Capitolo Diciassette
Conosco il vuoto che mi dilaga in petto, conosco il mio dolore più di qualunque altra cosa. Vedo perfettamente l'oscurità che avvolge la solitudine, sento il fetore della paura grondare dal mio corpo.
Ma le persone.
Le persone non le capirò mai.
-D
***
Cerco di sembrare calma e con tutta la buona volontà lo guardo negli occhi senza esitare dinanzi a quei pozzi scuri che rivelano sempre così poco.
Seth si appoggia al ripiano della cucina e incrocia le braccia al petto -Io e gli altri ci siamo organizzati per quanto riguarda i tuoi spostamenti- il tono è basso e calmo.
Annuisco seccamente trattenendomi dal fare una smorfia -E cosa avete deciso tu e gli altri?-
-Diciamo che dovrai stare con me per la maggior parte del tempo, per qualche ora al giorno mi farò dare il cambio da uno degli altri- si stacca dal ripiano e mi viene incontro, cammina con una pigrizia felina ma anche quel movimento casuale porta con sé il fascino di una persona sicura e padrona di sé. Si siede sul divano ma mantiene le distanze lasciando molto spazio tra di noi -Siamo arrivati alla conclusione che è meglio tenerti ben sorvegliata, come ben sappiamo non hai ancora accettato la cosa-
Per poco non emetto un grugnito di esasperazione, faccio tre respiri profondi prima di ribattere -La smettete con questa storia? Non è questione di accettare o meno, è tutta la vita che vivo con la costante problematica dei clienti pericolosi di mia madre. Non venirmi a dire che non ci sono abituata. Io sono arrabbiata, sono terribilmente arrabbiata con lei perché ci mette sempre in queste situazioni schifose e in un modo o nell'altro quelli che ci rimettono siamo sempre io, Julian e Dorian. Non si tratta di me, è lei il problema e non lo dico perché serbo solo rancore, lo dico perché lo dimostrano i fatti e per quanto tu possa fingere che sia il contrario la realtà è questa- allargo le braccia racchiudendo il salotto in quel gesto -Ti sembra normale che io debba essere portata via da casa mia? Ti sembra normale che io debba vivere a casa di uno stronzo che non sopporto solo perché la tua stimatissima Lady Estelle è solo un'egoista avida di potere? - punto il mio sguardo nel suo e respiro a scatti, affannata per il trasporto che ho messo nel dire ciò che penso.
Mantieni la calma.
Non oggi, non adesso.
Seth si appoggia all'indietro sui cuscini gli occhi che mi scrutano senza quella gelida ferocia abituale, sospira pesantemente e lascia ricadere le braccia accanto ai fianchi -Non ho mai detto che sia giusto Evelyn e non pensare che io non veda tutti i difetti di Lady Estelle, non sono né stupido né cieco- apre le dita della mano e passa il pollice sopra un massiccio anello d'argento -Ma in questo momento tenervi al sicuro è molto più importante del resto e piangere sul latte versato non servirà a niente. Dovrai mettere da parte tutto l'odio per un po' e quando sarete al sicuro potrai sfogarti su tua madre. Fino ad allora però devi iniziare a seguire per davvero le regole e facilitarci un po' il compito. Non possiamo proteggerti se organizzi feste o incontri all'ultimo- distoglie lo sguardo dall'anello e mi guarda con così tanta serietà da farmi rabbrividire -Basta solo una volta, un piccolo imprevisto o un dettaglio trascurato per mandare tutto all'aria e le conseguenze penso tu le conosca già. Quindi da oggi basta giochetti-
Punto le mani ai lati delle gambe e mi volto interamente dalla sua parte per poi puntargli un dito ma senza sfiorarlo, lui abbassa lentamente lo sguardo sul dito per poi passare al mio volto con perplessità -Bene, da oggi basta giochetti. Farò quello che mi dici ma a una condizione-
Emette un grugnito esasperato -Non sei nell..-
-A una condizione- affermo perentoria assumendo un'espressione determinata.
