14. Non la migliore delle mie giornate

(vi ricordate di Margaret? Questi sono i suoi capelli)

Mi accascio sul materasso con uno sbuffo.

"Mi dispiace, le ho tentate tutte" dico.

E le ho davvero tentate tutte, con quel briciolo di energia che rimaneva. Ho provato a lanciarci fiamme contro, con folate di vento, sassi. Ma quello stupido campo di forza non vuole cedere.

"Non preoccuparti" Peter si siede accanto a me sul letto.

"Sono così confusa, come faceva a sapere dell'attacco a scuola? Insomma, mio padre non può essere un Rivoluzionario, no?" farfuglio.

"Non ho le risposte alle tue domande, scusami" dice lui.

Alle parole risposte e domande mi viene un'idea. Ricordo un gioco che feci tempo fa con Jake, quando ancora non ci conoscevamo bene.

"Abbiamo bisogno di rilassarci entrambi, e conosco un gioco speciale" faccio un sorrisino "Visto che d'ora in avanti dovremo passare taaanto tempo insieme, che ne dici se iniziamo a conoscerci un po'? Io ti farò una domanda e tu dovrai rispondere sinceramente, poi toccherà a te, l'unica regola è che non puoi chiedermi nulla su tutta la faccenda Dono, va bene?"

Lui mi guarda alzando un sopracciglio.

Oh Zeus, che cavolata, non ci conosciamo neanche tanto e io gli chiedo di fare un gioco di sincerità, sembrerò una stalker o non so che, ora mi riderà in faccia dicendo che sono matta, e poi di sicuro...

"Ci sto" dichiara lui, con una smorfia diverita.

Quasi mi scappa un sospiro di sollievo.

Cambio posizione incrociando le gambe e appoggiandomi al muro alle mie spalle. Penso un attimo alla domanda poi gliela pongo.

"Da dove arrivi? Prima che abitassi qui?"

"Texas" esclama lui, calcando sulla S finale.

Inclino la testa, inaracando le sopracciglia.

"Non hai l'aria da Texano" stringo gli occhi a fessura. "Infatti non lo sono, sono newyorkese, poi ci siamo trasferiti in Texas, e poi qui"

"Ora si spiega tutto" dico io.

"Tocca a me: il tuo, o la tua, cantate preferito?"

"Non cantante, band, gli Imagine Dragons" rispondo.

Continuiamo con una serie di domande più o meno imbarazzanti, scopro il suo colore preferito - giallo -, il suo cibo preferito - pancakes -, che sua madre lo ha beccato a guardare Il Trono di Spade a tredici anni e gli ha impedito di andare avanti e tanto altro. Mio malgrado lui ha anche scoperto che preferisco la montagna al mare, quanti libri ho letto - incalcolabili - e che ha me è successa la stessa cosa con Il Trono ma mi è stato permesso continuare a vederlo.

"Prossima domanda" dice, un po' titubante "Tu è Matthew, siete solo amici?"

Rimango a bocca aperta. Starà scherzando? Oh mamma speriamo stia scherzando...

"Cioè, stamattina vi ho visti" continua lui frettolosamente "È sembravate molto in sintonia, perciò..."

Lo zittisco con un cenno. "No"

"Oh, okay"

"Sono indecisa tra ridere o piangere, davvero" commento io.

Rimaniamo in silenzio per un tempo che sembra non finire mai, quando alla fine lui si decide a passarmi il turno.

"Bene..." rimugino qualche secondo "Hai fratelli o sorelle?"

Trasalisce, il volto sereno attraversato da un lampo di tristezza. Tutto a un tratto siamo tornati nella stanza chiusa da un campo di forza, non più in quella dimensione spensierata che si è creata mentre giocavamo. Sospira.

"Non più..." fa un mezzo sorriso triste.

"Oh, domanda sbagliata, se vuoi cambio..." mormoro.

