Capitolo 1

La figura vestita di scuro posò le mani sui propri fianchi e alzò lo sguardo. Fece qualche passo indietro, aggrottò le sopracciglia rossicce e con una mano abbassò lievemente gli occhiali da sole neri e tondi, rivelando solo in parte due occhi troppo grandi, troppo gialli e dalla pupilla troppo allungata per essere esattamente umani.
Una lingua biforcuta guizzò per un solo secondo dalle sue labbra, dopodiché queste ultime si schiusero in un mezzo sorriso.

"Direi che è ottimo." disse, soddisfatto.

Davanti a lui, all'angolo della strada, color verde scuro, era posta l'insegna del suo nuovo negozio.

"Non pensavo che avresti mai fatto una cosa del genere." disse una voce al suo fianco.

L'uomo dai capelli rossi si voltò, osservando quello che poteva considerarsi il suo nuovo vicino. Aziraphale, angelo, fissato con i libri vecchi, il sushi e con il quale aveva recentemente vissuto una stramba avventura per salvare la terra.

"Non pensavi che avrei aperto un negozio o non pensavi che l'avrei aperto praticamente a due metri dalla tua libreria polverosa?"

"Non lo so. Forse entrambi. Comunque è davvero grazioso."

"Se voglio vivere sulla terra allora penso sia giusto fare qualcosa tipo comportarmi da essere umano. Apro domani, comunque. Vuoi passare a prendere qualcosa? C'è una macchina del caffè."

"Crowley, tu non bevi caffè, non ti piace il cibo. Anzi, di solito ti piace solo l'alcool."

L'uomo si voltò verso il proprio amico, guardandolo con un mezzo sorriso "Per chi credi che sia la macchina, infatti?"

Aziraphale guardò verso il basso, passandosi una mano sulla nuca. Sembrava a disagio, notò l'altro.

"Allora Angelo, entri o no? - Crowley si diresse verso la porta nera del negozio a passi svelti - Non ti posso aspettare tutto il giorno."

Aprì la porta, dopo essersi sfilato un piccolo mazzo di chiavi dalla tasca, e si voltò verso il proprio amico. Lui parve pensarci un attimo, poi lo seguì.

Erano successe varie cose, in quei giorni. L'improvvisa calma dopo il non-Armageddon risultava estranea ai due. A Crowley in particolare. Era tutto così tranquillo da fargli dubitare che fosse reale.

Adam era vivo e più o meno normale a Tadfield, la Terra era salva, i loro superiori non li avevano puniti. Andava tutto stranamente bene. E i due, demone e angelo, erano vicini più di quanto non fossero mai stati, tanto che si percepiva una strana tensione tra i due. Almeno, Crowley sentiva qualcosa.

Lo sentiva negli sguardi dell'altro, nei suoi sorrisi, nel suo propendersi verso di lui. E lui? Lui cosa pensava esattamente? Perché doveva pur pensare qualcosa, nonostante avesse sempre cercato di essere apatico.

Ma essere apatico con Aziraphale in giro era difficile. In più non capiva cosa frullasse in testa all'angelo e nemmeno cosa frullasse nella propria, di testa.

L'intera situazione era piuttosto confusa ma lui cercava di scusarla dicendosi che era passato davvero poco dalla mancata fine del mondo e che le cose si dovevano semplicemente assestare, nulla di più. Presto tutto gli sarebbe sembrato naturale e avrebbe smesso di sentirsi a disagio.

Si trattava di Aziraphale, erano vissuti fianco a fianco per secoli, letteralmente, come poteva sentirsi strano insieme a lui?

Eppure...

Insomma, qualcosa non andava nel modo in cui era sempre stato, ma non in modo esplicito ed evidente. Si trattava di qualcosa che accadeva sotto la sua pelle, che si insinuava nell'aria e nello spazio in mezzo ai due, che non aveva nome o consistenza.

Crowley scosse la testa. Tutti questi pensieri gli erano caduti addosso nel tempo di un attimo, quello necessario a entrare nel negozio dal pavimento in legno scuro, dove piante di ogni genere e forma stavano ammucchiate l'una sull'altra, infilate in ogni angolo, in ogni scaffale, tanto che il locale stesso sembrava aver assunto una luce verdastra.

