Capitolo 17 - Tu, sai difendermi e farmi male...

Quando Frank aprì gli occhi il furgone era già sull'autostrada, con Ray alla guida, verso la prossima tappa. Non ricordava nemmeno dove erano diretti, nè che giorno della settimana fosse. Sapeva solo che si sentiva meglio. Più leggero. E sapeva che era tutto dovuto alla conversazione che aveva avuto con suo padre la sera precedente. Dove tutto era stato chiarito, dove nessuno era stato giudicato o peggio ancora chiamato checca e roba simile.
Però c'era un retrogusto amaro che lo inafastidiva. Doveva essere per colpa di Gerard, che era seduto accanto a lui e non gli aveva ancora rivolto la parola. Eppure ne avevano parlato, la sera precedente. Quando suo padre era andato via, insieme al gruppo di fan in cerca di foto ed autografi, Frank era andato da Gerard a spiegargli cosa era successo e perché a Dayton quel giorno era stato così distaccato, così sulle sue. Gli aveva spiegato che suo padre era in città, e che aveva paura che lo avesse visto mano nella mano con un'altro uomo, e che avrebbe così ripreso ad insultarlo e roba simile. Gli aveva spiegato le sue paure, senza toccare le emozioni, perché conosceva Gerard e sapeva che ci sarebbe arrivato da solo. Invece Gee aveva scrollato le spalle e borbottato qualcosa, andandosene nel furgone, lasciandolo lì senza dirgli "Ok, ti comprendo" o roba simile.
Così Frank si era addormentato pensando che beh, Gerard a volte era davvero troppo complicato da comprendere.

Mikey aveva guardato il cellulare almeno trecento volte, per assicurarsi che c'era campo e che la suoneria era al massimo, in modo che se Alex avesse richiamato l'avrebbe sentito squillare. Le aveva mandato due messaggi ed aveva provato a chiamarla, ma a quell'ora probabilmente era a scuola e come al solito probabilmente aveva lasciato il cellulare senza suoneria nel fondo dello zaino. Le lezioni sarebbero terminate dopo un'ora circa e lui guardava il telefono ogni due minuti per poter provare a richiamarla appena supponeva sarebbe suonata l'ultima campanella della giornata.
Erano diretti a Cleveland, e Mikey voleva sentirla, parlarle, raccontarle dell'ultimo show e dei prossimi, e sopratutto dirle che tra circa cinque giorni sarebbero tornati a casa, ed anche se poi sarebbero dovuti partire subito dopo, era impaziente di rivederla. Non avere a che fare con Alicia per tutti quei giorni era stato utile, ora sembrava quasi che tutto fosse davvero passato e gli unici suoi interessi erano la band e Alex. E il fatto che a Cleveland sapeva che avrebbe inevitabilmente incontrato Alicia di nuovo, non gli interessava affatto.

Alex si alzò dalla panchina fuori la scuola, non appena Ian arrivò. Era da solo e subito gli chiese dove fosse Ann.
«Fa volontariato in una clinica psichiatrica due volte a settimana...» disse Ian scrollando le spalle, mentre Alex raccoglieva le sue cose per seguirlo verso casa sua. Dovevano allenarsi a suonare e poi dovevano ancora trovare un nome per la band, e poi la sera lei doveva andare a lavorare al Cafè, e sembrava che il suo piano per non pensare di essere totalmente sola stava funzionando alla grande.
«Non sapevo che facesse volontariato in una clinica psichiatrica. Deve essere figo...» commentò Alex camminando al suo fianco.
«Non lo so, lei vuole fare la strizzacervelli, quindi per lei deve essere una figata. Io ci sono stato una volta ed è stato... inquietante, direi...» ammise scrollando le spalle.
«Quindi Ann non ci sarà oggi?» chiese lei dopo un pò sospirando. Voleva iniziare a provare sul serio, come facevano Mikey e gli altri. A loro il tempo volava sempre.
«No, torna stasera, ma tu non ci sei, giusto? Comunque se non ti va di venire da me facciamo un'altra volta, eh... cioè, sarebbe bene che ti allenassi un pò visto che insomma, senza offesa ma non sei un gran fenomeno con la chitarra...» rise Ian, con i suoi occhi di un profondo tono di blu che si illuminarono quasi, divertiti.
Alex gli diede uno spintone fingendosi offesa. Poi sospirò «Si, lo so che faccio pena. E' che volevo provare anche con Ann, cioè, da vera band, insomma. Ma non importa, nel frattempo mi alleno io, e tu mi insegni qualcosa perché cioè, così non andremo da nessuna parte davvero...».
Quando arrivarono davanti casa di Ian, Alex rimase a bocca aperta. Lui viveva in una villa dipinta di bianco, che sembrava una di quelle uscite dalle riviste delle agenzie immobiliari. Era in una via di Belleville dove c'erano tutte ville indipendenti, completamente curate e sistemate, e sembrava quasi un'altra città per quanto era curata quella zona. Il degrado di Belleville lì non c'era davvero. Sembrava impossibile. Alex era passata lì rare volte, con Frank, da ragazzina, e si era sempre chiesta quanti soldi avessero gli abitanti di quella zona, e perché con tutti quei soldi non se ne fossero ancora andati da lì. Lei, sopratutto ora che non aveva più nessuno a Belleville, non vedeva l'ora di avere la possibilità di andarsene. E Frank, nonostante fosse totalmente fiero delle sue origini, aveva sempre desiderato una vita in un posto migliore, dove c'erano più opportunità e meno criminalità e roba simile.