"No, non c'è bisogno" si mette a fissare un punto lontano, guardando qualcosa che non posso vedere "Si chiamava Reannon, eravamo gemelli, è morta in un incidente d'auto quando avevamo sette anni, il padre di una sua amica la stava riportando a casa" dice con voce intrisa di nostalgia "Sai quando si dice che quando capita qualcosa di brutto al tuo gemello lo senti? Io non ho sentito nulla, è venuta mia madre a scuola, non c'è molto da dire poi"

Esitante gli poggio una mano sulla gamba. "Mi dispiace, per quello che può valere, facciamo una pausa?"

Fa spallucce.

Io mi alzo in piedi, girando inquieta per la stanza. Ho recuperato un po' di energie e potrei provare a forzare di nuovo la barriera, magari con quel disco di elementi uniti. Com'è che si chiamava? Ah, Matrice. Prima che possa decidere che fare sento la porta di casa aprirsi, lancio un'occhiata veloce alla sveglia sul comodino.

"Mamma!" urlo, fiondandomi sul campo di forza, tempestandolo di pugni, dal piano inferiore non arriva risposta "Mamma!"

Peter accorre al mio fianco. "Allison! Cosa posso fare?"

"Non lo so, non lo so" farfuglio nel panico "Possiamo aspettare che salga di sopra, per andare in camera sua deve passare da qui comunque, oppure..."

Sono decisa ad uscire da questa stramaleddeta camera.

"Peter spostati, vai infondo alla stanza" dico risoluta e lui esegue senza fare domande.

Alzo entrambe le mani all'altezza dello stomaco, distanziandole di poco, come se stessi stringendo una palla.

Ripeto il procedimento che ho usato ieri. Creando fuoco e acqua e facendoli ruotare per unirsi, poi aggiungendo la terra e l'aria. Sento la fonte interna prosciugarsi velocemente, così mi affretto a premere l'anello di luce che si è formato contro il campo di forza, come una sega circolare. Mi tremano le mani per lo sforzo ma la barriera comincia a disfacersi pian piano, con uno scoppiettio.

Sposto la Matrice lontano ma realizzo di non sapere come liberarmene. Va bene, niente panico.

Cerco di disgregare gli elementi ma non sembra funzionare, provo a riassorbire la sostanza ma nemmeno quello mi riesce.

Mi giro, scrutando la stanza in cerca di qualcosa di sacrificabile contro qui lanciarla, senza trovare nulla.

Sento il controllo scivolare via. Faccio appena in tempo a lanciare un grido di avvertimento a Peter che l'anello si divide in tante piccole parti che schizzano nella stanza davanti a me.

Un paio finiscono sul tappeto, bruciacchiandolo, alcune sulla cassettiera e sull'aramdio, rovinando il legno, e altre ancora sparse sulle pareti. Terrorizzata controllo Peter, uno dei pezzetti lucenti è fermo all'altezza dei suoi occhi, esattemente al centro, sospeso a mezz'aria. Lui sbatte le palpebre e questo casca a terra, una goccia che annerisce il parquet.

"Scusa" dico a bassa voce.

Senza bisogno di dirlo entrambi ci catapultiamo fuori dalla stanza, verso le scale. Chiamo nuovamente mia madre e lei sbuca dalla cucina, un bicchiere di succo in mano, guardandoci costernata.

Mi fermo e balbetto qualcosa di incomprensibile perfino a me, ma soprattutto a Peter, perché mi rendo conto di aver parlato italiano.

"Tesoro, tesoro rallenta" dice lei con voce ferma "Venite con me, ho delle cose da dirti"

Non faccio in tempo nemmeno a replicare che la porta si spalanca improvvisamente.

È mio padre.

Sta tenendo tra le braccia qualcuno che conosco bene. Che in confronto alle spalle larghe di mio padre sembra un bambino.

"Jake" mormoro, la voce prossima a spezzarsi.

È pallido, gli occhi semichiusi, all'altezza del cuore, sulla maglietta rossa c'è un ampio buco, che lascia intravedere il torace annerito. Ha gli occhi semichiusi e ogni tanto geme, dandomi almeno il sollievo che sia vivo.

La situazione rimane in stallo per qualche secondo. Mio padre mi fissa, poi guarda mia madre che ricambia lo sguardo e lancia una rapida occhiata a Peter, prima di aprire bocca per parlare.

