi, non adesso.

Infilo i vestiti nella borsa di tela e afferro chiavi e giacca. Non oserei mai vestirmi qui, non quando ci sono così tanti occhi giudicanti. Non mi vergogno di come mi vesto o degli abiti che scelgo, non c'è niente di sbagliato in quello che indosso o in quello che faccio. Però posso dire che preferirei non essere osservata di sottecchi da tutte le persone che lavorono per mia madre con un misto di curiosità e paura.

Come se io potessi anche solo minimamente essere paragonata a Lady Estelle.

Dopo tutto questo tempo, dopo essere nata in questo ambiente ancora stento ad abituarmi alle perenni occhiate da parte delle persone che lavorano per lei.

Quando attraverso il salotto sento subito lo sguardo indagatore di Dorian che si trova seduto su un divanetto accanto ad una donna con una miriade di fogli davanti a sé. Perché diamine non va nel suo studio? Eviterei di incrociarlo ogni volta che metto piede fuori da camera mia.

-Stai uscendo?-

Quel di nuovo implicito mi fa alterare già prima di rispondere.

Mi fermo giusto il tempo per infilarmi la spessa giacca di pelle lanciando un'occhiata incuriosita alla donna che non osa staccare lo sguardo dai fogli -Si, ci vediamo domani-

Dorian si raddrizza sollevando leggermente il mento e scrutando la mia borsa come se potesse vederne il contenuto -Dove vai?-

-Da Jazmine. Qualche problema?- domando velando appena la rabbia che mi ribolle ogni volta che ci parliamo.

Sta per dire qualcosa ma sembra ripensarci, ora un luccichio emerge dal suo sguardo -Vai a fare la facile in giro Grace?- domanda con il volto contratto da una smorfia.

La donna sussulta e mormora delle scuse prima di uscire saggiamente dal salotto.

Per un attimo penso di aver capito male, di aver immaginato quelle parole ma la sua espressione di attesa smentisce anche il più recondito dubbio.

Se si sente in colpa per aver parlato senza riflettere non lo dà a vedere.

Sento il sangue gelarsi e una sensazione rivoltante bruciarmi lo stomaco come acido -Cosa?-

Dorian continua a guardarmi, non una sola traccia di vergogna o rimpianto per le sue subdole parole -Non fingere di non sapere-

Serro le dita conficcandomi le unghie nel palmo della mano, respiro profondamente prima di ribattere con un tono artico -Non azzardarti mai più a dirmi una cosa del genere, la mia vita sessuale non ti riguarda-

Dorian schiocca la lingua, un'espressione placida ad adornargli il volto -Le tue azioni si ripercuoto su tutti noi- sentenzia con lo stesso tono bordato da una marcata superiorità -Devi smetterla di fare baldoria come un'adolescente, l'età della ribellione è finita da un pezzo. Non ci possiamo permettere le tue stronzate-

Non era lui quello che beveva fino allo sfinimento e pensava solo a divertirsi? Si sarà sicuramente preso una bella strigliata da mia madre dopo le ultime novità. E per lui le parole di mia madre sono legge.

Dorian ha sempre condotto una vita sfrenata aggrappandosi all'immortalità riservata all'adolescenza, quella che ti fa credere che tutto è possibile dato che si è giovani e in salute. Questo atteggiamento si è protratto a lungo fino a quando nostra madre non ha deciso che ne aveva abbastanza delle sue bambinaggini e che a ventiquattro anni non poteva più permettersi di atteggiarsi come un idiota senza educazione.

lo osservo per un lungo istante, soppesandolo attentamente e solo dopo aver colto una scintilla di disagio mi appresto a parlare -Continua a fingere di avere chissà quale posizione in questa famiglia Dorian, continua a scodinzolare dietro a nostra madre aspettandoti di ottenere qualcosa in cambio o la sua attenzione ma non ci rimanere male quando scoprirai che non frega un accidente a nessuno di quello che dici. Mi dispiace per te, davvero-

Un pallore mortale gli morde le guance ma resta immobile, senza neanche emettere un respiro. Non mi attardo oltre, non quando sento la maschera vacillare di fronte alla sua espressione attonita.

A me importa di quello che dici Dorian. Mi è sempre importato.

