Capitolo Dieci

Vorrei provare un po'della loro felicità e farla mia. Vorrei sapere cosa si prova a sorridere in quel modo senza sentire le guance rigide e un nodo in gola.

-D

***

Ricordo un'estate di parecchi anni fa, era fresca ma umida tanto che l'aria sembrava appiccicarsi come una seconda pelle. Ero sull'altalena di casa, mi dondolavo pigramente mentre osservavo la nostra cagnolina Peggy gironzolare allegra con un ramo in bocca. Il ramo era più grande di lei e le pendeva da un lato ma lei lo portava in giro fieramente.

Lady Estelle si trovava a qualche metro da me e parlava con fare concitato con un uomo, forse un suo cliente o molto più probabile una persona che lavorava per lei. Era perfetta nel suo tubino rosso fuoco e ostentava sicurezza anche su quei tacchi vertiginosi affondati nell'erba. I capelli biondi da poco tagliati a caschetto le sfioravano il mento ed erano perfettamente lisci nonostante la bolla di umidità che ci circondava.

Era così bella che mi si stringeva il cuore solo a guardarla, le volevo così bene che mi era difficile contenere quel sentimento in un cuoricino così piccolo.

La osservavo ammaliata, completamente rapita dai suoi movimenti, dalla postura dritta e dal mento leggermente alzato. Emanava superiorità da tutti i pori e l'uomo evidentemente si sentiva schiacciato dalla sua presenza.

Ma c'è un motivo se quel ricordo è ancora così nitido nei miei pensieri nonostante avessi da poco compiuto dieci anni.

Quel giorno la mamma era particolarmente incollerita, forse per qualche affare andato male o forse perché semplicemente era di cattivo umore. Quei giorni preferivo guardarla da lontano sapendo bene che non si tratteneva dal dire parole taglienti. Ma a me bastava guardarla e desiderare ardentemente di essere forte come lei un giorno.

Sapevo che era meglio girarle alla larga eppure io non potevo fare a meno di seguirla con gli occhi pieni di aspettativa aspettando con ansia il momento in cui avrebbe rivolto gli occhi su di me.

E quel giorno dopo averla vista sbraitare qualche altra parola all'uomo prima di liquidarlo con un cenno della mano non potevo fare altro che aspettare in trepida attesa. L'uomo attraversò il giardino con la testa bassa e i pugni chiusi, palesemente contrariato.

Quando Lady Estelle mi notò non esitò ad avvicinarsi e io mi illuminai tutta per aver catturato la sua attenzione -Mamma! Guarda il colore di questa foglia, è come il tuo vestito- squittì elettrizzata alzando la foglia per fagliela vedere. Sentivo il respiro corto e volevo dirle moltissime cose che mi ero tenuta dentro aspettando lei. Parole che volevo dire solo e unicamente a lei, mia madre.

Custodivo gelosamente quelle parole perché volevo che le ascoltasse prima di tutti gli altri. Un mio dono.

Lei mi osservò per un lungo momento, gli occhi vitrei e lontani, ingarbugliati in chissà quale pensiero -Sei tutta sporca di terra Grace- affermò con tono di rimprovero mentre si passava le mani sul vestito in cerca di qualche piega invisibile.

Sentii il peso di quelle parole, le sentii perforare la mia felicità ma non lo diedi a vedere -Stavo inseguendo Peggy e sono caduta, non sono così sporca però- nel mio tono una punta di delusione marcò particolarmente la mia frase e Lady Estelle non se lo fece sfuggire. Non quel giorno.

Si avvicinò ulteriormente e inchiodò il suo sguardo artico sul mio -Ti avevo espressamente detto di non ridurti in questo stato prima di cena, abbiamo degli ospiti-

Era arrabbiata con qualcuno dei suoi clienti ma se la prendeva con me, perché io ero lì. Ero sempre lì. Non potei evitare di piangere sentendomi improvvisamente tanto piccola e fragile per averla delusa -Mi dispiace-

Era colpa mia, era colpa mia, era colpa mia.

Lei si limitò a guardarmi spazientita -Non piangere, tieni le tue debolezze per te. Non farti mai vedere in questo stato-

Strinsi le mani attorno alle corde dell'altalena cercando di soffocare le lacrime ribelli -Ma tutti i bambini piangono- sussurrai tra un singhiozzo e l'altro.