Non gli lascio dire nulla.

"Lascialo andare papà, adesso" intimo, con voce gelida "Ho capito per cosa non ero pronta, per perdere lui, giusto? Che cosa gli hai fatto?" continuo, lanciando occhiate sprezzanti a lui e mia madre. Lei sapeva, non stavano parlando di un cane quella sera, magari Wren nemmeno esiste.

"Tesoro, non gli ho fatto nulla, te lo giuro, ma lo devo portare via" dice mio padre lentamente.

"No! Non lo porterai a loro, ho capito cosa sei" esclamo.

"Sanno i vostri nomi Allison, sanno che sei mia figlia, quindi mi serve ben più di Jake per convincerli a non prenderti" replica lui duramente.

Porto un braccio davanti a Peter. "No"

So di non poter usare i poteri, non senza rischiare di svenire o peggio. Ho comunque le mie due settimane di allenamento, possiamo farcela.

Peter, ehi stammi a sentire, mi senti?

Si... Farò finta che non sia assurdo

Bene, ti prego, dimmi che sai guidare

Si, ma non ho la patente, e non bene

Dettagli. Ora faccio mollare Jake a mio padre, tu mi devi aiutare a prenderlo, poi corriamo in garage, la porta dritta alla tua sinistra, mia madre lascia le chiavi su un tavolino lì dentro, e poi andiamo, pronto?

Pronto

"Quindi non hai mai fatto il tecnico, vero?" chiedo avvicinandomi a papà "È quello che fai da sempre? Ti fai pagare per fare lavoretti, ti schieri con chi ti conviene, perché?" non vorrei ma sento delle lacrime affiorarmi sugli occhi.

Lui mi fissa in silenzio, con quei suoi occhi grigi.

Arrivata a un metro da lui mi slancio fulminea in avanti, sferrandogli un calcio sugli stinchi. Riesco nel mio intento e lui lascia andare Jake, che afferro da sotto le ascelle, mentre do un altro calcio alla cieca, e a considerare dall'urlo strozzato di mio padre devo averlo colpito in una zona precisa.

Peter in un attimo è al mio fianco, sosteniamo Jake per le spalle e ci voltiamo e percorriamo il corridoio a ritroso.

Non abbiamo fatto i conti con mia madre, che è ferma sulla soglia della cucina.

Mio padre si sta rialzando, non abbiamo più tempo. "Mamma, lo sapevi?" chiedo semplicemente.

"Si, ma non capisci... " risponde con il viso triste.

"Spostati". Non accenna a muoversi così, usando quel briciolo di energia che mi rimane direziono una folata d'aria verso di lei, facengodgli fare un giro per spostarla e poi farla finire addosso a papà, impedendogli di rialzarsi.

Mi sento pervadere da un senso si spossatezza ma continuo ad avanzare.

Entriamo in garage, afferro le chiavi della macchina e le lancio a Peter, che apre la portiera del guidatore, lasciandomi Jake, che adagio sui sedili dietro.

Faccio il giro e cado pesantemente sul sedile del passeggero.

"Parti" dico quando il garage si apre.

"Dove?" chiede mettendo in moto.

Senza la forza di rispondere mormoro l'indirizzo del Quartiere, per poi appoggiare la testa al finestrino e addormentarmi di sasso.

************************************

Quando mi sveglio sono ancora in macchina, la pioggia ticchetta contro il vetro. Peter sta parcheggiando di fianco alla jeep gialla, sbatto le palpebre per metterlo ha fuoco. Sembra calmo, ma la mascella leggermente contratta lascia trasparire il suo nervosismo.

"Come è andata la guida?" mormoro con la vice impastata.

"Ho rischiato di fare un paio di incidenti ma per il resto tutto ok" risponde.

Vorrei ridere, ma so che potrebbe solo peggiorare la situazione.

Mi giro ad osservare Jake, sembra aver perso i sensi. Non posso fare a meno di fissare la bruciatura sul suo petto chiedendomi chi possa essere stato a farla. Ma soprattutto, se mio padre è andato a scuola per lui allora dov'è Matthew?

