16. Ho trovato qualcosa di interessante.

Il giorno seguente, i genitori del ragazzo si presentarono a casa mia, per ringraziarmi di aver chiamato, anche se inutilmente, l'ambulanza. Ero l'unica persona che aveva visto il loro figlio negli ultimi istanti della sua vita, e si sentivano, perciò, in qualche modo legati a me.
La madre sedeva sul divano, stringendo con le mani tremanti la tazza. Aveva gli occhi spenti e gonfi di pianto, e i capelli rossi le ricadevano davanti al viso. Accanto a lei, il marito le faceva forza, stringendole il ginocchio. Chiudeva gli occhi, ad intermittenza, e capii che lo faceva per concentrarsi sul suo respiro.
"Chissà dov'è adesso... - riflettè la donna ad alta voce. La sua frase mi colpì e la fissai. - Era una brava persona... Voleva diventare un soccorritore, aiutare le persone in pericolo. Se esiste un Paradiso, spero che sia lì." Fissava il vuoto.
"Avrebbe voluto salutarvi meglio. - dissi, senza riflettere. - È uscito di casa di fretta, era in ritardo. È la cosa che rimpiange di più."
Mi guardarono entrambi confusi, sentii il loro respiro fermarsi.
"L.. l'ha detto lui?" Chiese timidamente il padre. Solo in quel momento mi resi conto realmente di cosa avevo detto. Non sapevo di come facessi a dire una cosa del genere, ma me lo sentivo. Sentivo tutto il suo rimpianto e la sua angoscia. Sentivo che era in attesa di scoprire dove sarebbe stato indirizzato. Ma di come facessi a sentirlo, non ne avevo idea.
"Si." Mentii e la coppia iniziò a singhiozzare silenziosamente.

"Io e te dobbiamo parlare. - La voce di Percy era seria, autoritaria. I suoi occhi mi fissavano intensamente. - Quel ragazzo era morto, e tu.. tu lo sapevi. Come?"
Ci pensai su, prima di rispondere, cercando di non far caso alle budella che si erano torte. "Io l'ho guardato... La sua aura vitale, la sua aura non c'era più."
"Vedi le aure vitali delle persone?" Chiese Percy.
"È la prima volta che mi succede una cosa del genere... Percy, sono spaventata. Sono un mostro?"
"Non lo sei, Aura. Tutti abbiamo un potere. - Mi tranquillizzò in modo enigmatico. Lo guardai confusa, e lui si corresse. "Talento, volevo dire." Dalla finestra di camera sua osservavo la pioggia che scendeva copiosamente, seguendo con il dito il percorso delle gocce sul vetro e ripensando alla sera precedente.

Mia madre era venuta a prendermi immediatamente, stringendomi forte a sé, come se avessi rischiato io di morire. La mia testa aveva iniziato a girare e la mia vista ad offuscarsi e in pochi attimi mi ero ritrovata per terra. Avevo sognato, o forse solo immaginato, il ragazzo che camminava nell'oscurità circondato da altre persone. Stava piangendo, chiamava i suoi genitori, chiedeva aiuto. Odiava e insultava sè stesso per essersi messo alla guida ubriaco, chiedeva verso dove fossero diretti, ma nessuno gli rispondeva. Quando avevo riaperto gli occhi, mi ero ritrovata in camera mia, mentre, fuori dalla porta, mia madre e Percy discutevano mormorando.

