10. The place for you

"Stai pensando a come riuscire a scappare?"

Maëlys, seduta per terra con la schiena poggiata contro il muro dell'infermeria e con un fiore appassito tra le mani, alza distrattamente la testa e incrocia lo sguardo rilassato di Reed. Le lentiggini sulle sue guance risaltano alla luce del sole, mentre le labbra rosa sono distese in un sorriso genuino; il suo viso pieno di dolcezza sembra totalmente estraneo alla punta di ironia nella sua voce.
Maë mantiene il contatto per qualche secondo, ma tace; poi riabbassa il capo.

Sente chiaramente il riccio sbuffare tra i denti mentre fa per sedersi accanto a lei.
"Ho sentito che sei stata placcata da mio fratello" continua. "Qualcosa di rotto?"

La ragazza si limita a scuotere appena la testa, ruotando tra indice e pollice il gambo del fiore bianco sporco.
Non ha voglia di parlare, oggi. Direbbe di certo la cosa sbagliata. Ma Reed sembra non volerne sapere.

"Ho saputo anche della tua discussione con Logan" tenta ancora, dopo un istante di silenzio. "O, meglio, vi ho sentito urlare."
"Bello spettacolo?" replica lei a denti stretti, infastidita. Reed la osserva, quasi malinconico. "No, non direi," e tace anche lui, girando la testa e guardando dritto davanti a sé.

Per un tempo interminabile l'unico rumore nell'aria è quello dei respiri dei due ragazzi che pian piano si fanno sempre più sincronizzati. E quando finalmente sembrano essere diventati una persona sola, è Maëlys a rompere il silenzio. "Perché sei qui?"
"Perché ti serve un amico" replica lui immediatamente, prima ancora che lei finisca la domanda, come se si fosse già preparato la risposta.

Le dita della mora si fermano per un momento prima di ricominciare a muoversi sullo stelo, meccaniche. "Quello che mi serve è andarmene da qui."

Reed si abbraccia le ginocchia, spostando in avanti il peso e prendendo un respiro profondo. Soppesa le parole per qualche attimo, poi parla: "La tua vita è questa adesso, Maëlys. Non puoi tornare alla normalità."
"Posso provarci" borbotta lei, senza essere pienamente convinta delle sue stesse parole.

E infatti: "No" fa Reed, "La persona che eri adesso non esiste più. Sei un'Inesistente tanto quanto me."
"Ma io non voglio esserlo" replica la mora, girandosi finalmente a guardare il ragazzo. "Voi avete fatto una scelta, io no."
"Nessuno di noi qui avrebbe mai scelto questa vita se avesse avuto un'altra opzione."
Nella sua voce non c'è un tono di rimprovero, di superiorità, ma un qualcosa che Maëlys non riesce bene a decifrare. Qualcosa di buono, però; su questo non ha dubbi. "Esattamente come te" continua lui.

"C'è sempre un'altra opzione" bisbiglia lei,  corrugando le sopracciglia.
Reed sorride amaramente. "Pochi di noi hanno avuto la fortuna di averla."
"E tu?" chiede velocemente, quasi di fretta, "L'hai avuta?"
Il più piccolo dei fratelli Gladwin scuote la testa, socchiudendo gli occhi. "Mai."
"E se l'avessi avuta?"
"Sarei rimasto qui."
"Perché?"
"Perché io negli Inesistenti ci credo, e sono il modo migliore che ho per raggiungere il mio obiettivo, finora."
"E qual è?"
Respira profondamente, le labbra piegate appena da un lato. "Sopravvivere."

Si osservano in religioso silenzio per non più di cinque secondi, ma a Maëlys sembra di aver passato anni con gli occhi puntati nelle iridi verdi di Reed Gladwin. Ma non si sente a disagio; si sente, per un istante, di nuovo a casa, per la prima volta da giorni. Non sente il cuore uscirle dal petto, il respiro pesante, gli occhi lucidi; si sente, finalmente, tranquilla.
"E tu, allora?" continua. "Qual è il tuo obiettivo?"
La mora riporta lo sguardo sulle sue mani, trattenendo quasi il respiro; lancia un'occhiata veloce a Reed, poi fissa un punto indefinito dritto davanti a sé. Il fiore le scivola tra le dita e finisce a terra. Chiude gli occhi, e tutto quello che riesce a vedere davanti a sé è la spilla rossa del Dipartimento Anti Insurrezioni impresso a fuoco sulle sue palpebre, segno indelebile di tutto ciò che le è stato tolto.

"Vendetta" sussurra, senza nemmeno accorgersene.
Reed non sorride e parla con un tono di voce basso, serio: "Allora sei nel posto giusto."
Maëlys, rimasta senza parole e quasi senza pensieri, riesce solo a chiedersi se lo sia anche lui, nel posto giusto.

