13. Cose che un Veggente non dovrebbe fare
Tormentato.
Non saprei come altro definirlo. Anche se non gli vedo il viso, tutto coperto da quella benda improvvisata, riesco a vederlo dal modo in cui sta seduto, tenendo le spalle incurvate, le braccia abbandonate in grembo e le dita che tamburellano sul ginocchio.
"Pete, non pensarci troppo" mormoro, stringendomi le ginocchia al petto "È passato"
La mia voce gli da voltare un poco la testa, così gli sfioro la gamba per confermargli che sono lì accanto a lui. "Grazie per la preoccupazione, ma in realtà sto cercando di far mollare la presa a mia sorella" replica piano Peter "Solo che continua a-"
Si interrompe, una fitta dolorosa che attraversa la mente di entrambi.
Matthew impreca. "Argh, se va avanti così non riuscirò mai a concentrarmi" esclama lasciando cadere la matita sul foglio datogli da Gret, la moglie di Annarsson.
Dopo che Peter ha accettato l'aiuto della donna abbiamo dovuto trascinare il vecchio svenuto fino al secondo piano del locale, dove c'è casa loro, dato che deve essere sveglio perché lei gli cancelli la memoria. Poi ci siamo divisi, su consiglio di Gret, che non sapeva nulla né dei Dodici né di eventuali bambini scomparsi nel paese, Veronica, Jake e Kim sono andati al municipio per recuperare - illegalmente - dei documenti sui quali la donna potrebbe fare delle ricerche, mentre noi tre siamo rimasti a casa sua, vedendo se Matt può predire qualcosa e per rimanere insieme a Peter che non poteva muoversi.
"Ancora nulla?" domando allora io al Veggente, che sta scarabocchiando a bordo pagina da almeno mezz'ora, dice che lo aiuta a focalizzarsi. Lui scuote la testa amareggiato.
Un tintinnio improvviso ci fa scattare sull'attenti, ci voltiamo verso l'entrata del piccolo salottino, io sul divano e Matt di fronte a me, sull'altro lato del tavolino di legno basso, che estrae fulmineamente il suo coltellino a serramanico dalla tasca, facendo scattare la sicura puntandolo verso la porta.
Gret si blocca sul posto, un vassoio con quattro tazze da té che per poco non le si rovesciano in mano, ha raccolto i capelli grigi, prima sciolti, in uno chignon basso, Matthew sospira, rinfoderando il coltello. "Pensa che qualcuno di noi berrà del té preparato da lei dopo quello che è successo a Kim?" domando io, fissandola impassibile, ancora decisamente non mi fido, ma finché è un modo per tirarci fuori da questa situazione più che spinosa allora dovrò farmelo andar bene.
L'anziana abbassa la testa. "No, certamente... Ah! L'abitudine?" reprimo la parte scorbutica del mio cervello che si chiede come faccia ad avere abitudini così gentili, dopo quello che ha fatto a Reannon.
"Le ombre fanno più paura quando si è già al buio"
Mi volto verso Peter, ha mormorato quelle parole con un tono strano, quasi nostalgico, girando impercettibilmente la testa quando Gret si siede sulla poltrona color rosso scuro, completamente scombinata dal divano giallino, ma comunque lì accanto. Sembra che le stia ponendo una domanda muta.
La donna chiude gli occhi, lasciandosi andare ad un minuscolo sospiro. "L'hai sentita da lei vero? Recentemente?" chiede soltanto, lo stesso tono nostalgico del ragazzo.
Pete si limita ad annuire piano.
"Glielo dissi io una sera che non riusciva a dormire" mormora Gret, scaldandosi le mani rugose posate in grembo. Peter stringe il pugno, spiegazzando la stoffa dei suoi bermuda, e contrae appena la mascella.
Il silenzio scende sul salotto, interrotto solamente dallo sacarabocchiare distratto di Matthew. Io mi concentro sul mobiletto proprio di fronte a me, ricolmo di cornici con quelle che presumo essere foto di famiglia, non c'è ne una di tutti quanti i presenti nelle diverse fotografie, non una tutti insieme, curioso.
"Mi odi? Ci odi?" sospira l'anziana dopo cinque minuti buoni, non osa guardare Pete in faccia, eppure non sembra sia pentita non nel senso completo della parola, sembra più come se riconoscesse i suoi errori ma si pentisse di ciò in cui sono risultati e non di ciò che ha fatto in partenza. Non riesco a capirla.
Ci vuole altrettanto tempo perché Peter le risponda, si guarda le ginocchia senza vederle, senza dire nulla. "Potrei dire di no" dice piano "Ma mentirei"
Gret annuisce gravemente, in fondo sapeva già la risposta. "Cosa intendeva suo marito quando ci ha detto che non sapevamo cosa l'Alleanza avesse fatto?" chiedo io alla fine, intrecciando nervosamente le dita.
All'inizio penso che la donna non mi risponderà, ma lei guarda Pete come se gli dovesse una spiegazione. "Conoscete la tipologia di Dono chiamata Thanatos?" domanda, gli occhi color nocciola annebbiati da qualche ricordo, noi annuiamo all'unisono, un uomo con quel potere ha ucciso la famiglia di Andy "Nostro figlio, il nostro primogenito, lo sviluppò, a quel tempo eravamo una famiglia felicemente neutrale, io e Willard ci eravamo trovati per caso con due Doni ereditati da generazioni molto antecedenti, e non volevamo assumere nessuna posizione"
"Quando nostro figlio compì tredici anni però manifestò il suo Dono, e un Thanatos non è qualcosa che passa inosservato, anche in un paesino piccolo come Seydisfjordur, l'Alleanza ci trovò per primi" continua a raccontare Gret "Come saprete la procedura per questo Dono è uguale a quella del viaggio nel tempo, l'Alleanza venne per prelevare Damjan e prepararlo per dare via il suo potere all'età giusta, lui si rifiutò, non voleva rinunciare a quella parte di sé stesso, seppur così pericolosa... Provarono a prelevarlo con la forza ma oppose resistenza, finendo ucciso"
Trasalisco alle ultime parole della donna, so bene quanto siano rigide le norme per i Doni pericolosi, anche a me sono state fatte delle raccomandazioni, nonostante il mio non raggiunga un livello tale da dover essere dato via. So che sono poteri difficili da gestire e tutto, però non capisco come mai debba essere qualcun'altro a decidere cosa farne a prescindere, invece di trovare un modo di usarli per fare del bene.
