14. Cadere da ferma

(la foto del capitolo? Si.. Ehm non è spoil... No... Vabbè io la lascio lì... Voi divertitevi 💕)

Mi sveglio con la sensazione di star facendo un bel sogno, non un bel sogno normale però, come se il mio inconscio cercasse di dirmi qualcosa, ma avesse deciso di farlo nella lingua strana e complicata dei sogni. Scrollo la testa per concentrarmi sul presente, stropocciandomi gli occhi.

Per qualche secondo i ricordi faticano a tornare, forse per via della stanchezza accumulata, ma una fitta alle braccia mi riporta dolorosamente alla realtà. Sbatto le palpebre per mettere a fuoco l'ambiente attorno a me, scostandomi la coperta di lana di dosso.

Poggio i piedi nudi sul freddo pavimento di legno, solo a qualche centimetro dalla mano di Veronica, ancora profondamente addormentata, il cuscino stretto fra le braccia in diagonale come fa sempre, poco più in là ci sono anche Jake e Matt, su un simil materassino improvvisato fatto i coperte piegate. Il biondo ciroconda il torace dell'altro con le braccia, il viso premuto fra le sue scapole.

Sull'altro letto della stanza degli ospiti avvolta nella penombra, c'è invece Peter, che la rossa ha convinto a stare sul materasso per riprendersi al meglio. Il più silenziosamente possibile mi faccio strada fra Ver e il letto, trovando un maglione e un paio di pantaloni che sono sicura non ci fossero quando sono entrata, posati sopra la sedia della scrivania dall'aria antica proprio accanto alla testata del letto.

X Allison (se ricordo bene il nome)
Ho visto che la felpa è rotta, prendi questi se vuoi.

Deve averlo lasciato la signora Ibsen, la donna che si è ritrovata Jake davanti alla macchina. Ricordo poco di lei, capelli ramati, camicia di flanella, ci ha chiesto cosa ci facevamo in mezzo alla strada, prima in norvegese e poi in inglese quando ha visto che non capivamo un accidente, e noi le abbiamo dato qualche spiegazione che al momento nemmeno ricordo. Lei sembra aver notato come eravamo tutti stanchi e infreddoliti e ci ha caricati sul cassone dei suo pick up, portandoci fino a casa sua non molto lontano.

Oh si, e siamo in qualche fiordo sperduto nel nord della Norvegia, giusto perché Belirut ama i posti affollati.

I pantaloni lunghi li recupero dal nostro zaino e mi cambio, indossando però il lungo maglione giallo, aperto sul davanti, per coprire la pelle d'oca che ho sulle braccia, oltre che le bende poco sotto le spalle.

Uscendo in salotto, trovo la zazzera corvina di Kim che sbuca sopra la testata del divano, la stanza è illuminata dalla luce fredda che arriva dalla grande vetrata su quasi tutta la parete davanti a me, permettendomi di vedere il giardino al di fuori, e più lontano la collinetta incolta che si alza al limitare del prato.

"Oh, finalmente, buongiorno fiorellini" mugugna Kim sentendo i miei passi.

"Fiorellino" ribatto piatta "Che ore sono?"

Il Mutaforma solleva entrambe le mani oltre lo schienale, i due indici alzati. "Le undici, Allison"

Mi stringo la radice del naso. "Le undici? Gesù..." mormoro, ancora assonnata.

"Proprio così, e mentre voi tutti crollavate come birilli, papà Kim è dovuto rimanere alzato per fare la guardia, esclusa la mezz'ora che ho passato in bagno a vomitare lo schifo che hanno messo nel mio sidro" dice Kim, abbassando pesantemente le braccia, io intanto giro attorno al divano, lasciandomi cadere sulla poltrona lì accanto "Quel cesso è diventato il mio nuovo migliore amico"

In effetti il Mutaforma non ha per niente una bella cera, un velo di occhiaie gli contorna gli occhi, il viso sembra più scavato e pallido di quanto non sia di solito. "La signora... Come si chiama?"

"Renhild"

"Renhild, ecco, direi che sembra innocua, è anche stata gentile a tirarci su e ad ospitarci" osservo io.

"Ci ha caricato in macchina senza praticamente dire una parola" scandisce il ragazzo, girandosi nervosamente il braccialetto metallico di Thaddeus attorno al polso. Comincio a chiedermi se sia ancora necessario disattivare i suoi poteri.

Faccio una smorfia, odio discutere di prima mattina, anche se tanto prima non è. "Ci ha caricato in macchina perché eravamo sei adolescenti infreddoliti in mezzo ad una strada di campagna deserta, alle cinque del mattino" ribatto incrociando le braccia "Credo che tu abbia qualche problema di fiducia nel prossimo"

"Beh, voi avete qualche problema di ingenuità, considerando che un sacco di persone là fuori vi cercano" Kim emette una risatina amara dopo quelle parole, stringendosi nel maglione rosso che Renhild deve avergli prestato, ma che è decisamente troppi grande per appartenere a lei "E poi, sfido io, prova a fare anche solo un anno della mia vita, vediamo alla fine chi ha problemi di fiducia"

Adesso o mai più. Mi chino in avanti, i gomiti puntellati sulle ginocchia, assottigliando le palpebre. "Quindi... Hai intenzione di parlare ora, o aspettare che si sveglino anche gli altri e che gli racconti cosa ho sentito e visto su quel tetto di Sydney? Dopo quello che ha detto Annarsson non puoi sperare che non facciano domande"

Il Mutaforma ricambia la mia occhiata, le labbra strette in una linea, con questa luce la sua pelle diafana sembra fatta di carta velina, sottile e delicata per il suo cambiare così spesso. "Penso che ora andrò a prendermi una tazza di caffè dalla colazione che la tua paladina Renhild ci ha lasciato, prima che Ferne si svegli e lo finisca tutto" risponde lentamente, ogni parola attentamente misurata, facendo per alzarsi. Con uno scatto della mano e una ventata d'aria lo rispedisco seduto al suo posto.