Si passa entrambe le mani tra i capelli e chiude gli occhi per un istante prima di riaprirli con una rinnovata calma -Quale?-
Vorrei sorridere trionfante ma probabilmente non farei che peggiorare la situazione -Tu stesso cercherai di non rendermi la vita impossibile, non posso vivere costantemente al tuo fianco se continui a trattarmi come se fossi una fastidiosa zanzara. Non devi per forza essermi amico ma devi essere tollerabile o giuro che impazzisco-
Mi guarda mentre trattiene palesemente una smorfia, i muscoli del volto contratti nello sforzo di non sollevare gli angoli delle labbra -E' il mio carattere. Non è un trattamento speciale che riservo a te Grace-
Questa volta è il mio turno di incrociare le braccia e guardarlo male, gli occhi furiosi così simili a quelli di mia madre -Non mi chiamare così. Non m'importa se sei perennemente scorbutico e arrogante, come io faccio uno sforzo per seguire le regole tu farai lo stesso atteggiandoti come una persona educata-
Mi guarda per un po' con uno sguardo indecifrabile ma lo vedo cedere un po' alla volta -Va bene, c'è altro?-
Questa volta mi concedo di esitare ma parlo prima che lui possa anche solo notarlo -Non devi più atteggiarti con me come hai fatto nel parco, non toccarmi più in quel modo e non prenderti gioco di me-
Sta per ribattere ma sembra ripensarci dopo avermi guardata e non so cosa possa aver letto nei miei occhi perché i suoi lineamenti di solito rigidi e contratti si ammorbidiscono appena -Non era mia intenzione ferirti, non ti toccherò più-
Osservo quegli occhi alla ricerca di una qualche bugia o di una traccia di divertimento ma vedo solo una limpida sincerità e spero con tutta me stessa che ciò che vedo sia reale. Non penso di poter sopportare l'ennesima delusione. Anche se si tratta di lui.
-Bene allora rispetterò le tue regole e non ti renderò la vita impossibile- mi fremono le labbra nel tentativo di trattenere un sorriso -Sono sicura che funzionerà ora che sei diventato una persona gentile-
Lui mi scocca un'occhiataccia ma subito dopo sfoggia un plateale sorriso finto, sbatte le ciglia ripetutamente prendendosi gioco di me -La gentilezza è soggettiva, per me essere gentili vuol dire rivolgerti un saluto di prima mattina. Quello sarebbe un atto di estrema gentilezza-
-Non aggirare le regole Ledford o il patto è nullo- ribatto ancora sorpresa dalla sua espressione forzata, alzo il mento e osservo il frigo alle sue spalle -Cos'hai comprato? Altra carne?-
Con una rapidità surreale si china in avanti per togliermi una ciocca di capelli dal viso ma si allontana con altrettanta velocità. Penso che l'abbia fatto senza pensarci perchè continua imperturbato la conversazione con lo sguardo ora rivolto al cellulare -No, c'è anche della verdura e dei legumi. Contenta?-
Sento formicolare la pelle lì dove mi ha sfiorata e diamine ha appena infranto una delle nostre regole. Questo però non significa niente, perché dovrebbe contare qualcosa?
-Si- affermo giocherellando con i fili del maglione.
-Oggi andiamo a mangiare fuori- afferma di punto in bianco alzando gli occhi dallo schermo per puntarli sui miei -Insieme al resto del gruppo, Dixon ha bisogno di distrarsi un po'-
-Perché ha bisogno di distrarsi?-
-Questioni personali- ribatte solamente prima di alzarsi e stirare la schiena, nel farlo un lembo della maglietta si alza rivelando una striscia di pelle marcata da un tatuaggio intricato -Usciamo tra quindici minuti quindi se devi prepararti sbrigati- alza gli occhi al cielo mormorando un'imprecazione -Per favore-
Sussurra qualcosa e sono quasi sicura che abbia aggiunto Grace al per favore.
Mi alzo anche io e devo inclinare la testa all'indietro per guardarlo in faccia -Com'è che hai detto una volta? Ah si, piccoli passi microscopici alla volta-
Lo supero trattenendomi dall'inspirare il suo profumo, sarebbe alquanto imbarazzante.
Una volta in camera mi siedo sul letto e prendo il cellulare per chiamare Julian. Mi manca averlo intorno e si, mi manca anche quell'antipatico di Dorian nonostante sia di malumore per la maggior parte del tempo.
Risponde al secondo squillo -Narcisa, stavo per chiamarti. Stai bene?-
Mi butto all'indietro appoggiando la schiena al materasso -Non lo so più come sto, tu sei agli arresti domiciliari?-
Mi arriva una breve risata dall'altro capo ma mi basta sentire quel suono per capire che c'è qualcosa che non va -Più o meno, non credere che io goda di chissà quale libertà-
-Hai una voce strana, c'è qualcosa che non va?-
Julian è un libro aperto per me, lo è sempre stato ma nell'ultimo periodo sento che ci sono cose che non conosco. Cose che lui non vuole farmi sapere. Lo capisco, non voglio che si senta costretto a raccontarmi per forza i suoi segreti ma non smetterò mai di preoccuparmi. Julian è sempre stato quello più sensibile dei tre, quello più esposto e fragile. Una fragilità che lo rende una persona più comprensiva, più empatica, più dolce, più emotiva e più gentile ma questa fragilità va anche maneggiata con cura perché è sempre in procinto di spezzarsi.