Seth è di guardia fuori. Appoggiato al muro e vestito interamente di nero è solo un'ombra nella notte. Il volto marmoreo e dai contorni eleganti, le folte ciglia scure, gli occhi impenetrabili e i capelli folti e neri come ali di corvo lo rendono più simile ad un angelo vendicatore che a un essere umano. Ma Seth non emana calore, lui espande il suo gelo ammantando ogni cosa intorno a sé. Nessun segno che sotto a quella pelle dorata giaccia un'anima o un cuore palpitante. E' questo ciò che mi tiene a distanza, questa freddezza, questa apparenza di essere umano insondabile.

Fa un passo avanti appena mi vede scendere le scale di pietra e ovviamente la sua opinione non tarda ad arrivare -Speravo fossi più sveglia ma a quanto pare sei più incosciente di quanto pensassi-

-Davvero? Grazie per la tua opinione non richiesta - sbotto senza degnarlo neanche di uno sguardo -Vado alla Rosa Nera- affermo in modo meccanico con la testa ancorata alla discussione di prima. Mi tremano le mani così le infilo entrambe nelle tasche della giacca.

-Ovviamente- ribatte algido affiancandomi un attimo prima di raggiungere la macchina. Tende un braccio per appoggiare la mano sulla portiera ancora chiusa sbarrandomi così l'accesso -Ti stai vendicando per caso?-

Cerco di reprimere l'impulso di fare un passo indietro sentendo la sua vicinanza imponente e il suo calore -Oh non pensare di essere così importante da meritare la mia vendetta. Non vi ho avvisati perché mi sono dimentica, di solito non vengo seguita dai miei babysitter-

La sua figura torreggia sulla mia dandomi la sensazione di essere minuscola ed estremamente fragile. Non sono mai stata quella più bassa del gruppo ma di fonte a lui mi sento una formica. Devo inclinare la testa verso l'alto per incrociare i pozzi neri che sono i suoi occhi.

-Ti sei dimenticata?- mi domanda lui con evidente sarcasmo contraendo la mascella -E dimmi ti dimentichi spesso le cose?-

Mi sento pizzicare i piedi per l'irrefrenabile impulso di allontanarmi ma questo vorrebbe dire dargliela vinta, come sicuramente è abituato che facciano gli altri -Solo le cose poco importanti- appoggio una mano sulla maniglia cercando di trattenere il tremolio dovuto alle emozioni irruenti -Ora vado-

Non un solo muscolo guizza su quel volto affilato -Bene- si scosta e mi permette di salire dal lato del guidatore. Mi blocco prima di chiudere la portiera -E Seth, se pensi che questa sia una vendetta allora non sai con chi hai a che fare-

Non so perché l'ho detto. Forse è per tutto quello che è successo con lui e con Dorian. Non sono una persona provocatoria eppure non posso fare a meno di sembrarlo. Non sono affatto il tipo di persona che ribatte sempre e che lancia parole taglienti. Jazmine lo è, io no.

Sei come lei, sei come lei, sei come lei.

-O so esattamente chi sei Evelyn- risponde lentamente gustandosi per bene il mio nome -Ma tu non puoi dire lo stesso di me-

No, ovviamente.

Lo guardo per un secondo di troppo con un brivido che mi percorre la schiena prima di chiudere la portiera come se bastasse quella barriera a tagliare via le mie emozioni.

Lui si limita a guardarmi da fuori con il cellulare già incastrato tra la spalla e l'orecchio.

Non mi attardo per ascoltare con chi sta parlando né mi preoccupo di sapere cosa pensa di fare.

Parto senza voltarmi indietro ben consapevole che tra non molto mi ritroverò almeno due Good Guys alle calcagna.

*

Dopo aver preso la sacca dal letto sfatto di Jaz inizio subito a togliermi la giacca e i vestiti. Siamo tremendamente in ritardo, come sempre.

Abbiamo chiacchierato troppo e poi ci siamo incantate a guardare video di una dottoressa che schiaccia dei brufoli giganti.

Disgustoso ma affascinante.