"Questo dovrebbe rendere abbastanza chiaro perché abbiamo deciso di passare nello schieramento della Legione" conclude Gret, Peter storce le labbra a quest'ultima affermazione, così lei si affretta a continuare "Non mi giustifico così, ragazzo, quello che abbiamo fatto a tua sorella è altrettanto abominevole, tuttavia ho intenzione di rompere questa catena di odio che ne genera altrettanto, anche se ormai è tardi per me, per rimediare a tutti i miei errori e men che meno a quelli di mio marito, ma qualcuno deve fare il primo passo"
Con la coda dell'occhio scorgo Matt che fissa assorto la superficie bianca del foglio.
"Non parla molto da Rivoluzionaria" considero io alla fine, osservando l'anziana che ora ha preso in mano una delle tazze.
Gret accenna un sorriso mesto. "Forse perché non lo sono davvero, non come molti altri, solo di nome e raramente di fatto" lancia un'occhiata a Peter dicendo quel raramente, mi stupisce quanto sia attenta alle parole, sa che ha delle colpe e non tenta di nasconderlo "Neanche mio marito lo era all'inzio, tutto quello che volevamo era schierarci dal lato diametralmente opposto delle persone che avevano ucciso nostro figlio, eravamo arrabbiati ed inconsciamente cercavamo vendetta"
"Tuttavia col passare degli anni Willard si inasprì sempre di più, aprendosi man mano all'oscurità insita nel suo Dono, come quella che può esserci in ogni altro..."
"Che intende? Riguardo al fatto che in ogni Dono c'è dell'oscurità insita?" la interrompo, ormai rapita dal suo racconto, nonostante ogni tanto incespichi sulle parole.
La donna mantiene la solita espressione mesta, ma mi rivolge un piccolo sorriso comprensivo. "Secondo il pensiero dei Rivoluzionari noi provvisti di questi poteri saremmo superiori giusto? Ad un livello puramente scientifico certo che è così, ma in questo caso si potrebbe anche prendere d'esempio un famoso campione di sollevamento pesi, secondo questo pensiero a livello scientifico anche lui è superiore ad una persona comune... Mi seguite?" si ferma per un attimo ed io annuisco interessata, Margot sarebbe contradetta da questo mio assorbire così tante informazioni da una persona di cui non ci possiamo fidarci, d'altronde io non sono lei "Bene, dicevo, può essere considerato superiore in un certo senso, ma non per questo se ne va in giro a fracassare il cranio a chiunque gli capiti a tiro solo perché ha la forza di farlo?"
"Ogni potere ha una parte di sé scura e perversa che potrebbe fare del male, una parte indomita, che per riflesso è anche più potente, ti annebbia la mente, facendoti credere di essere più forte" continua Gret, fissa la superficie della sua tazza ancora prima come se contenesse anni di ricordi "Con il potere che hanno, Willard e Reannon potrebbero risvegliare qualcuno da un lungo coma, ma spesso la potenza attrae molto più della fatica che serve per fare qualcosa di buono..."
Viene interrotta da un verso strozzato emesso da Peter, la bocca che si storce in una smorfia, spezzando l'atmosfera creatasi, credo anche di sapere perché. "Lo dice come se mia sorella avesse scelto di usare il suo Dono per fare del male, quel Dono che prima di voi non aveva neanche" commenta il ragazzo con tono aspro, il pugno stretto sopra la stoffa di jeans.
Realizzo con una stretta al cuore che per lui non è ancora passato nulla, tutta la rabbia e tutto il dolore riposano sottopelle, e basta davvero poco per svegliarli. Il filo invisibile che ci lega trema ancora alla sua estremità.
Gret sospira tristemente. "Hai ragione, mi dispiace tanto" posa la sua tazza di té senza averne nemmeno bevuto una goccia e lentamente si alza, prendendo anche il vassoio con sé, quattro tazze intonse "Vado a controllare Willard"
Mentre l'anziana signora lascia la stanza mi aspetto di sentire un commento sarcastico anche da Matthew, che però non arriva. Voltandomi trovo il Veggente intento a tracciare una linea sottile a matita sul foglio bianco, lo sguardo assente, quando provo a chiamarlo non risponde, immerso nel futuro e completamente sordo al presente.
Così rimango semplicemente a guardarlo disegnare, Peter ancora un fascio di nervi accanto a me, man mano che i minuti passano in silenzio sembra sciogliersi lentamente.
"Com'era?" sussurra inaspettatamente Pete "Intendo prima, quando... sai... Faceva male?"
Tiro un respiro tremante, ricordare quei minuti è come immergermi in un incubo molto nitido, rammento ogni cosa ma in piccoli dettagli. "Faceva male quando cercavo di impedire un movimento, però... Non era lui a controllare ogni cosa, era più come se avesse detto al mio corpo che Jake era il nemico e questo avesse reagito d'istinto, con le cose che ho imparato e alcune volte anche di più" ricordo la prima fiammata molto chiaramente, non per la grandezza della fiamma, per la potenza di fuoco in sé, era esplosa come una bomba davanti al mio palmo.
"Ti sentivi esclusa?" il ragazzo si ferma per deglutire "Esclusa dal tuo corpo? Sola nella tua testa?"
