2. Madness

Sebbene stia camminando da ore in questo bosco buio e gelido, accompagnata dal vento tagliente e dall'umidità quasi tangibile, Maëlys si sente ancora come se fosse in un forno, e non ha smesso di sudare nemmeno per un istante. Il sole è calato da un pezzo, e tra i rami spogli e secchi degli alberi si intravede ogni tanto la luna, nascosta in parte dalle nuvole scure; il vento freddo le spettina i capelli, solleticandole il viso e facendole colare il naso ormai rosso; le mani – calcate nelle tasche della giacca marrone che ha afferrato mentre usciva – continuano a tremare, così come le sue gambe che, ormai da una ventina di minuti, minacciano di farla cadere da un momento all'altro.

Prende un respiro più profondo del solito, alzando la testa e socchiudendo gli occhi.
Non ha bisogno di un orologio per sapere che ha già oltrepassato il coprifuoco, ma nemmeno la paura di incontrare un poliziotto riesce a convincerla a tornare a casa. Sa che se tornasse indietro – dai suoi genitori e da tutti i dubbi e le domande che la assillano da mesi – impazzirebbe, soffocata dall'angoscia. E lei vuole restare sana di mente ancora per un po'. Non per sempre, quello è impossibile; o, almeno, lo è a Mekta.

Non è molto rassicurante pensare a questo, per Maë, ma non è capace di mentire a se stessa; perché sa che in questo mondo non c'è spazio per l'ottimismo o, tantomeno, per le differenze. Tira distrattamente un calcio ad un sassolino grigio, che va a colpire un masso a qualche metro da lei e sorride amaramente. Deve ringraziare loro per averglielo insegnato.

I suoi pericolosi pensieri – che potrebbero costarle la vita, se non di più –, però, vengono presto interrotti da una voce poco distante. È maschile, rauca, profonda, gelida, beffarda e davvero poco rassicurante, ma Maëlys non scappa; si blocca in mezzo al sentiero ghiacciato e si guarda intorno, preoccupata.
Crede siano Guardie, poliziotti pronti a interrogarla per sapere cosa stia facendo lì e a riportarla in fretta a casa. Vorrebbe fuggire, correre, nascondersi, ma non ci riesce: i suoi piedi sembrano incollati a terra, e quindi resta immobile; non ha scelta.

"Allora, Jensen?" fa la voce, ridendo quasi. "Sei stato tu?"
La ragazza si gira a destra e a sinistra, spaventata, e a una quindicina di metri da lei riesce finalmente a vedere qualcosa. Persone.
Deglutisce nervosamente, cercando di ricominciare a respirare normalmente, e, lentamente, muove qualche passo in quella direzione. Il suo cuore batte così forte che teme possano sentirlo.

"No Grayson, non... non ho fatto nulla."
È un'altra voce a parlare, adesso, più giovane e sicuramente più spaventata. "Te lo giuro."

Silenzio. Un passo, due passi, tre passi. Una risata insensibile, fredda, vuota. Maë non si ferma.
"Mi sta prendendo in giro?" dice l'uomo – Grayson, le pare di aver capito -, "Mi sta prendendo in giro, eh, Chris?"

Quattro passi, cinque passi, sei passi, sette passi. Nessuna risposta. Un'altra risata. Maë sobbalza.
"Io credo tu mi stia prendendo in giro, sai? E a me non piacciono le persone che mi prendono in giro."

Otto passi, nove passi, dieci passi. Maë si nasconde dietro un albero, sporgendosi appena. Riesce a vedere, poco distanti da lei, tre uomini vestiti interamente di nero. Il più anziano – Grayson – è in piedi di fronte a un ragazzo pallido e tremante, che lo guarda in ginocchio, mentre un altro uomo – Chris, crede – li osserva in disparte. Indossano tutti gli stessi abiti e, da dove si trova Maëlys, potrebbero quasi essere scambiati per la stessa persona, se non fosse per le decine di tatuaggi che decorano il collo di Grayson e per la differente statura. È però un altro dettaglio a catturare l'attenzione della mora: sulle giacche scure e pesanti non portano il classico distintivo rosso e grigio del Dipartimento di Sicurezza, che contraddistingue le Guardie. E se non sono del Governo e non sono nemmeno civili come lei, possono essere una cosa sola: Ribelli.

Il ragazzo balbetta ancora qualcosa, implorante: "Grayson, ti preg-"
Un pugno ben assestato all'altezza della bocca lo interrompe, costringendolo a soffocare un gemito di dolore. La ragazza, coprendosi la bocca con una mano per trattenere un urlo spaventato, si accascia a terra, senza distogliere lo sguardo. Grayson sorride, massaggiandosi le nocche e lanciando un'occhiata di intesa all'altro Ribelle, che lo guarda inespressivo.
Il più giovane sputa a terra, macchiando il terreno con del sangue scuro.

