Capitolo 10
Corro come una scema dentro il bagno per farmi la doccia. Per la prima volta in vita mia non ho sentito la sveglia suonare, forse per la troppa stanchezza, ma sta di fatto che sono davvero in ritardo.
Mi faccio una doccia veloce e mi vesto di fretta, prendo i libri per ripetere come ogni mattina, mi sono svegliata alle 6:45 quando di solito mi alzo un ora prima per lo studio, manca mezz'ora e devo incamminarmi per andare a scuola, vado da Olivia per svegliarla.
"Olivia, Olivia svegliati che è tardi." Dico muovendola con forza, Cristo perché non l'ho svegliata prima, forse anche lei deve ripetere come me.
"Ummh, che ore sono?" Chiede sbadigliando.
"Sono le 7:15 alzati." In questo momento ho l'ansia, devo andare al interrogazione di geografia e devo ripetere come ogni mattina.
"Ma è presto." Dice coprendosi con le lenzuola.
"Muoviti, siamo in ritardo." Continuo ma la sento russare. "Olivia Gabriel sta qui."
"Cosa? Dove?" Dice alzandosi immediatamente, mi viene da ridere ma non lo faccio, sento le mani sudate e sono presa dal panico, non devo prendere un voto più basso di otto, se no mi suicidio questo è poco ma sicuro.
"Tieni mettiti questi e vai a farti una doccia." Dico prendendo i vestiti che avevo messo da parte per lei. La sento sbuffare e guarda i vestiti disgustata.
"Non sono una barbona, non mi metterò una cosa simile." Dice indicando il mio maglione, e un paio di jeans blu scuro.
"Emmh mi dispiace, se vuoi puoi dare un'occhiata nel mio armadio è prendere quello che ti piace." Dico sotto imbarazzo, è imbarazzante che tutti dicono la stessa cosa dei miei vestiti, d'altronde dovrebbe ringraziarmi l'ho aiutata, ma non voglio litigare con lei.
La vedo che guarda attentamente ogni cosa. "Sinceramente tu fai proprio schifo nei gusti, ma come fai a metterti cose simili?" Chiede prendendo una maglia nera con una piccola bambola al centro.
"Mi prendo questi se non ti dispiace." Dice prendendo la maglia e i pantaloni che ho comprato quel giorno per 'l'appuntamento' con Cristian.
"Emmh veramente ci tengo a quei vestiti." Dico diventando rossa nel viso.
Lei sbuffa rumorosamente e li butta con prepotenza dentro l'armadio. "Allora non so davvero cosa indossare." Dice sdraiandosi di nuovo sul letto, abbasso lo sguardo non sapendo cosa dire. "Hai dei leggins perlomeno?" Chiede in una smorfia.
Annuisco mentre tiro fuori i leggins, tirandoli però mi cade la maglia che mi ha regalato Olimpia per il mio sedicesimo compleanno, con scritto 'Nike'.
"Ecco quelle due sono perfette." Dice strappandomi i leggins e la maglia dalle mani.
"Non posso darti la maglia." Sussurro diventando un peperoncino, ho un nodo alla gola, ieri era diversa, oggi è più arrogante diciamo.
"Te la riporterò, ma Cristo santo non posso prendere nulla? Non te li sto rubando te li prendo in prestito, anzi avrai un punto a tuo favore, saranno profumati." Dice facendomi l'occhiolino, non mi aspettavo questo comportamento da parte sua, ma annuisco e abbasso la testa, lei entra a farsi la doccia mentre io vado a rileggere quello che ho studiato ieri, ho solo cinque minuti a disposizione, e li sfrutto al massimo.
Sono passati dieci minuti è io sono davvero in ritardo, ma Olivia non la smette di cantare in bagno e non esce. Busso alla porta, ma la porta sì apre rivelando lei con un asciugamano.
Spalanco gli occhi mentre mi allontano."Emmh scusa, io volevo avvisarti che si è fatto tardi per scuola." Dico in imbarazzo.
"Guarda che non ti mangio il bagno, comunque dov'è il phon?" Dice sguardandomi dalla testa ai piedi. "Non dirmi che andrai così a scuola?!" Dice ridacchiando, sento le lacrime salirmi agli occhi, sbatto le ciglia ripetutamente per farle andare via.
