Capitolo 4: welcome in the city
Rose's pov
<<Eccoci arrivati.>> Dice Hale abbassando il volume della musica per non svegliare l’intero vicinato.
<<Sì, beh, grazie mille.>>
Faccio per scendere dalla macchina ma poi vedo la finestra della cucina illuminata. Cazzo, è mezzanotte passata e i miei genitori sono ancora svegli! Com’è possibile? Di solito alle nove e mezza si addormentano in salotto di fronte alla televisione che poi mi tocca sempre spegnere.
<<Tutto bene?>>
Sussulto sentendo la sua voce profonda.
<<Io sì, ma se mia madre mi vede tornare a casa in questo stato potrebbe venirle un infarto.>>
Hale annuisce. <<In effetti sembra quasi che tu l’abbia sfidato davvero un grizzly.>>
Ridacchio tornando subito seria. Come minimo per tornare presentabile devo farmi dieci docce e una bella dormita, stavolta in un letto però.
<<Non è che avresti un correttore o del fondotinta?>>
<<Ti sembro uno che se ne va in giro con del fondotinta in macchina?>>
No, decisamente no.
Appoggio le dita sulle tempie e strizzo gli occhi, pensando febbrilmente a come fare.
<<Vuoi passare a casa mia a darti una sistemata?>> Mi chiede Hale. Dovrei dire di no, insomma, non lo conosco, potrebbe essere un maniaco o un serial killer, potrebbe farmi di tutto. Ma una parte di me che non sapevo di avere si fida ciecamente, come se fosse una sorta di fratello maggiore che non mi farebbe mai nulla.
Oltre a questa parte pazzoide che non ho assolutamente intenzione di assecondare non è che io abbia tutta questa scelta, o entro in casa così oppure mi do una sistemata da di Hale.
<<Va bene, però solo se non è un disturbo.>>
Hale alza le spalle. <<Tanto non è che ti trasferisci, stai tranquilla.>>
Annuisco grata e lui riparte lungo il vialetto.
<<Da quant’è che sei sparita?>> Mi chiede.
Vuole smetterla di farmi domande difficili?
<<Non lo so, che giorno è oggi?>> Il mio ultimo ricordo risale a giovedì 20 novembre.
<<Venerdì notte, no, come non detto, sabato mattina.>>
Quindi ho un vuoto di memoria di circa un giorno e mezzo. Fantasticooo, credo che appena tornerò a casa chiederò a mia madre di andare in terapia.
<<Siamo arrivati.>> Mi dice Hale scendendo dalla macchina. Ha parcheggiato in un garage vicino alla fila di villette a schiera un isolato dopo quello di casa mia.
Apro lo sportello e saltello su per le scale, cercando di non sussultare per il freddo pavimento a contatto con i miei piedi scalzi. La cosa positiva è che il garage è chiuso e per entrare in casa bisogna salire delle scale interne, così nessuno può vedermi in questo stato affacciandosi alla finestra. I vicini sono sempre troppo pettegoli.
Hale sale dietro di me, portando in mano una valigia che ha tirato fuori dal bagagliaio dell’auto.
Il ragazzo mi passa davanti e apre la porta in legno scuro che si spalanca, mostrandomi un corridoio buio e silenzioso.
Entra prima di me e io lo seguo a ruota, senza fare attenzione a dove metto i piedi.
<<Vaffanculo!>> Esclamo massaggiandomi il fianco sinistro con una mano.
<<Ah, già, stai attenta alla cassettiera.>> Mi dice.
<<Mi sa che per evitarla è un po’ tardi ormai.>>
Lui in risposta ride e basta, accendendo la luce.
<<Vieni, ti porto dei vestiti che potrebbero essere più o meno della tua taglia.>>
Cinque minuti dopo sono sotto al getto caldo della doccia, strofinandomi ossessivamente la pelle con il bagnoschiuma alla vaniglia che ho trovato sul mobile. Mi sa che Hale ha una fidanzata, perché ho visto una trousse sul mobiletto del bagno, una di quelle costose con dentro prodotti di marche importanti, tipo Dior.