Sento il tremolio nella sua voce aumentare man mano e lo interrompo di getto. "Pete, è passato okay? È passato, sei libero adesso" mormoro decisa, lui volta appena la testa verso di me, cerca di nascondere il tremolio delle sue dita come se sapesse, anche senza vedermi, che le sto guardando "Lo so che tutto questo, anche ora, con lei che cerca di usare i tuoi occhi, ti ha riportato indietro, ma..."
"Ma tu ti sentivi sola?" mi interrompe, una domanda quasi disperata.
Chiudo gli occhi e prendo un respiro profondo. "Sì, si mi sentivo molto sola, e avevo molta, molta paura di fare del male a Jake... Capita anche normalmente di sentirsi soli nella propria testa sai? Ti senti solo ora? Così?"
Peter rimane un secondo interdetto, ma annuisce piano. Raccogliendo tutto il coraggio possibile mi sposto qualche centimetro più in là, facendo toccare le nostre ginocchia.
"Così un po' meno?" domando esitante, lo stomaco letteralmente in subbuglio. Il petto di Pete si alza e si abbassa velocemente, la testa che però fa su e giù di nuovo, piano.
Devo prendere un altro respiro profondo e lanciare un'occhiata di sottecchi a Matthew, ancora rapito dal suo disegno, prima di avvicinarmi ancora, le nostre spalle che si toccano, la mia mano posata sul mio ginocchio proprio accanto alla sua. Che diavolo sto facendo? penso Sono impazzita
"Così?"
"Allison..."
La voce di Peter trema appena, timorosa. Ormai è quasi come se non avessi più controllo su quello che faccio, e la cosa ironica è che invece ce l'ho eccome, non è affatto come essere controllata da Annarsson, no. Sto venendo guidata dalla parte in fondo a me che ha bisogno di lui come dell'ossigeno per respirare, senza più curarmi di quelle parti che invece mi dicono di fermarmi, che siamo ancora troppo fragili per riprovare, che finiremmo in pezzi più di prima.
Finalmente riesco a guardarlo in questo modo senza essere buttata in un brutto ricordo, vedo il presente, vedo ogni piccola lentiggine sulla sua guancia appena coperta dalla benda improvvisata, la linea morbida delle sue labbra, i capelli scuri che sfuggono da sotto la felpa legata dietro la testa.
Allungo le dita come se fosse un sogno, sfiorando piano una ciocca color mogano, il respiro di Peter si blocca per un attimo. "Allison..." ripete esitante, mentre io faccio scivolare i polpastrelli fino a dietro l'orecchio, scendendo lentamente verso il collo.
"Così ti senti meno solo?" chiedo con il suo stesso tono tremante. Lui non risponde, portando lentamente le mani verso il viso e sollevando piano la felpa-benda, tenendo gli occhi chiusi ancora per qualche secondo, come a voler essere sicuro.
Lentamente Peter solleva le palpebre, le lunghe ciglia scure che lasciano spazio ai suoi occhi gentili, il verde e il marrone che si combinano alla perfezione nelle sue iridi, quella piccola zona intorno alla pupilla in cui il verde prende il sopravvento. Sono aperti e sono suoi, di nuovo suoi.
"È sparita" sussurra, il modo in cui guarda pieno di gratitudine, i visi così vicini l'uno all'altro, mi fa aggrovigliare le viscere come se fossi sulle montagne russe. Non dice grazie ma lo sento comunque risuonarmi nelle orecchie, con la sua voce calda e gentile.
Ci sono un paio di secondi si stallo in cui ci fissiamo e basta, i visi lì ad un palmo di distanza.
Poi, per la terza volta nella giornata - serata per essere precisa -, si spezza un altro incantesimo. Questa volta con il trambusto che Matthew fa emergendo dalla sua predizione, accasciandosi all'indietro sul tappeto, sostenedosi sui gomiti.
Con una sfilza in imprecazioni mentali salto via da Pete, che dall'espressione starà probabilmente esaurendo il suo repertorio di torpiloquio proprio come me, con la velocità di una molla, prima che il Veggente sia abbastanza lucido da notare qualcosa.
Maledizione alle priorità! impreco, avvicinandomi comunque al tavolino per vedere il disegno, Peter ancora sbigottito sul divano. "Matt..." il biondo si solleva per vedere a sua volta quando lo chiamo, e, a differenza mia, impreca ad alta voce trovando la riproduzione, seppur perfetta, del ristorante Annar - accanto ad alcuni schizzi a bordo pagina di cui vale la pena citare un mini ritratto di Jake e un carinissimo stemmino di Corvonero -
"È il posto dove ci troviamo ora" osservo, facendo solo aumentare il suo nervosismo.
"Lo vedo bene! La matita..." ribatte, facendo dardeggiare lo sguardo sul tavolino "Dov'è la matita?"
"Che vuoi fare?" chiedo progendogli il tanto agognato oggetto, che il Veggente afferra con tanta foga da quasi strapparmerlo di mano, Pete ci sta ancora fissando confuso.
Matthew non mi risponde, poggiando i palmi aperti sul foglio e chiudendo gli occhi. Ti prego, funziona ancora per un attimo sento il suo pensiero, poco prima che serri le labbra in una linea sottile, la mano che impugna la matita che comincia a tremare mentre si allunga sul foglio in uno spazio vuoto.
Ora il Veggente non disegna affatto come prima, ora il tratto è frettoloso e spezzettato, quasi gli costasse fatica, e dalla sua espressione forse è così. Non sta più ricopiando una parte di futuro, sta cercando di strappare al futuro stesso un istante anche minuscolo, un dettaglio che ci può aiutare. Non è più lui a dipendere da ciò che disegna, ma ciò che disegna a dipendere da lui, e questo sembra costargli uno sforzo enorme.
Ed è anche una cosa che sarebbe meglio non facesse mi ricordo a mente.
