Capitolo Quattro


Cammino lentamente per non perdere i pezzi, spero solo che gli altri non lo notino ma dopotutto chi guarderebbe dalla mia parte? Crollare in silenzio può essere più doloroso di così?

-D

***

Esco dall'edificio frustrata e stanca, quella conversazione mi ha prosciugato le ultime energie e ogni passo sembra più pesante di quello precedente. L'atteggiamento di mia madre non mi è nuovo ma questo non vuol dire che non mi faccia sentire come se ogni cosa nella mia vita sia fuori dal mio controllo.

A quanto pare sono diventata un problema in più da risolvere. O forse lo sono sempre stata.

Non oggi, non adesso.

Inizio a camminare verso scuola che dista una ventina di minuti a piedi, una bella camminata al freddo mi farà pensare con più calma. Camminare per me è sempre stato il modo migliore per plasmare i pensieri e rimodellarli con meno collera, odio perdere il controllo. Mi piace che ogni cosa nella mia vita sia almeno in parte prevedibile. In questo modo è più facile riuscire a gestire ogni situazione. Tutto ciò che è successo ultimamente non fa altro che peggiorare la mia ansia.

Le sorprese portano con sé del fascino ma bisogna essere abili nell'accoglierle senza lasciarsi sopraffare.

E io non sono di certo quel tipo di persona.

A volte il panico mi si chiude addosso come una coperta troppo stretta.

Dopo appena qualche minuto la voce severa di Seth mi blocca -Dove pensi di andare?-

Le emozioni che cercavo di riplasmare mi scivolano via accumulandosi nuovamente in quella pozza scura che è la rabbia.

-Devo prendere la mia macchina, l'ho lasciata a scuola- affermo con ostilità mentre lo degno appena di un'occhiata. Nonostante sia vestito interamente di nero non è di certo meno visibile, al contrario, risalta pienamente la sua stupida immagine.

La sua figura statuaria e i muscoli che delineano ogni parte del suo corpo riuscirebbero a mettermi fuori gioco in una frazione di secondo ma cerco comunque di immaginare uno scenario in cui sono io quella a sopraffarlo di botte. E' gratificante pensare al mio pugno sul suo bel visino da angelo dannato.

A volte mi trasformo in qualcosa che non sono. Io che penso di fare a botte? Di solito è Jaz a fare cavolate del genere. Per poco non scoppio in una risata isterica.

Riprendo il controllo e cerco di placcare tutte le emozioni che mi suscita la sua presenza, per anni ho sperato di sputargli addosso tutto il mio rancore e ora che si trova a pochi metri da me non posso fare a meno di sentire tutto quell'odio che ho sempre cercato di raffreddare.

Il suo sguardo non vacilla neanche per un secondo, sono due pietre nere che mi fissano senza alcun sentimento, si avvicina ancora di qualche passo ma resta sempre ad una distanza decente -Da oggi in poi non puoi andare da sola in giro, ne abbiamo parlato qualche minuto fa-

Eccolo di nuovo. Quel tono di biasimo, come se stesse parlando ad una bambina poco sveglia. Mi ripeto mentalmente di respirare e di ignorare quella rabbia gelida che mi striscia lungo la schiena.

-Allora seguimi, fai quello che ti pare. Io ritorno a scuola- mi limito a dire dopo un lungo gioco di sguardi.

Mi volto senza più curarmi della sua presenza nonostante ne sia del tutto consapevole.

Infilo gli auricolari per evitare completamente ogni tipo di comunicazione, anche se sono sicura che lui non abbia la minima intenzione di rivolgermi la parola. Mia madre lo ha sempre definito come un ragazzo silenzioso e molto riservato, mai spensierato e così immutabile nelle sue espressioni da rendere impossibile scorgerci qualcosa.

Ricordo di averlo definito un fottuto automa schernendo le parole di mia madre reputandole esagerate.

Ora invece ho capito che aveva ragione, il suo volto è una lastra di ghiaccio impenetrabile. Peggio della mia espressione fredda-calma come a Jaz piace chiamarla.

Cammino velocemente con gli occhi dritti davanti a me in una ferrea determinazione. Quando passo davanti al mio bar preferito, Il Golden Gates, saluto con un cenno della mano la proprietaria, Ann Melvin, che sta spazzando via le foglie dall'ingresso. Curva come sempre alza una mano rugosa nella mia direzione a mo' di saluto.

