3. Sono chi non dovrei essere.
All'uscita da scuola il mio migliore amico mi raggiunse: "Corri, sennò non riusciremmo a sederci in bus!". Gli risposi che non avrei preso il bus, ma che avrei camminato fino a casa. "Tutto bene Aura?" mi chiese visibilmente preoccupato.
"Si, sto bene. Ci sentiamo oggi pomeriggio, ok?" dissi solo, abbracciandolo.
Annuì, ci salutammo e mi diressi a grandi passi verso casa. Di quel passo, sarei arrivata a casa in una ventina di minuti, ma, appena raggiunsi la mia caffetteria di fiducia, non potei non fermarmi ed entrare. Ordinai un sandwich e un tè freddo e mi accomodai all'esterno per fumare. Tirai fuori il mio blocchetto degli appunti e scrissi la data in una pagina vuota, che piegai a metà scrivendo da una parte il segno + e dall'altra il segno -. Era un trucchetto che mi aveva insegnato Nico due anni prima: quando mi sembrava che tutto andasse storto mi bastava elencare i lati negativi della giornata in una colonna e per ognuno di essi trovare un lato positivo. Iniziai a sgranocchiare il sandwich che mi era appena stato servito, scrivendo ciò che mi veniva in mente.
AVVENIMENTI NEGATIVI:
- Primo giorno di scuola senza Nico
- Brutto inizio con la Wilson
- Tessa e la sua cotta per Percy
- Percy misterioso
- Strana sensazione che non so spiegare
AVVENIMENTI POSITIVI:
- Rivedere Percy
- Nuovo prof. di scienze = nuova possibilità di fare una bella figura
- Tirare con l'arco
- ...
- ...
Sbattei frustrata la penna sul quadernino e mi accesi un'altra sigaretta.
"Non dovresti fumare così tanto, non credi? Sei ancora giovane. E poi mi allontani i clienti!" Alzai lo sguardo: "Jane" salutai la cameriera ridendo. "Scusa, lo sai che fumare mi aiuta a calmarmi.". "Giornata pesante?" mi chiese sedendosi nel posto vuoto di fronte al mio. Nonostante avesse solo 27 anni, aveva gli stessi occhi di chi ne aveva passate tante, ma che le aveva superate tutte. Era sposata da qualche anno con Matt, il barista. I due lo scorso anno avevano perso un figlio dopo un aborto spontaneo, e solo l'amore che provavano l'uno per l'altra aveva dato loro la forza di rialzarsi.
"Abbastanza, mi sento molto confusa. Sembra che Percy mi stia nascondendo qualcosa." Le risposi. Mi chiese di dirle di più, ma non avevo più parole. La testa mi pulsava forte. Lei si alzò, accarezzandomi la testa. "Devo tornare a lavoro, sappi che per qualsiasi cosa sono qui". La ringraziai e mi allontanai anch'io. Guardai la sigaretta ormai finita. Mi ero detta tante volte che se avessi continuato a fumare così tanto non sarei durata a lungo. Forse era proprio per questo che fumavo: forse volevo solo far cessare quel soffocante senso di vuoto che sentivo da sempre. E al quale non ero mai riuscita a dare una spiegazione. Qualcosa dentro di me mi diceva che c'entrava mio padre, ma di più non ero riuscita a capire.
Arrivai a casa. Mi tolsi le scarpe e mi diressi in camera mia buttandomi sul letto. Avevo così tante cose per la testa che non riuscivo a capire più nulla. Mi addormentai appena chiusi gli occhi e iniziai a sognare, cosa che non mi succedeva da molto tempo.
Sognai Nico, in mezzo ad un marciapiede affollato. Le persone continuavano ad andargli addosso e a spintonarlo, ma lui non si spostava. Mi vide e sorrise sincero, e poi mi indicò tutta la gente intorno, dicendo: "Vedi tutte queste persone, sorellina? Tu non sei come loro. Noi non siamo come loro: siamo diversi.". "Che cosa vuol dire diversi?" gli chiesi cercando di avvicinarmi, ma la folla me lo impediva. "Fidati di me, quando saremmo di nuovo insieme lo capirai." Si girò e si allontanò, nonostante lo pregassi di rimanere con me, di non lasciarmi da sola. Mi inginocchiai e iniziai a singhiozzare coprendomi il viso con le mani.
Dopo essermi tranquillizzata, alzai lo sguardo e di fronte a me vidi una ragazza vestita d'argento. In mano teneva un arco e sulle spalle una faretra piena. Aveva i capelli ramati come i miei e lo stesso sguardo di sfida. "Le guerriere non piangono, ricordatelo sempre." Riconobbi quella voce: era la stessa che avevo sentito ad educazione fisica. "C-chi sei? Io ti conosco?" le chiesi.
"Sono chi non dovrei essere." Disse lei con uno sguardo perso.
Mi svegliai di colpo, erano le quattro del pomeriggio e mia madre sarebbe tornata a breve. Mi diressi in bagno e mi guardai allo specchio. La mia faccia faceva paura: il mascara era colato e quel poco di rossetto che era rimasto sulle mie labbra era sbavato. I capelli erano un cespuglio di nodi che a fatica avrei dovuto disfare uno ad uno.
Decisi di farmi un bagno caldo: avevo proprio bisogno di rilassarmi. Riempii la vasca e approfittai dell'attesa per recuperare il mio telefono. Avevo alcune chiamate perse da mia madre e da Percy. Decisi di chiamare mia mamma, prima che mandasse i servizi segreti a cercarmi.
"Scusa mamma, stavo dormendo, hai bisogno di qualcosa?" le chiesi ancora assonnata. "Nulla di importante, stasera non torno a casa, mi hanno messo il turno di notte. Sono passata prima a portarti qualcosa da mangiare visto che il frigorifero è tristemente vuoto." Rispose lei con la solita voce civettuola.
"Ah... Non ci sei neanche questa sera... Grazie di avermi avvertita..." mi salutò schioccando un bacio e chiusi la chiamata. Mi sforzai di non piangere: come la maggior parte delle notti, sarei rimasta a casa da sola. Quando c'era Nico, le serate a casa da soli erano le più belle; parlavamo di tutto, iniziavamo sfide infinite a monopoli e guardavamo film vecchi. Una sera mi aveva confidato che a scuola lo prendevano in giro e che era stato picchiato. Mi aveva mostrato i lividi sul torace, ma non mi aveva mai voluto rivelare il motivo per cui ciò avveniva.
Le lacrime cominciarono a scendere, così decisi di chiamare Percy. Nonostante la sensazione che mi stesse nascondendo qualcosa, gli unici che riuscivano a farmi star bene erano lui e il fumo. Avevo bisogno di star meglio.
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