***

Maëlys stringe meglio le dita attorno alla pistola carica, raddrizza la schiena e sposta un piede leggermente in avanti; alza le braccia, sicura, e chiude un occhio per prendere la mira; trattiene il respiro per un secondo, sentendo il cuore uscirle quasi dal petto e cercando di calmarsi; sposta l'indice sul grilletto, lancia un'occhiata veloce al bersaglio e si prepara a premere; poi chiude gli occhi e spara. Ma appena sente il rumore del colpo vede davanti a sé Kyle, quel povero ragazzino ucciso senza pietà da Grayson; sente i suoi lamenti, il suo dolore, le sue lacrime. Serra ancora di più le palpebre, aspettando il silenzio; quindi riapre gli occhi. Mancato.

"Non riuscirai mai a centrarlo a occhi chiusi" la rimprovera, dietro di lei, Zephira Dresden. Maë non si gira nemmeno a guardarla, le braccia che ricadono lungo i fianchi e un lungo sospiro che lascia le sue labbra.
La bionda le prende l'arma dalle mani. "Si fa così, guarda" borbotta a denti stretti, sparando tre colpi perfetti in meno di un secondo. Ammira per un secondo la sua opera, poi lancia nuovamente la pistola all'altra, che rischia di farla cadere a terra. "Riprova" ordina, tornando alla sua postazione.

Maëlys maledice mentalmente Reed per averle consigliato la sorella gemella di Anyiah come insegnante. Sono lì da un'ora, ormai, e avrà messo a segno due colpi, forse; sicuramente non più di tre. Ma, in compenso, è riuscita a farsi insultare da Zephira per sessanta minuti di fila, e senza nemmeno conoscerla.

Sebbene fisicamente siano uguali, le due sorelle Dresden, agli occhi di Maëlys, non hanno nulla in comune; se negli occhi di Anyiah regnano dolcezza e altruismo, quelli di Zephira, dello stesso color nocciolaia , sono duri, glaciali, taglienti; le sue labbra sono sempre assottigliate in una smorfia di disapprovazione, e non l'ha vista sorridere nemmeno per un istante; le mani, piene di calli e lievi tagli, non hanno nulla a che vedere con le dita delicate e sottili dell'altra; e, inoltre, Zephira sembra odiarla dal primo momento in cui l'ha vista, ma Maëlys non può dire di non ricambiare il sentimento.

Si riporta al centro dello spiazzo, a venti metri dalla sagoma di legno e cartone che tutti usano come bersaglio, e riprova a sparare. Questa volta riesce a colpire un braccio della figura.

Zephira sbuffa. "Saresti già morta, in una missione."
"Perché, tu non hai mai sbagliato, all'inizio?"
Guarda Maëlys quasi confusa, senza muoversi. "No" risponde, asciutta. "O perlomeno non quanto te."

La mora scuote la testa, ridendo spazientita. Alza nuovamente le braccia, rimette i piedi a posto, si sposta una ciocca di capelli dal viso.

"Cerca di non farti spaventare dal rumore, stavolta" la prende in giro l'altra, incrociando le braccia al petto. Maëlys la ignora e respira profondamente. Lotta contro ogni muscolo del suo corpo per tenere gli occhi aperti, fino a farli lacrimare, e spara.

"Stomaco" commenta Zephira, battendo le mani lentamente. "Non male." Maëlys sorride, compiaciuta, ma dura poco. "Certo, è ancora uno schifo; ma per te è un grande miglioramento."

La bionda si avvicina quindi a lei, mettendole in mano due coltelli affilati e dal manico nero. "Non hai una cattiva mira, tutto sommato, quindi con questi dovrebbe andare meglio."

L'altra esamina le due lame per qualche istante, tentando varie impugnature.
Zephira le sfiora un braccio, fermandola. "Ti faccio vedere."

Tira fuori un altro coltello dal retro dei suoi pantaloni, afferrandolo per la parte bassa del manico e fermandosi un momento per far vedere a Maëlys in che modo posizionare le dita. Poi ruota leggermente il corpo verso destra, porta il braccio indietro e lancia. La lama si conficca per un paio di centimetri nel cartone, anche questa volta all'altezza del basso ventre. Guarda la mora soddisfatta, facendole segno di provare.

Maëlys prende perciò il suo posto, imitando ogni suo movimento e puntando al torace. Quindi lancia anche lei, un coltello dopo l'altro. Quando, poi, alza lo sguardo per vedere dove abbia colpito, non ci crede nemmeno lei: cuore e cuore, a una manciata di millimetri di distanza.

Neanche Zephira si sente di dire qualcosa, questa volta.
Forse non morirebbe così in fretta come crede, pensa Maëlys.



(Chiedo venia per gli errori, riguarderò il capitolo il prima possibile.)

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