"Davvero?" fa nervosamente, inarcando un sopracciglio, io non accenno a demordere "Va bene, Allison, quali sono le tue brillanti teorie?"

"Voglio solo sapere quanto sei invischiato con la mafia giapponese" sbuffo, dopo quello che ha detto il vecchio mi è sembrato ormai ovvio che il tatuaggio sul suo braccio c'entrasse qualcosa con la yakuza, forse Annarsson voleva consegnarlo proprio a loro, forse c'è una taglia e lui sta scappando proprio per via di essa.

Di nuovo la risata amara di prima, stavolta più forte. "Invischiato è un grossisimo eufemismo" ribatte ironico, puntando di nuovo il suo sguardo tagliente su di me "Ora ho capito la tua preoccupazione, hai paura di giarare con qualcuno che ha un bersaglio sulla schiena vero? Non so se però hai considerato il fatto che sono io a prendermi il rischio di andare in giro con cinque bersagli ben più ambiti di me... Perché, posso assicurartelo, nemmeno un quarto delle persone che cercano voi, cercano anche me"

Soffoco una protesta istantanea, stringendo il pugno sul bracciolo della poltrona. Odio discutere appena sveglia e essere nel torto.

Prima che Kim abbia tempo di aggiungere altro, con quel suo malcelato sorrisetto vittorioso, Veronica in testa e poi gli altri, chi più - Matt - e chi meno - Peter - assonnato, escono dalla stanza degli ospiti.

"Giorno" saluto io, nascondendo la frustrazione.

"Giorno" risponde Veronica, vedo sulle sue labbra formarsi una domanda spontanea, ma grazie al cielo Jake la interrompe prima.

"Quello è cibo?" esclama il mio migliore amico, notando il tavolo della cucina apparecchiato "Per noi?"

Colgo l'occasione al volo. "Si, Renhild ci ha lasciato la colazione, lei ora è fuori" dico, lanciando un'occhiata in obliquo al ragazzo sul divano "Noi vi stavamo giusto aspettando... Vero Kim?"

Il Mutaforma ricambia con un sorrisino angelico, alzandosi in piedi e facendo un cenno con la mano a Veronica. "Esatto, dopo di lei, capo" la rossa rotea gli occhi, ma si dirige comunque verso il tavolo, seguita da me e Jake, in effetti mi sono accorta di avere parecchia fame.

Superiamo Ver, ed io scorgo un barattolo di colore marroncino proprio nel centro del tavolo, accanto a delle marmellate, però è Jake a parlare per primo. "Burro d'arachidi" mormora con tono sognante.

Io e il mio migliore amico ci scambiamo un'occhiata elettrica, poco prima di scattare entrambi come molle per raggiungere il barattolo. Jake incepsica su una delle assi di legno del pavimento, appena più rialzata delle altre, ed io mi fiondo sul burro d'arachidi.

"Vittoria!" esclamo sollevando la prelibatezza fra le mie mani.

"Che schifo quella roba" commenta Matthew con una smorfia schifata, passandomi accanto.

Sgrano gli occhi, piazzandogli il barattolo proprio davanti alla faccia. "Come osi!" esclamo.

"Ma io l'ho visto a casa tua" dice Jake nello stesso momento, confuso.

Che? faccio tempo a pensare. Un battito di ciglia e il burro d'archidi non è più nella mia mano, ma stretto nel pugno di Matt, che si è allontanato rapidamente verso il bancone della cucina, un sorrisino soddisfatto stampato in faccia.

Mi ha fregato! Del tutto, completamente, assolutamente fregato!

La partita, tuttavia, non è affatto conclusa. "Sanders, prendi" dice Kim, andando poi a sedersi con una tazza fumante in mano. Sul viso di Jake si apre un ampio ghigno furbesco quando realizza che sta stringendo la brocca del caffè, in contrasto con l'espressione d'orrore del suo ragazzo, il ricatto ormai capito.

"Okay, va bene" mugugna Matthew, puntando il dito verso il ragazzo, che intanto gira attorno al tavolo per mettersi di fronte a lui "Metti il caffè sul bancone e io metto questo sul tavolo... Tutti felici"

Il Veggente non sembra molto felice però, mentre lui e Jake posano lentamente i rispettivi bottini, scattando non appena entrambi hanno toccato la superficie dei due piani.

Veronica si è già seduta al capotavola opposto di Kim, spalmando la marmellata su una fetta di pane tostato, senza burro o niente, ho smesso di chiedermi come fa dopo circa tre colazioni. Peter ci osserva in piedi poco lontano dal tavolo, un angolo delle labbra leggermente arricciato verso l'alto, un sopracciglio inaracato, suscitandomi una risatina.

Lo sapevi già che eravamo una banda di matti gli dico col pensiero, divertita E ti ricordo che ne fai parte

Oh, non me ne pento affatto, anche se non sono al loro livello replica lui, facendo un piccolo cenno della testa in direzione di Matt e Jake che sono passati dal battibeccare allo sbaciucchiarsi in pochi secondi.