«Ti prego Ray! Fermati alla prossima stazione di servizio o ti piscio nel furgone!» si lagnò Frank battendo il piede nervosamente a terra. Ray rise e si incanalò nella corsia diretta alla stazione di servizio. Non fece nemmeno in tempo a spengere il motore del furgone che Frank era già sceso dal veicolo, per dirigersi quasi di corsa verso la tavola calda lì, e poi nei bagni.
«Ci fermiamo a mangiare qualcosa?» chiese Ray stiracchiandosi. Bob annuì scendendo seguito da Gerard. Mikey era ancora alle prese col suo telefonino.
«E' possibile che nonostante prenda benissimo la linea, Alex non riesca a chiamarmi?» chiese scendendo distrattamente dal furgone, inciampando e sbattendo sulle spalle di Bob.
«O è possibile che Alex non ti stia chiamando e basta? Sembri un idiota attaccato a quel telefono!» rise lui dirigendosi all'interno del locale.
«E perché non dovrebbe chiamarmi?» domandò Mikey raggiungendo Gerard e guardandolo quasi disperato. Suo fratello scrollò le spalle «E io che ne so? Magari è al Cafè, o a qualche corso dopo scuola, o non ti chiama perché non vuole disturbarti...» disse cercando di confortarlo.
«Come sarebbe che non vuole disturbarmi? Ho provato a chiamarla almeno diciotto volte, e le ho mandato un paio di messaggi supplicandola di richiamarmi!» commentò sbuffando «Gee, e se questo è un modo per dirmi che ci ha ripensato?» chiese poi sgranando gli occhi.
Gerard aggrottò le sopracciglia «Ripensato?».
«Si! Del tipo, è un modo carino per dirmi che non vuole più stare con me, senza dirmelo davvero!» disse agitato.
Suo fratello sospirò alzando gli occhi al cielo «Mikey, rilassati. Sarà impegnata e basta. Andiamo a mangiare, poi proviamo a chiamarla di nuovo. Nel frattempo, dammi il tuo cellulare, stai diventando stupido a forza di guardarlo e riguardarlo!» disse togliendogli di forza il telefono dalle mani.
«No! Ridammelo! E se chiama e non lo senti!?» chiese Mikey preoccupato, cercando di riprendersi il telefono senza successo. Gerard lo infilò nella tasca dei suoi pantaloni e si diresse al bagno.

Frank stava per uscire dal bagno, quando aprendo la porta si trovò davanti Gerard. Lo guardò bloccandogli il passaggio.
«Ora perché ce l'hai con me?» domandò sollevando un sopracciglio.
Gerard alzò gli occhi al cielo, cercando di passare alla sua destra, tra lo stipite della porta e le spalle di Frank, che però si spostò per non lasciarlo passare.
«Frank, devo andare al bagno, mi fai passare?» disse sbuffando con tono apatico.
«Prima dimmi perché sei così freddo, oggi. Che ti ho fatto?» chiese l'altro incrociando le braccia sul petto.
«Perché sei un idiota, ecco perché. Ed ora, gentilmente, mi sto pisciando sotto...» rispose di getto Gerard facendo forza per entrare nel bagno.
Frank lo guardò confuso, e lo seguì richiudendosi la porta alle spalle «Come sarebbe che sono un idiota, scusa? Che cavolo ho fatto ora?» chiese sconcertato.
Gerard da dentro il bagno non disse nulla, poi uscì fuori e si lavò le mani, e lo guardò dal riflesso dello specchio. Sembrava una scena già vista, con i ruoli rovesciati.
«Sei un idiota perché non sei fiero di stare con me. Perché ti vergogni di urlarlo al mondo intero mentre io non vedo l'ora che tutti sappiano che io e te ci apparteniamo. Sei un idiota perché non mi hai detto di tuo padre, né quando ci hai litigato a Belleville la prima volta, né ieri, finché non ti ho visto con lui. Sei un idiota perché non ne hai voluto parlare con me. E perché non voglio essere il tuo amante segreto, cazzo. E perché ti vergogni dei tuoi sentimenti, ed hai paura del giudizio degli altri, quando è una cosa così stupida, perché se mi ami davvero queste paranoie non dovrebbero nemmeno attraversarti il cervello! Io sono fiero di essere ciò che sono, ed anche tu dovresti! Quindi si, sei un idiota e basta.» disse d'un fiato, fissandolo con i suoi occhi sfumati di verde tramite il riflesso nello specchio, per poi andarsene e lasciarlo lì, proprio come aveva fatto Frank l'ultima volta, facendolo sentire piccolo, stupido ed umiliato.

