24. Dimmi dov'era.
Will mi circondò la vita con un braccio, aiutandomi a mettermi in piedi.
"Cosa è successo al tuo ginocchio, dèi, deve farti un male cane!" Esclamò, dopo aver notato l'ingessatura. Annuii, raccogliendo la stampella e appoggiandomi ad essa.
"Mi sono lussata il ginocchio, fatico a camminare." Gli spiegai, confusa: avrebbe dovuto capirlo da solo, essendo un figlio di Apollo. Ma decisi di non dare peso alla cosa, ero stanca e la testa mi pulsava.
Will stava bene, era questo l'importante, ora non mi restava che trovare Percy. Diedi un'ultima occhiata veloce alla porta da cui era provenuta la sua voce, poi mi allontanai, insieme al biondo.
"Hai visto Nico?" Gli chiesi all'improvviso, con timore. Sapevo che, solo a sentir pronunciare il nome del figlio di Ade, la voragine che aveva nel cuore si allargava enormemente. In tutta risposta, Will si fermò e guardò fuori dalla finestra.
"No, non ancora. Non penso voglia vedermi." Commentò a denti stretti, come se gli pesasse pronunciare quelle parole.
"Ti ama, Will, lo so." Lo rassicurai, mettendogli una mano sul braccio e appoggiando la testa sulla sua spalla. Increspò il labbro, senza dire altro e riprese a camminare. Gli aveva dato fastidio, si vedeva, e forse avrei dovuto stare zitta. Mi maledii mentalmente per aver aperto bocca.
Lo condussi alla mia stanza e gli dissi di accomodarsi pure. Con riluttanza si sedette sul bordo del letto e si guardò intorno. Era così strano, lo conoscevo da pochissimo tempo, era vero, ma mi sembrava diverso. Nella prigione, mi aveva raccontato di lui e di Nico, piangendo, ma non si era mai fermato. Ora, invece, neanche nominava il suo nome.
Pensai che fosse solo colpa della troppa vicinanza, dopotutto non si erano ancora visti, ma si trovavano nello stesso posto. L'ultima volta che si erano visti non era finita bene e credetti che il fatto di trovarsi lì avesse riaperto la ferita di Will.
"Mi manca Percy..." confessai in un sussurro, guardandolo. Will chiuse gli occhi in due fessure.
"Percy?"
"Si, stav... stiamo insieme." Repressi un sorriso amaro. Con la coda dell'occhio, vidi il figlio di Apollo stringere i pugni, fino a sbiancarsi le nocche.
"Tutto bene, Will?" Chiesi preoccupata.
"Si, sto bene. Scusami, devo andare ora." Disse, scuotendo la testa e alzandosi dal letto. Mi sfiorò appena, uscendo dalla stanza, ma non mi salutò nemmeno. Era furioso.
Sospirai, fissando il mio riflesso nello specchio sopra il letto. Lo zigomo era segnato da una leggera macchia viola, che minacciava di scurirsi. Ci appoggiai una mano sopra e trasalii. Possibile che Will non avesse notato l'ematoma?
"Cosa gli è successo?" Chiesi al mio riflesso, il quale si limitò a fissarmi, senza parlare.
Qualcuno bussò alla porta, così mi alzai e gli andai incontro, cercando di nascondere il mio nervosismo. Una donna entrò nella stanza, con un'espressione seria sul volto. Aveva i capelli raccolti in una coda alta e indossava un semplice completo giacca-pantalone nero.
"Suo fratello la aspetta per il pranzo." annunciò. Annuii e la donna si spostò di lato, permettendomi di uscire in corridoio. Mi girai e la osservai, mentre si chiudeva la porta alle spalle e mi invitava a seguirla. La giacca si sollevò appena, mostrando il coltello che aveva nascosto tra la camicia e i pantaloni. Sussultai ma cercai di non darlo a vedere, affinché non si allarmasse.
Sorrisi, aspettando che mi indicasse la strada. Fui condotta fino a un grande portone intarsiato. Il tragitto di per sé era molto breve, ma, a causa del mio ginocchio, ci avevo impiegato un'eternità. Stavo iniziando a odiare la mia condizione.