Quando la punta della matita si stacca dal foglio sono costretta a sorreggerlo prima che cada sul pavimento, allungandomi oltre l'angolo del tavolino. "Matt, Matt sveglia, ehi!" lo chiamo schiaffeggiandogli appena la fronte, non è ancora del tutto andato, che nel nostro linguaggio significa recuperabile, ed è mio dovere recuperarlo, prima ancora di vedere il prodotto del suo sforzo.
Lui scaccia svogliatamente la mia mano, mugugnando un ci sono, così lo aiuto a tirarsi di nuovo seduto. Il Veggente fissa il foglio, l'espressione piatta, poi prende un respiro profondo, quasi si stesse preparando ad un'importante rivelazione riguardo al disegno frettolosamente impresso sulla carta, magari la soluzione all'immagine.
"Un cassetto" esala infine "Ho fatto questo sforzo per un... Cassetto!"
Lo afferro per le spalle prima che si getti di nuovo sul pavimento, con una rassegnazione da manuale, so che è stanco, lo siamo tutti, e che probabilmente la testa gli starà scoppiando, ma non possiamo permetterci di lasciarci andare proprio ora. "Matt ti prego collabora" sibilo, tirandolo su nuovamente "Se prima hai disegnato l'edificio vuol dire che si trova qui dentro, no?"
Proprio in quel momento arriva Gret, che chiamo subito per esaminare lo schizzo, nonostante le linee siano frettolose e calcate maggiormente in alcuni punti, rimane comunque l'immagine comprensibile di un piccolo cassetto, considerando la larghezza forse quello di un comodino.
"Dovrebbe essere qui, lei sa dove si trova?" domando ansiosa, scoccando un'occhiata preoccupata a Peter, non si è ancora mosso dal divano, ha lo sguardo assente puntato sul tappeto.
"È in camera, è il cassetto di Willard" l'anziana risponde in un attimo, interrompendo i miei pensieri riguardanti Pete.
Matthew si passa una mano sulla faccia, esausto. "Beh, allora andiamo ad aprirlo" dichiara, facendo per alzarsi. La donna lo blocca subito con un no, prima deciso, poi sembra esitare, quasi avesse paura, di cosa però, non riesco a capirlo.
"Che sta dicen-" fa per chiedere Matt, nervoso, io lo fermo poggiandogli una mano sul braccio.
"Cosa c'è in quel cassetto che non può vedere?"
Gret ricambia il mio sguardo con gli occhi opachi, la macchia dell'età proprio sopra quello destro si increspa leggermente, quando aggrotta appena le sopracciglia. "Non lo so, è questo, non posso saperlo, assolutamente" mormora, la donna che parlava con così tanta passione solo qualche decina di minuti fa sembra sparita, rimpiazzata dalla versione che ha vissuto nell'ombra del marito per troppi anni.
Il biondo sta di nuovo per aprire la bocca, e sono costretta a fermarlo di nuovo prima che parli a sproposito. "Gret, perfavore, è davvero troppo importante, se davvero vuole provare a rimediare a ciò che ha fatto in passato ci aiuti a strappare quei bambini, che probabilmente stanno ricevendo lo stesso trattamento di Reannon, alla Legione" mormoro, alzandomi in piedi e prendendo delicatamente le mani fredde e rugose dell'anziano nelle mie "Non ha potuto salvare lei, ma può aiutarci per loro"
"Come siete sicuri che mio marito sia coinvolto?" tenta fleblimente alla fine, è comprensibile che non voglia che suo marito sia coinvolto in un progetto così abominevole, quasi stentava a crederci quando glielo abbiamo raccontato.
Non le serve una risposta da parte mia, solo uno sguardo, poi Gret abbassa il capo sospirando. "Venite" esala, lasciandomi le mani e dirigendosi piano verso la porta.
Aiuto Matthew ad alzarsi e faccio per seguirla, ma Peter non si muove, è ancora fermo nella stessa posizione in cui l'ho visto. Okay, è decisamente preoccupante. "Pete, stai bene?" chiedo lentamente, non riesco a vederlo negli occhi, i capelli che gli ricadono sulla fronte.
Lui alza lo sguardo e, nella luce soffusa della lampada del salotto, scorgo la sfumatura di violetto che gli imporpora le labbra e l'orlo degli occhi, occhiaie nuove di zecca, oppure si sono formate mentre aveva la benda. "Ho solo freddo" risponde rabbrividendo. Non è vero, non ha soltanto freddo, è esausto e glielo si legge in faccia, probabilmente è stata l'adrenalina a tenerlo in piedi fino ad ora, ma considerando tutte le energie che ha impiegato contro Annarsson potrebbe crollare da un momento all'altro se non riposa.
Afferro la coperta a quadretti piegata sul bracciolo opposto del divano. "Ora ti metti giù e riposi" ordino a Peter, interrompendo le proteste iniziate non appena mi ha visto afferrare la coperta "Devi recuperare le forze oppure sarai sempre vulnerabile"
"Non voglio lasciarvi andare da soli dove c'è anche lui" prova a protestare, nonostante abbia già le palpebre pesanti, non riuscendo ad impedire che io gli metta addosso la coperta e che lo faccia pian piano sdraiare.
"Pete tranquillo, ora sappiamo cosa può fare, e non appena si sveglia Gret lo resetta, quindi siamo a posto" ribatte Matthew, che fra non molto farà probabilmente la sua stessa fine, ma per ora è ancora in carreggiata "Tu ora hai davvero bisogno di riposare, non rompere oltre le scatole"
Alla fine Peter si arrende, lasciandosi andare contro il bracciolo del divano e socchidendo gli occhi, probabilmente non si fida a dormire, ma anche qualcosa di solo simile al sonno, dopo le emozioni delle ultime ore, va più che bene.