«Ha chiamato?» domandò Mikey accennando un sorriso, guardando Gerard che si avvicinava al loro tavolo. Suo fratello sbuffò «No, cavolo, non ha chiamato, e se non la smetti prendo il tuo telefono e te lo butto nel cesso!» disse acido.
Bob rise «Gerard ha le mestruazioni, oggi...» commentò divertito, facendo ridere anche Mikey e Ray. Frank invece si diresse alla cassa, comprò un sacchetto di patatine speziate e se ne andò nel furgone da solo.
Prese il telefono e digitò il numero di Alex. Aveva bisogno di parlare con qualcuno, ed ora aveva anche bisogno di tornarsene a casa.

«Cos'è che sta vibrando?» domandò Ian posando la chitarra di Alex a terra. Lei si guardò intorno, nella stanza insonorizzata della sua villa. Era fantastico, era sicura che avrebbero suonato nello scantinato o buttati in camera sua, non di certo in una stanza completamente insonorizzata dove c'erano tutti gli strumenti musicali immaginabili.
Da quanto le aveva raccontato Ian, suo padre era un avvocato stracolmo di soldi ma poco dedito alla famiglia, così tanto da preferire assecondare ogni capriccio dei propri cari - moglie inclusa - piuttosto che passare dieci minuti di troppo con loro. Quindi lui aveva una stanza insonorizzata dove suonare, ogni strumento immaginabile, e poi aveva una collezione di skate, la maggior parte dei quali mai utilizzate, biciclette, dischi e vinili, videogiochi e consolle. Tutta roba materiale che a lui non serviva ma almeno aveva modo di uscire mezz'ora con suo padre per andare al centro commerciale a fare acquisti.
Alex si rese conto che era il suo telefono, buttato nel fondo dello zaino in un angolo della stanza, e subito pensò a Mikey e si catapultò a rispondere.
Non lesse nemmeno il nome sul display, accettando immediatamente la chiamata.
«Pronto?» rispose, sentendosi lievemente imbarazzata nel parlare al telefono davanti ad Ian, che però senza dare nell'occhio si alzò per uscire dalla stanza.
Frank dall'altro lato del telefono sospirò «Dove cazzo sei? Sono tre ore che squilla il telefono! Ho bisogno di parlare con qualche persona amica!» disse accennando una risatina.
Alex alzò gli occhi al cielo «Ah, Frank. Che succede?» domandò lievemente delusa.
«Oh, mi fa piacere sentirti così entusiasta di parlare al telefono con me...» commentò Frank sarcastico.
«Scusa Frank, è che credevo fosse Mikey...» spiegò Alex imbarazzata.
«Mikey? Ma fammi il piacere! Sono tre ore che prova a chiamarti e a mandarti messaggi, sta facendo venire l'ansia a tutti! Quindi non ci credo che stavi aspettando una sua chiamata, proprio per niente.» disse Frank ridacchiando.
Alex deglutì. Fantastico, era così presa da Ian e dalla band e dalla chitarra che si era totalmente dimenticata di Mikey, in realtà. Ed anche se lo scopo principale era quello, le sue intenzioni non erano proprio di "dimenticarsene" del tutto. Solo di distrarsi. Non aveva senso.
«Oh. Comunque ora è lì? Puoi passarmelo?» chiese poi.
«No non è qui e sopratutto no che non te lo passo! Ti ho chiamato io, perché voglio parlare con te! Se vuoi parlare con Mikey degnati di chiamarlo!» disse Frank leggermente offeso.
«Che succede, allora? Non mi dire che ti sei di nuovo lasciato con Gee...» chiese allora, parlando però a voce bassa, come per non farsi sentire da Ian nonostante non fosse lì e la stanza fosse insonorizzata.
Sapeva che Frank non voleva far divulgare troppo la notizia di lui e Gerard, sopratutto ora che la gente, non solo di Belleville, aveva iniziato ad impicciarsi dei fatti privati dei My Chemical Romance.
«Non ci siamo proprio lasciati. Mi ha detto che sono un idiota e... perché parli sussurrando? Con chi sei?».
Alex fece un respiro profondo, contenta di poter finalmente raccontare a qualcuno della band e tutto il resto «Oh! Sono a casa di Ian, un ragazzo che ho conosciuto e che mi sta insegnando alcune cose con la chitarra!» spiegò contenta.
Sentì Frank ridere dall'altra parte del telefono ed automaticamente arrossì.
«Alex, sul serio? Cioè, stai davvero lasciando che un tizio ci provi con te con la scusa di insegnarti a suonare?» chiese ridendo divertito.
«Ehi ehi aspetta! Nessuno ci sta provando con nessuno, ok?».
«Certo, ne parleremo quando ti inviterà a vedere la sua collezione di farfalle in camera sua!».
«Frank, dico sul serio! Per favore non mettermi in imbarazzo! Sono entrata in una band, e Ian è il batterista ma suona praticamente ogni strumento esistente sulla faccia della terra ed è davvero bravo, e mi sta aiutando a migliorarmi! Punto!» disse lei seria.
«Tu? In una band? Stai scherzando, vero? Perché Mikey non me l'ha detto? perché tu non me lo hai detto?» chiese Frank incuriosito.
«Perché Mikey non lo sa ancora. E perché tu mi hai chiamato solo oggi, ed oggi te lo sto dicendo. E comunque che succede con Gerard?».
Frank sospirò. Il suo umore era migliorato decisamente dopo aver parlato con Alex, anche se era stata una conversazione totalmente irrilevante. Così scrollò le spalle accennando un sorriso «Ah, niente, le solite cavolate... Ora devo andare, stanno arrivando gli altri. Divertiti, e non fare nulla che io non farei!» disse ridendo.
Alex sorrise «Si, ok... ma aspetta, passami Mikey!» esclamò. Ma Frank non la sentì, perché terminò la chiamata.