Allungo la mano, posandola sul suo braccio, lui sbatte le gli occhi con una smorfia di dolore, poi mi vede e sembra tranquillizzarsi.

Faccio del mio meglio per sorridergli ma l'unica cosa che ne viene fuori è una smorfia triste.

"Peter, aiutami" dico.

Usciamo dalla macchina e trasciniamo Jake fino alla palestra, gocce di pioggia chi ci rimbalzano addosdo. Chiamo Andy e Veronica urlando e loro si precipitano da noi.

Veronica mi cinge in un grande abbraccio inaspettato, stiamo legando, ma non fino a questo punto.

"State bene! Menomale" esclama staccandosi da me.

"Matthew è con noi, come avete trovato Jake?" domanda mentre Andy si fa aiutare da Peter e lo porta al piano superiore, in infermeria.

"È una lunga storia" replico.

"Forse è meglio che vai a parlare con Matthew, noi ci occupiamo di Peter, Margaret di Jake" dice esitante.

"Che ha Matthew?" chiedo aggrottando le sopracciglia.

"Non ne ho idea, è salito sul tetto subito dopo averci raccontato tutto, ora vai, dopo ci aggiorniamo"

Faccio come dice Veronica e salgo fino all'ultimo piano, dove una porta di apre sul tetto piatto e bianco.

Un paio di gocce mi sfiorano il naso mentre sono ancora al riparo sotto lo stipite, ma non faccio caso alla pioggia quando vedo Matthew seduto con le gambe penzoloni nel vuoto.

Mi avvicino a passo svelto. Il biondo fissa un punto lontano, zuppo d'acqua dalle punte dei capelli alle dita dei piedi.

Mi siedo accanto a lui, che non dice nulla. Gli osservo il viso, ha gli occhi arrossati, ma le lacrime si confondono con le gocce di pioggia.

Rimaniamo in silenzio per un bel pezzo prima che parli.

"Non pensavo quelle cose" mormora "Gli ho detto delle cose tremende, a Jake, e lui ora..."

"È qui, al sicuro" lo interrompo io "Non messo benissimo ma starà bene"

Mi guarda, gli occhi grigi attraversati da un lampo di sollievo.

Vorrei porgli la domanda più pressante che mi infesta la mente Cosa è successo a Jake? ma so che non è quella giusta.

"Cosa è successo tra voi?" domando invece.

"Abbiamo litigato" fa una smorfia "Ashley gli ha mandato un messaggio dicendogli che tornava dentro a cercarlo, io volevo andarmene subito, lui voleva trovarla, ha detto che dovevamo proteggere gli Ordinari, soprattutto quelli che amavamo, e lì non ci ho visto più"

Rimango sorpresa dal disprezzo con cui ha sputato il nome di Ashley.

"Gli ho detto delle cose, e poi lui le ha dette a me, ma quello che ha detto è vero, aveva ragione, ma io ero troppo preso dal passato per capirlo"

Un fiume di parole. Capisco che si sta sfogando.

Resto in silenzio aspettando che continui, l'acqua che mi scivola addosso, il freddo che mi entra nelle ossa . Però arriva un singhiozzo, e poi un altro.

Incrocio gli occhi di Matthew, incoraggiando a parlare senza dire nulla.

Lui si prende qualche secondo per riprendersi e comincia a parlare.

"Avevo un'amico, era più grande di me di due anni, ci siamo conosciuti perché i nostri padri erano in affari, da lì ci siamo sempre visti spesso, eravamo molto legati" dice con voce triste "Poi ho fatto l'errore di innamorarmi di lui, anche se era etero non riuscivo a reprimere i miei sentimenti; aveva una ragazza, Marlene, una persona stupenda che aveva sempre un sorriso per tutti, eravamo una specie di trio, ma io li guardavo e soffrivo in silenzio, loro si amavano così tanto"

Si ferma, mostrandomi un pezzo di carta ripiegato, ormai pieno d'acqua.