Io e Matt ci spostiamo in corridoio, il biondo mi ferma poco prima di raggiungere la camera dei due coniugi, dove Gret è già entrata, abbastanza lontano da loro, abbastanza lontano da Pete. "Pensi che si riprenderà mai?" sussurra il Veggente, e per un attimo, un momento solo, ho l'impressione che non stia parlando del nostro amico.
Sospiro, non voglio mentire, nonostante io sia sempre positiva, non vedo il motivo di creare false speranze. "No" rispondo, lui alza lo guardo di scatto, mi affretto a specificare "Nel senso, non credo che si libererà mai da quel peso che porta nel suo cuore, ma col tempo, se gli stiamo accanto e gli impediamo di sprofondare nel suo dolore, farà sempre meno male, non sparirà mai del tutto, però sarà diverso"
Matthew abbassa di nuovo lo sguardo sul pavimento, con un minuscolo sospiro, c'è qualcosa di strano anche in lui. "Matt c'è qualcosa che vuoi dirmi?" chiedo, ricordandomi all'improvviso di tutta la faccenda incubi.
Il Veggente non risponde, sembra assorto in tutti altri pensieri, la luce del corridoio che dà ai suoi capelli una sfumatura aranciata. Mi schiarisco piano la voce, e lui, registrando la mia domanda di prima, scuote frettolosamente la testa, passando davanti a me per entrare nella camera da letto.
È da un po' che Matt non me la racconta giusta, e questa è praticamente una conferma, tuttavia so che non mi dirà nulla a meno che non lo voglia lui, considerando che nemmeno Jake lo sa, allora sarà dura. Sospiro, passandomi le dita fra i capelli, ancora non sono abituata al fatto che da un certo punto del collo in giù non ci sono più ciocche da spostare.
Mi stringo nelle spalle e mi dirigo a mia volta verso la camera, so di non poter aiutare sempre tutti, ma vedere i miei amici stare così e non poter fare nulla mi dà fastidio in un certo senso, come avessi un formicolio sottopelle.
Una morsa di ghiaccio mi stringe lo stomaco appena varcata la soglia, lo sguardo che si fissa sulla figura esile adagiata sul piccolo letto matrimoniale, visto così sembra quasi un vecchietto debole, dall'aria malata. La consapevolezza che appena più di un'ora fa quell'uomo mi ha costretto a combattere contro il mio migliore amico mi fa contorcere le viscere, non so se per la paura o l'odio, forse entrambi.
Scuoto la testa per levare l'immagine del viso di Jake poco prima che la mia fiammata partisse, il fuoco che ha dato inizio a quell'inferno.
Giro attorno al piccolo letto di legno, la camera non è molto grande, ma comunque confortevole, un armadio stretto di legno scuro in un angolo e un mobiletto con un televisore nell'altro, entrambe le abat jour sui due comodini ai lati del letto sono accese, il paralume di tela intessuto con dei motivi tratteggiati. Gret mi fa costantemente segno di stare attenta a non far rumore, nonostante sia pronta proprio accanto alla testa del marito, per intervenire se si sveglia.
Matthew è già accovacciato davanti al cassetto, ci scambiamo uno sguardo quando gli arrivo alle spalle, lui posa esitante una mano sulla maniglia, l'attesa nella stanza che sembra vibrare, forse è il mio stomaco. L'anziana signora esala un sospiro ansioso mentre il Veggente apre il cassetto, curioso come non ci fosse nemmeno bisogno di una chiave, come Annarsson fosse sicuro che sua moglie non avrebbe mai sbirciato lo stesso. Terrificante.
Lettere. Un mare di carta ingiallite che riempie il piccolo cassetto fino all'orlo. Matt prende delicatamente la prima della pila, con una cautela magistrale, il sigillo nero con la lancia spezzata, il simbolo della Legione, è già rotto, apre la busta. "Porca p-" smetto quasi subito di sentire il mormorio di Matthew, che ha posizionato la lettera in modo che potessimo leggerla entrambi.
Aggiornamento del 1/07/2019
Mio caro Willard,
Mi rincresce informarti dell'ennesima disobbedienza del Soggetto 3. Abbiamp dovuto punirlo di nuovo, è un piccolo ribelle proprio come sua madre, tuttavia non è irrecuperabile, prima o poi riusciremo a raddrizzare anche lui. L'unica cosa che mi preoccupa è che sempre più spesso tuo nipote coinvolge i suoi compagni, sia più giovani che più anziani nel suo spirito di insuboridinazione...
No, non ce la faccio, sono costretta ad alzare la schiena per prendere un po' d'aria, perché attorno a quella maledetta lettera pare essersi fatta più pesante di un macigno.
Matt sibila un'altra imprecazione arrivando alla fine delle lettera e leggendo il nome del mittente. "È.. è..." prova a dire il ragazzo, senza trovare le parole, poi deglutisce e prende un bel respiro per tornare calmo "Signora... Lei quanti figli ha? Due giusto? Uno era Damjan e il secondo lavora sempre al locale, sbaglio?"
Gret pare interdetta, ma l'urgenza dei nostri sguardi la convince. "Sono tre" mormora mestamente "La storia della più piccola è molto complicata"
"Abbiamo bisogno di saperla" ribatto io a bassa voce, la forma immobile di Annarsson che si interpone in mezzo a noi.
L'anziana sospira piano. "Vedete, lei si innamorò di un Ordinario ormai quasi dieci anni fa, per poter stare con lui però, la Legione impose che lasciasse il suo Dono indietro, e il destinatario era la piccola Reannon... Eirdís all'inzio si rifiutò, ma una volta capito che era l'unico modo per vivere la vita che voleva si è arresa"
"L'ultimo contatto che ho avuto con lei è stato due anni fa, prima ricevevo sempre molte sue lettere, in segreto da Willard, che le avrebbe distrutte, ormai convinto che non potessimo considerarla nostra figlia dopo che si era unita con un Ordinario" racconta la donna, lo sguardo nostalgico "Come dicevo, ricevevo sempre molte lettere da lei, finché un giorno non si presentò di persona, e litigò pesantemente con suo padre, non ho mai capito a riguardo di cosa... Da lì non l'ho più sentita"
"Signora Gret..." esalo allora io, esitante "Lei sa se sua figlia ha mai avuto bambini?"