Mamma mi ripeteva sempre di non piangere, perché le debolezze vanno conservate solo per i nostri occhi. Il saper fingere di essere imperturbabili era la nostra miglior arma per farci rispettare.

E io le credevo, mi fidavo ciecamente.

Mi lanciò un sorriso rigido, privo di calore -Nilde avrebbe capito- sbuffò forse rendendosi conto troppo tardi delle sue parole o forse non le importò affatto dell'effetto che scaturì quel nome su di me -Perché con te deve essere tanto difficile?-

Ricordo che mi sentii morire dentro, ero così piccola eppure dentro di me imperversava un sentimento così grande, così impetuoso. Così doloroso.

Volevo solo essere speciale come Nilde, occupare un posticino accanto al suo nome. Anche piccolo.

Non sarai mai come la mia Nilde.

***

-Quindi l'hai portato nel nostro posto speciale quattro giorni fa?- il tono di Jaz sale di due ottave così le afferrò il braccio per incitarla ad abbassare la voce.

Mi ero imbambolata a metà conversazione con quel ricordo ancora vivido tra i miei pensieri. Ancora così doloroso dopo tutti questi anni.

Osservo la sala della biblioteca cercando di capire se abbiamo attirato l'attenzione ma tutti sembrano presi dai propri libri -Si, lo so che è il nostro posto ma...-

Jaz mi afferra una spalla stringendola appena -Non m'importa del nostro posto ma del fatto che è successo quattro giorni fa e tu me lo racconti solo ora-

Non sapevo esattamente cosa raccontarle, in qualche modo volevo tenere quella conversazione per me, anche perché aveva risvegliato sentimenti dolorosi. Ricordi che avrei preferito tenere ben sepolti -Sono stati giorni in cui non ho fatto altro che studiare, non ci ho pensato sinceramente-

La verità è che ho pensato continuamente a quella conversazione, al modo in cui abbiamo conversato facilmente, prima dell'ultima frase da perfetto stronzo.

Non l'ho più visto da quel giorno e grazie a qualche briciolo di conversazione rubata sono venuta a sapere che aveva un incarico da svolgere a Londra nei giorni passati.

Nei turni di guardia infatti c'erano Paz, Celia, Dixon e qualche altra persona che non avevo mai visto.

-Fingerò di crederti- borbotta lei mordicchiando il tappo della penna con fare pensieroso.

Liam si avvicina posando lo zaino sulla sedia vuota di fonte a me -Ditemi che avete del cibo, ho saltato il pranzo perché avevo laboratorio-

Appoggio davanti a lui un panino, un pacchetto di patatine e una lattina di coca -Sapevo che avevi laboratorio e ho pensato di prenderti il pranzo-

Lui mi guarda come se fossi Dio sceso in terra -Ti adoro- si siede e apre il pacchetto a rallentatore per non fare rumore.

-Così è peggio- afferma Jaz senza trattenere un sorriso -Fallo e basta-

-Ho visto Charlotte vicino al dipartimento di Filosofia, frequenta quel corso?- domanda Liam infilandosi una manciata di patatine in bocca.

Jazmine si sporge in avanti per sistemargli i capelli castani perennemente spettinati. Liam e i pettini non vanno d'accordo.

-Non frequenta l'Università, lavora al bar del dipartimento di Filosofia- mormora con un tono infelice.

-Ti ha di nuovo dato buca?- domando cerando di trattenere la collera.

Con la penna inizia a fare dei disegnini sul bordo del foglio, lo sguardo incollato sulle linee blu dell'inchiostro -Non proprio, mi ha detto che mi avrebbe richiamata ma non l'ha ancora fatto-

Liam appoggia entrambi i gomiti sul tavolo mentre appallottola la carta stagnola del panino -Sono passati cinque? Sei giorni?-

-Cinque giorni e le ho inviato un messaggio ma non ha ancora risposto- alza la mano per bloccare le nostre parole -E' molto impegnata tra lavoro e studio, non è colpa sua-

Resto basita dal tono sottomesso della sua voce. Jazmine non è così eppure Charlotte in qualche modo sembra cambiarla. Ma non in meglio.

E' Liam a prendere parola per primo -Non stiamo dicendo che è una cattiva persona ma evitarti per cinque giorni non mi sembra un'atteggiamento...corretto-

-La smettete di parlare?- sbotta una ragazza con gli occhiali più grandi della sua faccia nel tavolo di fianco al nostro.