Aziraphale lo aveva seguito e, guardandosi attorno, aveva ammirato il locale "Sai che non è niente male? È proprio bello."

Pronunciò l'ultima frase guardando direttamente negli occhiali scuri di Crowley e quest'ultimo, travolto ancora da quello strano qualcosa, si gettò verso la macchinetta del caffè che si trovava in una stanzetta vietata ai clienti dietro il bancone, voltando le spalle al proprio amico. Lasciò però la porta aperta, così da potergli parlare anche nel caso in cui lui non lo avesse seguito.

"Non sapevo che fossi bravo nel giardinaggio - Aziraphale accarezzò con un dito la foglia larga di una pianta tropicale - Crescono davvero bene, sono bellissime."

"Non fargli complimenti - replicò Crowley, ancora occupato con la macchinetta - Hanno bisogno di disciplina ferrea, non devi essere dolce se vuoi che crescano bene."

"Ma come? Al contrario, dovresti trattarle con gentilezza e amore. E complimentarti quando fanno qualcosa di buono."

"Io non do premi. La loro ricompensa per essere delle piante decenti è il non essere lanciate fuori dalla finestra."

Crowley finì di preparare il caffè e servì la tazza sul bancone, dove tutto era già pronto per l'apertura del giorno successivo. Con tutto si intendeva una cassa, una macchinetta per le carte di credito e una piccola radio che avrebbe diffuso nel negozio un po' di musica.

"Ma come? Sono sicuro che sapendo di essere apprezzate per i loro risultati crescerebbero molto più contente - l'Angelo si rivolse alla pianta - Sei davvero bellissima, lo sai?"

"Così la rammollisci... dai, bevi e non fare del male alle piante."

Aziraphale sbuffò, ma andò a prendere il caffè.

"Che cos'hai nella stanza là dietro, oltre la macchinetta?"

"Mah, nulla di che. Solo un divano, altre piante, nulla di che. È solo un posto per stare tranquillo se non ho voglia di uscire."

Aziraphale annuì, guardandolo con un mezzo sorriso "Posso vedere?"

"Se lo desideri..."

I due entrarono nella stanza e Aziraphale si sistemò sul divano, guardandosi attorno.

Crowley non poté fare a meno di pensare di come tutto all'improvviso avesse smesso di essere frenetico e affrettato. Ora potevano starsene su un divano, senza una sola preoccupazione al mondo. Certo, tranne quello strano qualcosa che percepiva negli occhi di Aziraphale e che sentiva su di sé.

Crowley si sedette di fianco all'amico e fissò il soffitto.

"Lo sai che non sei obbligato a tenerli quando siamo soli, vero?"

"Eh?"

"Gli occhiali, intendo gli occhiali."

"Mi dimentico di averli, di solito."

Crowley se lo tolse e li appoggiò al tavolino davanti al divano. Li teneva addosso così spesso che stare senza lo faceva quasi sentire nudo, spogliato di una parte di sé.

Fragile, forse?

"La prima volta che ti ho visto in faccia ho pensato che i tuoi occhi fossero davvero strani."

"Beh, grazie mille."

"Dopo un po', però, credo abbiano iniziato a piacermi. È un peccato non vederli così spesso."

Ed eccola di nuovo, quella strana sensazione sottopelle. Crowley sorrise al proprio amico, ma poi distolse lo sguardo, senza sapere dove guardare. Era come se sentisse il bisogno di fare qualcosa, ma non sapesse esattamente... cosa. Come se stare seduto di fianco all'Angelo non fosse abbastanza.

Anche Aziraphale forse si sentiva così?

"Dunque... va tutto bene." disse il demone.

"Va davvero tutto bene."

"È strano."

"Stranissimo."

"Li hai ascoltati i Velvet Underground?"

"Sì. Ma non mi sono piaciuti molto..."

"Perché non potevi ballarci sopra la gavotta?"

Crowley ridacchiò tra sé e sé, gettando la testa all'indietro. Si voltò verso Aziraphale. C'era sempre qualcosa sul suo viso.

Qualcosa nel suo sorriso, che sembrava più vero, più bello, più profondo.