L'anziana sgrana gli occhi, sbigottita. "Cosa intendi, ragazza, cosa c'è scritto su quelle lettere?"
Stringo le labbra. "Sono da parte di Clifford Belirut, uno dei Dodici bambini che stiamo cercando pare essere suo nipote, e il signor Annarsson lo sapeva" dichiaro.
Un macigno sembra schiantarsi proprio nel centro della stanza, sfondare il letto e il legno del pavimento fino ad atterrare nel locale al di sotto. Un macigno gelato. L'anziana balbetta qualcosa, incredula, impossibile sembra ripetere, mentre si china sul suo comodino, aprendo un cassetto identico a quello pieno di lettere, che Matthew sta intanto continuando ad esaminare, il volto pallido.
"È impossibile... Eir non ha mai scritto nulla di questo bambino... Mai" biascica, porgendomi una pila di lettere, questa volta di carta color rosa pastello e impilate ordinatamente.
"Ha detto che ha smesso di scriverle due anni fa, dopo un litigio con il padre..." mormoro, più a me stessa che ad altri, mentre apro la prima busta, la più recente.
"Scriveva sempre di cose normali, convenevoli e aggiornamenti su come stavano lei è il marito, Dalbert, nulla che possa far pensare ad un figlio..." spiega la donna, mentre io scorro con gli occhi la sottile calligrafia di sua figlia, senza comprendere una parola.
"Quando ha iniziato, invece?" chiedo, una lampadina che si accende nella mia testa.
"Oh, beh, poco meno di otto anni fa mi sembra... Un anno dopo essersi sposata" risponde Gret, sempre più confusa. Io vado alla prima lettera della pila, cercando qualche indizio di qualcosa di diverso, eppure sembra come tutte le altre.
"Ha mai notato qualcosa di strano nelle lettere? Qualcosa di anormale?"
"No, cara, l'unica cosa che posso dirti vagamente bizzarra è che ogni tanto sembrava sbagliasse le date" dice l'anziana, attirando l'attenzione di Matthew, che si volta con il viso pallido "Ogni tanto mi arrivava una lettera ad aprile, contrassegnata come di giugno, e alcune nei mesi invernali contrassegnate con mesi precedenti, nonostante fossero arrivate in meno di venti giorni... Oh, e mi scriveva sempre nei primi giorni del mese"
Qualcosa deve significare per forza, magari è una specie di codice che Eirdìs a composto, oppure...
"Sono le date" mormora Matthew piano, scorgo i resti della patina opaca che gli copriva le iridi svanire "Il giorno è la lettera, il mese è la sillaba e l'anno è ogni quante parole"
Gli scocco un'occhiata di rimprovero. "Matt, è pericoloso lo sai..."
"Lo so lo so, il futuro non si sarebbe avverato se non l'avessi predetto, è imprevedibile, rischioso, eccetera" ribatte il Veggente, agitando una mano "Come altro potevo fare? Dai passa qua"
Con uno sbuffo gli porgo la lettera, lui estrae la matita dalla tasca e, scorrendo rapidamente il fiume di islandese, cerchia alcune lettere fino ad arrivare alla firma sul fondo del foglio rosato. Poi ricopia il risultato a matita sul retro della busta e me la passa per leggere.
È islandese, quindi lo passo a mia volta a Gret.
L'anziana fa scorrere gli occhi sulle tre parole una, due, tre volte, occhi che man mano si fanno lucidi, finché non si lascia andare ad un singhiozzo. Io e Matt aspettiamo pazientemente che si riprenda, senza fare domande, il Veggente si è appoggiato al muro, stringendosi il capo fra le mani, ho ancora voglia di rimproverarlo.
Smettila di strafare sibilo con la mente, Matthew agita distrattamente una mano, senza alzare la testa, come per dirmi di non preoccuparmi Una volta finisce male e vedi che ti ritrovi con informazioni che non ti servivano, che influenzano negativamente il corso degli eventi... Cacchio, Jake ti sta contagiando
A quell'affermazione in biondo mi scocca un occhiataccia, ma non ha tempo di ribattere. "Non è un frase di senso compiuto, sono parole staccate... Ma capisco il senso" balbetta Gret sconvolta, interrompendo il nostro piccolo battibecco "Nato, chiamarsi e Týr... È dell'agosto 2011, mio nipote è nato otto anni fa... Ed io non lo sapevo..."
Rebecca, Oakwood, Ulrich, Týr. Secondo il metodo di Carlotta uscirebbe R-O-U-T... Route? Una strada? Un indirizzo? Questo codice mi farà impazzire.
Vorrei disperatamente consolarla, sembra le sia appena caduto il mondo addosso, e molto probabilmente è anche così, ma non posso dirle che di sicuro suo nipote sta bene, anche perché sembra un bel combinaguai. "Lo salveremo, glielo prometto, lui e tutti gli altri bambini" dichiaro, otto anni, quel bambino ha poco meno di otto anni "Se questo può rassicurarla, da quello che dice Belirut in quelle lettere sembra essere un vero ribelle, non credo abbia intenzione di piegarsi tanto facilmente"
Riesco a strapparle un piccolo sorriso. "Proprio come sua madre..." commenta, una nota di tristezza, mentre si asciuga gli occhi col dorso della mano.