"Il phon è lì." Glielo indico ed esco dalla camera. Perché dovrebbe fare così? Cos'ho di sbagliato che tutti mi trattano male? Mi escono alcune lacrime, mentre vado in cucina e prendo una Brioche lo lascio sul tavolo e rimetto i libri apposto.
"Sono pronta, allora dov'è Gabriel?" Dice sedendosi a tavola, senza neanche chiedere il permesso apre il kinder pinguini e lo mangia.
"Non è ancora arrivato." Dico poggiandomi al frigo. Lei annuisce mentre si alza.
"Mi posso truccare qui?" Chiede avvicinandosi alla mia camera.
"No, mi dispiace non ne ho." Dico muovendo le mani a disagio.
"Nulla né mascara? Né matita? Insomma niente di niente?" Dice sorpresa, ma la sua espressione diventa subito dopo disgustata. "Ci credo però nessun trucco potrebbe farti diventare bella." Continua ridendo per la battuta appena detta, sento un vuoto nel cuore a quella confessione, forse è per questo che nessuno mi vuole.
Appena sento la macchina di Gabriel arrivare prendo lo zaino, e per fortuna Olivia esce senza aggiungere nient'altro. La seguo a ruota, e vedo Gabriel fuori dall'auto. Olivia corre e li salta in braccio. "Buongiorno amore." Grida allungando la 'e' finale.
"Buongiorno anche a te bellissima." Dice unendo le labbra con quelle di Olivia, la poggia sopra l'auto, e come se io non ci fossi inizia a toccargli il seno e li morde il labbro, sento i gemiti farsi più intensi e la respirazione aumentare, mentre io divento tutto rossa.
"Cazzo" impreca Gabriel appena mi vede, e si allontana da lei, ho la bocca spalancata come anche gli occhi. Ma Gabriel non è fidanzato con Roxy? Perché la tradisce? "Kim" dice tra il saluto e il minaccioso.
"B-buongiorno." Dico balbettando e chiudo la porta a chiave. Mi incammino verso scuola sapendo di essere in un ritardo pazzesco e li supero.
"Kim aspetta ti porto io a scuola, tanto devo andare là." Dice entrando nella macchina.
"Ma Gabriel, insomma non credo che una ragazzina come lei riesca a sopportare di vedere qualcosa di porno o sconcio, come lo vuole chiamare." Gabriel li lascia un'occhiata mentre lei sbuffa.
Olivia entra in macchina sbuffando e chiudendo la portiera con forza. Io me ne vado, non voglio salire in macchina con loro due, preferisco perdere questa giornata di scuola, forse la parola facendo bene ricevi male è la più vera in assoluto.
"Dove vai Kim?" Chiede Gabriel dal finestrino, odio quanto mi chiama Kim, non sono mai stata sua amica, sono stata l'oggetto che lui ha usato per avere la fama e farsi chiamare 'gangster'. Le lacrime mi salgono agli occhi, non riesco nemmeno a fermarle, i singhiozzi escono dalla mia gola proprio come le lacrime, solo per il fatto che provo rabbia in me stessa, che non riesco mai a rispondere, che anche Olivia che doveva ringraziarmi mi tratta così, nel non avere nessuno accanto nel darmi una spinta per rispondere, nel non essere mai lasciata in pace. Non ho mai fatto niente di male, anche se si sa il male domina il bene, come il nero domina il bianco. Sento il cuore battere forte mentre la stanchezza farsi spazio in me, stavo camminando e ho sentito bene le risate che si è fatto Gabriel e Olivia quando hanno sentito i miei singhiozzi, anche se cercavo di chiudere le orecchie, per fortuna sono lontana da loro, in un piccolo parco che a quest'ora non c'è nessuno, essendo che sono tutti a scuola.
Odio la mia vita, odio le persone che mi circondano, ma soprattutto odio me stessa, non spero la morte di nessuno tranne quella di me stessa, vorrei farlo, lasciare la mia vita, ma non sono così coraggiosa di farlo, ho paura della morte come ho paura di Gabriel, nonostante sopporti Gabriel ogni giorno, non riesco a uccidermi, cosi lo sopporterò solo una volta nella mia vita.
