Mikaela
Avevo capito che mi sarei dovuto impegnare per avere una reazione da parte di Belle. Dovevo portare le ragazze giuste, che in qualche modo erano collegate a lei, insomma: che le facessero un certo effetto se viste assieme a me. Per questo motivo la prossima sarebbe stata Mikaela Lloyd.
Sapevo bene che erano buone amiche; ogni giorno si trovavano a mangiare il proprio pranzo sotto un albero del giardino a scuola, le avevo viste ridere spensieratamente solo il giorno prima.
Avrei faticato a convincerla dato il suo rapporto con lei. Mi sembrava una tipa onesta, o almeno era quello che diceva Gale - il quale mi stava aiutando a modo suo nella ricerca delle ragazze - e la descriveva come sorridente, allegra e disponibile, e per quanto riguarda questo aggettivo, solamente con coloro che non avevano secondi fini con lei. In parole povere: evitava i "cascamorti" come me. Era sveglia.
"Gale sei sicuro? E se andasse a parlarne con lei?"
"Come sei paranoico. Al massimo cosa succede? Litigano. Ed è un tuo problema? No. Non volevi una reazione da parte sua o sbaglio?"
"Sì... però non posso farla litigare con chiunque le sia vicino... per me"
"Finora non ha litigato con nessuno. Sarebbe una volta sola"
Mi lasciai convincere nonostante fossi ancora riluttante, ma se volevo arrivare a Belle sarei dovuto essere un po' egoista.
"Pronto Mikaela?"
"E tu chi saresti?" chiese con la voce impastata dal sonno. Diedi un'occhiata all'orologio appeso al muro. Le lancette segnavano le quattro e mezza.
Optai per l'andare dritto al punto, senza tanti giri di parole.
"Sono Jack Gilinsky"
Seguì un attimo di silenzio, come se stesse pensando a come avrebbe dovuto reagire.
"L'ex di Belle? Quel Jack?"
Le aveva parlato di me? Era a conoscenza di qualcosa?
Rimasi zitto, senza ben sapere come proseguire. Di colpo volli buttare giù e ritirarmi, lasciar cadere tutta quella farsa. Non mi aspettavo che avessero toccato quell'argomento proibito chiamato "ex", e una mia qualsiasi reazione stava tardando ad arrivare.
"Jack? Ci sei?" mi risvegliò dai miei pensieri.
"Sì. Ho sbagliato numero, lascia stare".
"Oh... va bene" mormorò, come se fosse delusa. Come se si aspettasse qualcosa da quella chiamata.
Riagganciai sospirando e feci per riporre il cellulare sul comodino, quando lo schermo si illuminò.
"Pronto?".
"Mikaela?" dissi stranito.
"Che ne dici di uscire insieme, stasera?".
Mi spettinai i capelli.
Da Mecy's. Alle otto. Si fece promettere solennemente che sarei passato da casa sua a prenderla, che l'avrei portata al ristorante e le avrei preso un tortino al cioccolato a fine cena. Durante quella seconda telefonata capii mi avrebbe svuotato il portafoglio.
Serrai dietro di me la porta di casa e la chiusi a chiave, per poi salire sulla mia moto. Non abitava molto lontano da casa mia. Praticamente in dieci minuti ci sarei arrivato.
Sfrecciai da Mikaela, parcheggiai nel suo cortiletto e suonai il campanello posto accanto all'uscio.
"Sei pronta?" Chiesi con un sorriso semplice.
"Certo".
Saltò in sella e mi diressi verso il ristorante. Il cameriere chiese cortesemente se avessimo prenotato e dopo aver annuito, lo seguii al tavolo con Mikaela al seguito.
La cena iniziò e non mi sentivo per niente imbarazzato, anzi: volevo parlarle.
Partimmo dall'argomento scuola, come si fa quando non si ha nulla in particolare da dirsi, e ridacchiando le spiegai che sarebbe potuta andare meglio. Senza nemmeno accorgermene, cominciammo a ridere per qualsiasi cosa: era una compagnia davvero leggera e gradevole.
Un secondo dopo, notai un'ombra alla mia destra e il retro di un paio di gambe lunghe e abbronzate.
"Non posso crederci..." mormorai tra me e me.
"Qualcosa non va Jack?" Domandò Mikaela. Non risposi, perciò si voltò per vedere cosa stesse catturando la mia attenzione. Non appena capì, si voltò di nuovo e il suo sguardo cadde sul piatto pieno di pasta.
Belle era lì, e non era da sola.
C'era un ragazzo che non avevo mai visto, dai capelli corvini, gli occhi azzurri e un sorriso ebete che gli avrei volentieri tolto a suon di sberle, perchè la ragione di quell'espressione beota era la visione della mia Belle.
"Mangiamo e usciamo il prima possibile, per favore" disse la ragazza di fronte a me, che prese la forchetta in fretta per poi mangiare un boccone di spaghetti allo scoglio.
"Concordo".
Non so se tra i due quello che aveva più voglia di scappare a gambe legate fossi io, dato che in effetti anche Mikaela si stava ingozzando pur di non farsi scoprire dall'amica seduta proprio dietro di lei, a distanza di qualche centimetro.
La cosa che più mi faceva arrabbiare era che non potevo vedere il viso di Belle ma solo le sue spalle e quello dell'idiota, che non le staccava neanche per un attimo gli occhi di dosso.
Quando svuotammo i piatti, bevemmo nello stesso momento dal bicchiere di vino rosso e quasi lo sbattemmo sul tavolo.
Ci alzammo e con la coda fra le gambe, pagai il conto in modo quasi furtivo.
Non sarei più entrato in quel maledetto ristorante.
Mikaela si era zittita del tutto e la ragazza con cui fino a un quarto d'ora prima stavo ridendo a crepapelle sembrava scomparsa dietro una nuvola di disagio.
Mentre camminavamo in silenzio verso la moto, esordì: "E non ho nemmeno preso il soufflè, accidenti".
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