"Adesso dimmi" continua quello che Maëlys identifica come il leader, camminando attorno al ragazzo, come uno squalo pronto ad attaccare, "a chi, esattamente, hai detto dell'attacco al municipio e di dove si trovava il nostro accampamento?" Raccoglie una pistola da terra e se la rigira tra le mani, fissandola. "E non mentire, Jensen."
Guarda allora il compagno, indicando con un cenno del capo il poveraccio dietro di lui. Quello, come un automa, si avvicina quindi a questo, senza nemmeno vederlo.
"A nessuno" ripete, sollevandosi a fatica. "Non sono stato io, te lo giuro!"
Grayson finge di soppesare le sue parole per qualche istante, osservando il cielo. Poi scuote distrattamente la testa, voltandosi di nuovo.
"Stai soltanto rendendo le cose più difficili."

Chris, allora, lo colpisce quasi istantaneamente sul naso, facendolo cadere all'indietro. Nel suo sguardo, però, non c'è nemmeno una briciola del compiacimento di Grayson.
"Vi... vi prego" fa allora Jensen, trascinandosi ai piedi di Chris. "Io sono dalla vostra parte. Lo sono sempre stato."

Grayson si porta di fronte a lui, continuando a scuotere la testa. Lancia un'ultima occhiata alla pistola, che subito dopo punta alla tempia del ragazzo ai suoi piedi, che è così debole che non ha nemmeno la forza di difendersi. Chris, comunque, lo afferra per le braccia, sollevandolo appena e immobilizzandolo, anche se è pressoché inutile.

Maë osserva la scena senza quasi respirare, affondando le unghie nella corteccia dell'albero e facendosi male. Gli occhi le pizzicano e la paura la sta divorando da dentro, ma non può muoversi; deve stare attenta a non farsi scoprire.

"Lo sai" dice il capo, appoggiando un dito sul grilletto, "non mi piacciono i traditori" e preme.
Il suono secco e definito dello sparo risuona nel bosco, scuotendolo interamente, ma nessuno sembra sentirlo; probabilmente perché ci sono soltanto loro, lì dentro. Chris lascia andare il corpo, che cade senza vita ai suoi piedi, macchiandogli le scarpe nere di sangue.

Maëlys sente gli occhi farsi velocemente lucidi e fa sempre più fatica a respirare, mentre sente un urlo farsi spazio nella sua gola.
Si mette in piedi velocemente, senza pensare che gli uomini di fronte a lei – quelli che hanno appena ucciso un ragazzo di nemmeno vent'anni – potrebbero sentirla. Vuole soltanto scappare.
Si guarda intorno, cercando disperatamente una via di fuga, e incrocia senza volere lo sguardo vuoto e preoccupato di Chris, che la fissa con gli occhi spalancati.

Appena questo apre la bocca per dire qualcosa, Maëlys comincia a correre. Corre, corre e corre; corre e basta. Non sa dove stia andando, se ci siano altri di loro, se la stiano seguendo; sa soltanto che deve andarsene al più presto da lì.

Sente dei passi veloci e pesanti dietro di lei farsi sempre più vicini e, terrorizzata, si volta, ma non vede nulla. Così come non riesce a vedere nemmeno l'enorme radice ai suoi piedi, in cui presto inciampa.
Rovina a terra, sbucciandosi i palmi delle mani e sporcandosi i pantaloni grigi. Si rimette in piedi quasi all'istante, ma va subito a sbattere contro qualcos'altro. Con l'unica differenza che l'ostacolo, questa volta, è una persona.
Teme siano Chris o Grayson e, quindi, arretra immediatamente, ma non sono loro. È una ragazza.

Le sembra quasi di avere le allucinazioni. Gli stessi capelli biondi - i più chiari che Maëlys abbia mai visto -, arruffati e intrecciati distrattamente sulla nuca; gli stessi occhi verdi, di una sfumatura a metà tra lo smeraldo e il colore della foresta; lo stesso sguardo preoccupato, premuroso, ma allo stesso tempo terrorizzato e quasi malinconico; la stessa pelle candida, le stesse guance arrossate, le stesse lentiggini sbiadite a ricoprirle il naso, le stesse labbra sottili e screpolate. Sembra ancora la stessa bambina di sette anni a cui Maëlys aveva sorriso il primo giorno di scuola, quando tutto sembrava ancora semplice. Ma qualcosa – nel suo modo di muoversi, nella sua espressione – è cambiato.

La sua schiena sbatte contro un albero e rischia di cadere ancora, ma due braccia sottili la sorreggono, anche se lei quasi non se ne accorge.

Ha la bocca asciutta, secca, e tutto intorno a lei comincia a girare. Riesce a dire soltanto una cosa, con voce strozzata: "Logan?"

La ragazza di fronte a lei la guarda spaventata, confusa, ma riesce comunque a sorriderle, seppur con amarezza. Maë fa per parlare ancora, ma l'altra, guardando qualcosa dietro di lei, la precede: "Mi dispiace, Lys."

Viene colpita da qualcosa alla nuca, e nel giro di qualche secondo tutto si fa buio.

Spazio autrice
Il fatidico giorno è arrivato!
Ho finito l'intera trama del libro (anche se devo ancora rivedere alcuni dettagli) e ho scritto il secondo e il terzo capitolo, che posterò soltanto quando avrò scritto (o almeno incominciato) il quarto.
Ad ogni modo, adesso voglio sapere cosa ne pensate di questo capitolo, ma in particolare di Maëlys, Logan e dei Ribelli; pensate che questi siano davvero così crudeli come sembrano? E come fa Logan ad essere ancora viva?
Fatemi sapere! Ci sentiamo presto!

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