-Merda questi tacchi mi uccideranno, sono nuovi e ancora non mi sono abituata- sbotta Jazmine lanciando una scarpa dall'altro lato della stanza -Metto le scarpe e vaffanculo tutti-

Ridacchio mentre mi infilo il top -Anche senza tacchi rimarrai sempre la più alta-

Si avvicina al lungo specchio rettangolare per indossare un paio di orecchini a cerchio -Già sono una bastarda fortunata vero?- inclina la testa di lato per osservare il trucco in cerca di qualche sbavatura -Dove sono gli Avengers?-

Sbuffo alzandomi in piedi e infilandomi i tacchi che Jaz mi ha caldamente consigliato -Qui fuori sicuramente, scommetto che quello mi ha fatta seguire da un'intera squadra come se dovesse prevenire un attacco terroristico-

-Speriamo che tutta questa faccenda finisca presto- si avvicina con il rossetto in mano per ripassare il colore sulle mie labbra -Ecco, ora sei perfetta-

-Non dovevate essere là per le nove?- domanda la madre di Jaz appoggiandosi allo stipite della porta con le braccia incrociate.

I capelli bruni sono tenuti dietro da un fermaglio, qualche ciocca le ricade sul volto liscio e privo di rughe conferendole un'aria più giovane. Gli occhi scuri, uguali a quelli di Jaz, mi osservano con tenerezza -Hai messo la maglietta che ti ho regalato-

Faccio una giravolta -Si, mi piace molto. Grazie René-

E' sempre stata lei la madre che tanto desideravo. Premurosa, gentile, simpatica e affettuosa. Ogni volta che la vedo sento una stretta al cuore e ogni suo sorriso mi alleggerisce l'anima. Sa sempre come farmi stare bene e sa benissimo che tipo di rapporto ho con mia madre.

E' stata lei a consolarmi quando per la prima volta mi sono lasciata con un ragazzo. Lei c'era quando dovevo imparare a guidare o quando ho dovuto comprare i primi assorbenti. Nei momenti peggiori c'è sempre stata e c'è anche in tutti i ricordi felici che ho.

-Su ora sbrigatevi e per l'amor del cielo cercate di non ubriacarvi troppo- si ferma un attimo prima di voltarsi -Chi vi passa a prendere?-

Jazmine prende la borsa e controlla velocemente che ci sia dentro tutto il necessario -Liam-

Renè mi guarda con la fronte corrugata -Ha accettato di andare a una festa? Strano-

-Alla fine riusciamo sempre a convincerlo, Jaz non demorde mai- affermo dando una gomitata alla mia amica.

Renè alza gli occhi al cielo -Cercate di avere un po' di pietà-

-Lo so, lo so, promesso-

Mi sorride e se ne va non senza aver prima lanciato un'occhiata scettica alle converse di Jazmine.

-Sono comode- bofonchia lei passandosi una mano sul vestito argentato con le maniche a sbuffo -Tu invece ti pentirai di aver messo quel top senza maniche, si gela - mi rimbecca uscendo dalla camera con me al seguito.

Quando usciamo di casa non mi sorprendo di trovare Dixon ad aspettarmi appena più in là della veranda. Gli occhi ambrati ci scrutano per un breve istante prima di fissarsi sul mio volto con distaccata professionalità -Vi scorterò io fino al locale, Celia e Seth sono già sul posto-

Annuisco cercando di ignorare lo sguardo insistente di Jaz che scruta il ragazzo con estrema attenzione -Ci porterà Liam, un nostro amico. Va bene se ci segui con la tua macchina?-

Uso un tono conciliante e meno duro rispetto a quello che uso con Seth ma questo non vuol dire che la sua presenza mi vada a genio. E dalla sua espressione tirata deduco che anche per lui la situazione non è molto piacevole.

Lui annuisce e una ciocca di capelli castani li scivola sul volto glabro e spigoloso -Va bene-

Appena finisce di pronunciare la frase il clacson di Liam riecheggia nell'aria.

Ci avviciniamo alla macchina di un rosso fiammante ed entriamo, io dalla parte del passeggero e Jaz nei sedili posteriori.

L'aria calda che esce dalle bocchette rende ancora più opprimente l'ambiente angusto. Liam si volta posando gli occhi color caffè sui miei -Bella maglietta, lo sai che gelerai vero? -

Annuisco e mi allaccio la cintura -Lo so ma bisogna sacrificarsi un po' per apparire al meglio-

Liam alza gli occhi al cielo-Pronte?- domanda prima di partire voltandosi verso Jaz con un sorriso. Non sembra particolarmente a disagio per l'uscita, è rilassato e questa è una buona cosa.

-Come sempre- afferma lei rivolgendomi un'occhiata complice.

Spero solo che vada tutto bene.




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