Io li richiamo con un sonoro colpo di tosse. "Smettete di fare le cozze per un secondo e Jake sbrigati a spalmarti quel burro perché poi lo voglio io" dichiaro, sedendomi accanto a Ver, il mio migliore amico che mi fa il verso con la mano, ma si siede lo stesso di fronte a me con uno sbuffo, prendendo una fetta di pane. Matt si siede di fianco a lui, quindi Peter rimane solo il posto su questo lato.

Sto spalmando finalmente il mio strato di burro d'archidi sul pane, quando la porta d'ingresso si apre con uno scricchiolio, facendo filtrare un refolo di aria fresca nella stanza.

"Oh, ciao... Ehm, vedo che avete trovato il mangiare" esordisce Renhild impacciata, avevo paura che la memoria mi ingannasse, ma ricordavo bene la chioma di boccoli ramati, le guance ricolme di lentiggini sono arrossate per l'arietta fredda, gli occhi marrone chiaro accesi di vita.

Dopo essersi tolta il giubbotto nella piccola anticamera dell'ingresso, la donna ci raggiunge in cucina, appoggiandosi al bancone dietro Matt e Jake. "Allora, vi assicuro che l'ospitalità non è un problema, non per me e per i miei... mh, i genitori di mio marito, non ricordo il termine, che arriveranno nel tardo pomeriggio" dichiara Renhild tranquilla "Però vorrei sapere se avete dei parenti, dei genitori, che potete chiamare, oppure capire meglio cosa vi è successo, sembravate molto... Spaesati, ecco, stamattina"

Beh, sa, siamo sbucati le bel mezzo del nulla con un portale dall'Islanda, dopo una notte quasi completamente in bianco, in cui abbiamo inoltre cercato di ucciderci a vicenda per colpa di un vecchio pazzo... E sa, mi servirebbero anche delle bende da cambiare per i due grossi tagli che ho sulle braccia

Sarebbe esilarante rispondere così, davvero esilarante.

Tuttavia ci pensa Kim a spiegare, il nostro caro maestro delle scuse. "Come le ho accennato stamattina, signora Ibsen, stiamo viaggiando on-the-road, ma i ragazzi che ci hanno dato un passaggio ci hanno anche giocato un brutto scherzo, lasciandoci lì perché non potevano andare oltre, o così hanno detto" spiega il Mutaforma, con una sicurezza tale da rendere invisbile il fatto che si stia inventando tutto di sana pianta "Pensavamo di essere lontanissimi dal paesino di Haddal, e invece pare sia vicino, quindi è stato tutto solo un brutto scherzo"

Renhild annuisce cupa, torturando con le dita il polsino della sua camicia di flanella a quadri violetti. "Si, un brutto scherzo, se volete oggi posso darvi un passaggio in paese, non so quanto intendete restare, ma solitamente in questo periodo il poco che c'è è tutto pieno" replica la donna comprensiva, l'accento molto marcato "Potete restare qui, non è un problema"

Al che noi la ringraziamo, finendo di mangiare e lasciando la cucina a lei, per prepararsi il pranzo.

"Io avrei un'idea, noi quattro..." Veronica indica sé stessa, più Kim, Matthew e Jake, dopo che ci siamo riuniti nella stanza degli ospiti "Andiamo con la signora Ibsen in città, mentre voi due rimanete qui a riposare, prima che protestiate: Allison tu sei ferita, mentre Peter sei ancora molto debole, e comunque qualcuno che rimanga qui per sicurezza serve"

Provo lo stesso a protestare, perché odio stare in panchina e perché comunque mi andava di vedere una nuova cittadina, ma alla fine la rossa l'ha vinta, e gli altri si preparano per uscire.

Penso che andrò a fare un giro fuori in giardino mi dice Peter, mentre i nostri amici lasciano la stanza Ti va di venire?

Reprimo un sussulto, il cuore che comincia a battere più forte nel petto. Prima faccio una doccia magari, tu non aspettarmi, ti raggiungo io replico impacciata.

Okay

Pete annuisce e mi rivolge un piccolo cenno di saluto con la mano, prima di uscire a sua volta dalla camera degli ospiti.

Appena la porta si chiude alle sue spalle mi butto sul letto, soffocando un gridolino nel cuscino morbido. Perché mi sento esattamente con una ragazzina alla sua prima cotta?

Di nuovo.

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Respira, calma, respira... continuo a ripetermi mentre arranco nell'erba incolta che porta in cima alla piccola collinetta dietro la casa.

Fissando la schiena di Peter, ancora lontana, non posso fare a meno di pensare alla promessa che ho fatto solo ieri, già mi sembra sia passata un'eternità, se eravamo fragili prima della notte scorsa, ora è addirittura peggio di prima. Ed io ho paura, davvero paura.

Però, è egoista da parte mia lo so bene, ho bisogno di lui, anche se ho paura di ferirlo ancora, per l'ennesima volta.

"Ehi" mi saluta Pete, quando finalmente l'ho raggiunto in alto alla collinetta, è fermo in piedi, lo sguardo rivolto verso il pendio scosceso che da dove siamo noi scende per un breve tratto, prima di innalzarsi di nuovo, stavolta in una collina più alta di parecchi metri. Indossa un maglione blu scuro sotto un giubbotto di jeans, entrambi un filo più grandi della sua taglia, Renhild deve avergli prestato qualcosa appartenente al suo suocero come ha fatto con Kim.