"Poi lei si è ammalata, ha combattuto per tre anni contro il cancro, e se n'è andata l'estate prima che iniziassi il liceo; lui non poteva stare senza di lei così mi lasciò questa" tiene tra due dita il pezzo di carta di prima, distinguo chiaramente una lacrima silenziosa solcargli il viso "Mi voleva talmente bene che mi ha lasciato la sua ultima lettera... Ma io lo amavo, e non gli ho mai detto nulla"

Chiude gli occhi.

"Si chiamava Lucas..." fa un respiro profondo "E io ora devo andare avanti"

Matthew allunga la mano che tiene la lettera davanti a sé. Prima che possa lasciarla cadere lo fermo, appoggiando la mia mano sulla sua.

"Sei sicuro?" domando.

"Abbiamo chissà quale futuro davanti, non posso continuare a vivere nel passato, non quando mette in pericolo gli altri"

Per questo stavi solo Matthew? Perché non vuoi avere altri amici che prendano il loro posto? penso tristemente.

"Lucas e Marlene rimarranno con me, non sono io a dover rimanere con loro" conclude, aprendo le dita.

La lettera cade appesantita dalla pioggia, ormai diventata bluastra per l'inchiostro sbiadito dall'acqua.

Matthew la osserva cadere, pioggia e lacrime silenziose miste sul suo volto.

Aspetto che si riprenda senza parlare, l'acqua che mi scorre addosso, incurante del dolore degli umani. Si è aperto con me, ma so che non è compassione quella che cerca. Tenersi qualcosa dentro da soli ti distrugge lentamente.

Trattenere qualcosa alcune volte fa più male che lasciarla andare ricordo di aver letto da qualche parte.

Alla fine si alza, passandosi il dorso della mano sugli occhi. Io lo imito, attenta a non scivolare e cadere per sei piani.

Una volta in piedi lo stringo in un abbraccio, lui si irrigidisce sorpreso, ma alla fine ricambia, cingendomi la schiena con le braccia.

Abbracciare qualcuno più basso di te è strano soprattutto se è un maschio.

Quando ci slacciamo mi lancia un'occhiata riconoscente, non sorride ma per me è abbastanza.

"Senti" esordisce imbarazzato "Non sono pronto a condividere tutte queste cose anche con gli altri, soprattutto il fatto che mi piacciono i..."

"Certo, ho la bocca cucita" dico interrompendolo.

"Grazie"

************************************

Andy sgrana gli occhi quando ci vede fradici sulle scale.

"Jake?" domando inquieta.

Lui sorride, sciogliendo il blocco di paura che mi attanaglia.

"Margaret si sta occupando di lui, si riprenderà presto" risponde "Voi due dovete asciugarvi quindi rimandiamo il meeting a dopo, ora vado un attimo in sala computer, sto lavorando su una cosa"

Fa per scendere le scale ma lo blocco per un braccio.

"Andy" dico con un groppo in gola "Posso stare qui stanotte?"

Mi guarda confuso ma dice che posso restare, poi sparisce giù dalle scale.

Al quinto e al sesto piano ci sono due stanze, trasformabili in dormitori, che per ora fanno solo da camere per Andy e Lauren, uno femminile e uno maschile. Entrambi hanno un bagno, semplice ma funzionale.

Mi faccio una doccia veloce per togliere lo sporco e la spossatezza.

Lacrime si mischiano all'acqua che mi scorre sul corpo. È stata probabilmente la giornata più dura della mia vita. Sono stata tradita dai miei stessi genitori, sono rimasta chiusa nella mia stanza mentre i miei amici rischiavano la vita, mio padre voleva rapire il mio migliore amico che è quasi morto. Vorrei urlare, rompere qualcosa ma non posso, devo rimanere lucida perché è solo l'inizio.

Clary, Katniss, Annabeth, tutte loro rimarrebbero calme... Devo andare avanti

Una volta uscita mi avvolgo in uno degli accappatoi bianchi appesi in bagno.

Cerco di asciugare almeno la biancheria senza bruciarla, fortunatamente riuscendoci.

In stanza mi metto in contatto con Veronica.