"Conosci quella cosa strana che hanno gli umani?" chiese l'Angelo, lasciando che i suoi zigomi si tingessero di rosso.

"Non so, gli umani fanno tante cose strane. E stupide, soprattutto stupide. Come quando si ammazzano casualmente a vicenda."

"No, non quello. Quando scelgono una persona e ci passano moltissimo tempo e la fanno quasi diventare una parte di sé? Quando, ecco, quando gli umani si amano?"

Crowley lo fissò negli occhi. Cosa stava esattamente cercando di insinuare?

"Sì certo. Ci sono cose così dai tempi di Adamo ed Eva. Perché?"

"Perché mi stavo chiedendo... secondo te angeli e demoni possono amare come gli umani?"

"Stai cercando di dire che mi ami?" chiese di getto Crowley, rendendosi conto solo un attimo dopo di essersi lasciato scivolare fuori dalla bocca parole di un certo peso.

Non a caso, infatti, Aziraphale tossì violentemente ritrandosi all'improvviso.

"No, ecco, ci stavo pensando. Cioè, era un'idea che mi era venuta in mente e, non so, chissà."

"Chissà?"

"Secondo te è una cosa che può essere?"

"Non so... tu si sei mai innamorato?"

Aziraphale alzò le spalle "Non saprei... forse. Sai, stando sulla terra..."

"Oh Sata- Di- Qualcosa. Ti sei innamorato di un'umana?"

Una sensazione strana parve soffocare il demone.

"No! Cosa, no! Pensavo a te!"

"Ah."

I due si fissarono per un attimo, occhi azzurri e occhi da rettile, Angelo e Demone.

"Sì, non pensavo di dirtelo così. Però era da un po' che... che avevo quest'idea in testa. Però forse sono solo pensieri stupidi."

Crowley strinse le labbra. Era possibile? Che quel qualcosa, quella sensazione, fosse quello?

"No, no, ha senso. Forse non è... non è proprio umano... Però forse ha senso."

"Cioè ha senso che io ti ami?"

"Che tu mi ami, che io ti ami. Dopo seimila anni suppongo che qualcosa succeda, ecco."

Crowley si passò una mano sulla nuca. Troppo imbarazzante, ecco com'era quella situazione.

"Cioè aspetta, lo senti anche tu?" chiese Aziraphale, confuso.

"Che cosa?"

Si rese conto solo allora di aver quasi detto di amare Aziraphale senza accorgersene e strizzò gli occhi.

"Che qualcosa non va, che ecco..."

Crowley non ne poteva più. Era imbarazzante prima e lo stava diventando pian piano sempre di più.

"No, guarda, è strano, è molto strano. Cioè tu sei una creatura amorevole e tutto, io queste cose non dovrei sentirle."

"Ma le senti?"

"... forse? Che stupido casino."

Crowley si alzò, innervosito, pronto a... magari trasformarsi in serpente e nascondersi tra le piante per il resto della sua vita.

Invece si sentì tirare per un braccio dalla mano di Aziraphale e se lo ritrovò a mezzo centimetro dal naso.

"Senti, non so se lo dobbiamo chiamare amore o altro, va bene? Non è questo che mi interessa davvero. Però c'è qualcosa... no? Qualcosa di strano. Non evitiamolo, parliamone."

Crowley abbassò lievemente lo sguardo "Dobbiamo proprio parlarne?"

"In che senso?"

"Non possiamo solo... fare quello che ci sentiamo di fare?"

"Oh. Va bene."

Fu solo allora che Crowley lo sentì avvicinarsi, posargli le mani sulle spalle e, subito dopo, un bacio sulle labbra.

Sorrise tra sé e sé, sentendosi arrossire. Quello valeva più di mille parole.

Sapevo che lo avrei fatto. Benvenuti, signori, in questa fanfiction sui miei nuovi amori, cioè questi due bellissimi creaturi.

Non sarà una storia lunghissima, probabilmente avrà meno di dieci capitoli. E conto di finirla presto, dato il potere della mia ossessione.

Tra l'altro, perché diamine su Wattpad non ci sono fic italiane su Good Omens? Questa cosa mi turba.

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