Mi tirai su improvvisamente, quando una luce si accese nella mia mente. "Devo andare a casa." Annunciai al ragazzo, prendendo la giacca che avevo lasciato sul letto. Lui si alzò, recuperando le chiavi della macchina e accompagnandomi fuori. Non fece domande e mi seguì. Le mie mani tremavano leggermente, così allungò una mano e me le strinse.
"Sono entrata nella camera di Nico. - confessai. Percy mi guardò sgranando gli occhi. - Lo so, non avrei il permesso, ma ne avevo bisogno. Ho bisogno di trovare un indizio, un punto da cui partire: io voglio trovarlo."
Entrammo in casa, e controllai che mia madre fosse già uscita. Quando ne fui completamente sicura, mi diressi verso la stanza di mio fratello. Entrai, dirigendomi immediatamente verso la scrivania.
Nulla. Era completamente vuota e i libri che l'avevano sempre occupata disordinatamente erano ammucchiati in un angolo in ordine di grandezza. Partii cercando tra quelli, sfogliando in fretta le pagine, ma non trovai ciò che stavo cercando. Decisi di guardare sotto il tavolo, perciò mi accovacciai nella semioscurità. Percy, dietro di me, osservava in silenzio la scena, senza fare domande.
Illuminai con il flash del telefono il battiscopa, che rimossi a fatica. Esultai, scoprendo cosa nascondeva. Estrassi il pezzo di foglio che era stato strappato dalla lavagna e lo osservai, cercando di capire cosa rappresentasse il disegno presente. Quello che rimaneva di due file di colonnati all'aria aperta conduceva ad una porta squadrata. Dietro di essa, si stagliava l'imponente figura di un vulcano, la cui cima era a sprazzi coperta dalla neve. Non ci misi molto a riconoscere il luogo; ero talmente appassionata di arte, storia e mitologia greca e romana da non avere il minimo dubbio: era Pompei e in lontanza il Vesuvio controllava la città che aveva distrutto e allo stesso tempo salvato.

Mi alzai in piedi, e mi avvicinai a Percy, mostrandogli ciò che avevo trovato. Mentre lo osservava mi accorsi di qualcosa che era stato scritto in piccolo sul retro. Strizzai gli occhi, per distinguere meglio le lettere. "Pag.. Pagina 39." lessi a fatica.

"Dobbiamo scoprire a cosa si riferisce, Aura. - disse Percy, con determinazione. Amavo vedere quella luce nei suoi occhi. - Controlliamo ogni pagina 39 presente in questa stanza!". Annuii e decisi di partire dai libri della scrivania, mentre il ragazzo girava per la stanza. Iniziai a scoraggiarmi, non trovavo niente di utile, nulla che potesse aiutarci. Incrociai le dita, aprendo il libro di Scienze naturali. Col tempo ero arrivata ad una disperazione tale, da credere possibile che Nico fosse scappato di casa per dedicarsi allo studio dei fenomeni vulcanici. Ma anche quella pagina 39 si era rivelata un fallimento. Mi sedetti sulla sedia, chiudendo gli occhi. Cercai di fermare le lacrime, appena riuscivo a trovare un indizio utile, non passava neanche un secondo prima che la speranza tornasse a morire.

"Aura, ho trovato qualcosa di interessante." esclamò Percy, riscuotendomi dai miei pensieri. Mi asciugai gli occhi prima di girarmi e presi un respiro profondo. Mi porse una guida turistica della città di Pompei, e mi indicò un segnalibro. Aprii all'altezza di esso e guardai il numero scritto nell'angolo: 39. Il mio cuore iniziò a battere forte e le mie mani a tremare, mentre mi facevo coraggio e iniziavo a leggere le frasi che erano state sottolineate.

"Il Vesuvio era considerato mitologico. - guardai Percy, che mi invitò a proseguire. - Tutti i poeti dell'antichità hanno espresso le loro considerazioni su questo monte che veniva considerato il più temibile. Nei suoi antri, la valle dell'inferno, infatti vi era la sede delle fucine di Vulcano, ciò che di più pauroso la mente possa immaginare, nelle caverne invece dimoravano i Ciclopi. Esso era considerato la sede del culto di Plutone, cioè il monte dei diavoli. La leggenda che vede il Vesuvio come luogo di dannazione si perpetua nel tempo fino all'ottocento quando parecchi visitatori descrivono il monte come un luogo che ricorda l'inferno."

Ormai la decisione era più che chiara: la prima tappa sarebbe stata Pompei.

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