5. La seconda è che sei bellissima.


Mi risvegliai al suono della mia sveglia, che spensi, lasciandomi cadere di peso sul letto. "AHIA!" scattai subito su, voltandomi di scatto. "Scusa scusa scusa" dissi a Percy portandomi le mani al viso. Lui scoppiò a ridere e si tirò su a sedere: "Buongiorno – aggiunse ridacchiando. Feci per uscire dal letto, ma mi ricordai di essere nuda, perciò mi allungai per raggiungere la maglia di Percy e indossai quella. Mi diressi verso il bagno patronale e accesi l'acqua della doccia. Dopo essermi lavata, mi asciugai i capelli, mi truccai e, ancora in accappatoio, andai al mio armadio per scegliere cosa indossare. La testa mi pulsava, così mi appuntai di prendere una Tachipirina dopo la colazione. Il mio migliore amico... potevo ancora chiamarlo così? Cosa eravamo adesso? Percy mi diede il cambio in doccia, e ne approfittai per vestirmi. Vista l'aria fredda, optai per una gonna di jeans a vita alta e una maglia bianca a maniche lunghe, capelli legati in due chignon morbidi e ai piedi un paio di nike blu. Indossai gli occhiali, cercando di ridurre il mal di testa e portai la mia cartella in salotto. Qui fui felicemente sorpresa di vedere che Percy aveva approfittato della mia doccia per sistemare la confusione che avevamo causato la sera prima.

 Misi la moca sul fornello e corsi a ringraziare il ragazzo, che frugava nel mio armadio alla ricerca di qualcosa da indossare. Noi due avevamo, infatti, uno stupido segreto: visto che molto spesso dormiva da me, Percy teneva un quarto dei suoi vestiti nel mio armadio, compresi boxer e calzini. Lui scelse di tenere i jeans del giorno prima, abbinandoli ad una maglia azzurra che gli stava veramente bene. Mi ero incantata a guardarlo così tanto che non mi accorsi neppure che il caffè era pronto. Con uno scatto fulmineo il mio migliore amico (avevo deciso che sarebbe rimasto tale fino a un'ufficiale conferma di cambiamento) riuscì a spegnere il caffè prima che bruciasse. Lo divise in due tazze, aggiungendo il latte nella mia e il cacao nella sua. Posizionai i biscotti in centro all'isola della cucina e nel giro di cinque minuti avevamo già spazzolato tutto.

Prima di uscire di casa, mi ricordai della medicina, che presi in fretta. In macchina Percy mi chiese: "Ehi tutto bene? Hai preso la pillola? - Rimasi un secondo in silenzio, era la prima volta che parlavamo di ciò che era successo ieri sera. Riprese – Hai paura?". "No, Percy, davvero ho solo preso qualcosa per il mal di testa, sto bene: sono felice." Mi guardò sorridendo, e accese la macchina. Arrivammo a scuola in anticipo di qualche minuto e aspettai che parcheggiasse. Appoggiai la mano sulla maniglia, ma il guidatore mi fermò. "Aspetta. Adesso sono lucido – lo guardai, impaurita che si fosse pentito. – E devo dirti due cose. La prima è che ieri sera è stato stupendo. La seconda è che sei bellissima." Sorrisi e lui mi baciò, invitandomi poi ad entrare a scuola.

Fuori dal cancello, Percy iniziò a frugarsi nelle tasche, ma lo bloccai intrecciando la mia mano con la sua. "Non ho bisogno di fumare, sono felice con te." Mi sorrise e mi accompagnò davanti all'aula. Sbirciai dentro di sfuggita e vidi che Tessa non era ancora arrivata, così lasciai che Percy appoggiasse le sue labbra sulle mie in un bacio veloce. "Ci vediamo in ricreazione, principessa." Lo salutai ed entrai in classe, dove la professoressa di storia mi salutò cordialmente, invitandomi a prendere posto. L'ora passò velocemente: quella donna aveva la capacità di coinvolgere i suoi studenti ed essi riuscivano ad ottenere sempre ottimi voti nella sua materia. 