Dopo un lungo tratto di strada svolto a destra trovandomi di fronte all'imponente complesso del Campus con mattoni a vista. Ci sono più edifici collegati dall'immenso giardino verde brillante. Gli studenti non sono ancora usciti per fortuna, è sempre un inferno di macchine e persone che brulicano nel parcheggio accanto fino ad intasarlo del tutto. Questo però accade solo all'orario di pranzo, tra meno di mezz'ora gli studenti spunteranno da ogni parte e riempiranno il prato del campus come formiche.

Odio le folle, mi fanno sentire come se stessi soffocando.

Mi concedo di voltarmi per un istante e mi basta per vedere la figura sempre presente di Seth ad appena due metri da me. Mi stupisco che sia da solo e non abbia al seguito qualche altro Good Guys, però c'è anche da dire che sto solo andando a recuperare la mia macchina.

Prendo le chiavi della vettura dalla tasca della giacca e faccio scattare la serratura.

-Guido io- afferma l'automa con tono perentorio mentre mi sfila le chiavi dalle dita con un unico ed abile movimento ancor prima che possa anche solo aprir bocca.

-Cos'è adesso non posso neanche guidare? - domando ancora sbalordita per il suo gesto repentino. Non l'ho neanche visto avvicinarsi, dannazione.

-Non fin quando non avremmo stabilito un dettagliato piano dei tuoi movimenti- si limita a rispondere prima di salire in macchina -Non mi fido a lasciarti alla guida-

Mi affretto a salire e inciampo sui miei stessi piedi recuperando l'equilibrio all'ultimo, la mia goffaggine si presenta sempre nei momenti meno appropriati -Un dettagliato piano? Che cosa intendi?- incrocio le braccia al petto fingendo una disinvoltura che non ho, non con lui nella mia macchina che sembra improvvisamente rimpicciolita -E poi non mi fido neanche io di te eppure sei qui alla guida della mia macchina e te lo sto lasciando fare-

Non si scomoda neanche a rispondermi, avvolge il volante con una mano e fa retromarcia per uscire dal parcheggio. Emetto un verso simile a quello di un'animale selvatico e mi schiaccio contro il finestrino per stargli il più lontano possibile.

-Allaccia la cintura- afferma accelerando per schivare una macchina troppo lenta che ci sbarrava la strada.

Eseguo il suo ordine pensando giustamente che un mio rifiuto mi avrebbe resa solo più ridicola.

-Cosa avete intenzione di fare alla mia vita sociale?- domando dopo qualche minuto mandando giù a fatica l'orgoglio.

Non sentendo alcuna risposta mi volto verso Seth ma quest'ultimo non ha distolto neanche per un attimo lo sguardo inespressivo dalla strada.

-Hai intenzione di non parlare?- domando sinceramente inebetita dal suo atteggiamento.

Lui accende la mia violenza repressa come una scintilla sulla paglia, schiocco la lingua liquidando il suo silenzio con un cenno della mano -Noioso, sei così noioso-

Prendo il cellulare dalla borsa e invio un messaggio a Jaz.

Tu non hai idea della cazzo di piega che ha preso la mia vita. Era stamattina che parlavamo di brutti scherzi?

Qualche secondo dopo mi risponde, evidentemente la lezione non le interessa più di tanto.

Tu che dici parolacce, interessante. Finalmente qualcosa di nuovo, racconta.

Faccio un mezzo sorriso immaginandola maneggiare di nascosto il cellulare mentre si stringe il labbro inferiore tra i denti. Fa sempre così quando è divorata dalla curiosità.

Questa sera. Da te. E' troppo lungo da spiegare. Informa anche Liam.

Lei risponde come un fulmine Brutta bastarda, non si fanno queste cose. Morirò di ansia e tu ne sei responsabile.

A stasera. P.s non morire.

Quando arriviamo davanti alla nostra candida e secolare villa in stile coloniale, scendo ancora prima che la macchina si sia completamente fermata. Seth fa per tendersi in avanti come se volesse riacciuffarmi prima che possa stramazzare a terra ma questa volta io sono più veloce. Con mio grande orgoglio non cado rovinosamente a terra.

Attraverso l'erba più velocemente possibile schivando appena la fila di arbusti che costeggia il prato e salgo gli scalini bianchi dell'ingresso due alla volta. Tobias apre la grande porta in ferro battuto e mi saluta con un cenno del capo che io ricambio. Sembra perplesso dalla mia velocità, forse perché di solito non corro neanche pagata.