"Ciao" mormoro io in risposta, impacciata come se fosse la prima volta che ci parliamo "Che fai?"

Lui fa spallucce. "Sto pensando"

Accenno un piccolo sorriso, in effetti, sorprendentemente, l'immagine del pensatore solitario che fissa la natura incontaminata gli si addice. "Pensando? A che cosa?"

"Al fatto che ora la mia vita assomiglia molto alla sigla di un anime" risponde tranquillamente, facendomi inarcare un sopracciglio "Non guardarmi così, insomma, tutte immagini movimentate e piene di azione, anche belle, solo che non riesco a capire un accidente delle parole della musica in sottofondo"

Nascondo una risatina con la mano strappando un sorriso anche a Peter. "No, va bene, parlando seriamente, prima ero convinto che l'unica cosa che mi spingesse ad andare avanti fosse il bisogno di vendicare Andy in un qualsiasi modo, per rimediare a ciò che avevo fatto, per stare di nuovo bene con me stesso, anche se lui ci aveva chiesto di non farlo" spiega il ragazzo, giocherellando con il bordo del maglione "Ora che so che non c'è un modo per far tornare le cose come erano prima, beh, sono leggermente confuso... Non so più per cosa combatto, o perché"

Mi stringo un gomito, senza sapere cosa rispondere, le ferite prudono fastidiosamente. "Tu perché combatti? Come fai ad andare avanti?" mi chiede, abbassando lo sguardo su di me.

Esito qualche attimo, mordicchiandomi nervosamente il labbro. "Veramente non lo so con precisione, lasciando stare la storia dell'affresco, insomma, noi abbiamo dei poteri, e persone con gli stessi poteri vogliono usarli per fare del male... Certo, potremmo sempre lasciar perdere, ma non possiamo liberarci del nostro Dono senza passare questo fardello a qualcun'altro"

"Dico spesso che all'inzio era il mio sogno, anche se non ero pronta a quello che comportava, però ora resta comunque una parte di me, non penso di volermene liberare in ogni caso, significherebbe arrendersi" continuo, guardando Peter di sottecchi "Quindi voglio usarlo per fare del bene, per tutte quelle persone che non possono difendersi da sole dalla Legione, dai Rivoluzionari..."

Mi fermo per via della piccola risatina, che sfugge dalle labbra del ragazzo. "Che c'è?" domando colpendogli leggermente il braccio, ma lui continua a ridacchiare. Non riesco a capire se stia ridendo per ciò che ho detto o per altro.

"Nulla, solo che sei incredibile" risponde lui, riprendendo un po' di compostezza e voltandosi del tutto verso di me, che devo sollevare appena il mento per guardarlo negli occhi "Ti sforzi così tanto di aiutare gli altri, che a volte non ti accorgi di farlo semplicemente con la tua presenza, senza dover dire o fare nulla"

Peter mi fissa, stavolta serio, gli occhi luminosi, ed io penso di potermi sciogliere a terra da un momento all'altro. "So che il peso che porto dentro non scomparirà da un giorno all'altro, però quando sono con te fa meno male, sei come una magia, per citare le parole di qualcun'altro" mormora esitante "E con questo non voglio forzarti o altro, mi hai detto che ti serve tempo, e io ti lascerò tutto il tempo del mondo credimi... Volevo solo, dirtelo, ecco, che sei incredibile"

Lui fa per voltarsi di nuovo, ma io lo fermo, la mano che scatta da sola ad afferrare la sua, le dita mi tremano un pochino, una tempesta di pensieri che imperversa nel mio cervello, l'unico modo che ho per liberarmene è parlare. "Pete, io ho paura, davvero davvero tanta, di ferirti di nuovo, del fatto che potremmo finire per farci ancora più male..." vedo il viso di Peter aprirsi un pochino, una flebile speranza sul fondo dei suoi occhi nocciola "Però, lo so che è egoista da parte mia, non posso andare avanti a rompermi lentamente lontano da te... E non voglio che tu ti senta solo mai più..."

Pete apre la bocca per dire qualcosa, poi la richiude, e punta li sguardo sulle sue mie dita strette attorno alle sue. Non so se sia stupito, o solo scioccato, o se stia cercando un modo per respingermi con gentilezza, non riesco ad eviscerarlo dalla sua espressione.

"Insomma... Intendi che..." balbetta alla fine. Ed io che pensavo di essere quella imbarazzata, questa volta sono io ad emettere una risatina leggera, annuendo piano.

Il ragazzo scuote appena la testa. "Quindi, possiamo fare finta di ripartire da zero?"

"No..." rispondo aggrottando le sopracciglia "Non possiamo cancellare quello che è successo, non saremmo noi, anche se ora siamo decisamente più incasinati, non possiamo fare finta di non essere cambiati... Ripartiamo da adesso, da qui, ci stai?"

Non so dove trovo il coraggio per sollevare la mano destra, quella che non è stretta alla sua, porgendogliela come per segnare un accordo, anche se quello che sto chiedendo non è neanche lontanamente simile ad un accordo. È qualcosa di molto più grande è terrorizzante, grande e rischioso, eppure emozionante, e bellissmo, e disorientante.

Invece di stringere la mia mano, Peter la prende delicatamente, posandosela all'altezza del cuore, senza staccare gli occhi un attimo dai miei. Riesco a sentire il battito veloce anche sopra la lana spessa del maglione.