Jazmine si volta verso di lei e la fulmina con lo sguardo -Chiudi il becco tu-

Le appoggio una mano sul braccio e la tiro indietro per evitare che faccia scenate -Lascia stare-

Quando è di questo umore posso aspettarmi di tutto, quindi è meglio tenerla tranquilla.

-E comunque non c'è niente di cui preoccuparsi, so badare a me stessa- borbotta dopo aver lanciato un'ultima occhiataccia di sfida alla ragazza -Liam non mi hai lasciato neanche una patatina?-

Lui le fa vedere il pacchetto -Solo quelle attorcigliate, come piace a te-

-Le ho comprate io le patatine comunque, Evelyn ha preso il panino - afferma Jazmine masticando una patatina -Sono progressi vero?-

Lui sorride -Stai diventando una persona piacevole e gentile Marlow?-

Fa una smorfia arricciando il naso con disgusto -Non esagerare-

Il cellulare mi vibra in tasca. E' un messaggio di mia madre "Oggi andrai alla Cava e mi aspetterai lì fino al mio ritorno"

"C'è qualche problema?" digito in fretta.

"Niente di grave, solo precauzione" risponde e so che con questa frase il discorso è chiuso. Niente più domande.

-Chi è il tuo nuovo fidanzato?- domanda ironica Jazmine alludendo sicuramente a Seth, poi però si accorge della faccia sinceramente basita di Liam e ripiega sulle sue parole -E' uno scherzo Li, ti avremmo avvertito se fosse così, lo sai-

Le lancio la mia penna in faccia colpendola in fronte -Ma non chiudi mai quella bocca Cristo santo?-

-Sei la peggior amica di sempre- borbotta Liam scuotendo la testa.

-Ora però state esagerando- si intromette la ragazza di prima chiudendo con uno scatto il libro. Si alza e si mette lo zaino in spalla -Non si può studiare in pace-

Jazmine le soffia un bacio -Chiuderei la bocca solo per non sentire la tua voce stridula- fa per alzarsi ma Liam le circonda le gambe con le sue da sotto il tavolo -Ringrazia che i miei amici mi tengono o ti spacco il cul...-

-Jazmine!- sussurro lanciando uno sguardo di scuse alla ragazza che se ne va prontamente fiutando la pericolosa belva che ho di fronte.

-Oggi sei particolarmente cattiva, è sottolineo il particolarmente- afferma Liam sistemando nuovamente i piedi sotto il tavolo.

Jaz scrolla le spalle appoggiandosi alla sedia -Non è gratificante litigare ogni tanto?-

La guardo con un sopracciglio alzato -Si ma per una giusta causa, tu te la prendi con una ragazza che sta studiando in biblioteca-

Liquida la mia affermazione con un gesto della mano osservando pensierosa il punto in cui prima si trovava la povera ragazza -Ogni tanto fa bene litigare per delle scemenze, perché poi passano. Litigare per cose importanti fa solo male-

Liam mi lancia un'occhiata interrogativa ma io mi limito a scuotere la testa senza sapere esattamente a cosa alluda la nostra amica.

Dopo aver "studiato" esco dalla biblioteca e non mi sorprendo di trovare un SUV grigio opaco nella strada di fronte alla scuola. Mi dirigo verso la macchina cercando di schivare l'ingorgo di macchine e persone.

Quando salgo dal lato del passeggero per poco non mi strozzo con la mia stessa saliva. Seth è alla guida con un paio di occhiali da sole che lo rendono sfacciatamente sexy. I capelli scuri sono tenuti dietro da una fascetta lasciando scoperto il profilo scolpito e glabro.

-Bentornato- affermo cercando di dissimulare il mio improvviso nervosismo.

Mi allaccio la cintura ed evito accuratamente di guardarlo.

-E' un inferno questo posto- brontola suonando il clacson ad una macchina che si è fermata sulla strada un secondo di troppo.

Dopo qualche minuto gli lancio un'occhiata veloce -Dove sei stato?-

So esattamente dov'è stato ma è la prima cosa che mi è venuta in mente per riempire il silenzio.

Lui mi concede solo un rapido sguardo prima di concentrarsi nuovamente sulla strada -Da quando sono tenuto a dirtelo?-

Domanda stupida da parte mia ma non lascio trapelare la delusione -Giusto-

Lui sospira pesantemente forse leggermente impietosito dal mio tono -Sono stato a Londra per affari, tua madre aveva bisogno di alcune cose-

Una punta di soddisfazione mi pizzica il cuore per aver ricevuto una sua risposta ma la rimando giù mantenendo il controllo -Posso chiederti una cosa?-

-Scommetto che me la chiederai comunque- afferma senza però trattenere un mezzo sorriso.