Appena entro mi affretto verso la mia stanza e mi barrico dentro chiudendo la porta a chiave. Non si sa mai.

Atteggiamento giustificabile se si ha cinque anni ma in questo momento non me ne può fregare niente del suo giudizio.

Mi lascio cadere malamente sul grande letto a baldacchino coprendomi gli occhi per l'intensa luce che filtra dalla finestra.

L'ho seminato, per ora.

Osservo il soffitto ricoperto da stelle fluorescenti e mi concedo di emettere un lungo sospiro per calmarmi. Per quanto possa dimostrarmi contrariata la questione mi ha turbata davvero perché anche se non voglio ammetterlo il problema di mia madre è grave.

Non sguinzaglierebbe i suoi Good Guys se non ci fossero problemi seri e al solo pensiero che la mia famiglia possa essere in pericolo mi fa venire la pelle d'oca.

Potrei lamentarmi all'infinito della mia ridotta libertà ma ciò che mi importa realmente è che i miei fratelli siano al sicuro.

Il solo fatto che questa sicurezza sia in bilico per colpa di mia madre e della vita a cui ci ha condannati mi fa impazzire.

Non ha mai pensato a noi. Siamo solo un effetto collaterale da quando è morto mio padre e mia sorella. Dopo la loro morte ha preferito inoltrarsi in questa vita piena di insidie a testa alta senza badare a noi. Senza pensare che un giorno le sue decisioni avrebbero minato il terreno dei suoi figli.

Penso avesse bisogno di sentirsi viva e sono sicura che questa vita le doni un po' di quella sensazione che ha perduto con la morte di papà e Nilde.

Qualcuno bussa alla porta e la rabbia inizia a montarmi nuovamente dentro -Va via!- urlo drizzandomi a sedere.

-Sono io Narcisa- afferma Julian divertito.

Sorrido sinceramente sollevata nel sentire quell'orribile nomignolo. Quando ero bambina passavo ore davanti allo specchio cercando di imparare a fare i diversi tipi di trecce. Dorian mi diede quel nomignolo e io lo trovai bello fino a quando lessi un libro di mitologia e rimasi scioccata dalla tremenda fine di quel personaggio. Costrinsi i miei fratelli a non chiamarmi mai più così. Inutile dire che proprio grazie alla mia reazione scandalizzata quel nomignolo mi restò appiccicato fino ad oggi.

Corro verso la porta e lo lascio entrare prima di richiuderla a chiave dietro di lui -Scusa ma a mali estremi-

-Estremi rimedi- continua lui osservandomi per un lungo attimo come se vedesse la mia frustrazione dalla piega tesa delle mie labbra -Ho visto il tuo custode, potrei dire che era contrariato ma mentirei. Il suo volto non mi dice niente-

Gli prendo la mano e lo faccio sedere al mio fianco sul letto -Dici che è grave? Dici che mamma si è cacciata in guai seri?-

Julian si passa una mano tra i ricci, sono tutti scompigliati e questo mi fa dedurre che abbia passato tutto il giorno ad infilarsi le mani tra i capelli -Questa volta sembra che le cose le siano sfuggite di mano-

Gli stringo nuovamente la mano trovando il quel gesto un po' del conforto di cui ho bisogno -Potrebbero ucciderci? O ferirci gravemente?- il mio tono è carico di trepidezza nonostante cerchi di controllarmi.

-Siamo circondati da persone che ci proteggono, nostra madre riuscirà ad affrontare anche questo. Si tratta sempre di lei e ci sono poche cose che non riesca a fare- mi rassicura lui rivolgendomi un sorriso rincuorante -Cioè fare la madre, penso sia l'unica cosa che non riesce a fare. Anzi ne sono sicuro-

-Non ne posso più di lei- mi alzo di scatto incrociando le braccia al petto -Davvero, sono stanca di lei- ripeto questa volta con maggior sicurezza.

-Non dire così Evie, non vuole metterci in pericolo lo sai. Non di proposito almeno- ribatte con una leggera ruga a increspargli la fronte.