Ba-dump ba-dump ba-dump

"Questo basta come risposta?" domanda, esitando appena.

Accenno un sorriso. "Sì, basta" confermo, facendo scivolare lentamente la mano verso l'alto, dal petto di Pete fino al collo, dove le mie dita giocherellono con alcune ciocche scure.

Il mio cuore non è affatto da meno, mentre mi sollevo piano sulle punte e ogni cosa sparisce, resta solo il viso di Peter.

Perfavore non fare scherzi dico ansiosa alla mia mente.

Quando le nostre labbra si sfiorano è come se fosse la prima volta, forse perché avevo dimenticato cosa si provasse, guardandolo da lontano per così tanto tempo. Ogni timore si placa, lasciando solo una sensazione di tepore che dilaga dal mio petto in tutto il corpo, una sensazione di calma, nonostante il battere furioso del mio cuore.

Chiudo gli occhi, lasciandomi andare a quei pochi secondi, le dita delle nostre mani unite che si intrecciano. Non c'è fretta, né rimorso, solo le labbra soffici di Peter che premono con delicatezza sulle mie.

Tengo la fronte poggiata alla sua per qualche attimo, dopo che ci siamo staccati, i fiati che si mischiano nell'aria fresca.

Faccio per allontanarmi di qualche centimetro, ma inciampo in qualcosa. Mi sento cadere all'indietro e Pete viene tirato giù con me, mi scappa un gridolino.

Un attimo prima di toccare terra ci fermiamo all'improvviso, inclinati come la torre di Pisa. Realizzo che ad arrestare la caduta è stato proprio lui, lentamente, ancora sospesi a mezz'aria, ruotiamo finché Peter non si ritrova con la schiena a terra, io appoggiata al suo petto.

Un silenzio imbarazzato satura l'aria.

"Eravamo fermi... Come hai fatto a cadere?" domanda alla fine il ragazzo, divertito, io poggio entrambe le mani sopra il suo sterno, posandoci il mento, e faccio spallucce con aria innocente.

Scoppiamo entrambi a ridere solo dopo qualche secondo, mi sento così bene, potrei stare sdraiata così sull'erba per sempre, come fossimo semplicemente in vacanza, e non in una missione cruciale. E lui ride, ride come se fosse finalmente libero, anche se negli occhi ancora si scorgono le catene, però sembra così felice.

Mi accorgo che per sorreggermi Peter mi ha posato le mani sui fianchi, e ancora sono lì, deve accorgersene anche lui, perché arrossisce di colpo, spostandole con la stessa velocità con cui il suo viso si è tinto di rosso.

Per evitare ulteriore imbarazzo rotolo di lato, sdraiandomi accanto a lui sull'erba umida, lo sguardo alto verso il cielo ammantato di nuovole grigie.

Sono qui, stesa a terra accanto a Peter, le nostre dita intrecciate, la mia testa sulla sua spalla, ed è tutto perfetto, quasi troppo, come in una fiaba, anche se la nostra situazione è tutt'altro. Perché non sono riuscita a farlo prima? Perché non sono riuscita ad essere abbastanza coraggiosa? Perché...

"Ehi, non piangere"

Mi volto verso Pete, una lacrima silenziosa che sfugge a lato degli occhi. "Anche tu stai piangendo" mormoro.

"Non è vero" ribatte, tirando sù col naso.

"Allora nemmeno io sto piangendo"

Lui allunga la mano libera, asciugandomi delicatamente gli occhi. "Mi dispiace" sussurro, la voce che trema "Per averti fatto aspettare così tanto, tutti questi mesi senza che avessi il coraggio di fare qualcosa"

"Allison, ehi... Guardami" alzo lo sguardo, incontrando il suo, gentile e appena lucido "È tutto okay, avrei atteso tutto il tempo che ti sarebbe servito, e va bene così, davvero, ora godiamoci quello che abbiamo, senza forzare nulla, senza fretta"

Annuisco piano, incerta. "Ho solo paura di farti del male, se dovessi avere ancora quei flashback..." le parole mi muoiono in gola, e devo ricacciare indietro altre lacrime.

"Non preoccuparti, ti ho già detto che sei ciò che fa sparire il dolore, no? Non potresti mai essere ciò che lo causa" mi rassicura Peter, facendo scivolare via la mano dalla mia, per farmi passare quel braccio attorno alle spalle.

Il ragazzo guarda il cielo con un sorriso amaro. "Penso che peggio di ieri notte non potrò mai stare" bisbiglia, forse più al vento che a me.

"Va bene" mormoro, prendendo la mano che ha posato sulla mia spalla e lasciando un bacio veloce sul suo dorso. Peter sorride alle nuvole.

Ce la faremo, un passo alla volta, un sorriso alla volta, ora che ho trovato il coraggio di combattere per questo non ho intenzione di lasciarlo andare, qualsiasi cosa succeda.

"Che facciamo ora?" domando dopo qualche minuto di silenzio.

Pete scrolla le spalle. "Non lo so, aspettiamo che arrivino gli altri, non dovrebbe mancare troppo, la signora Ibsen ha detto che doveva tornare presto"

"E poi non lo so..." continua, io che giocherello con un ciuffo dei suoi capelli color mogano "Poi andiamo avanti, pian piano"

"Pian piano" ripeto io.

Mi sento tranquilla, incredibilmente tranquilla, mentre ce ne stiamo stesi sull'erba, senza curarci dell'umidità o del venticello freddo, io che gioco con i capelli di Peter come volevo fare da tanto tempo, lui che fissa semplicemente il cielo grigio, quelle nuvole che si limitano a coprire l'azzurro, senza davvero annunciare pioggia.

