Amanda
Aveva trovato qualcun'altro. Mentre io morivo per lei, aveva iniziato a frequentare quel ragazzo che non avevo mai visto. Che non assomigliava nemmeno a me. Se avesse avuto anche solo il mio stesso taglio di capelli avrei avuto un minimo di conforto, ma lei invece aveva voluto dimenticarsi di me completamente. Mi si era spezzato il cuore nel vedere quel sorriso che dedicava a me, rivolto a quello.
Rodevo d'invidia.
"Mi stai facendo venire la depressione".
"Sta' zitto" intimai buttando giù il terzo shottino di vodka liscia.
Mi bruciò in gola non appena scivolò sulla lingua e dovetti litigare con la voglia di vomitare, ma non mi permisi neanche una smorfia.
Lo sentii sospirare.
"Dovresti cercare di andare avanti, lei l'ha fatto".
"È il consiglio migliore che sai dare?".
"Non mi viene in mente altro. Sei messo male, e non riesco a guardarti diventare un ubriacone dopo due mesi che entri in quel cinema. È successo qualcosa ieri sera? Hai guardato un film così terribile? La ragazza non andava?".
"Non sono andato al cinema ieri sera. Ero in un ristorante con Mikaela Lloyd".
"E che è successo?".
Sentii un gorgoglio allo stomaco al ricordo.
"È arrivata Belle, e non era da sola" mi fermai un attimo, come se fossi così ferito da far sì che la voce mi si bloccasse in gola.
"Era in compagnia di un ragazzo che non conosco".
"Cosa?!" Alzò il tono.
Dopo un attimo di riflessione, in cui intanto chiamai la cameriera per ordinare il quarto bicchierino, si guardò attorno e notando alcuni sguardi attoniti e altri infastiditi, si calmò.
"Ora vale il doppio il discorso di prima. Lascia perdere".
Ci pensai un po', e l'idea di smettere di vederla mi dava alla testa. O forse era colpa dell'alcool.
"Non posso".
"Oh andiamo! Ci sono decine di ragazze che non aspettano che un tuo messaggio, e tu te ne stai qui a piangerti addosso! Puoi avere chi vuoi!".
E come succede nei cartoni animati, mi si accese la lampadina.
"Le dimostrerò che sono andato avanti" mi dissi.
Avrei continuato a portare ragazze, e le avrei fatto vedere che non era l'unica ad essere pronta a nuove relazioni.
"Hai ragione Gale".
Vidi il suo viso illuminarsi e sorrise, contento di avermi fatto cedere.
"Quindi la prossima sarà..?"
"Amanda Lucy".
Avevo avuto un paio di appuntamenti con lei, si mostrava disponibile senza fare la gatta morta e sapeva farmi divertire. E di ridere ne avevo proprio bisogno.
Mi alzai dallo sgabello col cervello un po' annebbiato e con l'aiuto di Gale riuscii a non sbattere addosso alla porta del locale. Lo sentii ridacchiare, ma lo ignorai. Arrivai alla moto chiedendomi se fosse davvero una buona idea guidare nelle condizioni in cui mi trovavo.
"Gale?".
"Sì, ti dò uno strappo".
"Ma la moto?".
"Conosco la barista, posso chiederle di tenerla nel parcheggio sul retro. Domani tornerai a prenderla".
Gli fui grato per quel favore.
Mi lasciò seduto su una panchina in legno appena fuori dal bar e me ne stetti lì con i palmi appoggiati alla fronte e lo sguardo rivolto verso le scarpe, completamente perso.
Sentii una presenza vicino a me. Individuai un paio di Vans a scacchi, e quando alzai il capo vidi - nemmeno a farlo apposta - Amanda, la quale mi scrutava con un'espressione buffa.
"Che ci fai qui tutto solo?"
La sua figura snella si spostò alla mia destra e si sedette accanto a me, tenendo le distanze come se fossi radioattivo.
"Ho bevuto un po'".
"Aah. Allora perchè ti stanno rubando la moto?" Chiese con un filo di sarcasmo mentre Gale, appena tornato con la barista che mi aveva servito fino a poco prima, alzava il cavalletto. Mi riservò un'occhiata per assicurarsi che non fossi con la faccia schiacciata sul marciapiede dopo una qualche caduta, e se ne andò con quella che credo si chiamasse Andy. Iniziai anche a chiedermi se Andy fosse un nome da femmina.
"Eh?" Mi risvegliò con una sberletta sul braccio. Per un attimo non ricordai neanche che domanda mi avesse posto.
"Non la stanno rubando, la portano sul retro" ribattei scocciato per il fatto che avessi dovuto interrompere le mie riflessioni. Con dispiacere, notai che l'alcool mi stava facendo diventare ogni volta più insopportabile. Non avrei voluto davvero usare quel tono.