Alzo un dito interrompendo la sua prossima frase -Niente di quel che fa è per noi-

Julian abbassa le spalle come se un peso gli si fosse depositato sopra -E' tutto ciò che abbiamo Evelyn, non è perfetta ma ci vuole bene-

Mi trema il labbro mentre sto per parlare, è l'unico membro della famiglia con cui mi permetto di mostrare le mie fragilità -Perché ne sei sicuro?-

Si alza avvicinandosi per abbracciarmi avvolgendomi in quel calore che mi è tanto familiare -Perché lo sento, lo avverto nonostante tutto-

Dopo un attimo mi stacco dal suo corpo e mi siedo nuovamente sul letto -Un giorno mi dovrai insegnare come fai- Alzo gli occhi al cielo portandomi le mani in grembo con rinnovata calma -A te chi hanno assegnato?-

Lui mi rivolge un sorriso grato del cambio di argomento -Quello nuovo, si chiama Esteban- si siede al mio fianco e mi circonda le spalle con un braccio -Mi parla, anche se sono io a fare domande più che altro. Lui si limita a rispondermi, a volte-

Ridacchio immaginandomelo a fare conversazione da solo -Bhe penso che non avrai molti problemi, a te piace chi non ti rivolge la parola-

Alza le sopracciglia -Sono timido ma questo non vuol dire che mi piace avere una statua di granito che finge di essere una persona al mio fianco e poi questa volta voglio sapere cosa sta succedendo-

Gli prendo la mano e inizio a giocherellare con il suo bracciale di fili colorati, un mio regalo di qualche anno fa -Ma dove li prende la mamma?- domanda sinceramente impensierito.

-Mette annunci rivolti a psicopatici, laconici e con istinti omicidi. Possibilmente un passato oscuro e un senso dell'umorismo pessimo- affermo rimanendo seria solo per un secondo prima di scoppiare a ridere insieme a lui. Appoggiamo la schiena sul materasso e ci mettiamo entrambi a fissare le stelline -Dovrei fare un po' di stalking su instagram, come pensi si possano chiamare? Secondo me usano un nome in codice-

Cerco di calmare la mia risata isterica prima di riuscire a formulare una frase - SonoFigoMaScotto- il dolore e l'ilarità sono in mix esplosivo.

-SexyGuardiaTostissima- ribatte lui senza riuscire a fermare una risata.

-E Seth? ProvaAdecifrareImieiOcchi-

-Lui mi mette un po' di soggezione, devo ammetterlo. Mi fa sentire come se avessi fatto qualcosa di sbagliato- ammette Julian senza celare un sorriso -Mi viene da alzare le mani e prostrarmi a terra ogni volta che mi passa di fianco. Pensi sia normale?-

-A me viene voglia di picchiarlo a sangue quindi penso che la tua reazione sia più passabile-

-Sono contento che non sia toccato a me-

Gli lancio un'occhiata basita -Grazie per la tua sincerità mio caro fratello maggiore è sempre bello vedere come cerchi di proteggermi-

Mi stringe a sé facendomi appoggiare la testa sulla sua spalla -Per quanto mi faccia paura so che è la persona più attenta dei Good Guys e so che con lui sarai al sicuro. Questo lo sa anche nostra madre e non ti stupire nel pensare che lo abbia fatto di proposito-

-Io la vedo più come una tortura o una punizione- mormoro contrariata.

-La vera tortura è vedere l'indifferenza negli occhi delle persone che ami- mi passa una mano tra i capelli con tenerezza -Seth è il migliore e il più attento e questa non mi sembra indifferenza, anzi penso che nostra madre si sia davvero data da fare per tenerti il più al sicuro possibile-

Osservo i suoi caldi occhi castani e mi chiedo cos'ho fatto per meritarmi di averlo al mio fianco -Oh Jule, il tuo instancabile ottimismo ha il potere di contagiarmi. Perché non dici cose cupe e negative?-

Sorride appoggiandosi un braccio sulla fronte -Perché non è il mio ruolo-

Aggrotto le sopracciglia con fare sospettoso -E di chi è quel ruolo?-

Lui volta la testa dalla mia parte con un luccichio divertito negli occhi -E' il tuo ruolo, lo sappiamo tutti quanto sei brava in questo- mi pizzica il naso con due dita facendomi sorridere nonostante tutto -Ma nessuno te ne fa una colpa, potevi essere come Dorian-

-Allora mi ritengo molto fortunata- borbotto rannicchiandomi al suo fianco.

Dopo qualche minuto di silenzio schiocco la lingua con fastidio passandomi entrambe le mani sul volto -Siamo fregati lo sai?- gli domando voltando la testa verso la sua.

Lui sospira pesantemente riportando gli occhi sulle stelline -Oh lo so eccome-




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