Peccato che la nostra calma dura soltanto poco più di una mezz'ora. Ci pensa la voce di Matthew a spezzarla, con una delicatezza unicamente sua.

"EHILÀ VOI DUE, SMETTETE DI FARE LE COZZE PER UN SECONDO, E VENITE GIÙ CHE DOBBIAMO PARLARE!"

Sobbalzo, stringendomi involontariamente a Peter, per poi staccarmi e sollevarmi su un gomito. Oltre il ragazzo e in fondo al pendio si scorge la macchia chiara che è la testa del Veggente, salutandolo con un allegrissimo gesto della mano - che potrebbe coinvolgere un solo dito in particolare, anche se non sono sicura Matt lo veda da così lontano -.

"Dici che lo sapeva?" domando poi, abbassando lo sguardo su Pete.

"Oh, sicuramente" sbuffa il ragazzo, anche se con una punta di divertimento nella voce.

Faccio una smorfia. "Potere utile ma fastidioso"

"Potere utile ma fastidioso" concorda lui, alzandosi in piedi e porgendomi la mano.

Scendiamo la collinetta fianco a fianco, ed ogni volta che le nostre dita si sfiorano mi sento come sulla discesa di una montagna russa.

Decido di prendermi una piccola rivincita con Matthew. "Ferne!" grido, quando siamo ad una decina di metri da lui, il fatto che lo abbia chiamato per cognome gli fa drizzare le orecchie "Comincia a correre!"

"Non vuoi vedere i miei disegni?" ribatte sarcastico il Veggente. Sa di starsi cacciando in un guaio, ma è troppo sfacciato per ammetterlo, nemmeno quando parto in corsa giù dalla collinetta per raggiungerlo, solo vedendo la bolla d'acqua che si sta formando sopra la mia mano si decide a partire in direzione della porta-finestra che dà sul salotto.

Lascio cadere l'acqua sull'erba prima di entrare in casa, dove subito trovo il sorrisone a trentadue denti di Jake, seduto sul divano. Piantala, scemo gli dico con la mente, anche Ver accenna un sorriso, mentre si arrotola distrattamente la cordicella della collana con il proiettore di Andy lungo il dito, con lei però posso fare segno di parlarne dopo.

Il mio migliore amico riserva lo stesso sorriso anche a Pete, che entra poco dopo di me, lui si limita ad arrossire appena, chiedendo poi di cosa volevano parlare.

"Nulla di particolare, solo che crediamo sarà decisamente molto più difficile trovare quel nome qui" dichiara Kim, non lo avevo notato prima, con quel maglione rosso si confondeva con la poltrona su cui è seduto "Il paesino è davvero piccolo e per lo più sono case, Renhild ci ha portato in una cittadina vicina dove lavora, e anche lì non c'è praticamente nulla..."

"Quindi avevamo pensato di iniziare a chiedere alla signora Ibsen, ma il signorino Kim Sfiducia non vuole perché ancora non sappiamo se fidarci di una gentile donna di campagna che ci ha magnanimamente ospitati a casa sua, dopo averci tirato via dalla strada di mattina così presto" si inserisce Veronica secca, ed io la indico con un dito per concordare, fissando intanto il Mutaforma.

L'asiatico rotea gli occhi con uno sbuffo. "Come diavolo fate ad essere vivi voi tutti?" borbotta, passandosi entrambe le mani nei i capelli corvini.

"Comunque, se a voi va bene, abbiamo deciso di aspettare un altro giorno e vedere cosa possiamo trovare in paese, poi chiederemo a Renhild" dice Matthew, che si è rifugiato dietro al divano, proprio alle spalle di Jake, il quale si sta facendo tranquillamente toccare i capelli da lui, che prova ad appiattirli senza successo.

Mi mordicchio l'interno della guancia, incerta, ha senso aspettare prima di chiedere, magari per non far pensare subito alla signora Ibsen che siamo dei matti che si interessano di bambini scomparsi. Già ci ha trovato su quella strada stamattina. "Si, va bene, domani andiamo tutti?"

"Renhild lavora domani, ci può portare e lasciare in città" risponde Veronica, rivolgendosi poi a me, una scatolina in mano, sbianco realizzando che si tratta di colla chirurgica e faccio subito per dire no, ma la rossa mi interrompe "Andiamo a sistemare quelle ferite, niente rifiuti"

Provo a controbattere, ma alla fine mi lascio trascinare da Ver nel bagno del primo piano, accanto alla stanza degli ospiti, salutando Peter con un cenno timido della mano. Mentre la porta si chiude scorgo Jake che praticamente gli salta addosso, pronto a sotterrarlo di domande.

La mezz'ora successiva passa in una serie di lamenti e imprecazioni sibilate, certo, la colla chirurgica è decisamente un'alternativa migliore ai punti, però fa male lo stesso. Una volta finito do un'occhiata veloce alle ferite, chiuse dalla colla e dagli steri strip, constatando che no, non hanno affatto un bell'aspetto, ma non è di sicuro il peggio che mi sia capitato.

"Allora..." fa Veronica una volta finito, appoggiandosi con le mani al bordo del lavandino "Pete?"

Non sto a raccontarle per filo e per segno cosa sia successo, non so che cosa abbia detto loro Matthew, non so nemmeno cosa abbia disegnato il Veggente per saperlo. "Beh, diciamo che abbiamo... Uhm, qualcosa?" mormoro imbarazzata, sfregandomi la nuca "Si, qualcosa"

"Qualcosa" ripete la rossa.