Okay, il suo umore è decisamente migliorato rispetto a una settimana fa.

Mi torturo le dita per qualche secondo prima di sputare fuori la domanda che mi tortura ormai da troppo tempo -Vai a letto con mia madre?-

Seth frena a un semaforo ma lo fa di colpo, per fortuna ho la cintura o sarei ruzzolata fuori dal parabrezza -E' una domanda seria?-

-Si è una domanda seria- ribadisco con più convinzione di prima.

Lui si toglie gli occhiali e punta i suoi occhi scuri sui miei, paralizzando il mio respiro. Penso voglia sputarmi addosso imprecazioni e parole derisorie ma contro ogni aspettativa scoppia a ridere. Una risata di pancia non quella breve e bassa che ho sentito una volta.

La sua risata riverbera nell'abitacolo e io non posso fare a meno di sentire un calore piacevole espandersi nel petto, infilarsi sotto la pelle e scorrere insieme al mio sangue. Jaz direbbe Dio questa sensazione mi fa sentire viva.

Ha una bella risata, contagiosa e riparatrice così dopo aver superato questo mezzo trauma mi ritrovo a sorridere. Uno di quei sorrisi pieni, quelli che ti fanno pizzicare le guance.

-Non vado a letto con tua madre Evelyn, se è questo che ti preoccupa- afferma con un sorriso divertito a indorargli il volto.

Mi sento così sollevata che per poco non mi lascio sfuggire un sospiro di sollievo. Scuoto la testa aspettando di calmare il mio cuore impazzito prima di riprendere la parola -La mia domanda è legittima, circa un anno fa c'era un certo David o Davis che aveva solo qualche anno in più di te e oggi ho notato che era molto rilassata- arrossisco per essermi inoltrata in questo terreno -Quindi ho pensato che...-

Seth parte spedito quando scatta il verde -Quindi hai pensato che fossi andato a letto con lei-

Sbuffo liquidando le sue parole -Ora che sono sicura che non è così posso dormire tranquilla-

Lui solleva un angolo delle labbra guardandomi in modo bizzarro, come se fossi esasperante -Ho comunque una ragazza-

Mi sento improvvisamente una stupida, e tutto quel calore che avevo prima ora viene meno. Una sensazione strana mi serpeggia lungo la schiena. E' ovvio che ha la ragazza -Ah si? Da quanto state insieme?- il mio tono è più saldo di quanto non lo sia la mia anima.

Lui è riuscito a trovarsi una ragazza, con il suo atteggiamento scorbutico e le sue risposte laconiche e io non ho ancora trovato qualcuno che possa amarmi.

Forse questo atteggiamento è riservato solo a me. O non si spiega.

Merito anche io di essere amata sul serio?

Si rimette gli occhiali svoltando a destra verso il parcheggio coperto della Cava -Da quasi un anno, tu e quel ragazzo stato insieme?-

Scrollo le spalle osservando la moltitudine di macchine che brillano sotto le luci led del parcheggio -No- mi limito a dire. Sicuramente non è il momento di tirare fuori tutta la faccenda di Liam, sono in pochi a credere alla storia del migliore amico.

Mi lancia un'occhiata per scrutare più attentamente la mia espressione ma per fortuna arriviamo a destinazione.

Scendo dalla macchina e faccio dei respiri profondi cercando di ricompormi -Quindi cos'è questa storia?- domando indicando la Cava che si trova sopra di noi.

Seth fa il giro della macchina e si ferma a meno di un metro da me, devo inclinare la testa per incontrare il suo sguardo -Tua madre starà via per un paio di settimane, nel mentre starai da noi-

Ci impiego qualche secondo di troppo per elaborare le sue parole -Cosa intendi per da noi?-

Lui sorride prendendo la mia borsa mettendosela in spalla, so che sta godendo di ogni singolo istante di questo momento -Intendo nei nostri appartamenti, tua madre vuole assicurarsi che tu sia ben controllata-

Sgrano gli occhi guardandolo incredula -Ma che cazzo-

Lui scoppia a ridere. Per la seconda volta in poco tempo, ma questa volta io rimango seria.




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