Loro si sono messi a ridere, sono divertiti, mentre io sono quella che rimpiange il giorno in qui sono nata, rimpiango me stessa, e ogni volta sento un buco al posto del cuore, forse quel buco che primo o poi assorbirà me, o forse l'ha già fatto. Senza pensarci due volte ritorno a fare la cosa che speravo di aver superato, per la quale sono andata in ospedale più spesso, e che mia cugina mi ha tirato fuori da quel male. Mi avvicino ad un cestino, mi guardo intorno e non vedendo nessuno, spingo le mie dita alla gola, sento il vomito farsi spazio fino a salire nella mia gola, quel gusto disgustoso che ho lasciato alle spalle tre anni fa, ma che ricordo benissimo. Vomito anche l'anima li, mentre le lacrime sono sempre presenti nei miei occhi.
Sento una mano sulla spalla, mi giro per guardare chi potrebbe essere, è un uomo abbastanza giovane, che mi guarda abbastanza arrabbiato. "Signorina non sta bene?" Chiede, mentre fa uscire dalla tasca un fazzoletto, ha tra le mani una borsa nera ed è vestito con lo smoking. Prendo il fazzoletto senza nemmeno guardarlo, divento rossa dall'imbarazzo, mentre mi pulisco.
"Emmh, si sto bene, grazie." Sussurro indicando il fazzoletto.
"Le va di parlarne?" Chiede con sguardo dolce.
"Emmh s-sto bene, grazie." Sussurro di nuovo balbettando, capisco che ha assistito a tutto, mentre cerco di allontanarmi, lui cammina al mio fianco, mentre cerco di aumentare il passo.
"Signorina credo che si dovrebbe sedere un attimo, ha appena vomitato." Dice incerto.
"Sto bene" ripeto di nuovo, ma come se non bastasse le lacrime mi salgono agli occhi incontrollate, per colpa di Gabriel sono ricaduta ancora una volte in un buco, lui mi prede dal braccio senza il mio permesso, mi fa sedere in una panchina mentre prende un altro fazzoletto e me lo passa.
"Hei guardami, se ti va di parlarne io ci sono." Dice di nuovo alzandomi il viso, faccio di no con la testa mentre lui annuisce. Resto per una decina di minuti a sfogare il mio pianto, mentre lui sta sempre vicino a me, senza toccarmi e nemmeno guardarmi, guarda davanti a sé, come se sapesse che se mi guarda mi sentirei ancora più male.
"Sai" dice prendendomi di sovrappasso." Quando ero piccolo ero un povero, così mi dicevano a scuola, molto spesso tentavo di farmi del male." Continua con un sospiro, lo guardo subito mentre lui guarda un punto indefinito come per ricordare ciò che ha passato, non parlo l'ascolto. "I miei compagni mi prendevano in giro, ero appena arrivato qua in Italia, non sapevo l'italiano, e non capivo il perché di tutta quella crudeltà. Più passava il tempo è più imparavo la lingua, riuscivo a capire ciò che dicevano di me, è odiavo i miei perché non erano ricchi, e soprattutto per avermi portato in questo posto, non potevo dire a loro ciò che mi succedeva, perché alla fine sapevo che eravamo venuti lì per un motivo preciso, quello di poter arrivare a fine mese. Mia madre aveva il cancro, e per poterla guarire servivano soldi, non ero al corrente di tutto ciò, venendo trattato male a scuola trattavo male i miei, odiavo guardare mia madre a letto, volevo che lei mi aspettasse come ogni genitore aspettava suo figlio, con il pranzo pronto, mi lamentavo con lei, senza capire che gli restavano pochi giorni di vita." Le parole vengono interrotte spesso, mentre mi lancia uno sguardo.
"La insultavo, facevo lo stesso con mio padre, e quando vidi alcuni soldi che mio padre aveva messo da parte per mia madre gli rubai..." lascia di nuovo la frase in sospeso mentre una lacrima scende dal suo occhio, il suo corpo treme, mentre io mi sento uno schifo, ho dato poco importanza a tutti, pensando di essere l'unica a soffrire. "Il giorno dopo quando tornai a scuola spesi tutti i soldi con loro, per magari essere accettato, fu così, quel giorno erano tutti gentili con me, appena finirono i soldi, loro iniziarono a prendermi in giro più di prima, e per me iniziava la stessa storia, vittima di bullismo. Mio padre stava per impazzire quel giorno, cercava i soldi dappertutto, senza mai trovarli, mia madre l'indomani doveva operarsi con quei soldi, così avrebbe avuto più giorni di vita, io non l'ho lasciato vivere, gli ho tolto la vita con le mie stesse mani, facendo sentire ancora più in colpa, vedendo mio padre piangere ogni giorno per lei." Fa una pausa mentre vedo che piange, non mi guarda, ma i suoi singhiozzi fanno capire tutto il suo dolore.