-Sono solo turbato per la tua lontananza e anche per quella testa dura di Dorian, ho paura che si ubriachi e faccia sciocchezze ora che è a Londra- sospira e un po' del suo dolore arriva anche a me per albergarsi vicino al mio cuore -Nostra madre è troppo presa da sé per accorgersi delle bravate di Dorian, non penso che se ne accorgerebbe se non ritornasse a casa-
Mi si stringe il cuore per non averci pensato e una paura oleosa e appiccicosa inizia a strisciarmi su per lo stomaco.
Julian e io ci siamo sempre occupati di questo aspetto di Dorian. Gli abbiamo installato un'applicazione sul cellulare per localizzarlo, in modo da sapere sempre dove si trova. I giorni peggiori erano quelli in cui io e Julian seduti sul divano stretti l'uno all'altra aspettavamo che rincasasse. Passavano i minuti e le ore e l'ansia e la paura ci tormentavano perché sapevamo che quella era stata una giornata no per lui ed era proprio in quelle giornate che si ubriacava fino a perdere conoscenza. Così dopo le due del mattino ci mettevamo alla guida e raggiungevamo i pub in cui passava le notti, a volte biascicava imprecazioni contro di noi e ci insultava pesantemente ma preferivo quello piuttosto a quando lo trovavamo privo di sensi appoggiato a un muro o a un cassonetto dell'immondizia. Correvo da lui con le lacrime agli occhi e come prima cosa mi assicuravo che fosse ancora vivo, che respirasse ancora. Ogni volta era come morire un po', in quelle ore trattenevo il fiato così a lungo che mi sembrava di dimenticare come si facesse a respirare.
Tornata a casa gli infilavo due dita in bocca per fargli vomitare tutto quello che aveva bevuto, Julian reggeva il corpo floscio e io inginocchiata accanto alla tazza del water gli reggevo la testa.
Nostra madre dormiva due piani più in alto, accompagnata da qualche amante o da una nuova fiamma. Ignara di quelle tre vite che aveva spezzato, di quelle tre anime che vagavano invisibili e silenziose come spettri.
Perché in quei momenti ci sentivamo morti, come Nilde o come papà.
Solo dopo, una volta a letto mi concedevo di piangere tutte le lacrime che avevo trattenuto per sembrare forte.
Come dice sempre Lady Estelle Le debolezze vanno conservate solo per i nostri occhi.
-Ultimamente sta bene, è da un po' che non si ubriaca- tento di infondere sicurezza ma a mala pena ci credo io -E' migliorato non credi?-
-Si, spero solo che nostra madre lo tenga sotto controllo- termina la frase con la voce leggermente incrinata -Tu stai bene davvero? Sai cosa intendo-
Alzo una mano e la muovo seguendo linee immaginarie -Mani ferme, respiro semi regolare e lacrime quasi sempre al loro posto, direi che me la cavo-
Sto bene, sto bene, sto bene.
-Bene, ce la caveremo anche questa volta Narcisa- la voce viene interrotta dal suono del campanello -Ora vado, Marrick mi ha invitato a guardare una partita di basket-
-Digli che anche se è il tuo migliore amico non ha il diritto di obbligarti a fare qualcosa che non vuoi- sorrido divertita -Scommetto che vuole farti conoscere qualche sua amica-
Il suo lamento mi giunge forte e chiaro -Si chiama Hanna ma dopo l'ultima non so più cosa aspettarmi-
Julian è una frana nelle relazioni ma Marrick non si da per vinto e gli trova sempre una nuova ragazza da mettere alla prova. E' divertente vedere Julian tentare l'approccio e non mi stupisco che Marrick muoia dalle risate ogni volta.
-Buona fortuna allora, salutami Marrick-
-D'accordo. Ti voglio bene e stai attenta per favore- mormora con un tono più serio.
-Sempre, ti voglio bene anche io-
-Sei ancora al telefono Grace? Hai solo otto minuti per prepararti- la voce ovattata di Seth mi giunge da dietro la porta -Muovi il culo, per favore-
-Mi chiamo Evelyn!- urlo.
Vorrei scoppiare a ridere e strozzarlo contemporaneamente.
Almeno questa volta mi viene anche da ridere.
Un bel passo avanti, presumo.
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