E scommetto che pure questo bagnoschiuma sia della fidanzata di Hale, non ce lo vedo a usare la fragranza alla vaniglia. Non è che mi dispiaccia che sia fidanzato, sono fidanzata anch’io, però beh, la tipa deve essere proprio una persona fortunata.
Finisco tutto il bagnoschiuma e mi sento un pochetto in colpa, mi sa che più avanti le porterò un cesto di biscotti come ringraziamento, a chiunque sia.
Esco dalla doccia dopo essermi lavata anche i capelli, mi asciugo e indosso la maglia bianca che mi ha consegnato Hale dicendomi: <<Si è ristretta in lavatrice, se vuoi te la regalo direttamente.>> In effetti sta quasi piccola anche a me.
Mi metto un paio di pantaloni della tuta ai quali devo fare il risvolto due volte per evitare di inciampare e per i piedi scalzi indosso un paio di ciabatte di tre numeri più grandi.
L’effetto è un po’ ridicolo, ma meglio del lenzuolo lo è di sicuro.
Esco dal bagno con i capelli ancora bagnati e mi dirigo nel grande salone dove Hale sta leggendo un libro steso sul divano grigio ardesia vicino al caminetto acceso. I capelli candidi gli ricadono disordinati sulla fronte, adombrando lo sguardo perso tra le pagine. Non sembra essersi accorto di me.
<<Non disfi le valigie?>> Gli domando.
<<Mai fare oggi ciò che puoi fare domani.>> Mi dice e io sorrido.
<<So che ti ho già chiesto molto, ma puoi prestarmi il telefono? Giusto per una chiamata veloce veloce ad un’amica.>>
Lui mi indica distrattamente il tavolino di fronte a sé con un cenno della mano.
<<La password è 1845.>>
Il tavolo è basso e in vetro, con sopra un vaso decorato d’oro e di rosso.
Il telefono è accanto al vaso, lo prendo e digito la password. La cosa che mi colpisce è lo sfondo, quello predefinito che c’è appena comprato. Mi sarei aspettata, non so, qualcosa di stiloso, invece è stranamente basic.
Vado nella rubrica e compongo il numero della mia migliore amica, Jessy. Lei risponde al secondo squillo ed Hale si alza di mala voglia cambiando stanza per lasciarmi la mia privacy. Che gentile.
<<Pronto? Chi è?>>
<<Sono io.>>
Lei rimane un secondo in silenzio, poi strilla. Non riesco a riconoscere le emozioni nella sua voce, sembra sia sollevata che spaventata a morte.
<<Rose! Grazie al cielo! Hai idea di quanto tu abbia fatto preoccupare tutti? Mio Dio che ansia! Dove sei? Ti hanno rapita? Che è successo? Hai bisogno di aiuto?>>
Sorrido a questo slancio di affetto.
<<No, sto bene. Giuro che ti spiego tutto domani a scuola, ma ho bisogno che tu chiami i miei e gli dica che mi hai coperta sapendo che... sono andata a stare da un ragazzo? Non lo so, inventati qualcosa.>>
<<Rose, e Jason?>>
Cazzo, ma perché allora non ci ho pensato subito? Perché quella vocina nella mia mente sta bisbigliando insistentemente? C’è qualcosa che devo ricordare…
<<Io… hai parlato con lui?>>
E’ da circa qualche mese che la nostra relazione è altalenante. Lui è strano e io proprio non lo sopporto. Ci sono giorni in cui mi tratta come una principessa, altri come se fossi solo una delle tante ragazze che può permettersi di trovare. Mi insulta e poi mi ricopre di complimenti… ecco cosa dovevo ricordarmi! Stavo già pensando di lasciarlo da un po’. Però non mi sembra carino usare come scusa di essere scappata con un ragazzo mentre sono ancora fidanzata.
Hale si affaccia alla porta del soggiorno e sussurra qualcosa.
<<Che?>> Sibilo in rimando.
<<Rose? Sei con qualcuno?>>
<<Aspetta un attimo Jessy. Torno subito.>> Silenzio la chiamata ed Hale dice: <<Dì che avevi bisogno di tempo per riflettere su qualcosa di importante, qualche problema adolescenziale.>> Annuisco grata del suggerimento.
Riattivo il microfono. <<Allora, Jessy, tu sai che voglio lasciare Jason già da un po’.>> Esordisco.