Al cambio dell'ora la Wilson entrò in classe, salutando con un rapido cenno del capo. Mi presentai davanti a lei, chiedendole di andare in bagno. "Di Angelo – mi squadrò – questo posso considerarlo un abbigliamento appropriato al contesto scolastico, forse la gonna è un pelo corta. Vada pure, ma non faccia tardi: se non torna nell'arco di cinque minuti, riceverà una punizione che non dimenticherà facilmente." Né l'idea, né il tono che aveva usato mi rassicurarono, fui tentata di risponderle portandomi una mano alla tempia, come un soldato al suo generale, ma decisi di non tirare troppo la corda. Raggiunsi il bagno, avevo ancora quattro minuti. Mi sporsi in avanti e constatai che non ce l'avrei mai fatta a rientrare in classe in tempo: almeno una decina di ragazze mi precedevano, in attesa di poter usufruire dei servizi. Sussurrai una parola, che suonò come un'imprecazione, ma che non avevo mai sentito e non rammentavo di conoscere. Mi appuntai mentalmente che il pomeriggio stesso l'avrei cercata su internet. Quando fu il mio turno, mi rimanevano solo due scarsi minuti. Cercai di sbrigarmi, lavandomi le mani alla velocità della luce e dimenticandomi perfino di asciugarle. Uscii dal bagno e guardai l'orologio appeso al muro, iniziando a correre per raggiungere la classe in tempo.

 Appoggiai una mano ancora umida sulla maniglia, cercando di riprendere a respirare regolarmente, ma una voce tuonò alle mie spalle: "è lei la signorina Di Angelo?". Riconobbi la voce e mi girai lentamente. "Si, sono io, Signor Preside. Buongiorno." Risposi cercando di sostenere il suo sguardo. Perfetto: la nomea che mi ero fatta con i professori era arrivata alle orecchie del preside e io ero in un mare di guai. "Può seguirmi nel mio studio?". Guardai l'orologio: ero fuori dalla classe da sette minuti, nella mia testa risuonava la minaccia della Wilson. E se la punizione fosse stata proprio la convocazione del Preside? Decisi di seguirlo in silenzio, cercando di non peggiorare la mia situazione ancora di più.


Il suo studio era una stanza di qualche metro quadrato, circondata da librerie a parete ricolme di libri. Al centro della stanza, la grande scrivania era coperta di carte e moduli, disposti in un ordine quasi plastico. Dietro ad essa, una finestra si apriva sul campo della scuola.

"Sa, signorina, le voci girano in fretta. In una scuola, poi, la notizia di un particolare avvenimento si diffonde da un lato all'altro nel giro di poche ore. – iniziò il Preside. Dovetti sedermi, non avevo solo paura del pensiero dei professori ora: temevo che l'uomo fosse venuto a conoscenza della scappatella mia e di Percy di ieri. – "Mi hanno riferito della sua bravura con l'arco. Un centro perfetto da una notevole distanza senza un minimo di esitazione: si può rendere conto anche lei che non è una cosa da tutti i giorni. – annuii, sentendomi lievemente sollevata, ma non aggiunsi altro, lasciandolo finire. – Sono anni che la scuola non partecipa più ai tornei di tiro con l'arco; è per questo che quest'anno abbiamo deciso di concentrarci su questo sport. Lei potrebbe essere un potente asso nella manica dell'istituto. Che ne pensa?". Ero senza parole: nonostante la grande opportunità che mi era stata offerta, qualcosa mi turbava. Si faceva largo nella mia mente un inspiegabile bisogno di tenere nascosto quel talento. Non sapevo da dove provenisse quel bisogno, ma assomigliava molto a ciò che il professore di Scienze definiva "istinto di sopravvivenza". Risposi con gentilezza che avrei avuto bisogno di tempo e il Preside accettò la mia decisione, riaccompagnandomi in classe.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top