Thaileen

E anche con Stella era andata. Il film era decente, e benchè avesse cercato più volte di attaccarsi a me come un polipo, non ci feci nemmeno caso tanta era l'adrenalina che scorreva nelle mie vene. Belle era gelosa: me ne aveva dato prova nonostante avesse sempre provato a nasconderlo; tutto ciò mi aveva reso estremamente soddisfatto.

Avevo praticamente perso il numero dei venerdì in cui mi ero diretto a quel maledetto cinema.
Belle era arrabbiata con me e non voleva saperne di accettare le mie scuse. Affari suoi. Mi aveva ferito e volevo che anche lei capisse cosa stavo passando a causa sua.

Agguantai il cellulare e cercai il numero dell'apparente acerrima nemica di Belle: Thaileen Woods.
Si odiavano praticamente da sempre per un motivo che non conoscevo; quando si incontravano nei corridoi della scuola, si guardavano per qualche secondo e l'atmosfera diventava elettrica come le loro personalità.

"Che ne dici di uscire con me? Ti prometto che non te ne pentirai ;)" digitai con un senso di nausea.
Provarci con così tante ragazze - per poi spezzarne il cuore - stava cominciando a disgustarmi.

"Mi dispiace, ho un altro impegno Gilinsky"

"Certo, con me"

"Che osso duro..."

"Significa che ti ho convinto?"

"Dipende. Dove andiamo?"

"Cinema"

"Beh, non ci vado da un sacco. D'accordo, rimanderò l'impegno. Il film lo scelgo io però"

"Ai suoi ordini. Alle sei davanti al cinema"

Rimase online per un po', lasciandomi immaginare che lo stesse facendo apposta, dopodichè rispose con un semplice "okay, a dopo".

Riposi il cellulare sul tavolo mentre mi allacciavo le scarpe, quindi mi alzai dalla sedia della cucina e inserendo telefono e chiavi nelle tasche anteriori dei jeans, uscii di casa. La primavera era vicina e il meteo finalmente stava dando segni di miglioramento: le temperature si erano alzate di qualche grado e le giornate si erano allungate di un paio d'ore. Alle cinque del pomeriggio c'erano molte persone in giro per il mio paese: chi andava a correre, chi come me vagava senza uno scopo, chi tornava da lavoro in auto.

Avevo bisogno di riflettere. Non potevo continuare a sperare che le cose cambiassero stando fermo. Sia io che Belle avevamo sempre saputo che non eravamo fatti per stare insieme, eppure ci avevamo provato più di una volta finendo in lacrime entrambi. Le avevo lasciato più e più mesi di tempo per stare da sola e fare in modo che le ferite provocate da me si rimarginassero, ho tentato di starle lontano più che potevo per darle la possibilità di stare bene ancora, ma come se ci fosse una corda che ci teneva legati, tornavo sempre da lei. E questa sarebbe stata l'ultima volta: se avessi fallito, non ci sarebbe stata più speranza per noi. Avrei dovuto mettermela via e andare avanti, ma senza di lei non era facile. Mi mancava come l'aria e sembrava che non le importasse davvero; il dolore che le avevo dato l'aveva resa apatica nei miei confronti. Me lo meritavo in parte, ma non riuscivo ad accettare che fosse così distante per colpa mia.

Senza accorgermene, mi ritrovai davanti casa sua. I miei piedi mi avevano portato da lei. Si torna sempre dove si è stati bene, no?

Mi fermai a guardare la finestra della sua camera da letto. La luce era accesa, lei era presente. Me la immaginai intenta a disegnare con i gomiti impuntati sulla scrivania, con i capelli sul viso e l'espressione concentrata come l'avevo sempre vista quando andavo da lei.
Il disegno era la sua passione, e aveva voluto condividere con me un pezzo di quel suo piccolo mondo. Ferendola, avevo buttato tutto ciò che aveva da darmi.

Iniziai a sentire i sensi di colpa. Non era sano per me rimanere lì; troppi ricordi.

Pensai di tornare a casa, ma dopo aver visto che erano già le cinque e quaranta, decisi di andare direttamente al cinema. Non mi ero preparato o cambiato per quello stupido appuntamento, ma non me ne fregava un accidente.

Prima che mi voltassi, diedi un'ultima occhiata alla finestra: le luci erano spente. Supposi che stesse per uscire per dirigersi al posto di lavoro, perciò mi affrettai a lasciare quell'abitazione: non potevo darle da intendere che fossi rimasto lì per chissà quanto tempo.

Camminai in fretta verso il cinema e arrivai col fiatone dato che percorsi la strada in meno di dieci minuti - e di solito ce ne volevano il doppio - quindi mi sedetti sui gradini esterni dell'edificio per riprendere a respirare in modo regolare. Avevo la fronte leggermente imperlata di sudore, quindi decisi di andare al bagno per darmi una rinfrescata: entrai, e mi diressi direttamente al lavandino. Mi lavai il viso e appoggiai le mani sulla superficie di ceramica bianca guardando il mio riflesso sullo specchio. Alcune gocce d'acqua mi rigavano il volto e cadevano a terra dopo aver solcato la mascella.

Non sarei dovuto andare a casa sua.
Non dovevo e basta.

Mi asciugai il viso con della carta presa dal distributore e tornai all'entrata, dove ormai era arrivata Belle, la quale si era già messa l'uniforme e aveva iniziato a lavorare. Affianco a lei, Molly leggeva distrattamente una rivista. Quando quest'ultima si accorse di me, mi guardò con una nota di tristezza. Forse sapeva, forse l'aveva intuito.

Andai alla cassa per prendere i biglietti dalla donna, ma quando arrivò il momento di dirmi il prezzo Belle s'intromise:

"Sono sei doll-

"Nove dollari. Sono nove dollari".

"Perchè?" Chiesi un po' irritato. Avrei preferito che se ne stesse al suo posto.

"Non hai pagato il biglietto l'altra volta, o sbaglio? Quindi nove dollari. Sei per te, e tre per la povera ragazza che anche oggi ti porterai dentro quella maledetta sala" mi sorrise facendo la superiore, con uno di quei toni che mi alterarono in due secondi.

Ma invece di arrabbiarmi come voleva, piazzai una banconota da dieci dollari sul bancone e mi misi a braccia incrociate in un angolo della stanza ad aspettare Thaileen, pregustando la sua reazione quando vedrà la sua cara amica Woods.
Proprio dopo quel mio pensiero, il campanellino posto sopra la porta tintinnò: alzai lo sguardo, e la vidi come la vide anche Belle.

La sua reazione fu bocca aperta e sopracciglia alzate, proprio come speravo.

"Finalmente sei arrivata, non ne potevo più senza di te" esagerai abbracciandola calorosamente, e lei si lasciò stringere.

"Come sei carino!" Esclamò piazzandomi le labbra rosate sulla guancia e schiacciandomi l'altra per premerle ancora di più.
Resisti resisti resisti.

Mi sforzai di sorridere con naturalezza e scorsi una Belle furente, attentissima a noi, che secondo me era trattenuta per il guinzaglio da Molly. In effetti, la trentenne mi sembrava un po' impaurita.
Lo sarei stato anche io se fossi stato in lei, o se fossi stato in me dato che non lo ero.

Prima di andare a guardare il film, mi voltai verso la mora. Le feci l'occhiolino e, ciliegina sulla torta, le dissi: "I nove dollari meglio spesi della mia vita".

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