Passiamo la mezz'ora successiva a cercare i messaggi nascosti in ogni lettera, dopo aver avvertito gli altri di tornare, scoprendo anche l'età a cui Týr è stato rapito. Quattro anni, non so se essere orripilata oppure compiaciuta dal fatto che anche dopo quattro anni continua a causare guai a Belirut. I messaggi da quel punto in poi sono state continue domande sul coinvolgimento della Legione, e cose simili, finché un giorno la donna ha deciso di affrontare suo padre faccia a faccia sull'argomento, lì, dopo quel vengo, bisogno, risposte, le lettere si interrompono.
Matthew ed io diamo anche un'occhiata rapida ad altre lettere da Belirut, è meglio lasciare quel cassetto più intatto possibile, e comunque sembrano parlare in tutte solo esclusivamente di Týr, come se Annarsson volesse rimanere aggiornato sulla situazione di suo nipote.
Ogni tanto controllo che il vecchio non dia segni di risveglio, nonostante Gret sia sempre pronta ad intervenire, non sappiamo quanto possa essere reattivo una volta sveglio.
"Vado a vedere come sta Peter" bisbiglio dopo un po', mentre Matthew continua a leggere alcune delle lettere da Belirut, la faccia di uno che sta per vomitare.
Scivolo fuori dalla stanza in silenzio ed in silenzio percorro il corridoio, unico rumore lo scricchiolio leggero delle assi del pavimento. Completo silenzio anche dentro di me, tranne per le farfalle che giocano ad acchiapparello nel mio stomaco, nessuna abbastanza accorta da non toccarne le pareti.
Peter è ancora rannicchiato sul divano, avvolto nella sua coperta, la testa appoggiata sul gomito ripiegato sul bracciolo del divano. "Pete..." sussurro, nessuna risposta, forse si è addormentato davvero.
Mi inginocchio accanto al divano, il più piano possibile. Delle ciocche di capelli color mogano sono ricadute verso il basso, coprendo in parte quella piccola costellazione di efelidi, potrei stare qui immobile per ore, a contare le lentiggini una ad una, potrei stare ore a fissare il suo viso così rilassato, finalmente tranquillo.
Senza che me ne accorga il mio braccio si è sollevato, le dita protese per mettere a posto un soffice ciuffo scuro. L'ho appena solo sfiorato che un pesante tonfo arriva dalla camera da letto.
Scatto in piedi e in un battito di ciglia mi ritrovo sulla soglia della stanza, ancora in tempo per vedere un ciuffetto di riccioli biondo platino ondeggiare nell'aria prima di posarsi sul pavimento. Incontro gli occhi spalancati di Matt, appiattito contro la parete, le ginocchia appena piegate, il coltello a serramanico infilzato proprio sopra il suo orecchio sinistro.
Annarsson è seduto sul materasso, il braccio ancora disteso.
Appena le sue iridi acquose si posano su di me reagisco, creando una ventata d'aria che lo spinge contro il muro, le lettere posate sull'altro lato del letto si sollevano vorticando per la stanza. "Gret, ora!" urlo all'anziana, che è rimasta congelata sul posto, le mani tese per tenere l'uomo contro il muro, sento un formicolio sul retro della nuca. Vuole entrarmi nella mente... penso, eppure quel fastidio è troppo familiare, mi ricorda quasi un avvertimento...
Proprio mentre Gret tocca la tempia del marito io abbasso le braccia di scatto, un lampo metallico che mi passa davanti agli occhi, sento distante il rumore di qualcosa che si strappa.
Successivamente registro solo la figura di Annarsson accasciata sul letto, l'unico elemento che permette al mio cervello di uscire dal senso di allerta, abbasso lentamente le braccia, l'adrenalina che scema pian piano.
Mentre cerco di recuperare un ritmo di respirazione normale incrocio lo sguardo di Matthew, che mi fissa con gli occhi sgranati. "Ally... Ally mi dispiace" balbetta, incespicando per girare attorno al letto, batto la palpebre, faticando a capire quello che dice "Non sono riuscito ad impedire che me lo facesse lanciare"
Quindi quella cosa che mi è passata davanti agli occhi era il coltello? In effetti non è più conficcato nel muro di prima, è dal lato opposto, proprio di fianco a me. Solo quando abbasso lo sguardo sulle mie braccia capisco cosa Matt intendesse: uno squarcio apre entrambe le maniche della mia felpa - preferita, aggiungerei - a metà fra il gomito e le spalle.
Come se avessi il corpo scollegato dalla realtà sollevo una mano per tastare la pelle dentro lo strappo, sollevando indice e medio non trovo solo il sangue sui polpastrelli, ma anche quello che già è colato fino al palmo. Una volta toccato inzio a sentire il bruciore, come se fosse diventato reale insieme alla mia consapevolezza di essere ferita. "Oh"
"Allison..."
Mi volto verso Peter, affacciato sulla soglia della camera, il suo sguardo si è puntato su Annarsson, la nocche che sbiancano per la forza di stringere lo stipite.
"Oddio, sei ferita?" esclama notando le mie braccia e la macchia scura che si allarga sul verde della felpa.
In men che non si dica mi ritrovo circondata da tutti e tre, con Gret che mi dice di levare la felpa, Matt che si scusa di nuovo, Pete che mi guarda preoccupato, e comincia a girarmi un filino la testa.
Fra tutta quella confusione trovo come unico appiglio il viso di Peter, che mi osserva con un mezzo sorrisino. "Beh, ti rimarrà una bella cicatrice, così sembrerai ancora più tosta" commenta, perché, ha visto la ferita? Ho tolto la felpa? Mi guardo le braccia e vedo solo una linea cremisi, da cui scaturisce altro rosso, che cola verso il basso.
Devo deglutire un paio di volte prima di rispondere, credo mi stia aiutando a stare in pedi. "Perché? Sono mai stata tosta?"
"Certo che sì" ribatte Pete "Sei tosta da quando ti ho conosciuta"
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"Okay, così dovrebbe essere a posto, fa male?"