"Qualcosa" confermo io.

Ver scrolla le spalle, con un mezzo sorriso. "Qualcosa è già qualcosa, meglio di niente o degli ultimi mesi in generale"

"Gli ultimi mesi?" domando io, alzando un sopracciglio.

"Eravate la versione timida ed imbarazzata di Matt e Jake, fidati, abbiamo avuto tempo di osservarvi tutti quanti"

In qualche modo dovevamo tenerci occupati aggiunge Eliah con la voce di Veronica Mentre voi eravate tutti impegnati con le vostre pene d'amore

La rossa blocca il picchiettare del dito sul lavandino, il ticchettio che aveva saturato l'aria fino a quel momento si interrompe, ed io me ne accorgo solo quando scende il silenzio. "Già..." mormora mesta, sfiorando il ciondolo a forma di orchidea, ed io quasi immagino lo Spettro che realizza cosa ha appena detto, con la voglia di prendersi a schiaffi. Forse quella è più mia.

Mi avvicino a Veronica, passandole un braccio attorno alle spalle, ormai siamo alte uguali, ma lei poggia lo stesso la testa sulla mia spalla, lo sguardo perso davanti a sé. "Sto bene" bisbiglia dopo qualche minuto, prendendo un respiro profondo s asciugandosi frettolosamente la guancia "Voi non fate altri casini però, okay?"

Annuisco, accarezzandole comprensiva i capelli, Eliah farà meglio a scusarsi. "Tranquilla, abbiamo già detto che vogliamo ripartire con calma, diciamo l'esatto contrario di due persone che conosciamo bene" riesco a strapparle una risatina "Pian piano"

"Pian piano" dico di nuovo, ripensando a prima sulla collinetta.

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Un pian piano molto relativo, io e Peter siamo come due calamite che si sono attratte lentamente per mesi, fino a raggiungere il punto critico e ad attaccarsi di scatto. Nonostante l'essere impegnati nelle ricerche del nome del bambino o bambina scompars, ogni momento libero è buono per rubare un tocco, una stretta di mano, un abbraccio, magari anche uno sfiorarsi di labbra.

Abbiamo conosciuto i suoceri di Renhild, i signori Aalefjær - anche se ancora non è chiaro dove sia il marito - due simpatici anziani che non spiccicano una parola d'inglese, ma che ci sorridono sempre cordialmente ogni volta che li incrociamo in casa. La signora Aalefjær si è anche offerta di ricucire le maniche strappate della mia felpa.

Ho visto di nuovo Dante, la notte scorsa, però questa volta in un sogno. Lui era lì, di spalle, in questo grande spazio bianco, ed io provavo a chiamarlo, a chiedergli perché l'avessi visto a Selva, o perché ho sentito la sua voce, ma Dante non di voltava. Solo quando alla fine ho perso le speranze, lui si è girato verso di me.

Senza faccia, non aveva un volto, solo pelle piatta e inespressiva. Niente occhi, o bocca, o naso, nulla di nulla

A quel punto mi sono svegliata di colpo, recuperando freneticamente la cornice che mi ha lasciato zia Manu, fissando, con la poca luce dell'abat jour, ogni dettaglio del viso sbarazzino di quel ragazzo, bene a mente, dagli occhi vispi al sorriso scaltro, fino ai corti riccioli scuri.

Riguardo al codice invece, le ricerche di ieri non hanno dato frutti, ed oggi abbiamo concesso a Kim solo mezza giornata ancora, per via del suo continuo insistere.

Ora, peccato per il Mutaforma, il tempo è scaduto, e stiamo aspettando che Renhild finisca di sistemare la sua stanza al piano di sopra, per chiedere a lei. Kim è seduto, un broncio appena velato in viso, sulla poltrona del salotto, Matthew e Jake sono usciti a prendere un po' d'aria in giardino, Veronica è stata reclamata in cucina dalla signora Aalefjær, che cerca di intrattenere una conversazione un po' zoppicante con lei riguardo a non so quale argomento.

"Vado a prendere un foglio, così almeno sembrerà che stiamo davvero facendo una ricerca" dichiaro io, alzandomi dal divano, non voglio che la signora Ibsen si preoccupi troppo.

Peter si alza quasi subito dopo di me. "Ti accompagno" dice. Guardandoci il Mutaforma solleva gli occhi al cielo.

"Sai che potevi stare seduto, tanto la camera degli ospiti è praticamente qua accanto" commento io, una volta che ci siamo chiusi la porta alle spalle.

"Mi andava di accompagnarti" fa Pete, scrollando le spalle e dirigendosi verso lo zaino dei ragazzi, che giace accanto al letto che lui e Veronica hanno usato a turno "Ti dispiace?"

Noto la minuscola punta di malizia nelle sue ultime parole, mentre viene verso di me col taccuino di Matthew in mano, io che sono rimasta ferma a pochi passi dalla soglia, osservando come un'ebete il suo fisico asciutto anche sotto il maglione.

"Affatto" replico con lo stesso tono, avvicinandomi a Pete di qualche passo e beandomi delle sue labbra morbide anche se appena screpolate quando queste entrano in contatto con le mie.

Indietreggio d'istinto, mentre le mie mani risalgono fino alla retro del suo collo, sfiorando i ciuffi più lunghi. Urto qualcosa. Un tonfo ed il rumore di vetro che va in frantumi, Peter si stacca da me, trasaliamo entrambi.