Posso usare i tuoi vestiti, i miei sono un po' bagnati? chiedo.

C'è solo un problema, li ho portati via... A casa risponde imbarazzata Ci sono sempre quelli di Lauren, dovresti entrarci

Apro i cassetti e nell'ultimo trovo ciò che stavo cercando. Rovisto dubbiosa tra gli indumenti di Lauren, non proprio nel mio stile.

Alla fine decido per un paio di jeans bianchi con una maglietta leggera grigio-azzurra.

Lascio la stanza decisa a vedere come sta Jake, ma quando arrivo Matthew è già presente e si stanno parlando. Cercando di non fare rumore ritorno sulle scale, spero solo che il biondo sia altrettanto aperto come lo è stato con me.

Indecisa sul da farsi scendo fino in palestra, sperando di allenarmi un po' con Veronica, trovo invece Peter.

Ha le mani sollevate, le dita che si muovono come se accarezzasero l'aria, una miriade di sassolini sollevati attorno a lui.

Si gira verso di me, gli occhi che brillano. "È stupendo"

"Da quanto sei così?" chiedo invece, nervosa.

Aggrtotta le sopracciglia. "Minuti?"

Mi avvicino esasperata, schivando i vari sassolini fino ad arrivare nella zona libera da essi, vicino a Peter.

"Non puoi fare così, è più facile perdere il controllo" gli dico.

"Che intendi?" domanda confuso.

Sospiro, controllando che intorno non ci sia nessuno. Gli afferro i polsi, unendo le mani, e i sassolini, invece di cadere a terra schizzano da tutte le parti, come il globo di Matrice in camera mia.

"Oh" schiude le labbra "Capisco"

Gli lascio i polsi ma lui mi riafferra le mani. Sobbalzo.

Ora ha uno sguardo serio.

"Grazie per oggi, per avermi salvato e tutto..." dice Peter, guardandomi negli occhi.

Distolgo lo sguardo. "Di niente" replico, scostando le mani "Ti stavamo comunque cercando"

"Ora è meglio se andiamo su" continuo "Abbiamo una riunione da fare e voi non potrete rimanere qui fino a tardi, i vostri genitori si staranno preoccupando" dico riferendomi a Peter, Jake e Matthew.

"Tu resti... Oh, beh certo" farfuglia distrattamente mentre imbocchiamo - di nuovo - le scale.

Quando entriamo nella sala computer è tutto in subbuglio, Andy passa da uno schermo all'altro gli occhi costantemente illuminati di giallo, gli schermi che cambiano senza che lui li tocchi, Veronica segue i suoi movimenti esasperata, cercando di parlare e venendo tutte le volte interrotta dall'ennesimo spostamento.

L'unica su cui mi concentro però è Jake. Che è in piedi e sta bene, la grossa bruciatura è sparita, ma dallo scollo della maglia fa capolino una fasciatura. Senza accorgermene mi ritrovo a stringerlo in un abbraccio disperato.

"Ahio" borbotta, ed io mi scosto subito. "Ora siamo pari" gli dico ricordando il mio infortunio alla spalla.

Lui ridacchia, ma ha un espressione strana.

Distante, ecco.

"Andy fermati un secondo!" esclama Veronica.

Lui si porta le mani nei capelli, mormorando qualcosa sottovoce.

E all'improvviso capisco il motivo della sua irrequietezza.

Questa giornata va di bene in meglio.

Lauren doveva tornare oggi, ma non è arrivata.

E ha quanto pare avrebbe già dovuto essere qui.

Caspio

SPAZIO AUTRICE

Bonjour, volevo pubblicare ieri sera, ma non ho avuto tempo di correggerlo 🤷‍♀️

Capitolo pieno di confessioni no? Vi aspettavate tutte quelle cose su Matthew? E sulla sorella di Peter?

Sembra che i nostri eroi stiano avendo qualche complicazione.

Nella prossima riunione imminente metteranno un po' di chiarezza in queste acque agitate.

Domandina:
State già iniziando a shippare qualcuno? Chi?

Bye e al prossimo capitolo 😘

Cami 🌈

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