"Un filino Ver, quasi non si sente che è quasi un centimetro di ferita" ribatto sarcastica, osservando la fasciatura che mi avvolge entrambe le braccia.
"Se quando ti fai male diventi così, allora è meglio non farti fare più nulla di rischioso" osserva lei, inarcando un sopracciglio mentre rimette le bende e il resto del kit medico a posto.
"Scherzo, scherzo, ti voglio bene" mi affretto a rispondere, saltando giù dal bancone di pietra della piccola cucina la avvolgo in un mezzo abbraccio con una mano sola "Grazie per la medicazione"
Usciamo entrambe dalla cucina, gli altri sono riuniti in salotto, Gret sulla sua poltrona, Peter in piedi, che batte nervosamente la suola della scarpa a terra. Matthew e Jake sembra non si vedano da giorni, accocolati come sono sul divano, mentre il biondo spiega al suo ragazzo - e a Kim, relegato in un angolino - cosa abbiamo scoperto.
"Ehi-oh, la nostra ferita di guerra, come sta la nostra eroina nazionale?" esclama Jake non appena mi vede, non mi sfugge però il modo in cui la presa della mano del Veggente sulla sua si stringe.
"Sto alla grande" dico alzando i pollici, nonostante il movimento mi causi una fitta dolorosa alle braccia "Quindi Matt, non preoccuparti okay?"
I nostri zaini sono posati tutti accanto al tavolino, Veronica e gli altri sono andati a recuperarli, lasciando anche i soldi che dovevamo all'albergo sul bancone della reception.
"Avete già chiamato Mike?" domando nello stesso momento in cui Ver chiede se Annarsson è sistemato.
"Si e..." Kim lancia un'occhiata a Gret, che annuisce impercettibilmente, ancora molto persa nei suoi pensieri, chi non lo sarebbe dopo quello che ha scoperto "Si"
"Pronti a partire il tutto e per tutto" aggiunge Peter, scuotendo appena la testa "Decisamente pronti"
"Tu come stai?" chiedo avvicinandomi, cercando di non arrossire ripensando a poco prima che Annarsson si svegliasse.
"Sto bene, solo un po' stanco" risponde Pete, scrollando le spalle. Nessuna reazione strana, dormiva davvero, posso tirare un micro sospiro di sollievo.
Il chiacchericcio nella stanza si interrompe quando Micheal Vix atterra nel bel mezzo del salotto, schivando di poco il tavolino ed evitando di farlo a pezzi. Causando un sussulto a Gret, anche se le abbiamo spiegato cosa sarebbe successo.
Kim come al solito lo saluta con un abbraccio, ma questa volta si ferma e sembra bisbigliargli qualcosa all'orecchio, nessuno ha ancora chiesto nulla della faccenda terzogenito, questo non esclude che lo faremo molto presto, io per prima, voglio collegare i puntini per capire quello strano ragazzo.
Quando la salutiamo Gret ci dice soltanto di provare a rompere la catena di odio che ci porta a tutto questo, alle sofferenze, alle perdite, agli occhio per occhio. L'anziana si ferma un attimo di più su Peter. "Mi dispiace tanto, tesoro, così tanto" bisbiglia un'ultima volta, questa volta riesco davvero a sentire il pentimento nella sua voce, forse la scoperta dell'esistenza di Týr le ha fatto cambiare idea.
"Dove si va?" domando a Mike, che ha già aperto il portale.
"Al freddo di nuovo, copritevi" risponde piatto, ha una faccia esausta, due profonde occhiaie che gli orlano gli occhi azzurri, forse tutto questo saltare da una parte all'altra del mondo lo sta pian piano logorando, e il sopportare Reannon, quella è una gran fonte di logoramento.
"Rassicurante" dico ironica, stringendomi nella mia felpa strappata e saltando nel portale dietro a Kim, che è già partito.
Mi ritrovo avvolta nella scura luce del mattino, quella che necessita agli occhi un po' di tempo per abituarsi, il sole deve essere appena sorto, ma una pesante cappa di nubi grigie affonda quasi tutto nel buio.
Scorgo della vegetazione ai miei piedi, degli arbusti che mi sfiorano le caviglie, Vix aveva ragione, fa davvero parecchio freddo.
"Ragazzi?" mormoro, sorgendo appena delle figure nella poca luce, sollevando i palmi per provare a creare una fiammella "Ci siete?"
"Dove cacchio ci ha spediti?"
"Jake sei lì?"
Una sfilza di imprecazioni da Matthew e poi le voci degli altri. Okay, ci siamo tutti, buon segno, è l completa desolatezza del paesaggio a non esserlo.
Sto per evocare una fiammella quando una luce debole si intravede in lontananza, alla mia destra. No, non una luce, due, due fari di un auto, che si avvicina rapidamente, dal rumore che fa sembra che sia una strada sterrata, abbasso lo sguardo, noi ci siamo prorpio di fianco.
"Ragazzi un-"
Vengo interrotta da dei passi veloci che scricchiolano sui piccoli sassolini. E vedo Jake illuminato dalle luci chiare dell'auto, che si rivela essere un pick up, poco prima che questa tiri un'inchiodata per evitare di prenderlo in pieno.
Il grido di una donna irrompe nel silenzio.
"Kjære vene!"
SPAZIO AUTRICE
Cose, cose, cose. Sbaglio o quella è un Allison che prende un po' di iniziativa?
Poi c'è Matt che subisce gli effetti di essersi svegliato nel bel mezzo della notte, aver combattuto, eccetera, senza una tazza di caffè, quindi modalità grumpy boy a mille.
Non c'è molto da dire poi, se non che apparentemente a Belirut piacciono i posti freddi, chissà dove siamo finiti ora 🤷♀️😇
E ad onore del titolo, adesso è il suo turno. Matt in tre parole?
Noi ci vediamo settimana prossima 😘
Cami ✉️
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