Gerard si sedette accanto a Frank con la sua solita aria offesa, senza dire una parola. Frank lo guardò e fece finta di niente. Aveva in mente un altro modo per sistemare la questione, che non includeva assolutamente il parlarne.
«Con chi eri al telefono?» domandò Ray distrattamente mentre rimetteva in moto il furgone.
Frank scrollò le spalle «Con Alex.». Gerard e Mikey si voltarono immediatamente a guardarlo, il primo con aria quasi offesa. Gerard pensava che se Frank aveva bisogno di parlare con qualcuno, quel qualcuno doveva essere lui, mentre ancora una volta aveva preferito o non parlargliene o parlare con qualcun altro, e questo qualcun altro era sempre lei. E Mikey invece era confuso e nervoso «Come sarebbe Alex!? Perché a te ha risposto e a me no!?» chiese agitato.
Frank sorrise. Mikey in quello stato era qualcosa di divertente, e mancava ancora qualche ora prima di arrivare a destinazione. Così pensò di torturarlo un pò almeno per tutta la durata del viaggio.
«Non lo so, Mikey, in realtà era impegnata. Stava con un certo Ian, non so se lo conosci, e dovevano avere davvero da fare perché abbiamo parlato per cinque minuti al massimo, poi ha dovuto riagganciare ed ha detto che semmai mi richiama stasera o domani...» disse cercando di non ridere.
«Chi? Come? Impegnati a fare cosa? E chi è Ian? E perché non mi chiama?» chiese Mikey guardando prima Frank, poi Gerard, poi di nuovo Frank.
«Non lo so, non ho capito molto. So che era a casa di questo tizio e boh, ha accennato qualcosa su una collezione di farfalle che sto tizio ci teneva tanto a mostrarle, roba del genere...» disse sforzandosi di non ridere, cosa alquanto impossibile vista l'espressione di Mikey.
Bob e Ray risero divertiti, mentre Mikey guardò Gerard supplichevole «Ti prego! Dammi il telefono! Voglio provare a chiamarla!» chiese sembrando quasi un bambino.

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