Sono costretta ad allontanarmi da lui, per controllare cosa sia caduto. Trovo una cornice a terra a faccia in giù, caduta proprio da sopra la precaria cassettiera che stava i piedi del letto, accanto alla porta, il ripiano di essa pieno di altre cornici con foto di famiglia.

Quella per terra però sembra la più grossa.

La sollevo con delicatezza, mordendomi il labbro quando noto che il vetro sul davanti si è rotto, lasciando qualche scheggia a sul pavimento, che Pete prontamente solleva una ad una con la telecinesi, riponendole sopra la cassettiera.

Io mi concentro sulla foto contenuta nella cornice, un primo piano di tre persone, riconosco subito Renhild, a destra, forse di qualche anno più giovane, qualche ruga in meno ma una delle solite camicie di flanella. Dall'altro lato un uomo dai capelli di un biondo sbiadito, il naso dritto attraversato da un paio di occhiali dalla sottile montatura ovale, dietro al quale si intravedono due occhi verde chiaro. Entrambi sembrano molto felici.

In mezzo ai due adulti invece trovo un grande sorriso infantile, una bambina con gli stessi capelli rossi di Renhild e i grandi occhi verdi dell'uomo sconosciuto, il viso tondo ricoperto di tante lentiggini come stelle. È piccola, forse due o tre anni, ma non di più.

Due giorni che siamo qui e non ho minimamente notato questa foto.

"Pete guarda qui" mormoro, afferrandogli il braccio per richiamare la sua attenzione. C'è qualche secondo di silenzio, mentre lui osserva la fotografia, ed io non riesco a staccare gli occhi da quelle iridi di giada, piene di gioia.

"Pensi che sia sua figlia? Insomma, di Renhild e quest'uomo?" domanda Peter alla fine.

"Non lo so"

"Magari si sono separati, questo spiegherebbe perché non sono qui, magari la bambina è con lui ora" ipotizza lui, dubbioso "I genitori di lui pensavano fosse nel torto e sono rimasti con Renhild"

Non è una cattiva ipotesi, però ci sono cose che non mi spiego, guardando la cassettiera trovo qualche altra foto con l'uomo biondo, insieme ad una proprio del matrimonio fra lui e Renhild, perché lasciarla se non stanno più insieme? La bambina invece c'è solo nella cornice che ho fatto cadere, e poi, non che la memoria mi inganni, ma lei si è riferita ai suoceri come i genitori del marito, quando non sapeva il termine esatto. "Oppure è vero che Mike ha sbagliato di qualche chilometro, però portandoci soltanto più vicini"

Peter si mordicchia il labbro. "Penso che dovremmo chiedere direttamente a lei" commenta, osservando la bambina nella foto con la stessa intensità con cui la guardavo io prima.

Proprio in quel momento la porta si apre e Kim compare sulla soglia. "Ci siete voi due? Che state comb-" si interrompe, spalancando appena gli occhi quando nota cosa ho in mano.

Ho tempo di agrottare le sopracciglia, che sento la cornice venirmi strappata dalle mani, il Mutaforma scatta fuori dalla porta con velocità fulminea. La chiave gira nella toppa.

Sbatto le palpebre, confusa per qualche attimo, prima di realizzare cosa è appena successo.

"Kim!" esclamo, sbattendo il pugno sulla porta "Che significa? Sai chi..."

La voce mi muore in gola. Il suo continuo insistere sul non voler chiedere a Renhild ora comincia a farsi sospetto, ha anche probabilmente gironzolato liberamente in questa casa per ore, prima che noi ci svegliassimo l'altro ieri, se avesse scoperto qualcosa però, perché tenercelo nascosto?

"Kim apri, posso aprire anche da solo lo sai" ordina Peter, accanto a me, già pronto a protendere la mano verso la serratura.

"È lei, la bambina scomparsa..." dichiara il Mutaforma dall'altro lato della porta, come fosse a corto di fiato "Vi lascio uscire se mi giurate di non dire nulla agli altri, non possiamo partire, non ancora"

"Cosa? Kim... Perché?"

"Non fare finta di non averlo visto Allison" ribatte il ragazzo, la rabbia che vibra nella voce "Micheal non sbaglia le coordinate di quattro chilometri buoni, semplicemente non lo fa... Non può continuare a saltare e creare portali in giro per il mondo praticamente una volta al giorno"

Oh... penso, realizzando di colpo.

"Mike morirà di questo passo, e non ho intenzione di permettere che accada"

SPAZIO AUTRICE
Giuro che ci sto provando a non perdere la regolarità, ce la posso fare guys, anche se vedo un blocco all'orizzonte, ma dovrei essere abbastanza avanti prima, spero.

Ma non parliamo di meeee.

Insomma, McLance, abbiamo una speranza? Pian piano le cose si stabilizzeranno? E chi lo sa, io? Ppffft noo.

Okay dai, quanto sono carini e impacciati da uno a dieci?

Per quello che riguarda Kim invece, abbiamo qualche spizzico in più su dei probabili trascorsi con la yakuza e la paura per il suo fratellino, che chissà come si svilupperà nel prossimo capitolo.

Prima che questo spazio autrice diventi troppo lungo... Last but not least dei Ragazzi dell'Affresco, Veronica in tre parole?

Noi ci vediamo non questo mercoledì, ma quello dopo 😘

Cami 💕









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