<<Sì, Rose. Lo so. Ma non l’hai già lasciato giovedì sera? Alla festa a casa di Nicky.>>
Rimango di sasso e fisso Hale, che alza le spalle, boffonchiando: “non guardare me, non ne so niente di questa festa. Fino a una sera fa ero alle Maldive a fregarmene altamente di tutto.”
Beato lui che è andato alle Maldive, una vacanza lì è il mio sogno.
Ho una sensazione stranissima. Come se qualcuno mi stesse respirando alla base della nuca, appena sotto l’attaccatura dei capelli. Una specie di campanello d’allarme che mi sta triggerando il cervello.
Qualunque cosa sia successa giovedì sera io non ricordo di essere stata a nessuna festa. Non lo ricordo.
<<Rose? Ci sei? Ti prego non sparire di nuovo!>> Vengo riscossa dalla voce preoccupata di Jessy e mi affretto a rispondere. <<No, no, ci sono. Stavo solo pensando. Sei sicura… quindi ho lasciato Jason?>>
Lei esita un attimo, come se fosse sul punto di dirmi qualcosa di importante ma cercasse le parole giuste.
<<Non lo so, siamo andate alla festa e mi hai detto che volevi chiarire con lui quella storia di come ti trattava o lo avresti lasciato, ma ad un certo punto sei sparita.>>
<<Ma sei sicura che sia andata a quella festa?>> Ripeto un po’ stordita. Ma non mi serve una risposta da parte sua. Lo so già che ci sono stata. E che mi è successo qualcosa di terribile.
<<Sì, ti ho accompagnata io stessa.>>
<<Ok, domani a scuola ti spiego per bene, ma ho bisogno che tu mi copra e che dica che sapevi dove sono stata.>>
<<E dov’è che sei stata di grazia?>>
<<Ehm… non lo so.>>
<<NON LO SAI? COME FAI A NON SAPERLO?>>
Hale sbuffa e si passa una mano tra i capelli bianchi e disordinati. <<Vado a farmi un caffè, ne vuoi una tazza anche tu?>> Mi domanda.
Scuoto la testa, è da quando ho sfondato quel portello che mi sento euforica e piena di adrenalina, un caffè peggiorerebbe solo le cose.
<<Lo so che detto così è strano, ma ti prego, aspetta che ti spieghi di persona.>>
Jessy rimane un attimo in silenzio, poi sospira. Esulto mentalmente. La conosco bene e so capire quando si arrende. <<Va bene, ma devi tornare a casa stasera.>>
<<In realtà è mattina.>>
<<Hai capito che intendo, non fare la pignola!>>
<<Sì, ci sarò a scuola oggi. Puntuale puntuale.>>
<<Tu non sei mai puntuale.>>
<<Dettagli, stavolta lo sarò.Ciao Jessy, a dopo.>>
<<Ciao Rose!>>
Chiudo la chiamata e prendo un respiro profondo sentendo gli occhi di Hale sulla schiena.
<<E così sei stata ad una festa e poi non ti ricordi più nulla. Sicura che non ti abbiano drogata?>>
Mi volto e lo vedo appoggiato allo stipite della porta mentre beve da una tazza con una stampa natalizia.
<<Io non ricordavo nemmeno ci fosse stata una festa, però a quanto pare ci sono andata.>>
Sospiro guardando l’orologio. <<Forse è il caso che me ne torni a casa.>>
Hale annuisce appoggiando la tazza sul tavolino in vetro.
<<Ti accompagno.>>
Prendiamo la sua macchina di nuovo, solo che ora sono molto più tranquilla e a mio agio, eppure… so di dover ricordare qualcosa.
<<Se hai bisogno di qualunque cosa, un aiuto, o anche solo due chiacchiere sincere, sappi che ti basta venirmi a cercare in biblioteca.>>
Dice Hale.
<<Grazie. Grazie mille di tutto. Lo farò, e ti porterò dei biscotti, anche se non sono una grande cuoca.>>
Il ragazzo sorride accostando la macchina. Siamo arrivati.
Adesso devo solo spiegare ai miei genitori dove sono stata e che sto bene.
Però, ehi, Hale Wadsworth è davvero un grande.
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