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"Buongiorno Harry"
"Uhm ciao"
"Sei da solo oggi?! Il tuo amico scrittore non c'è?"
"N no.. Niall non c'è"
"Cosa ti porto stamattina?"
"Un té e un biscotto da portare" Bill gli sorride e continua a guardarlo anche mentre prepara il té. Harry si sente un po' a disagio, non gli piace essere al centro dell'attenzione, anche se deve ammettere che il ragazzo é proprio carino.
"Ecco a te" gli porge il sacchetto e il bicchiere di carta con il té e gli sorride
"Uhm grazie" Harry fa per pagare ma Bill scuote la testa
"Offro io, buona colazione e buona giornata" Harry mette il broncio
"M ma non è per me, devo portarlo a Louis" Harry è troppo ingenuo e anche questa volta ne dà dimostrazione.
"Chi è Louis?" Harry rimane un po' interdetto per la domanda ma sorride titubante
"É il mio capo"
"Beh allora vorrà dire che la colazione al tuo capo la offro io, così magari ti manda qui più spesso e posso ammirarti" il riccio non risponde, stringe al petto la colazione da portare a Louis e corre a gambe levate dalla caffetteria. Attraversa in fretta la strada, gira a destra e si trova davanti alla casa editrice Tomlinson. Arriva sempre un po' in anticipo ultimamente per passare del tempo con Louis prima di iniziare il lavoro e gli porta sempre la colazione che compra oppure, alcune volte, prepara lui quando ha tempo. Tomlinson senior ha l'ufficio al terzo piano della sua casa editrice, ha un intero piano solo per lui e di solito non ci va nessuno, se non su appuntamento, è per questo che Harry gira indisturbato per quel piano senza la paura di essere visto da William o dagli altri. Entra nell'edificio e prende l'ascensore privato che porta solo al 3 piano. Sorride quando si trova davanti alla porta aperta ed entra senza nemmeno bussare.
"Buongiorno Lou! Guarda cosa ti ho portato" Harry gli sistema la colazione sulla scrivania e poi corre a salutarlo con un bacio sulla guancia. Il più grande sorride, gli scompiglia i capelli e gli lascia un bacio sul naso. Il suo sorriso però si spegne quando vede il sacchettino con il logo di starbucks
"Ultimamente vai sempre da starbucks, da quando in qua è il tuo posto preferito?" Louis si siede sulla sua poltrona e prende il sacchettino che Harry gli ha portato. Sta per prendere il biscotto ma si ferma con una smorfia disgustata.
"Mi sa che questi biscotti non sono per me!" Harry è ancora stupito per il tono che Louis ha usato e adesso non capisce a cosa si riferisce. L'editore gli lancia il sacchetto davanti al viso e gli mostra la scritta che c'è sul retro:'stamattina sei più carino del solito, buona colazione. Un bacio, Bill'.
"Uh i io non lo avevo visto! S scusa Louis, non lo sapevo. I io gliel'ho detto che la colazione era per te, ma forse lui il messaggio lo ha scritto prima"
"Ma che cazzo dici i fatti nostri agli sconosciuti?!"
"Non gli ho detto i fatti nostri, non parlo con gli sconosciuti delle cose nostre. Perché sei arrabbiato? Ti voglio bene, scusa" e Louis ritorna in sé e nell'uomo grande e maturo che è sempre stato e si rende conto che ha esagerato.
"Scusa Haz, hai ragione, sono un po' nervoso e non ho ragionato"
"Stai bene?. Ti ho fatto arrabbiare io?" Il più piccolo si avvicina a lui e cautamente si siede sulle sue gambe.
"No, non hai fatto niente tu. Ho avuto una piccola discussione con Margaret, ma niente di grave"
"Io ti voglio davvero bene Lou" Harry appoggia la testa sul petto del suo datore di lavoro e sospira
"Ti voglio bene anche io, adesso però fila a lavorare e stai tranquillo. Vedrai che risolveremo anche il problema del contratto, nel frattempo fai buon viso a cattivo gioco e non far capire niente a William"
"Si Lou, sono bravo e mi sto comportando come al solito" Louis sorride intenerito e sta per appoggiare la mano nei ricci di Harry ma poi ci ripensa e dolcemente fa alzare il ragazzino dalle sue gambe.
"Haz dai vai, è tardi"
"Ciao Lou, ci vediamo dopo". Harry lascia un bacio sulla guancia di Louis e va via, pronto per iniziare la sua giornata di lavoro.

***

Margaret non si è mai sentita cosi, lei e Louis non hanno mai litigato e le cose che gli ha detto ieri e soprattutto il tono che ha usato non gli è piaciuto per niente. Si sente vuota e tremendamente sola senza il suo migliore amico, in questo caso tutto sembra fuorché una donna di 50 anni. Cammina per le strade di Londra senza una meta precisa con il cappotto tirato fin su il viso e la sciarpa che le lascia scoperti solo gli occhi. Di solito quando ha questi momenti di sconforto va sempre da Louis e bastano due chiacchiere ed una tazza di té per stare meglio, stavolta invece non può andare così. Si trova in prossimità del Tamigi, le strade affollate e nonostante l'aria sia fredda si sente soffocare. Si appoggia al parapetto, si sposta la sciarpa dal viso e respira a pieni polmoni guardando giù, verso l'acqua scura che scorre impietosa. Rimane per qualche istante incurante del vento che soffia sempre più forte, non ci fa caso, è presa dai suoi pensieri, finché non viene interrotta da una mano che si posa sulla sua spalla.
"Mi scusi, le è volata la sciarpa" un uomo in alta uniforme, con su il simbolo dell'esercito britannico ben visibile, le sorride porgendole la sciarpa. Margaret non si è nemmeno resa conto che le è volata
"Si è mia, grazie. Non mi sono nemmeno accorta di averla presa" ringrazia e sorride allo sconosciuto avvolgendosi di nuovo la sciarpa attorno al collo
"Con questo vento bisogna stare attenti, non sa quante volte ho rischiato di perdere il berretto"
"Ero troppo persa a guardare il fiume che nemmeno mi sono resa conto di non averla più al collo"
"Il Tamigi di sera ha sempre il suo fascino e mi manca ogni volta che sono fuori per lavoro" Margaret non sa cosa dire, ha freddo e strofina le mani l'una nell'altra, soffiandosi il fiato caldo fra di esse.
"Mi ero dimenticato di quanto fosse rigido il freddo di Londra in inverno, tenga, si scaldi" il presunto soldato le passa i suoi guanti neri di pelle e la donna le indossa molto volentieri.
"Grazie, sono uscita di casa in fretta e non ho preso i guanti"
"Non si preoccupi e scusi se non mi sono nemmeno presentato. George Dawson".
"Margaret Stell". Margaret non sa cosa dire, si sente in imbarazzo soprattutto perché i suoi occhi sono rossi e non per il freddo.
"Se le propongo una cioccolata calda le sembra inopportuno?"
"Io.. non posso, mi dispiace" senza ulteriori spiegazioni va via da lì correndo, senza rendersi conto di avere ancora i guanti dell'uomo e soprattutto senza far caso alla sciarpa che é volata via un'altra volta.

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