Le porte furono spalancate dalla donna, che mi invitò accomodarmi all'interno della sala. Un lungo tavolo occupava il centro della stanza, ma solo una minima parte era apparecchiata. Dalle grandi finestre della sala si poteva osservare la corte della villa e le due grandi vasche che si trovavano ai lati.
"Ti piace la vista?" Chiese Nico, alle mie spalle. Non avevo bisogno di girarmi, avrei riconosciuto la sua voce tra mille.
"Molto, sembra una villa rinascimentale." Commentai, l'arte e l'architettura erano sempre state due mie grandi passioni.
"Ero certo che l'avresti detto, sorellina." Rise lievemente, appoggiando la mano sulla mia spalla e tirandomi a sé.
Lo lasciai fare e mi lasciai avvolgere dalle sue braccia. Mi era mancato così tanto, era come se dopo un anno avessi finalmente ricominciato a respirare. Chiusi gli occhi e ci immaginai a casa, seduti sul mio letto, stretti uno all'altra.
"Dai, vieni a mangiare. Immagino che tu abbia una fame da lupi." Mi sussurrò all'orecchio e non potei fare a meno di dargli ragione.
Mi condusse per mano fino ad una sedia e mi aiutò a sedermi, spostando la mia stampella, poi si sedette di fronte a me.
"Come sta il tuo ginocchio?" Chiese, indicandolo con il mento.
"Meglio, ora uso solo una stampella, ma faccio ancora molta fatica." Risposi alzando le spalle.
Era sempre stato il mio punto debole: ero nata con una cartilagine molto debole e non era la prima volta che ero costretta a camminare con le stampelle.
Iniziammo a mangiare, e il mio stomaco mi ringraziò. Finalmente, dopo molto tempo, riuscivo a mettere sotto i denti qualcosa di consistente. Non mi ero accorta di quanto ero diventata debole, fino a quando avevo ripreso le forze, mangiando. Chiusi gli occhi, assaporando ogni boccone, ma Nico interruppe il mio momento di gloria.
"Ho bisogno di te, Aura. Rimani qui con me." Confessò, puntando i suoi occhi nei miei.
"Anch'io ho bisogno di te, Nico. Non sai quanto io abbia sentito la tua mancanza in tutto questo tempo. - alzai gli occhi, evitando di mettermi a piangere. - Non volevo più vivere."
Trasse un respiro profondo e poi riprese a guardarmi. "Unisciti a me, ti prego. Unisciti a Notte."
Scossi la testa, prendendomela tra le mani, ma lui riprese a parlare.
"Cosa ha fatto Ade per te, eh? Sei cresciuta senza avere un padre, senza sapere di averne uno. Mentre lui era nel suo palazzo di gloria ad annoiarsi. Hai sempre cercato una risposta, ma te l'ha mai data, Aura? - Disse, alzando il tono di voce. - Dov'era mentre muovevamo i nostri primi passi? Dov'era quando venivo preso a calci e pugni a scuola? Dov'era quando eri da sola, e urlavi il mio nome, la notte? Dimmi dov'era!".
"E tu, Nico? - gli chiesi, tremando e lasciando che le lacrime mi bagnassero il viso. - E tu dov'eri quando cercavo di resistere alla tentazione di tagliarmi le vene? Dov'eri quando nuove cicatrici nascevano sulle mie braccia? Dove cazzo eri, Nico?".
La sicurezza nei suoi occhi, scomparve e si alzò, avvicinandosi a me, velocemente. Pensai che volesse tirarmi uno schiaffo, ma invece si inginocchiò accanto a me e mi prese le mani. Con rapidità, mi sollevò le maniche, scoprendo lunghe scie bianche che attraversavano la poca pelle ancora vergine. Le fissò, senza dire nulla. Nel suo sguardo c'era qualcosa diverso, sembrava tornato il ragazzino di qualche anno fa.
Poi si alzò e mi abbracciò con forza, togliendomi il respiro.
"Mi dispiace così tanto, Aura."
Capitolo un pochino più lungo, nulla di che, ma doveva essere così. Finalmente Nico e Aura hanno parlato faccia a faccia e lei gli ha detto tutto ciò che ha provato in questo periodo.
Che ne pensate?
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top