21 - Essere incerti

L'aria si faceva sempre più calda durante quella stagione, la primavera portava così tanta gioia tra quel popolo semplice con l'inizio dei buoni raccolti, i colori dei fiori sugli alberi e in mezzo ai prati ricchi di vita a portare allegria, soprattutto ai più piccoli. Poteva simboleggiare un nuovo inizio per molti, portare novità e gioia. Purtroppo la cosa non valeva per Sheera. Per lei più il tempo passava più si sentiva irrequieta senza che ne capisse il motivo. A breve avrebbe raggiunto la maggior età e non sapeva cosa ne sarebbe stato di lei. Marcus l'avrebbe finalmente cacciata e cosa avrebbe fatto? Ormai la sua reputazione, la peggiore di tutte a detta del Kafar tra i criminali, non l'avrebbe portata da nessuna parte. Questo mondo non mi appartiene continuava a ripetersi.

– Ehi solitaria.– sentì dire da una voce, riportandola nel Regno Assoluto seduta ai piedi di quella grande finestra che partiva da terra, la schiena contro il vetro freddo, lo sguardo verso l'orizzonte con gli ultimi raggi solari della giornata ad illuminare ogni cosa.

– Ehi.– disse soltanto al suo amico davanti a sé senza guardarlo essendo troppo concentrata nell'osservare ciò che circondava l'esterno di quella casa enorme.

– Che fai qui tutta sola? Mi stupisce anche che tu sia alla luce.– scherzò un po' Nath e Sheera spostò lo sguardo su di lui con un sopracciglio inarcato.

– Non ti hanno detto che quando qualcuno cerca di stare nel silenzio e per i fatti suoi non va disturbato?– gli disse con un tono lievemente acido ma lui ridacchiò, sapeva che non lo pensava davvero. Sorrise e le si sedette accanto, le ginocchia piegate dove poggiò le braccia osservando la sua amica.

– Quindi te la sei cavata eh? Chissà il Kafar quanto sarà infuriato. Non vedeva l'ora di farti fuori dopo tutti questi anni e invece.– le disse ridacchiando.

– Penso stia già meditando la sua vendetta ma credo che non sia molto bravo. È tutt'altro che minaccioso.–

– Lo penso anche io.–

Sheera guardò il muro di quel colore chiaro che non sopportava mentre ancora si domandava perché quel ragazzo fosse lì con lei, poi alla proposta di suo padre nel tenerla con loro.

– Non hai nemmeno pensato a cosa diranno i tuoi genitori una volta tornato ad Agraq? Mi hai seguita così alla cieca, saranno preoccupati non avendo tue notizie da giorni.– iniziò a dirgli dopo qualche minuto di silenzio e Nath sospirò ma sorrise comunque, anche se un po' triste. Probabilmente sentiva un po' la mancanza di casa.

– Sanno che non ho nessun altro a parte loro e te. Capiranno.–

– I tuoi fratelli saranno gelosi. E a loro non piaccio, ce l'avranno con te a vita oltre che con me.– sbuffò lei ripensando ai fratelli minori del ragazzo. Li aveva visti qualche volta ma non ci aveva parlato così tanto, erano sempre rimasti alla larga da quella ragazza pericolosa. Da quello che ricordava, Chez, il più piccolo, era un bambino di poco più grande di Chis e come lui era timido e introverso, non dava molte confidenze agli estranei. Il contrario era Nico, di un paio di anni più piccolo di Nath. Era abbastanza amato dal villaggio e visto come un rubacuori, ogni ragazza provava a farsi notare da lui ma invano. E tutti e tre, così come i genitori, avevano un bel legame che tutti invidiavano.

– Sai, non so perché tutti ti vedano come una minaccia.–

Sheera spostò lo sguardo e fissò il suo amico con la testa inclinata da un lato.

– Tu non lo fai? Non hai paura di quello che io possa fare? Insomma, potrei ucciderti da un giorno all'altro così semplicemente che nemmeno te ne accorgeresti.– gli domandò seriamente anche se sapeva la risposta. Lo conosceva bene.

– No, ti vedo come una qualsiasi persona. Hai i tuoi pensieri, i tuoi pregi e difetti, lo sai cosa penso di te. Altrimenti non ti starei vicino. Ho fatto chilometri per te se non te ne fossi accorta.–

Sheera fece una smorfia disgustata.

– Ti avevo detto niente smancerie.– si lamentò lei scuotendo la testa e passandosi una mano tra i capelli, facendolo ridere. Però notò il suo sguardo di nuovo verso l'orizzonte. Sembrava persa.

– Tutto ok?–

– Sì, tranquillo. Sono solo stanca.– rispose velocemente lei, alzandosi e camminando per i corridoi silenziosi, facendolo sospirare. Delle volte mi stupisco ancora di quanto io non ti riesca a capire nonostante ci provi. Se solo ti aprissi di più e mostrassi più di te...

        

Il vento era lieve, il cielo scuro sopra di sé che osservava dondolando le gambe oltre il bordo del davanzale della sua camera, stando seduta tranquilla ad ammirare le stelle. Erano luminose e sorrise nel pensare a quanto fosse bello quel manto stellato. Quante cose meravigliose che si perdevano nella vita, scandita da attività quotidiane, donate dalla natura? Le piaceva il contatto con le piante, il vento, la vita di ogni essere.

– Inizi a metterti nei guai sempre più di frequente a quanto vedo.– sentì dire sulla pelle da quella voce ammaliante dietro di sé prima di sentire le sue labbra sul collo a lasciare qualche bacio umido.