"Per stasera torni a casa a piedi? Ma tu non abiti mica a circa... mezz'ora da qui?" Continuò imperterrita.
"No, cioè sì abito un po' lontano" sbuffai, non avevo voglia di fingere che non fossi quasi totalmente andato.
"Non riesco a guidare, okay?" Ammisi, sapendo che sarebbe stata compiaciuta della risposta.
Annuì con un sorrisetto dipinto sulla faccia, mentre con un soffio spostò un ciuffetto rosa che le cadde sul viso.
"Vuoi un passaggio? Ho la macchina proprio di fronte a noi".
Indicò una macchina bianca dall'altra parte della strada perfettamente pulita, forse nuova di zecca.
"Veramente..."
Sarei dovuto andare con Gale, ma allo stesso tempo volevo uscire con lei.
Sapevo già cos'avrei fatto per far sì che Belle si infastidisse.
"Va bene".
Presi il cellulare con l'intenzione di chiamare Gale, che pareva ci stesse mettendo un'eternità. Forse ci stava provando con Andy. Meglio lasciarlo perdere.
Riposi il telefono nella tasca e seguii Amanda fino all'auto.
"Allora ubriacone, destinazione?".
"Beh, casa m-"
"Ho voglia di dolci. Ti va?".
Quando udii la parola dolci, mi sentii un po' più sobrio. Li adoravo.
Accettai quella proposta.
Mentre guidava, non smetteva un attimo di parlare. Ma mi piacevano le persone chiaccherone - e gli effetti della sbornia stavano sfumando - quindi le stetti dietro, ridendo e annuendo di tanto in tanto.
Arrivammo in una pasticceria aperta da poco, una di quelle a tema giapponese. Non me ne intendevo molto, ma gli occhi di Amanda sembrarono luccicare quando vide i neon rosa shocking e le insegne a tema kawaii, o così credo si chiamassero. Amanda mi aveva accennato qualcosa durante il viaggio ma non riuscii ad ascoltare ogni parola, tanto mi perdevo a guardare fuori dal finestrino.
Entrammo e subito mi investì una ventata di aria fresca. Faceva quasi freddo, eppure la ragazza non se ne curò. Andò dritta ad un tavolo bianco con alcuni coniglietti stilizzati disegnati su quest'ultimo e, dopo aver preso il menù, cominciò a descrivermi i dolcetti che a lei piacevano di più e mi convinse ad assaggiare un tortino color rosa confetto. Tutto quel rosa mi stava facendo girare la testa.
Il bancone, dietro il quale ci salutava con un sorriso inquietante una cameriera vestita come si vede negli anime, copriva tutto il lato lungo della stanza. Mi incantai a guardare i neon e Amanda, anche lei intenta ad ammirare tutte quelle figure sui muri, schioccò le dita.
"Beh, con Belle come va?" Domandò raggiante.
Non appena il suo nome arrivò alle mie orecchie, mi rabbuiai.
"Non stiamo più insieme da mesi, pensavo lo sapessi".
Ricordai quei momenti in cui passavo per i corridoi e un chiacchiericcio continuo mi perseguitava. A scuola la nostra rottura era sulla bocca di tutti, è stato il miglior gossip per un po'. Smisero di parlarne solo quando ormai sia io che lei non ci lanciavamo più nessun tipo di sguardo.
O almeno io non lo davo a vedere.
"Ah... scusami, non volevo metterti tristezza" enunciò dispiaciuta, prendendomi la mano. Rimasi interdetto a quel gesto, ma apprezzai quel tentativo di conforto da parte sua.
"Non preoccuparti, è acqua passata".
Fortunatamente eravamo da soli in quel posto. D'altronde, erano le dieci e mezzo inoltrate.
Proprio in quel momento, arrivò il nostro dolce - lo avremmo condiviso - e Amanda mi chiese di scattare subito una foto ad esso mentre lo teneva in mano, promettendomi di taggarmi nel post di Instagram che avrebbe pubblicato in seguito.
"Per caso tra i tuoi followers hai anche Belle?".
Mi guardò interrogativa, ma controllò comunque la lista e annuì subito dopo.
Non dissi nulla e la lasciai postare la foto, gioendo dentro di me.
"Cosa metterai nella descrizione?".
"Lo vedrai".
Un secondo dopo mi vibrò la coscia, quindi afferrai il cellulare e aprii la notifica del social, trovando il post.
Lessi "some people make your laugh a little louder, your smile a little brighter and your life a little better".
Era carina. Alzai la testa e le rivolsi un sorriso caloroso.
"Siamo amici allora?" mi domandò con un'espressione volutamente tenera.
"Certo" affermai sentendomi più leggero "ma ora fammi assaggiare questo coso".
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