19. Tu sei una di loro.
Percy si sedette accanto a me prendendomi le mani. Ero confusa, dovevo ammetterlo: non sapevo cosa aspettarmi, non sapevo cosa avrebbe detto, come avrebbe spiegato tutto ciò che era successo nelle ore precedenti. Chissà se avrei trovato la risposta alle mie domande, nelle sue parole.
"È molto più semplice spiegare le cose a te, a causa del tuo amore per la mitologia greca: con me è stato più difficile. Tutto ciò che c'è nel tuo libro - disse facendo riferimento al libro di cultura greca che portavo sempre con me. - Ogni singola parola di quel libro è reale."
Lo guardai, confusa, non capivo. Cosa voleva dire? Come era possibile che gli Dei, le creature dei miti esistessero davvero? Era incredibile, impensabile. Percy prese un respiro e continuò, stringendomi le mani. "Come nell'antichità, gli Dei hanno figli con i mortali."
"I semidei." finii la sua frase.
"Esatto, i semidei. E tu sei una di loro, Aura. - fece una pausa. - Come me. Come Nico.
La maggior parte di noi vive con il proprio genitore umano, ignara della nostra natura divina, per protezione. La nostra aura, il nostro odore sono più deboli se non conosciamo la nostra vera identità e i mostri non ci trovano."
Scoppiai in lacrime: "Percy ma che diavolo stai dicendo?"
"So che è difficile, ma devi credermi." mi pregò Percy prendendomi le mani.
"Perché hai nominato Nico? - gli chiesi fissando i miei occhi nei suoi. Cercò di rispondere, ma glielo impedii. - Tu sai dove si trova? - constatai, alzandomi e cercando di contrastare i brividi che si stavano propagando in tutto il mio corpo. - TU LO SAI E ME L'HAI TENUTO NASCOSTO, PERCY."
"Aura io..." cercò di dire, ma la sua voce fu spezzata dal mio grido. La terra tremò nuovamente, ma questa volta una crepa partì dalla mia sinistra e mi superò, aprendo una voragine tra me e Percy.
"HO VISSUTO PER TUTTO QUESTO TEMPO CHIEDENDOMI DOVE FOSSE MIO FRATELLO E TU L'HAI SEMPRE SAPUTO." Urlai di nuovo con tutta la potenza che avevo in corpo. Sentii Percy implorarmi di non farlo, diceva che gli Dei mi avrebbero scoperta, e così anche i mostri e non poteva permetterlo. Ma non lo ascoltai e sprigionai tutto l'odio che avevo in corpo. Un'ondata di oscurità si riversò fuori da me e colpì Percy, che cadde a terra. Indietreggiai, spaventata da ciò che avevo appena fatto e sentii le forze abbandonarmi. Con quel poco di energia che avevo ancora, corsi via, imboccando il primo sentiero che incrociai in quel labirinto sotterraneo. Corsi senza preoccuparmi di dove stessi andando. Corsi fino a quando non sentii più neanche l'eco della voce rotta di Percy che mi chiamava. Quando fui sicura che non mi avrebbe trovato, mi sedetti per terra e piansi.
Mi ero sempre fidata di Percy, quando Nico se ne era andato, lui era diventato la mia ancora, prendendosi sulle spalle tutto il peso del mio dolore. "Lo troveremo, te lo prometto." mi diceva. "Ti sarò sempre accanto, ti aiuterò a scoprire dov'è." E io gli avevo sempre creduto. Mi aveva asciugato le lacrime, mi aveva strappato di mano quella lametta che più di una volta mi aveva tentata, mi aveva preso e mi aveva stretto, mentre lentamente crollavo. Non potevo neanche lontanamente immaginare che mi stesse mentendo, che stesse nascondendo un segreto così grande a me, la sua migliore amica, la sua ragazza, la sua metà. Scoprirlo aveva riaperto quella ferita che aveva causato l'improvviso allontanamento di mio fratello. "Lui lo sapeva. - continuavo a ripetermi. - Lui lo sa."
Le poche forze che mi erano rimaste mi abbandonarono e persi i sensi. Nello stato di incoscienza vidi immagini, frammenti indistinti: vidi Nico, dietro di lui un uomo imponente gli stringeva una spalla, vidi Artemide, che tendeva l'arco contro di me, vidi l'Olimpo rappresentato nella sala dei Giganti a Mantova, vidi Percy che brandiva la spada.
Mi risvegliai e mi accorsi di non essere da sola: di fronte a me si trovavano, vestite di un'armatura sporca ed ammaccata, due donne. O almeno all'inizio credetti che lo fossero, strizzando gli occhi, notai che al posto delle gambe spuntavano due code di serpenti. Le squame riflettevano la luce della torcia che una di esse brandiva. Sgranai gli occhi, cercando di alzarmi. Mi accorsi, però, di avere mani e piedi incatenati e così persi l'equilibrio e caddi di faccia. Sentii la seconda creatura ridere e le rifilai un calcio in una delle code.
"Come ti permetti, sssemidea?! - sputò fuori le parole, come se mi disprezzasse. Il mio respiro, invece, si bloccò per un attimo: mi aveva chiamato semidea. - Tu lo sssai chi sssiamo noi?"
Passai mentalmente in rassegna le creature della mitologia greca conoscevo e poi giunsi alla mia conclusione.
"Dracene giusto? - le sfidai. - E dovreste chiedermi cosa siete, invece che chi."
Cercai di liberarmi, ma la dracena che brandiva la torcia, l'avvicinò al mio viso e sentii il calore sfiorarmi la pelle e bruciarmi le punte dei capelli. Soffocai un grido, scattando indietro e sbattendo la testa contro il freddo muro. Dovetti chiudere gli occhi, per riprendermi dal colpo, ma i mostri approfittarono della mia distrazione per saltarmi addosso.
Urlai con tutte le mie forze, ma tutto quello che uscì fu un debole fiato. Scalciai e mi dimenai, ma le dracene ebbero la meglio e mi immobilizzarono.
"Non permettetevi di toccarmi." protestavo, cercando di liberarmi le mani dalle pesanti catene.
"Pensssi che esssssere la figlia di uno dei tre pezzi gr... - iniziò una delle due creature, ma l'altra la zittì in fretta: "Cosssa fai, imbecille? Non sssiamo ancora sssicuri che sssia lei."
"Come no? Ci hanno mandate apposssta a prenderla." protestò la prima, arrabbiandosi. Le guardai confusa: "Che cosa vuol d...?" ma non feci tempo a finire, che la dracena mi sbattè con forza in faccia il bastone della torcia e io caddi svenuta.
Eccomi qui con un nuovo capitolo di questa avventura: scusate lo so che neanche oggi è martedì, ma avevo il capitolo pronto e tempo libero per guardarlo e correggerlo. Spero che vi sia piaciuto! Se si, lasciate una stellina e un commento, per farmi sapere cosa ne pensate :)
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