– Non credo che la cosa ti dispiaccia. E poi, cosa dovrebbe mai farmi Andreas se scoprisse che me ne sto qui rischiando di cadere? Rinchiudermi?– ribatté Kyra di rimando chiudendo gli occhi e lasciandosi abbandonare a quella sensazione travolgente che solo la corvina riusciva a risvegliare. E non si accorse che era la seconda volta, quel giorno, che aveva chiamato suo padre adottivo per nome, come se qualcosa la stesse allontanando da lui.

– Ammetto che non è male questo tuo lato. È interessante.– le disse Sheera cingendole i fianchi con le braccia, il volto appoggiato alla spalla. La vide aprire gli occhi e ridacchiare prima di liberarsi dalla sua presa prendendole i polsi delicatamente e voltandosi, mettendosi in piedi di fronte a lei in modo da poterla guardare negli occhi, così profondi e scuri.

– Dov'eri finita?– le sussurrò sulle labbra. Nelle cucine erano state interrotte dalle cameriere e si erano dovute separare per evitare che qualcuno intuisse che ci potesse essere qualcosa tra loro. La chiara era riuscita a dire che avevano solo avuto fame e si erano incontrate per sbaglio, sperando che nessuno avesse percepito la sua menzogna. Anche se in parte era la verità.

Sheera nel mentre le morse il labbro inferiore ridacchiando al suo lamento. Possibile che non riuscisse più a stare in nessun luogo senza lei intorno?

– Un po' per i fatti miei, avevo bisogno di stare in silenzio.–

– Ti era mancato?–

Sheera la guardò negli occhi inclinando la testa da un lato, quegli occhi grigi curiosi.

– Un po'.–

– Chi mi dice che non pensavi a me?–

Kyra la guardò con malizia vedendola distogliere lo sguardo, era chiaramente in imbarazzo e le piaceva la cosa. La faceva sembrare più viva, vera.

– Non saltare a conclusioni affrettate, avevo i miei problemi in testa, tutto qui.–

– Farò finta di crederci.–

Sheera la guardò truce e non poté non continuare a ridacchiare. Un attimo dopo la chiara si ritrovò le labbra dell'altra sulle sue, sentiva la sua lieve irriquietezza che era presente già da ore e non ne capiva il motivo, ma per lo meno la teneva sotto controllo. Che fosse per ciò che le aveva rivelato? Si preoccupava del fatto che l'avrebbe guardata in modo differente?

– Ma davvero?– le chiese Sheera con voce provocante procurandole un brivido lungo la schiena. La vide ridacchiare e avvicinarsi al suo orecchio, al collo, lasciando i suoi respiri sulla pelle.

– So che cosa ti provoco, il tuo corpo non mente. Mi brama ogni volta che lo sfioro.–

Kyra aveva il battito a mille, sentiva caldo, il suo corpo sussultava ad ogni suo tocco come lei diceva. Perché le faceva quell'effetto nonostante si conoscessero da poco?

– Mi farai dannare.– le disse mordendole l'incavo del collo sentendosi impazzire. Come si poteva iniziare a parlare di cose normali e finire con il desiderare una persona in così poco tempo? L'aveva ipnotizzata? Stregata? Non le importava in quel momento.

– Quando si inizia un gioco si finisce Sheera, dovresti saperlo.– le disse con occhi luminosi quando l'altra si allontanò da lei. La vide ridacchiare maliziosa e maligna allo stesso tempo.

– È un invito per caso dolcezza?–

– Consideralo più un ordine.– ribatté riuscendo in qualche modo a spingerla sul suo letto. Nel mentre Sheera si leccò le labbra prima di prenderle il volto con le dita e baciarla. Ormai erano dentro a qualcosa più grande di loro, incontrollabile.

– Non mi piace essere bacchettata, quindi non fartelo diventare un vizio.– la minacciò quasi, poggiando una mano al collo, una presa delicata. Dei passi distrassero entrambe, facendole zittire e guardare la porta della camera la cui maniglia si abbassò.

– Kyra, tesoro, stai bene?–

La voce di Sarah entrò nella stanza insieme ai suoi occhi guardinghi che fissarono la ragazza dai capelli chiari seduta sul letto con un libro sulle gambe.

– Sì perché?– domandò lei non staccando gli occhi dalle pagine, sperando che non le si avvicinasse. Probabilmente avrebbe notato che nascondeva qualcosa dai genitori e voleva evitare la cosa.

– Non ti abbiamo vista per tutto il giorno, pensavo ti sentissi male.– le disse senza mettere ancora piede nella camera, solo la porta aperta.

– Volevo starmene tranquilla per un po'. Tutto qui.– rispose ancora senza troppo interesse. Sapeva che se ne sarebbe andata via se non l'avesse guardata. Era una cosa che aveva imparato, quando i genitori la vedeva presa con qualcosa non le parlavano per molto.

– Va bene. Se hai bisogno di qualcosa sai dove siamo.–

– Lo so.–

La porta si richiuse e il silenzio le invase le orecchie, per poco non la stordì. A rimediare a ciò ci pensò Sheera apparsa dietro di lei a ridacchiare sulla sua pelle. Si era resa invisibile in un battito di ciglia, cosa sarebbe accaduto se le avesse viste insieme? Andreas le aveva dato una camera in realtà, una abbastanza lontana dagli altri a dirla tutta. Cosa si sarebbe potuta inventare lì?

– Potresti arrivare a fare i provini per la recita dei bambini se vuoi, forse ti prenderebbero.–

In poco la corvina si ritrovò un cuscino in faccia e il corpo della chiara sopra di sé a tenerla distesa sulle lenzuola chiare.

– Ti sei messa nei guai così, lo sai?– ammiccò Sheera fissandola maliziosa e l'altra sorrise furba.

– Forse era quella l'intenzione.–

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