Capitolo 4

"Di che cosa stai parlando? - Aziraphale sorrise nervosamente - Le hai già viste le mie ali, più di una volta."

"Non in questi ultimi giorni - rispose Crowley, senza muoversi di un passo - E credo che ce ne sia bisogno."

Aziraphale rimase zitto. Era un Angelo intelligente, doveva aver capito per forza quale fosse il problema. Chiuse il libro che aveva davanti a sé e si tolse lentamente gli occhiali, come se prolungare quel gesto potesse aiutarlo a riflettere.

"Crowley... chi ti ha parlato?"

"Secondo te? È dovuto venire Gabriel a dirmelo. Gabriel, capisci? Perché tu non mi dici che per colpa mia tu stai... stai..."

Il demone iniziò a camminare nervosamente per la stanza, avanti e indietro come un animale in gabbia. Si sentiva in colpa, come aveva fatto a non pensarci prima? Era ovvio che avrebbe creato danni, era un demone. Ci sarebbe dovuto arrivare prima di arrivare a quella situazione.

"Crowley, guarda che non importa. Nessuno di noi due, alla fine, è davvero da una parte o dall'altra, no? Quindi cosa importa se cado e se le mie ali si scuriscono?"

Crowley mugolò di esasperazione "Tu cosa credi che voglia dire esattamente, cadere? Non è una dannata pratica. Tieni, metti una firma qui per il trasferimento. Perfetto, ora sei un demone, buona permanenza all'Inferno. Fa male, Angelo, e l'Inferno è orrendo. Fa male e io non vorrei mai che tu soffrissi come ho fatto io."

"Crowley, non è nulla che io non sia in grado di..." cercò di dire l'altro, ma il Serpente lo fermò subito.

"No Aziraphale. Tu non sai com'è, o come ci si sente dopo. Non dirmi che va bene. Non dovrei esserti stato così vicino, io... non dovrei neanche essere qui."

"Aspetta." L'Angelo si alzò in piedi e cercò di raggiungerlo, ma Crowley arretrò subito, sibilando.

"Non farti questo."

Crowley sentiva già gli occhi che pizzicavano. Per la seconda volta odiò il fatto di non avere gli occhiali addosso. Odiava come Aziraphale stesse rendendo il tutto più difficile. Come faceva a non capire quanto quella di allontanarsi fosse una scelta dolorosa per lui, che avrebbe solo voluto gettarsi di nuovo tra le sue braccia e restarvi per sempre?

"Crowley, mi importa più di te che di una stupida caduta. Non mi interessa..." Aziraphale cercò ancora di allungarsi in avanti e di prendergli la mano. Quel tocco breve, caldo e dolce era insopportabile. Perché lo desiderava come l'uomo desidera l'aria, ma non poteva averlo, non doveva averlo.

"Fino a poco tempo fa invece ti interessava parecchio, eri tu a non voler essere mio amico. E adesso mi resti attaccato così. Perché? Non potresti tornare a dire che siamo su lati opposti? Almeno non ti succederebbe nulla."

"Lo sai benissimo perché. Perché io ti..."

"Non lo dire! Non possiamo, va bene? Noi non potremo mai."

Eccole, le lacrime. Calde, copiose e tremendamente patetiche. Crowley si voltò e si diresse fuori dalla porta, fuggendo da quel luogo così caldo, così amorevole.

Si sentì inseguire dalla voce di Aziraphale che lo chiamava e non riuscì a sopportare quanta poca considerazione lui avesse di sé stesso. Come faceva a non capire?

Non si rendeva conto di essere, per Crowley, la cosa più importante al mondo? E che la gioia del demone poteva solo dipendere dal suo benessere? Non capiva che se fosse caduto Crowley non se lo sarebbe mai perdonato e non l'avrebbe mai più guardato senza soffrire?

Crowley si gettò giù per le scale e fuori, in strada, fin dentro la Bentley, e la fece partire nel momento esatto in cui Aziraphale giunse sul marciapiede, lasciandosi dietro la porta aperta.

Crowley si limitò a premere l'acceleratore e a fuggire. Quello che era peggio era che si sentiva in colpa.

Sapeva di star facendo soffrire l'Angelo, ma era meglio quello della caduta, mille volte meglio.

Eppure aveva letto chiaramente la tristezza negli occhi dell'altro, quanto le sue parole lo avessero colto alla sprovvista e lo avessero ferito.

Crowley guidava a caso, sopra il limite massimo di velocità e senza sapere dove si stava dirigendo o quanto tempo ci sarebbe voluto per fermarsi.

"Merda. Merda merda merda merda!" esclamò, ringhiando di frustrazione.

Perché doveva essere sempre tutto così difficile?

La radio come suo solito iniziò a far partire una canzone, che per l'occasione gli sembrava decisamente troppo allegra. Tolse il disco dei Queen e ne inserì uno dei Velvet Underground, concentrandosi sui propri movimenti per tenere lontano i pensieri che comunque lo avrebbero perseguitato in ogni caso.

E pensare che gli sembrava di aver trovato il suo posto nel mondo. Peccato che fosse il posto più sbagliato del mondo, per un demone. E si odiava, per questo. Si odiava per ogni passo che aveva mai compiuto verso Aziraphale, per ogni propria azione in suo favore. Non riusciva a sopportare in alcun modo il fatto che seimila anni (seimila! Così tanti anni che un comune umano vi si sarebbe perso, senza riuscire a valutare quanti effettivamente potessero essi essere e finendo per considerarli unicamente come una cifra astratta) passati in compagnia di Aziraphale potessero sfumare così, proprio dopo l'arrivo del lieto fine. Sembrava quasi che tutto fosse... semplicemente diventato inutile. Che senso aveva avuto tutto quello che era successo, tutti i loro accordi, gli incontri segreti, il loro guardarsi le spalle a vicenda, se poi uno stupido intoppo, una stupida regola diceva che un rapporto romantico tra demone e Angelo poteva portare alla dannazione di quest'ultimo, doveva rovinare tutto.

Crowley si passò il dorso della mano sugli occhi da rettile e fermò l'auto. Si appoggiò con la schiena al sedile, esalando un lungo respiro e fissando le poche stelle che si potevano osservare le stelle. Crowley non era bravo con le costellazioni, ma riconosceva precisamente un'unica stella, Alpha Centauri.

"In realtà - gli disse Aziraphale, passando le braccia attorno ai suoi fianchi e lasciando che il demone appoggiasse la nuca rossa sul suo petto - Alpha Centauri non è una sola stella. Sono due stelle, lontane anni luce l'una dall'altra. Però dalla Terra sembrano vicine, talmente vicine da essere una cosa sola."

Crowley si voltò verso di lui, che lo stringeva da dietro con quel suo tocco morbido "Adoro queste tue info casuali, però questo lo sapevo già. Ci saremmo dovuti andare insieme, laggiù."

Gli diede un bacio sul naso e gli diede nuovamente le spalle, tornando a guardare il cielo.

Quei momenti sembravano lontani già di un milione di anni, nonostante fossero tremendamente vividi nella sua mente.

Crowley sospirò, chiudendo gli occhi e trovandosi immerso nel buio.

"E io adesso che cosa faccio?"












Uhm.

Angst. È iniziato seriamente. Adoro quando i miei bimbi sono soft, ma se tutto fosse andato bene la storia non sarebbe andata molto avanti, no?

Comunque! Vi ringrazio tantissimo per i commenti e i voti che mi state lasciando, non me ne aspettavo davvero così tanti. Aaaaa sono felicissima.

In ogni caso, se volete come al solito lasciate un commento e/o una stellina e niente, adios!

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