"Quando capi tutto, tentai il suicidio, ma mio padre mi salvò, ricordo il suo volto, mentre mi ripeteva, che se me ne fossi andato io la sua vita non avrebbe avuto senso, ma il dolore era troppo, quando i miei professori dissero a mio padre di una gita, mio padre pagò tutto, per farmi staccare un po' dal buio in qui ero caduto, non sapendo che io fossi vittima di bullismo, accettai per farlo contento, ma vorrei che non ci fossi mai stato. Li andammo in discoteca, i miei compagni si stavano drogando, e lo feci anch'io, ho iniziato a farlo ogni giorno che stavo lì. Quando tornai a casa, non ne avevo più, dalla rabbia picchiai mio padre." Sento la sua voce spezzarsi di nuovo, mentre mi guarda, inghiotto la saliva mentre piango.
"Quando lo vidi e mi resi conto di ciò che avevo fatto, stavo per impazzire, mio padre nonostante tutto, mi restò vicino, gli spiegai tutto, e lui mi disse 'non ha importanza tutto ciò figliolo, tu continua a studiare, e cerca di crearti un futuro, non servono gli amici, ma la famiglia e i figli che avrai." Ed è ciò che ho fatto ho deciso di ascoltarlo, l'unica scelta buona che io abbia fatto. Lo sai il perché? Perché quei maiali adesso lavorano nella mia azienda, sono io a comandarli e a dare un futuro ai loro figli." Finisce il racconto con un sorriso. "Anche se tu puoi avere dei problemi, lasciali da parte, cerca di goderti ogni momento con i tuoi genitori, perché nonostante i litigi, nonostante tutto loro saranno sempre lì, al contrario degli amici, che primo o poi se ne andranno per sempre."
Sorrido a quelle parole, pensando davvero a tutto ciò che lui ha appena detto di sua spontanea volontà. "Comunque piacere Marko" dice porgendomi la mano appena vede il mio sorriso.
"Kimberly" dico stringendo la sua mano, non so come, ma mi ha ridato la fiducia in me, quella di guardare in avanti e lasciare quelli che vogliono il mio male.
"Ora devo proprio andare Kimberly, se ti va di sfogarti io vi sono." Dice porgendomi un foglio con scritto l'azienda è il numero. Sospiro e annuisco soltanto, si alza e se ne va, lasciandomi tutta sola con i miei pensieri.
Sento il cellulare squillare, rispondo senza vedere chi è.
"Pronto?" Chiedo con ancora il sorriso stampato in faccia.
"Pronto Kim dove sei?" Appena sento la sua voce, il mio sorriso svanisce, e il cuore si trasforma di nuovo in una morsa.
"Emmh p-perchè?" Chiedo mentre mi muovo a disagio.
"Sono le quattro, sono passato a prenderti, hai dei lavoretti da fare." Dice Gabriel dall'altro lato. Il cuore batte forte, mi ero scordata di tutto, e non pensavo che potessero essere le quattro del pomeriggio, ho paura di averlo fatto arrabbiare.
"I-io sono al parco." Dico stringendo il cellulare fra le mani.
"Perfetto aspettami lì, arrivo" dice. Chiudo la chiamata, sembrava calmo, ma ho lo stesso paura.
Spazio autrice
Allora cosa ne pensate? Uno in più uno in meno non fa differenza no? A quanto pare questo ha dato il colpo di grazia alla nostra Kim. Mark a quanto pare è riuscito a farla ricredere in sé raccontando la sua vita. Nel prossimo capitolo sarà il Pov di Gabriel, e capirete delle cose che non voglio anticiparvi. Poi ho il secondo profilo dove scrivo sempre storie, si chiama -Gabriel-9 mi farebbe piacere se passate anche di là. Comunque metto obbiettivi a 400 visualizzazioni 56 commenti sarà il prossimo aggiornamento.
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